Blog di Marco Castellani

Mese: Febbraio 2021

L’opera comune

L’Apollo 14 entra in orbita lunare. Siamo nel giorno 4 febbraio del 1971, cinquant’anni (e una manciata d’ore in più) dal momento presente. A bordo ci sono gli astronauti Alan Shepard, Edgar Mitchell e Stuart Roosa. Gli ingegneri del programma Apollo hanno modificato la navetta per prevenire il ripetersi dell’incidente che ha colpito l’equipaggio dell’Apollo 13 l’anno precedente. Non è passato molto tempo dal rocambolesco ritorno degli astronauti sani e salvi a Terra, e la volontà di evitare il ripetersi di queste situazioni è senz’altro grande.

La sala di controllo segue il conto alla rovescia per Apollo 14. Crediti: NASA

Il vettore Saturno V ha posto la navetta in orbita attorno alla Terra, poi il terzo stadio si è incaricato di portare gli astronauti verso la Luna. Ci siamo quasi.

La missione primaria è quella di investigare la geologia lunare, specialmente nella regione del cratere Fra Mauro, raccogliere materiale da portare indietro, depositare alcuni strumenti scientifici. Il giorno 9 febbraio l’equipaggio, dopo una missione di nove giorni, svolta con pieno successo, rientra con un tuffo nell’Oceano Pacifico. In quei nove giorni, scrive un pezzo importante di storia dell’esplorazione spaziale.

Ma la storia del programma Apollo la scrivono in tanti. Gli ingegneri, i progettisti, i tecnici della sala controllo. Un’opera comune, non lo sforzo di un singolo. Non è retorica, è storia: l’esplorazione lunare è uno dei segni moderni più eclatanti di un’opera comune. Di qualcosa che è inaccessibile al singolo, ma possibile ad una comunità motivata e focalizzata.

Si dice comunemente, vuoi mica la Luna? ma il senso di impossibilità non deriva tanto dal fatto che la vuoi, ma che la vuoi da solo. Insieme, si può. Non si tratta di essere buoni, ma di essere scaltri.

La Luna, lassù, ha forse questo specifico compito: di ricordarcelo.

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Un tuffo, oltre la paura

Sembra un UFO, vero? Ma è cosa tutta terrestre. L’immagine mostra il rover Perseverance della NASA che inizia la sua discesa attraverso l’atmosfera di Marte. E non è uno scherzo. Centinaia di eventi, ognuno dei quali potenzialmente critico, devono essere eseguiti in modo perfetto ed esattamente al tempo giusto, affinché il rover possa atterrare sano e salvo sulla superficie del pianeta rosso. L’atterraggio è previsto per il giorno 18 febbraio, dunque ormai manca davvero poco.

La sonda Perseverance in avvicinamento a Marte. Crediti: NASA/JPL-Caltech

L’articolata serie di procedure inizia quando la sonda raggiunge la cima dell’atmosfera marziana, viaggiando alla rispettabile velocità di circa ventimila chilometri all’ora. Si tratterà di attivare sapientemente dei piccoli retrorazzi per mantenere la sonda nell’assetto giusto e soprattutto per far sì che lo scudo termico sia orientato verso avanti mentre la sonda affonda nell’atmosfera, condizione necessaria per mantenere integro il prezioso carico.

Pensiamoci un momento. Il complesso e delicato meccanismo di atterraggio è un gioiello di per sé. Un’umanità sconquassata e disorientata dall’emergenza sanitaria, povera ed imperfetta, sta realizzando proprio adesso un sogno, sta lavorando ad una meravigliosa opera comune, sta ampliando le sue conoscenze e spingendo la sua irriducibile curiosità ad infrangere sempre nuovi confini.

“Aspettiamo senza avere paura, domani” cantava Lucio Dalla, in una stupenda canzone di molti anni fa.

Una sonda come Perseverance (comunque vada il suo atterraggio) già ci porta un risultato importante. Già ci fa capire che la paura non è mai l’ultima parola. Se lo vogliamo.

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