Bisogna dirlo, ormai l’attività umana intorno a Marte è così estesa e capillare che non è difficile che una missione si impicci delle altre, in corso. Così il Mars Reconnaissance Orbiter ha individuato il sito di atterraggio di Perseverance, localizzando non solo il rover ma anche la posizione dello stadio di discesa, dello scudo termico, del paracadute e del guscio posteriore: tutti segni importanti delle varie fasi che hanno contribuito al pieno successo della complessa manovra per cui il rover si è appoggiato in piena sicurezza, sulla superficie del pianeta rosso. Ciascun riquadro dell’immagine che vedete è largo appena 200 metri (capite bene, dunque, che risoluzione possiamo ottenere della superficie di Marte).

Il sito di atterraggio di Perseverance, visto da MRO. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS

Lo sforzo di comprendere un altro pianeta, per le ricadute tecnologiche ma anche culturali che indubbiamente produce a lungo termine, è di tale importanza che a mio avviso giustifica le ingenti spese delle recenti missioni, su cui taluni hanno (comprensibilmente) sollevato interrogativi.

L’umanità ha un potenziale notevole da investire nell’attività di ricerca e di scoperta: di fatto, è da sempre lanciata verso nuovi territori come elemento costitutivo del suo stesso vivere. Il successo dell’arrivo su Marte di Perseverance, in quest’epoca così bizzarra in cui la tentazione di un ripiegamento è più forte, è già di per sé motivo di ottimismo e di ragionevole speranza. Insomma, la vita su Marte già esiste, è la nostra stessa vita, che segue un moto di costante espansione e non si fa fermare da nessun virus.

Sempre però, se davvero lo vogliamo.

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