Blog di Marco Castellani

Mese: Dicembre 2020 Page 2 of 3

La scienza è un gioco!

In fondo è questo, è questo che spesso dimentichiamo: la scienza è un gioco! Il gioco è una delle attività fondamentali dell’uomo, tanto che i piccoli – che non hanno tempo da perdere in chiacchiere come i grandi – essenzialmente fanno questo, giocano. La scienza è gioco nella sua parte migliore, gioco di scoperta e di perpetua meraviglia. Non c’è senso del dovere che possa essere così produttivo, per uno scienziato, come un solo momento di sincero entusiasmo per l’oggetto della sua ricerca.

Per l’uomo, scoprire che la realtà del mondo fisico si fa comprendere nella sua complessità è sempre stato un bellissimo gioco. Certo in ogni umana attività ci sono poi frustrazioni, rivalità, invidie, strade sbagliate, riprese, scoramenti, e tutto quello che volete. Ma la base resta quella del gioco, e se togliete quella, temo che rimanga ben poco. Scoprire come funziona l’universo, scoprire sopratutto che l’universo si fa scoprire, è un gioco bellissimo, che apporta significato all’agire umano.

Questo video girato da ricercatori dell’Agenzia Spaziale Europea (dove anche Gaia ha il suo ruolo) nei loro momenti di pausa, ci aiuta meglio di mille parola a ricordarci che gioco fantastico che è la scienza. Molti riconosceranno la musica, e anche il tipo che fa capolino al minuto 5.41.

Insomma, io dico che la massima serietà è possibile solo così, con questa libertà interiore che si nutre davanti ad un bel gioco. Al gioco della scoperta del mondo, inesauribile e continuamente sorprendente.

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Notte stellata

Ancora il Telescopio Spaziale Hubble viene in aiuto alla nostra fame di meraviglia, e ci regala questa notevole istantanea dell’ammasso globulare chiamato Messier 107.

L’ammasso globulare Messier 107. Crediti: ESA/NASA.

Che dire? Sembra quasi uno stadio prima di uno show, quando ancora ci si poteva radunare tutti insieme per partecipare ad un evento (ma ci torneremo). Con la piccola differenza che queste stelle stanno brillando da miliardi di anni.

Messier 107 è uno dei circa 150 ammassi globulari della Via Lattea. Ognuno di loro contiene centinaia di migliaia di stelle (a volte anche milioni), estremamente antiche: anzi, tra gli oggetti più antichi che si conoscano nell’universo.

C’è stato un tempo – ormai nel secolo scorso – in cui l’astronomia era sommessamente entrata in crisi, proprio per colpa di questi ammassi: le loro stelle sembravano essere ben più vecchie (e di molto) dell’età stimata dell’universo. Ora le stime convergono e non c’è più questa frizione, ma è stato comunque interessante viverla, dall’interno. Il problema ha stimolato la fantasia e l’inventiva dei ricercatori, fino a rivedere molte stime di età che a loro volta si basavano su elementi di fisica stellare da riconsiderare e su modelli cosmologici da raffinare .

Nella scienza si va avanti incontrando ed elaborando problemi. Ognuno di questi custodisce una possibilità: di imparare ancora, di rivedere convinzioni sedimentate. Quanto tutto appare spiegabile e coerente, non stiamo scoprendo niente di nuovo. Certo, nella vita reale non è così semplice. Ma non è detto che qualcosa anche qui, dalla scienza, non lo si possa imparare…

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C’è un cuore pulsante

Nel nostro nuovo modo di vedere il cosmo, come qualcosa tutt’altro che (es)tatico, ma come un cantiere aperto di realizzazioni continue, sconvolgimenti e rinnovamenti ad ogni scala, possiamo finalmente comprendere come anche le galassie non risultino più quelle entità pigre in lenta rotazione, che una certa superficiale letteratura scientifica ci ha indotto a pensare.

Tutt’altro. L’astronomia moderna vede nel centro esatto di moltissime grandi galassie (se non tutte) il punto geometrico esatto del massimo della rivoluzione, del moto più furibondo di cambiamento e innovazione su scala cosmica.

Il cuore pulsante delle galassie…
(Crediti: NASA, ESA and J. Olmsted (STScI))

L’immagine (merito di Hubble) mostra una lontana galassia con un quasar al suo centro. Questo emette una impressionante quantità di energia, generata dalla materia in caduta libera verso il buco nero superassimo che si nasconde (ma non troppo) dentro il quasar stesso. I fortissimi venti galattici che ne risultano si avvertono su ogni scala della galassia stessa, e sospingono stelle per centinaia di volte la massa del nostro Sole.

Il materiale spinto agisce come spazzaneve nell’ambiente galattico, generando onde di densità che possono influire sulla formazione di nuove stelle.

Insomma, il cuore della galassie (nostra, compresa) è vivo, pulsante. Come lo è l’universo.

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Auguri Media Inaf!

Importante per la divulgazione astronomica, la data dell’undici di dicembre: sono esattamente dieci anni dalla nascita ufficiale della testata giornalistica online Media Inaf. Non posso fingermi osservatore distaccato, visto che Inaf è l’ente che mi dà lo stipendio a fine mese, ma non posso neanche trattenermi dal tessere almeno un poco le lodi di questa fonte di informazioni: per chi ama lo studio del cielo, rappresenta una risorsa affidabile, comprensibile e completa.

La pagina di Media INAF alle origini, non troppo diversa da quella attuale
(Crediti: sito Media Inaf)

Accanto ad articoli più snelli di aggiornamento, si trovano veri e propri “piccoli saggi” sulla ricerca astronomica e la sua storia, spesso raccontata dai protagonisti stessi (come l’interessantissimo articolo su Cos-B, o il recentissimo sull’entrata dell’Italia nello Spazio). E poi ci sono articoli cui sono particolarmente affezionato, come questo o anche questo o anche… (insomma avete capito).

Media Inaf recepisce ufficialmente una istanza importante della nuova scienza, ovvero la necessità ormai imprescindibile, di raccontarsi. Non c’è più spazio per ricerche elitarie confinate in inaccessibili laboratori, non c’è più costrutto nel tenere distanti le persone dalla bellezza delle scoperte scientifiche. Certo ogni volta è una sfida, va costruita una semplicità di secondo livello (per citare il filosofo e poeta Marco Guzzi) per raccontare senza banalizzare. Il bello è, che è possibile. Media Inaf fa molto, in questo senso. E se è pur vero che GruppoLocale nasce diversi anni prima (siamo quasi preistorici noi)…, questi amici e colleghi stanno facendo un lavoro fantastico e insostituibile, con ben pochi confronti.

Dunque auguri, augurissimi!

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Questa umanissima curiosità

Possiamo dire che è la curiosità che ci mantiene vivi. Lo vedo in me stesso, del resto: quando non sono curioso, non è mai un buon segno. Se non mi incuriosisco sono spento, vivo in stand-by, come un televisore che abbia appena la lucetta rossa accesa, ma niente di più.

L’umana curiosità è quella che ci ha portato a distribuire degli oggettini su Marte che da diversi anni vanno avanti e indietro a prendere foto e grattare il terreno e fare tante altre cose di questo tipo, inviando i risultati alla lontanissima Terra.

Marte, da molto vicino (Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS)

Questa foto (appunto) di Curiosity è appena una tra le tantissime, ed è straordinaria nel grado di dettaglio, considerata la notevole distanza che ci separa dal pianeta Marte (circa 220 milioni di chilometri, in media).

Qui Curiosity osserva un affioramento con rocce finemente stratificate, nella regione Murray Buttes nella parte inferiore del Monte Sharp. Mentre lascio i preziosi dettagli ai planetologi, trattengo lo stupore di fronte alla capacità e alla pazienza di queste indagini (questa è acquisita quasi a millecinquecento giorni marziani di lavoro della sonda). E forse imparo qualcosa, qualcosa per me.

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Ben piantati al suolo

Si vede bene la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), mentre sorvola i cieli della contea di Arlington, in Virginia. La striscia bianca è questo, è l’impronta dell’uomo nella sua inesausta esplorazione del cosmo.

La foto è appena di quattro giorni fa, il sei dicembre. A bordo della ISS si trovano, in questo momento, Kate Rubins, Shannon Walker, Victor Glover, Mike Hopkins (astronauti della NASA); Soichi Noguchi (agenzia spaziale giapponese, JAXA); e i cosmonauti russi Sergey Ryzhikov, and Sergey Kud-Sverchkov.

Interessante vedere come l’umanità in volo sia spesso più unita di quella che vediamo a volte un po’ troppo terra terra, a volte un po’ persa nelle piccole beghe da cortile: così penserebbe Carl Sagan, che già nel secolo scorso ammoniva a vivere armoniosamente su quel puntino blu che è tutto ciò che abbiamo.

Crediti: NASA/Bill Ingalls

Ma terra e cielo potrebbero essere visti in modo dicotomico, se non fosse che proprio l’albero, nella foto, ci ricorda una evidenza lampante. Si guarda in alto con i piedi ben piantati per terra, con radici solide. La concretezza è il cardine per ogni indagine, anche scientifica.

Il resto, lo sappiamo, son chiacchiere. Buone per riempire il tempo, niente di più. Niente di nemmeno paragonabile alla serena bellezza, di un albero di Natale. Con un cielo amico, di sfondo.

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Evviva! Manca ancora qualcosa

Tanti pensieri, come tutti. Alla fine però è il dato empirico che vince, che dice qualcosa di veramente nuovo. Non i pensieri, le teorie, le speculazioni. Di quelle ne abbiamo fin troppe. La scienza è bellissima perché è una opportunità di privilegiare quel che si vede, a quel che si pensa. Un’opportunità per tutti.

Nuove osservazioni fatte con Hubble (in orbita) e con il Very Large Telescope (in Cile), ci mostrano che il mistero è ancora intatto. La materia oscura si comporta diversamente dai nostri modelli più avanzati, ci indica che dobbiamo capire ancora. Qui è la concentrazione a piccola scala che risulta, dai dati, molto più forte rispetto ai nostri modelli.

In questa immagine “artistica” la materia oscura è evocata da aloni blu intorno alle galassie. Crediti: NASA, ESA, G. Caminha (University of Groningen), M. Meneghetti  (Observatory of Astrophysics and Space Science of Bologna), P. Natarajan (Yale University), the CLASH team, and M. Kornmesser (ESA/Hubble)

Qualche ingrediente fisico ancora manca o nelle simulazioni o nella nostra comprensione della materia oscura dice Massimo Meneghetti, il coordinatore del lavoro (sì, italiano, e fa piacere, senza alcuna tentazione di sovranismo, ma semplicemente fa piacere: siamo gente capace, quando vogliamo). Rincara la dose Priyamvada Natarajan, nello stesso team. C’è una caratteristica dell’universo reale che non stiamo catturando nei modelli.

Personalmente, quando mi imbatto in queste ammissioni di insufficienza, mi esalto. Sono il segno di una nuova umiltà che gli scienziati più avvertiti stanno finalmente assimilando, segno di questa scienza nuova che ha dismesso ogni supponenza e pretenziosità, per allinearsi in uno sguardo meravigliato e curioso sulle infinite meraviglie del cosmo.

Cosmo che è nostro, propriamente nostro, quando appena cediamo alla sua meraviglia, rinunciando ad ogni pretesa di dominio, anche intellettuale.

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Un arazzo cosmico

Davvero un meraviglioso arazzo, quello che possiamo ammirare in questa immagine. Rappresenta uno degli esempi più spettacolari tra le zone di nascita di stelle che ha mai inquadrato Hubble in tutti i suoi trent’anni di onorata carriera. La nebulosa gigante è NGC 2014 e il suo vicino si chiama NGC 2020. Insieme fanno parte di una estesa zona di formazione di stelle, nella Grande Nube di Magellano, un satellite della nostra Galassia, a circa 163000 anni luce da noi.

I bei colori delle stelle nuove nuove…. (Crediti: NASA, ESA, and STScI)

Aver un universo colorato sopra la nostra testa (e sotto i nostri piedi), un universo di stelle bambine variopinte ed esuberanti, può sembrare una magra consolazione in questi tempi asciutti, dove i media eruttano cifre e statistiche e malattie a ciclo continuo, salvo poi riempire il vuoto da loro stessi generato, con mille programmi di cucina e varia amenità, senza mai fornirci gli ingradienti che servono davvero, gli ingradienti della speranza.

Allora è tempo di ritornare in piedi, confessarsi che un cielo colorato non è un orpello ridondante in una vita difficile e dura, è una parte irrinunciabile di questi ingradienti di speranza ai quali dobbiamo dar fede, attraverso i quali passa una vera rivoluzione, per un inizio di vita diversa, più morbida e relazionale. Qualcosa che può avvenire sulla Terra, proprio passando attraverso questi momenti così particolari.

Qualcosa, alla quale i cieli non potranno certo rimanere indifferenti.

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