Blog di Marco Castellani

Mese: Marzo 2023

La musica del cosmo

Il testo di una canzone può essere letteratura? Ai tempi delle mie scuole medie (secolo scorso), le parole de La Guerra di Piero del grande Fabrizio De André (a proposito del quale Stefano Sandrelli ha recentemente dialogato con ChatGPT) con stupore le vidi comparire nel mio sussidiario, gomito a gomito con quelle di ben più blasonati poeti.

Immagine di Davide Calandrini – @davidecalandrini 

All’epoca avevo un po’ troppo forte addosso il senso di cultura come roba polverosa ed antica, ma mi parve buffo che una persona che ineriva al mondo vivo della canzone (un mondo che dialogava costantemente con le mie emozioni e i miei sentimenti, come fa anche adesso), potesse guadagnarsi un posto lì. La domanda mi segue fin da allora: ci stava bene quel testo nel sussidiario? Era il suo posto? Non ci provo nemmeno a rispondere: so che la domanda continuerebbe comunque a pungolarmi, di tanto in tanto… [Continua a leggere sul portale EduINAF]

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Per rimetterci in moto

Siamo abituati a credere che niente può davvero cambiare. O piuttosto, ci hanno abituati? In ogni caso, quando ero più giovane non era così. C’era un senso frizzante di rivoluzione, sentivo che il mondo stava per cambiare. Profondamente. In meglio. Non è tanto una questione politica, o esclusivamente tale, come poteva sembrare. Era proprio una questione esistenziale. Tutto stava per cambiare, finalmente. Lo sentivo, era nell’aria, era questione di pochi anni, forse pochi mesi, tutto sarebbe cambiato.

Tutto è in movimento, la stasi è una tentazione mentale, da superare…

Poi non si capisce bene come, e soprattutto quando. Lentamente, inesorabilmente, qualcosa si è definito, nella vita. Si è messo a fuoco, crescendo. Ma qualcos’altro si è affievolito, quasi spento. E intanto è cresciuta una convinzione, non detta, ma forte, limpida, inevitabile. Niente può cambiare a livello di società, niente. Tanto vale organizzarsi per quanto si può, nel proprio privato. Vivere alla meno peggio. Perché tutto il resto sono sogni. Le rivoluzioni non funzionano, le rivoluzioni non esistono.

Però perché allora il cuore desidera ardentemente qualcosa se essa non esiste? Una super beffa cosmica? Mi dispiace, non mi convince, non ci credo: il cuore mi sta dicendo realmente qualcosa. Qualcosa a cui la mente non vuole aprirsi.

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Lavoro di accordatura

Vero, è stato detto molte volte, qui. Però a me piace provare a ricordarlo spesso, tentare di ritornarci ogni volta che posso. Perché me lo scordo. E se me lo scordo è come se mi catapultassi indietro, dentro il modello di universo statico. Cioè, guardo fuori e niente, non si muove nulla. Se non faccio esperienza – almeno indiretta, tramite la scienza – che in questo momento il Sole viaggia a più di 220 chilometri al secondo. Che i quasar lontani sono immensamente più lontani di ieri.

L’universo si muove, eccome. Ma già pensarlo mi apre la mente. Lei poi subito si richiude, e devo ripensarlo, ancora ed ancora

Meno male che ci sono tante evidenze, che mi confortano.

La Nebulosa del Granchio è il primo oggetto del catalogo di Messier, il catalogo della cose che non sono comete. Viene appunto chiamata M1. Fatta da resti di una supernova esplosa nel 1054. Larga dieci anni luce, adesso. E si espande. A più di 1000 chilometri al secondo.

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Iperione, l’arte sottile di muoversi a casaccio

Per capire cosa si nasconde dietro gli stranissimi crateri di Iperione, niente di meglio che andare a vedere. L’ha fatto per noi alcuni anni fa la sonda Cassini che orbitava intorno a Saturno. Con l’occasione ha preso alcune immagini ad un livello di dettaglio assolutamente straordinario.

Iperione, la più bizzarra tra le lune di Saturno.
Crediti: NASAESAJPLSSICassini Imaging Team

Siamo davanti ad un mondo di crateri e soprattutto una superficie stranissima, davvero simile ad una spugna. Iperione ha un diametro di cerca 250 chilometri ed è strano perfino nella rotazione, che è caotica, ovvero il suo asse di rotazione si sposta in modo imprevedibile nel tempo. In realtà è l’unico corpo del Sistema Solare, a quanto ne sappiamo, che mostri una rotazione caotica. Inoltre possiede una densità così bassa che si ritiene molto probabile che ospiti al suo interno un sistema incredibilmente vasto di caverne.

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No, nella Via Lattea non c’è

Una bellissima palla di stelle senza alcuna controparte nella nostra pur enorme Via Lattea! Ciò è piuttosto sorprendente, in fondo l’immagine dell’ammasso stellare NGC 1850 sembra somigliare in tutto e per tutto ai tanti antichi ammassi globulari che ci sono nella Galassia.

L’ammasso stellare NGC 1850, nella Grande Nube di Magellano
Crediti : NASAESA and P. Goudfrooij (STScI); Processing: M. H. Özsaraç (Türkiye Astronomi Derneği)

La differenza, infatti, non si vede così ad occhio, ma c’è. Le stelle di NGC 1850 sono tutte veramente giovani, il che le rende assolutamente non comparabili ai nostri ammassi globulari. E non è neanche tutto. Perché questo è un ammasso doppio, con un secondo agglomerato compatto rintracciabile qui alla destra dell’ammasso più grande. Ed ecco la sorpresa: le stelle nell’ammasso grande risultano avere un’età di circa cinquanta milioni di anni, mentre le stelle dell’ammasso secondario appena quattro milioni di anni. Decisamente diverse dalle età degli ammassi globulari della nostra galassia, dove le stelle che li compongono vantano età sensibilmente più elevate, dell’ordine della decina di miliardi di anni.

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Qualcosa di noi

Mi dico, forse sta avvenendo tutto troppo velocemente. Intendo, la conquista dello spazio, l’esplorazione degli ambienti planetari, l’odierna nuova corsa alla Luna. Troppo in fretta perché scivoli dalla nostra testa al nostro sistema circolatorio, perché veramente se ne possa fare esperienza, perché divenga tutto davvero concreto. Per millenni lo spazio e quanto contiene, è rimasto completamente irraggiungibile, e nell’arco di pochi decenni questa situazione è drasticamente mutata.

“Rover in meditazione su Marte” di Davide Calandrini – @davidecalandrini 


Solo per l’esplorazione del pianeta Marte, le sonde inviate sono ormai varie dozzine. Ci sono panorami di Marte – la cui distanza media da Terra è superiore ai 250 milioni di chilometri, insomma non proprio dietro l’angolo – che possiamo ammirare con un grado di dettaglio ormai superiore a quello delle foto che possiamo portiare a casa dalle gite fuori porta della domenica, quelle con amici e parenti. Ciò che per secoli e secoli è stato oggetto di immaginazione e speculazione, ora improvvisamente è reale… [Continua a leggere sul portale EduINAF]

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Un addio in blu

Un anello blu brillante intorno a Plutone, mentre si allontana inesorabilmente. Così lo vede la sonda New Horizons, dopo avere effettuato il passaggio ravvicinato. Siamo al 14 luglio del 2015. Nel momento dello scatto, la sonda è a circa duecentomila chilometri dal pianeta nano. Ma si è avvicinata fino a 12.500 chiloometri dalla superficie. Durante il passaggio ravvicinato ha ottenuto le prime (e per ora e chissà quanto) uniche, immagini ad alta risoluzione della superficie di Plutone e della sua luna Caronte.

Un alone blu circonda Plutone, al momento del saluto alla sonda New Horizons… (Crediti: NASA)

New Horizon ha compiuto un viaggio di quasi dieci anni, per arrivare qui. Ad una distanza da Terra di 33 Unità Astronomiche (4,5 ore luce in pratica). Per comunicare a Terra e ricevere un segnale di ritorno, ci vogliono nove ore. Un’eternità. I dati che ha raccolto la sonda verranno scaricati a Terra in un periodo di ben nove mesi, dopo il sorvolo. Sono panorami incredibili che chissà quando potremo fotografare di nuovo.

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