Questa immagine è recentissima, è stata infatti acquisita il 10 aprile di quest’anno, dall’equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale. Ci mostra il gioco dei raggi solari sull’Oceano Atlantico, osservato da un’altezza di più di 400 chilometri.

L’Atlantico osservato dalla ISS (Crediti: NASA)

Ogni 24 ore, la stazione spaziale compie ben 16 orbite intorno alla Terra, attraversando dunque altrettante albe e tramonti.

Considero questa immagine preziosa, per due motivi. Il primo è il nostro bellissimo pianeta, che in questa fotografia si mostra in tutta la sua avvenenza e varietà. Una civiltà aliena che osservasse questo panorama non avrebbe dubbi sul grado di ospitalità che può garantire un ambiente come questo.

La seconda riguarda il punto di osservazione stesso. La Stazione Spaziale Internazionale è un punto di partenza per l’esplorazione dello spazio, ma anche un punto di arrivo per la cooperazione tra i popoli. Punto che in questi frangenti non è affatto così scontato.

Se c’è una cosa che la scienza deve fare per la pace è ricordare insistentemente a tutti la sua vera natura, che è di collaborazione transnazionale, oltre tutte le barriere e tutti i confini: a ricordarci che non si può andare avanti nel comprendere il cosmo – e dunque noi stessi, per immediato e obbligata riflessione interna – se non lavoriamo tutti per acquisire quella (ancora) nuova modalità relazionale che diventa sempre più necessaria. Unica strada percorribile per evitare quelle spirali egoico-belliche, quei rigurgiti di pensiero antico che tuttora minacciano il nostro bellissimo pianeta.

Il pensiero antico (che Giorgio La Pira chiamò infantilismo), vorrebbe ora squalificare come utopico ogni pensiero che rifiuta gli strumenti della guerra, quando è invece il più realistico.

Si tratta di convertire il modo stesso di pensare. Non riguarda appena russi, ucraini, o americani. Riguarda esattamente ognuno di noi.

Verissimo: difficile pensare con la logica della pace. Necessario, però.

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