Così si chiama la bella canzone che apre l’album (straordinario, epico, mirabolante, destinato a restare) Mina Fossati, ed questo infinito di stelle mi torna in mente, mentre rifletto sui primi capitoli del libro di Amedeo Balbi, L’ultimo orizzonte. Cosa sappiamo dell’universo.  
Sì perché mi sembra proprio questo, mi sembra che ci sono cose a cui praticamente, non pensiamo mai. Nonostante siano cose enormi, siano questioni che definiscono e rinormalizzano la nostra stessa posizione nel mondo. Il modo in cui pensiamo e ci pensiamo, nel (nostro) universo. E non può essere che tutto questo non abbia impatto, in qualche modo –  anche involontario e irriflesso- sulla nostra vita quotidiana, su come ci rapportiamo agli altri, su come carezziamo il cane o nutriamo il gatto, sul modo in cui pensiamo al prodigio della nostra nascita, al mistero della nostra morte.

Le stelle non sono infinite. E per questo, ognuna di loro è speciale…
I primi capitoli del libro di Amedeo, trattano proprio di cosa c’è intorno. La grande questione, se siamo dentro un universo infinito, magari sempre uguale a sé stesso nel tempo e nello spazio (principio cosmologico perfetto, come si dice tra gli addetti ai lavori), oppure se quello che c’è intorno a noi è quantificabile, misurabile, è definito in termini di massa presente, di spazio occupato.
Io direi, davvero, che fa tutta la differenza del mondo. 
Certo oramai lo sappiamo – non ci spendo molte parole – che lo scenario cosmologico oggi comunemente adottato è quello del Big Bang, un “momento iniziale” da cui è derivata ogni cosa del nostro mondo fisico. Il quale, appunto, è finito (anche se non necessariamente limitato) derivando proprio dall’espansione – sia pur accelerata – di quel momento esplosivo (diciamo) al tempo “zero” del nostro universo. Abbiamo ormai accumulato una grande serie di dati che confermano questo scenario: sempre il nostro Amedeo, ne parla in modo interessante in uno dei suoi video.

Ma a parte i dettagli, andando dritto alle implicazioni filosofiche di questa teoria: un tempo iniziale, uno sviluppo, definisce molto limpidamente un prima e un dopo, il che si presenta come una irreversibile infrazione del principio cosmologico perfetto, che pure ha tenuto banco per molto, molto tempo. 

Come descritto nel bel volume di Amedeo, perfino Einstein si oppose al Big Bang: di fatto, perfino un fisico “moderno” come lui affondava le sue convinzioni nell’antico (e tenace) presupposto di un cosmo sempre uguale a sé stesso, in ogni tempo e ogni posizione. Quel presupposto che un universo in espansione (come crediamo sia il nostro) manda completamente a gambe per aria.

E rifletto su come sta cambiando il nostro modo di pensare, come ci stiamo adeguando a quanto ci dice la scienza.  O meglio, al modo in cui il cosmo risponde – oggi – alle nostre domande. Anche se avviene tutto molto, molto velocemente, ci stiamo adeguando. Difatti, non riesco a pensare davvero ad un universo infinito pieno di stelle, mi sfugge proprio, mi sfugge da ogni parte. L’idea di materia infinita è qualcosa che la mia mente non riesce ad afferrare, esulando da ogni esperienza sensibile.

Forse allora il Big Bang con la sua quantità finita di materia ed energia, è una cosa a noi più congeniale. Più ancora di quell’universo non solo illimitato ma anche infinito, pieno di stelle, di un infinito di stelle che propagandosi in ogni direzione sempre uguale a sé stesso, alla fine sfugge completamente ad ogni rappresentazione mentale convincente.

Ma poi se le stelle fossero infinite, sarebbero così tanto preziose? Così belle? Le stelle, le galassie, mi sembrano tanto più mirabili se penso che sono tante, tantissime, ma sempre numerabili.

Nell’infinito di oggetti, ogni oggetto conta zero, alla fine. Di oggetto come lui ce ne sono senza limiti, la sua esistenza è inessenziale. Nel nostro Universo, invece, ogni cosa (sia un essere vivente, una galassia, un pianeta, una luna) conta. In modo infinito, direi. Proprio perché non è l’infinitesimo componente di una serie. Proprio perché è unico. 

Ed essendo unico, arricchisce l’universo in modo specifico.
Un arricchimento di importanza decisiva.
Probabilmente, infinita.

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