Questa immagine artistica mostra quel che potremmo vedere se avessimo i piedi appoggiati sull’esopianeta chiamato Kepler-1649c. La stella attorno a cui orbitiamo è una nana rossa, dunque più piccola del Sole. La cosa interessante è che ci troviamo nella “zona abitabile”, ovvero la distanza dalla stella è tale per cui la temperatura sul pianeta permette l’esistenza di acqua liquida. L’immagine è del 2015 ed al tempo era il pianeta più vicino a Terra in tali condizioni, che si era trovato.

Il panorama che potremmo ammirare sul pianeta Kepler-1649c
Crediti: NASA/Ames Research Center/Daniel Rutter

La missione Kepler è stata lanciata nel 2009 ed ha terminato le operazioni nel 2018. Il suo obiettivo era quello di andare a cercare pianeti simili alla Terra orbitanti intorno a stelle diverse dal Sole. Possiamo ben dire che ci sia riuscito. I pianeti scoperti dalla sonda Kepler sono ben 2342.

Se consideriamo che il primo esopianeta è stato scoperto soltanto nel 1995 ci possiamo ben rendere conto di come stia cambiando in fretta il nostro cosmo, così in fretta che spesso fatichiamo ad adeguare i nostri modelli mentali a questo universo che cambia.

Vivere in un Universo con molte terre è una sfida culturale enorme. Cambia tutto, pensare che lì fuori ci sono forse migliaia di mondi abitabili e – chissà – forse anche abitati. Come pensiamo il cielo è importante, perché cambia anche come pensiamo tutto il resto. Per questo l’uomo ha sempre rivolto lo sguardo alle stelle. Sembrerà retorica, ma bisogna guardare lontano per capire quello che abbiamo vicino. Altrimenti l’astronomia sarebbe, alla fine dei conti, una scienza inutile. Sarebbe inutile spenderci soldi.

E invece no, perché ogni modello di cielo produce un modello di uomo. E noi speriamo di andare verso modelli accoglienti, capaci di ospitare vita, ad ogni livello. I segnali ci sono tutti, ma rimane sempre una nostra libera decisione.

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