L’Apollo 17 fu l’ultima missione che portò uomini sulla Luna (erano previste Apollo 18, 19 e 20 ma furono cancellate nel 1970). Sembra strano, ma dal dicembre del 1972 più nessuna persona ha messo piede sul suolo lunare.

Uno dei campioni di superficie lunare riportato a Terra da Apollo 17 (con buona pace di chi sostiene che sulla Luna non ci siamo stati) è stato da poco aperto, con ogni cautela, al Johnson Space Center a Huston.

Un campione di “polvere lunare” prelevato dall’equipaggio di Apollo 17 nel 1972, aperto ora.  
Crediti: NASA/Robert Markowitz

Questi piccoli contenitori sono una vera memoria storica di particelle di suolo di un altro corpo celeste, preziosissime impronte geologiche di un mondo “altro” da noi: vicino abbastanza da interrogare le nostre coscienze, lontano abbastanza da rimanere (quasi sempre) fuori portata.

Ogni tanto nelle notti chiare guardo la Luna e mi chiedo come abbiano mai potuto rischiare così tanto da andare fin lassù e tornare. Diecimila cose avrebbero potuto andar male. Un’analisi accurata della situazione avrebbe certo consigliato di non alzare un piede dal suolo terrestre.

Capisco quanto l’animo umano è fatto per cose grandi, per superare gli ostacoli – anche rischiando – per toccare e conoscere e sperimentare ed imparare.

Capisco che non siamo fatti per passare la vita a gestire l’esistente, ad amministrare il nostro piccolo recinto. Siamo fatti per sognare e buttarci nei sogni: c’è qualche motore misterioso dentro i sogni, che a volte li innerva di energia propositiva così che a volte da un sogno anche incredibile parte un tragitto molto ragionevole che porta alla sua realizzazione.

La privazione del sogno è l’anticamera della guerra. La mancanza del sogno porta all’insoddisfazione e questa si tenta di colmarla con energia degradata, che è per sua natura conflittuale: infatti a bassa energia tutto è un ostacolo, ad energia più alta tutto è possibilità di relazione.

Impariamo a sognare, di nuovo.

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