Blog di Marco Castellani

La luna di Makemake

C’è tutto un mondo, oltre il piccolo cabotaggio dell’astronomia classica, quella da manuale scolastico. Ed è proprio ciò che più mi affascina. Quello che è un po’ in ombra, che non si trova sotto i riflettori. A cui non pensiamo, mai o quasi mai. Perché c’è un mondo, anzi ci sono sterminati mondi, oltre quell’insieme limitato di cose che occupa di solito la nostra mente.

Makemake fa proprio parte di questi sterminati mondi, quasi sempre fuori dalla nostra testa. Per dimensioni, rappresenta il secondo pianeta nano della fascia di Kuiper, quindi non è proprio l’ultimo arrivato, per così dire. La fascia è occupata da un grandissimo numero di oggetti: se ne sono già scoperti più di mille, ma si ritiene che possano esistere ben centomila oggetti con diametro superiore ai 100 Km. Ci pensate? Centomila grossi sassi che vagano silenziosamente in un vastissimo spazio. Il più grande di tutti è Plutone, come sappiamo. Quello che un tempo era considerato un pianeta a tutti gli effetti, da tempo derubricato a pianeta nano.

Immagine artistica di Makemake e la sua luna  
Crediti: Alex H. Parker (Southwest Research Institute)

Makemake eccolo, viene subito dopo Plutone. E la cosa interessante è che è comunque abbastanza grande da possedere una luna tutta sua. Chiamata in codice MK2, la luna di Makemake “riflette” la luce solare da una superficie scura come il carbone, risultando dunque abbastanza inefficiente come faro notturno: se mai su Makemake qualcuno fosse in cerca di romantiche “notti di luna”, rimarrebbe assai deluso.

MK2 è da poco nei taccuini degli astronomi: è stata scoperta infatti solo nel 2016, grazie al potere risolutivo del Telescopio Spaziale Hubble. Appare decisamente più piccolo del pianeta nano intorno al quale orbita, poiché vanta un diametro di circa 160 km, contro i ben 1400 km di Makemake. Comunque dimensioni rispettabili, per ambienti estremamente interessanti da investigare. Persi nello spazio profondo, peraltro: per capirci, il Sole è cinquanta volte più lontano da Makemake di quanto sia rispetto alla Terra. Se un fotone che sbuca fuori dalla nostra stella ci raggiunge in circa otto minuti, per arrivare a Makemake ci impiega più di un’ora di viaggio. A quarantamila chilometri al secondo, capite di che razza di distanze stiamo parlando.

Pensando a questi mondi lontanissimi, mi perdo. Centinaia di piccoli pianeti, migliaia di chilometri di superficie, di monti e valli, che non vedremo mai, non esploreremo mai. Eppure, ci sono. Esistono. Lo confesso, faccio fatica a pensare all’esistenza di qualcosa che nessuno può guardare. Allo svolgersi di fenomeni incredibili, su scale enormi (come ad esempio, le tempeste su Giove), che non hanno alcuno spettatore. Forse è un punto di vista antropocentrico, ma se rifletto su tutto quello che sta avvenendo nel cosmo e che nessuno vedrà mai, davvero il pensiero esita, un senso di mistero lo afferra. Rimango sbigottito.

Allo spazio non pensiamo mai, quasi mai. Eppure vi siamo immersi. Non è strano? Abbiamo una immaginazione che rimane quasi sempre a livello terra, procede ad alzo zero. Al massimo ogni tanto diciamo beh ci son le stelle lassù. Come fosse una cornice appena. Qualcosa che fa da sfondo. Invece siamo immersi dentro un vortice di corpi e situazioni delle quali la Terra è appena un bruscolino. Siamo in una danza cosmica terribile e bellissima, ma non ci pensiamo mai.

Se lo scrivo qui è perché penso che uno dei compiti più importanti ed anche urgenti di un astronomo, oggi, non sia tanto quello di annoiare la gente con spiegazioni minuziose e pedanti di alcuni meccanismi fisici o astrofisici, ma sia innanzitutto quello di riportare le persone dentro il cosmo. Perché ogni verità non riconosciuta, ogni rimozione, è psicologicamente dannosa. Se restringiamo drasticamente il punto di vista togliendo di mezzo lo spazio, il cielo (c’è la quasi totalità del reale) ci rimane ben poco, ma soprattutto abbiamo operato una scelta così categorica che anche quel che ci rimane, a valle del taglio, non ha più un punto di equilibrio.

Makemake è ordinariamente fuori dai riflettori, non è tirato in ballo nelle notizie “a sensazione” nei siti e nei notiziari, dove si sfrutta l’astronomia per cercare di monetizzare un poco di attenzione, prima di passare subito ad altro. Per questo è importante. Fa capire quanta abbondanza di panorami e situazioni ci siano, quante incredibile cose stanno avvenendo, appena un poco fuori di qui, oltre il nostro cortile.

Loading

Previous

Tramontata è la Luna

Next

Un bracchetto veramente spaziale

2 Comments

  1. Testo bellissimo che mi ha suggestionato e mi fa riflettere.
    Grazie per averlo scritto!

    • Marco Castellani

      Ciao Danilo, grazie a te per averlo letto e commentato!

      Trovo che ci sia davvero tanta roba nel Sistema Solare, una varietà incredibile di cui non sempre ci rendiamo conto… Bello in queste occasioni riflettere insieme su quanto non vediamo, usualmente, eppure c’è 😉

Rispondi a Marco Castellani Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén