Blog di Marco Castellani

Don’t Look Up, aspettando d’essere liberi

L’ho visto pure io, ieri. Ormai non potevo più attendere. Ogni giorno mi diventava sempre più impossibile schivare gente che ne parlava. Inevitabilmente, la trama si definiva sempre di più, vanificando in parte la sorpresa. Soprattutto però, mi incuriosiva la grande enfasi con cui molti, sui social, magnificano questo film di Netflix. Volevo semplicemente capire se l’enfasi, per me, fosse giustificata.

Ora, il film è certamente interessante. Direi che concordo pressoché in toto com quanto scritto dall’ottimo Davide Coero Borga su Media INAF qualche giorno fa.

Concordo anche e soprattutto nel chiamarlo cinepanettone catastrofico, perché mi sembra che in due parole si racchiuda la cifra interpretativa che mi pare più appropriata. Tanto che sorgono paragoni forse irriverenti, ma sorgono.

Ora, un cinepanettone può risultare più o meno divertente, intrigante, ma non ambisce ad entrare nella storia del cinema. Così direi che possiamo pensare a Don’t Look Up. Il cast è stellare come ormai sappiamo. Su quello non ci piove, attrici ed attori famosissimi (anche se rimane il sospetto che persone meno conosciute avrebbero forse potuto entrare meglio nelle rispettive parti). La trama naturalmente non la posso raccontare, ma in breve l’arrivo di una cometa in rotta di collisione con il pianeta Terra dona l’occasione – a molti degli abitanti della stessa (e soprattutto ai potenti di turno) – di mostrare il loro peggio nella gestione della cosa.

E ovvio, di non ascoltare la scienza. Cosa che forse poteva essere detta in modo più succinto, secondo alcuni.

Una nota la devo, sulla selezione di questi messaggi. Ovviamente i tweet entusiastici sono moltissimi, la mia selezione è pesantemente biasata per rinforzare parti del mio discorso. Ma anche perché spesso trovo come le opinioni critiche siano le più interessanti (in fondo, se non ti è piaciuto sei più spinto a spiegare perché).

Ed io, perché non riesco ad unirmi al coro del 99% dei tweet entusiastici? Ci ho dovuto riflettere per capirlo. E forse ci sono arrivato. Perché sostanzialmente mi sembra un film che in parte fallisce l’obiettivo. Intanto, è un film facile. Risulta facile stare dalla parte dei buoni, è fin troppo evidente quali sono e rimane evidente per tutto il film (tra l’altro, i cattivi si radicalizzano sempre di più nelle loro follie personali tutte a danno del nostro pianeta).

Questo ti fa attraversare il film con la confortante sensazione di essere uno di loro, dei buoni. Cioè di aver capito, essere consapevole della necessità di salvare la Terra. E ti unisci quasi spontaneamente al coro delle esecrazioni riguardo ai politici che se ne fregano e pensano agli interessi personali, ai media che inseguono l’audience e non vengono nemmeno toccati dalla sostanza delle notizie, anche quelle più (qui davvero si può dire) di impatto. O riguardo a Big Tech e i suoi esponenti, anche loro persi nella mania di protagonismo, ammalati di sentimenti di onnipotenza tecnologica così forti che impediscono loro qualsiasi sguardo sincero sullo stato delle cose. Tanto più che questo framework ti entra dentro senza fatica, perché in fondo conferma retropensieri che già dimoravano nella tua testa, ti coccola nelle tue convinzioni, conferma il tuo cinismo strisciante. Alla fine è un film rassicurante, come i western degli anni sessanta o i film di guerra americani. Un film comodo. Non ti mette troppo a disagio, nonostante l’argomento. Capisci bene da che parte stare, e ti conforti per questo ed inoltre ti senti sufficientemente furbo perché hai capito.

Ma la realtà vera è più complessa. Anche le persone vere sono – grazie al cielo – più complesse e sfaccettate di quelle mostrate nel film. Le persone sono crocevia di emozioni contrastanti, hanno parti orientate al bene comune che si mischiano ad altre orientate all’affermazione personale. Hanno un universo dentro insomma, un universo spesso turbolento. Qui no. Ognuno è preso nel suo ruolo (sopratutto i cattivi), schiacciato nel suo ruolo come una macchietta .

Chiaro, ogni giudizio dipende da chi guarda. Per me, questo aspetto umano risulta prioritario nel catturare interesse. La trama, tutto il resto, passa in secondo piano. Se mi racconti l’umano, ti seguo. Altrimenti mi perdi. Non è una saggia decisione, una cosa intellettuale. Al contrario, è una cosa molto spontanea, quasi di pancia. Qui in certi punti facevo fatica a non distrarmi, anche se non è un film troppo lento. Non conta cosa succede, ma come succede.

Questo è appunto un cinepanettone, sicuramente ben confezionato. Ma ogni occasione di approfondimento umano, quando anche si presentasse nella sceneggiatura fumettistica (il rapporto coniugale dello scienziato, l’identità ancora in definizione della giovane dottoranda, il vissuto della avvenente presentatrice televisiva, il disagio di essere presidente degli Stati Uniti o ricco tecnovisionario), scivola via senza profondità, scorre nel fiume degli eventi. Tanto che sembra davvero un albo a fumetti prestato al cinema, in certe parti. Insomma: ruoli ben assegnati, pochi tentennamenti, gioco di luci ed ombre tenuto al minimo, pedale spinto sulla distinzione dei ruoli, sul nitore quasi artificiale dei contorni.

In un film come questo, deve essere tutto ben chiaro. Ma azzardo, forse quello che ci arricchisce è altro. Forse, sentirsi buoni così a buon mercato, non ci serve nemmeno troppo. Nemmeno serve a sensibilizzarci sui rischi reali che stiamo già correndo, come quello del cambiamento climatico.

Qui torniamo al vero punto: serve l’arte per incidere sul reale, per portare dentro il reale la possibilità vera di cambiamento, di rivoluzione.

Il resto, compresa la critica al sistema (articolata così in modo didascalico e in fondo già visto), è già in qualche modo assorbito dal sistema stesso. L’arte invece risulta irriducibile a qualsiasi incasellamento. Perché l’arte ha un canale privilegiato di dialogo con il cuore umano. E quello, non lo potrai mai incastrare in niente.

Quello è libero, per natura. Perché è stato creato così.

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2 Comments

  1. Flavio

    Scrivo semplicemente. Sto usando i pollici e ci saranno errori. Scrivo inevitabilmente senza poter curare l’esposizione del pensiero.

    A me è piaciuto tantissimo.
    L’ho visto senza sapere dell’eco sui social di cui parlavi.
    Li distinguo dai cinepanettoni perché per me questi non si Po fino come obbiettivo di mettere in tono tragicomici alcuni aspetti su cui riflettere. Per me i cinepanettoni erano quei film a la Cristian de Sica e compagni vangando putrido umorismo di bestialità varie.

    Un film leggero, certamente . Un film che semplifica la complessità dei caratteri. Un film che estrapola le componenti delle forze che dovrebbero coesistere in diverse miscele in ogni carattere e le colloca separate in personaggi separati.

    Ma il punto fondamentale del mio commento, dopo aver stabilito il mio pensiero di sopra e questo;
    Io accetto questa maniera con cui mi si vuole raccontare una storia.
    Perché questa storia si potesse essere espressa alla Lars con Trier, non significa che debba esigere che si debba per forza farlo così.
    Meglio: perché si potesse essere più “profondi”, quindi più drammatici, non significa che debba respingere la leggerezza, la scherzosità, con cui si è voluto chiacchierare del tema.

    Sulle performances: non ho una buona opinione di Maryl Streep. Jennifer Lowerence va bene, ma non mi pare un range notabile.
    Leonardo di Caprio mi pare un grande attore, che ha fatto di tutto per non essere intrappolato nel ruolo del belloccio, corrigendo la sua carriera in ruoli con Scorsese, Alejandro G. Iñárritu, e altri. Mica Cristian!!

    L’ho trovato un film scritto brillantemente, eseguito ok, montato con attenzione (nota come hanno giocato con l’audio della canzone che va da soggettivo a oggettivo a soggettivo di nuovo quando Leonardo ascoltava la radio in macchina: brillante. Scivola bene. Intrattiene. Non si mette in cattedra ma scherza insieme a noi si concetti che a questo livello di poca profondità ci si può trovare d’accordo.

    • Grazie Flavio. Molti spunti interessanti di riflessione.

      Credo appunto che quel che conta non sia essere tutti d’accordo, ma rivestire di ragioni le nostre differenti vedute rispetto ad un film, un libro, una proposta politica, tutto. Questo solo, credo sia un vero arricchimento.

      Per inciso, concordo con te in pieno riguardo la prestazione di Maryl Streep. Nemmeno io l’ho trovata sfavillante. Anzi.

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