In un certo senso è storico l’evento astronomico di oggi. Giove e Saturno appariranno “in congiunzione”, alla mutua distanza più ravvicinata da quasi quattro secoli. Visti da Terra, potrebbero apparire quasi come un unico puntino luminoso.

Su questa congiunzione già molto è stato detto, e vi invito a leggere l’articolo su Media INAF che contiene una eccellente ed esaustiva intervista (dal punto di vista astronomico e culturale) all’astronomo Stefano Giovanardi, curatore scientifico del Planetario di Roma.

Giovanni Keplero (1571-1630) fu un “accanito” studioso di queste congiunzioni, ponendole in correlazione con diversi eventi storici.

Io penso che sia un’occasione (e altre ve ne furono già), anche di dialogo e convivenza. Se per l’astronomia scientifica una congiunzione non è niente di particolare e non ha ricadute “misurabili” sugli eventi umani, la portata “culturale” di questo evento è veramente notevole e va cercata forse altrove, negli agganci con l’astrologia che peraltro hanno catturato anche molti “grandi”. Da Dante, che cita una simile congiunzione nella Divina Commedia collegandola addirittura con un rinnovamento del cristianesimo, ad uno scienziato come Keplero che, quasi ossessionato dal tema, passò molto tempo calcolando tutte le simili congiunzioni fino al 4000 a.C. circa, quando si pensava fosse l’origine del mondo (beh, con un errore di qualche miliardo di anni, almeno secondo i modelli attuali), collegando ogni congiunzione ad un evento importante nella storia dell’umanità (inclusa la nascita di Cristo).

Ora, siccome l’astrologia non rientra nelle scienze empiriche, come scienziato mi sento assolutamente libero di non dirne nulla (vera, non vera… lo lascio a voi) perché la scienza nulla può (e deve) dire di quel che non ricade nel suo ambito. Mi irriterei solo se qualcuno la volesse vedere come scientifica, non certo se vi trova motivi di interesse (e almeno dal punto di vista culturale e storico, i motivi non mancano). Scientifica, con l’accezione che utilizziamo da Galileo in poi, certo non è. Ma che bisogno c’è di dare patenti di scientificità a qualcosa, se finalmente riconosciamo che la scienza è appena uno dei modi di indagare il reale e non esaurisce certo l’indagine stessa? Se si ammette l’esistenza di fenomeni non misurabili dalla scienza, non vedo il problema. Se invece non lo si ammette… d’accordo, è possibile. Ma in questo caso mi tiro fuori, non sono con voi: dovrei prestar fede ad un dato in contrasto con la mia esperienza di vita, e non mi sembra ragionevole.

Dunque. Sia ognuno libero di interpretare questo avvicinamento di corpi celesti come più sente risuonare la sua interiorità, ma non si perda questa occasione anche come un avvicinamento tra mondi diversi, tra saperi che la modernità ha visto divisi e mutuamente sospettosi (non così nel passato, come appunto Keplero, ma anche Newton e molti altri ci hanno testimoniato).

Non abbiamo alcun problema e alcuna esigenza di dare patenti di plausibilità a niente e nessuno, e quando riflettiamo sulla portata culturale della astrologia non ci riferiamo certo agli oroscopi sulle riviste, ma a qualcosa che si è innestato spesso con lo sviluppo delle idee astronomiche e che può essere guardato con un certo interesse, almeno culturale.

Del resto, il sospetto è ultimamente generato dalla paura e forse possiamo prendere l’occasione per avere un po’ meno di paura, senza per questo abboccare alle proposte di qualsiasi ciarlatano. L’unica proposta a cui vogliamo dar fede è ultimamente quella di un cielo meraviglioso sopra le nostre teste, che ci parla in molte lingue e che ci chiede di addolcire alcune contrapposizioni, senza per questo cadere in relativismi che peraltro renderebbero ogni incontro (che per essere tale è tra persone diverse) annacquato e ultimamente inutile.

Il poeta e filosofo Marco Guzzi, scrivendo su Facebook riguardo la congiunzione di oggi, rileva ultimamente che dipenderà da noi quale tonalità dare ai prossimi 200 anni, indicando così un punto di incontro dove ci possiamo metaforicamente radunare insieme, elaborando le nostre convinzioni lavorandole insieme a fuoco lento, perché ogni separazione di ghiaccio si possa sciogliere in una comunicazione più ampia e inclusiva, dove il sospetto è sciolto nella contemplazione comune della meraviglia del cielo. Un lavoro che va molto al di là delle separazioni accennate, che probabilmente indica un vero lavoro dell’anima da poter compiere a 360 gradi, nelle nostre vite terrene.

La grande congiunzione è forse una grande occasione, per riflettere sulla cultura del cielo che spesso ha trovato forme espressive differenti, ma riflette comunque lo stupore per trovarci qui nel cosmo e per essere così particolari da poterne individuare direzioni, evoluzioni, storie. Da poterlo ultimamente, raccontare.

E non c’è cosa più efficace del racconto, per entrare in qualcosa, per iniziare a capirlo davvero.

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