Alle volte, è tutto qui. Farsi aiutare. Permettere agli altri, al mondo esterno, a tutti i mondi che iniziano dopo la nostra pelle, di intervenire. Lasciare lo spazio aperto perché avvenga. Senza pretesa, ma con pazienza. Usare quello che c’è, anche, a proprio vantaggio.

L’esplorazione spaziale è come siamo noi, alla fine. Per la qual cosa, deve molto all’aiuto esterno. Anzi, farsi aiutare è diventato da tempo un must nell’impresa dell’esplorazione del Sistema Solare. Quella che vedete qui sotto è la sonda Mariner 10, che fu lanciata ormai quasi mezzo secolo fa (era il 3 novembre del 1972, per la precisione). La sonda fece ottimo uso del campo gravitazionale di Venere, per modificare il suo cammino e farsi rilanciare verso Mercurio, il suo vero obiettivo.

Una immagine artistica della Mariner 10. Crediti: NASA

Mariner 10 effettuò ben tre sorvoli di Mercurio (ne erano previsti due ma l’accorta strategia di missione rese possibile il terzo), tra gli anni 1974 e 1975. Non sarebbe arrivata facilmente a questo incontro con il pianeta più interno del Sistema Solare, senza l’aiuto del campo gravitazionale di Venere. La sonda si avvicinò fino a qualche centinaio di chilometri dalla superficie rovente del pianeta. Trasmise a Terra circa seimila fotografie mappando qualcosa come il 40% della superficie.

Grandi risultati, senza alcun dubbio. Ma non è più un segreto, il Mariner non fece tutto da solo. Tutto il contrario: si fece aiutare. E noi qui a Terra, cosa mai vogliamo combinare, senza almeno un piccolo aiuto?

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