Nel senso che i colori hanno qualcosa a che vedere con il guardare le cose, e questo è ovvio. Ma non semplicemente con il vederle, ma con l’osservazione attenta che percepisce la poliedricità, la complessità di quel che si guarda, la sua irriducibilità ad un pensiero prefissato, ad un pensiero praticamente già pensato, che volesse archiviare frettolosamente l’atto dell’osservazione. Ecco, una modalità di osservazione così è perpetuamente rivoluzionaria, si capisce.
In realtà ti eri accontentato di qualcosa di meno, del vivere davvero la realtà, per tutto quel che è (ecco cosa è grave, accontentarsi è grave, per quanto contiene di rassegnazione, è una diminuzione del vivere). E diciamolo pure, un po’ ti veniva anche facile, ti veniva comodo, non dovevi fare sforzo. Perché non dovevi aprirti più di tanto, in fondo.
Infatti, il colore presuppone una attitudine ad uscire da sé, almeno in parte. A lasciare scorrere via i pensieri, per osservare veramente la realtà. Il colore può anche suggerire un punto di riposo, o almeno suggerire che un punto di riposo si trovi fuori dal proprio baricentro, che graviti esterno ai propri pensieri.
Quindi, è questo. I ragionamenti sono in bianco e nero: anche quelli nuovi nuovi, appena stampati, paiono uscir fuori da un vecchio televisore, alla fine. Infatti non danno mai vera gioia, i ragionamenti (la gioia è una cosa parecchio colorata, in ogni caso). Danno attaccamento, questo sì. E motivi di polemica, di accorpamento o divisione, questo sì. Cose per ingannare il tempo, dimenticandoci di voler essere felici, insomma. Si possono fare molte cose, dimenticando il nostro cuore e la sua fame di colore.
Non l’arte, però.
L’arte, quella ha qualcosa di molto più a che fare, con i colori. Per le arti figurative è difficile negarlo. Ma anche un bel romanzo è a colori, per esempio. E’ assolutamente evidente. Anche se è stampato in caratteri neri su foglio bianco, come lo apri subito si sprigionano i colori. Pure la scienza, se non perde la sua carica di meraviglia, è a colori. Perché lo è la curiosità, quella che spinge a voler capire il reale. E potremmo approfondire il discorso verso il Mistero, pensando ai colori nella Sacra Scrittura: qualsiasi cosa si creda, si potrà convenire che un libro davvero importante (per molti, appunto, sacro) non può assolutamente prescindere dai colori, non può limitare in alcun modo il suo approccio alla realtà.
Il colore è la prima cosa, la più immediata e disponibile, che ci dice, ci suggerisce, che c’è ben altro che i nostri pensieri. A volte è un’ancora di salvezza di una potenza indescrivibile, perché ci rimanda ad un mondo di emozioni e passioni, dove già ci sentiamo più a casa. A volte è il modo con il quale una misteriosa bellezza ci raggiunge, ci sussurra, ora pensi in bianco e nero, ma rimani calmo, i colori ci sono, non lo vedi che ci sono? I colori, alla fine, ritornano.
A volte la percezione – anche fuggevole – di un mondo segreto a colori, è tutto quel che ci serve.
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