Fu notata secoli fa, a dire il vero (è nota già dalla fine del Settecento): anche se non si riusciva a comprendere la sua forma così peculiare. Un anello sfavillante nel cielo. L’unica altra struttura simile che sfida la bellezza di questa, nell’universo che conosciamo, è quella degli anelli di Saturno.

La nebulosa M57  
Crediti: NASAESAHubble Legacy ArchiveProcessing: Judy Schmidt

Sappiamo ora che la meraviglia che vediamo è anche dovuta alla nostra posizione privilegiata: proprio di fronte all’anello, per ammirarlo in tutta la sua bellezza. Questa foto è senz’altro tra le più belle regalateci dal Telescopio Spaziale Hubble.

La nebulosa planetaria forse più famosa in assoluto – ovvero M57, ampia un anno luce e distante da noi circa 2500 anni luce – ci parla in modo suggestivo di una storia di impollinazione cosmica alla quale, ultimamente, dobbiamo la nostra stessa esistenza. Il materiale espulso dalla stella centrale morente (quel puntino luminoso al centro dell’immagine), infatti, si riversa nello spazio pronto a rientrare in gioco per formare altre stelle, pianeti, e insomma tutto il mondo a noi ben noto.

Quella che ammiriamo dunque è una bellezza generativa, un segno di un universo in perenne trasformazione, che dalla morte di una stella riesce a produrre meraviglie.

Ma se così non fosse, perché guarderemmo ancora il cielo?

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