I più non saranno d’accordo, ma io sostengo che il primo a capirlo è stato Vasco. Con la lungimiranza tipica dei veri artisti, ce l’ha cantato chiaro, già molti anni fa. Addirittura, era il marzo del 1987 e all’epoca nessuno ancora ci pensava, ma lui già era avanti, molto avanti. C’è chi dice no, è la canzone in oggetto.
Davvero, nessuno ci pensava. Perché a quell’epoca, non solo non c’era Webb, ma perfino Hubble (con tutti i ritardi che ha accumulato) contrariamente ai piani iniziali, doveva ancora essere lanciato (per la cronaca, lo sarà solo tre anni dopo). E lui però l’ha detto, è incontestabile. E bisogna dunque dargli il dovuto credito.
Le parole sono difficilmente equivocabili, peraltro.
C’è qualcosa che non va
In questo cielo
C’è qualcuno
Che non sa
Più che ore sono
Adesso, lasciamo pur stare le ultime tre strofe, che già da sole aprirebbero un discorso assai complesso sulla nostra percezione del tempo, sul crollo moderno del concetto di simultaneità, messo in crisi dal logico sviluppo della fisica relativistica: un cambio di paradigma che Vasco descrive in modo così compiuto e succinto, da far invidia a Ungaretti… [Continua a leggere sul portale Edu INAF]
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