Guardo intanto
la poesia più nostra
la modulazione flebile
di onde elastiche tese
rese trasparenti dal sole
e l’ombra.
Che si succedono intime
negli immensi spazi interni
Dove aspetti me è dove io ti aspetto
a balbettare l’idea pazza di compimento
di là di ogni ombra, ogni male.
Così le campane suonano – adesso – che impudica inarchi
la pazienza non detta, portata a pelle come diadema.
L’unico ornamento del resto
più bello ed essenziale
di te nuda.
L’unico profumo più soave
del tuo stesso odore.
E ogni tuo piegarsi
è mostrare, invitare:
creare tempo e spazio.
Perciò lo vedo.
Tra chi non si mischia di poesia e chi si imbratta invece
– camminando a filo tra ridicolo e sublime –
piovono grappoli di orizzonti, miriadi di universi.
Come tra no e così sia,
tale è distanza
che l’infinito stesso è poca cosa.
Dal volume “In pieno volo” (2014)