Potrebbe essere il titolo di un libro, o di un film. Invece è proprio quanto è accaduto: undici anni di incessante attività, in orbita ad un milione e mezzo di chilometri da casa. Miliardi e miliardi di misurazioni, quotidianamente spedite a Terra.
Ma andiamo con ordine.
Della sonda Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), ho scritto in tantissime occasioni, su questo blog (anzi abbiamo, perché ha contribuito anche la cara amica e valente divulgatrice Sabrina Masiero, con alcuni tra i suoi numerosi articoli). Iniziando il tutto, ben prima del lancio.
Ora che sta finendo, mi viene da ripensarci.
Per dirla tutta, Gaia compare dentro il mio blog (allora si chiamava GruppoLocale) più di dieci anni prima del lancio, con un post del 2002, intitolato La sonda Gaia e i modelli della Via Lattea. Una decade prima del lancio, ma quando il sottoscritto non aveva minimamente idea che sarebbe stato coinvolto nel lavoro su Gaia, a cui vi avrebbe poi dedicato molti, molti anni.
Non c’era Media INAF allora (che infatti potrà iniziare a parlare di Gaia soltanto nel 2011, quasi dieci anni dopo), non c’erano tanti canali da cui attingere le notizie sullo spazio. Così, pensavo semplicemente che fosse importante scriverne, contribuire a far esondare fuori dall’ambito degli specialisti, cose belle come questa. E ne scrivevo, certo, come qualcuno del mestiere, ma non interessato direttamente nell’impresa.
Che buffo. Quante cose non sapevo (ma uno non sa mai nulla in fondo, di quel che sarà). Di lì a qualche anno sarei stato coinvolto nel gruppo di lavoro che si veniva costituendo in Osservatorio.
In Gaia lavoravano (e lavorano) centinaia di persone (sparse in tutta Europa, ma riunite nel DPAC), ognuna con dei precisi compiti. Quello assegnato a noi – come presto scoprii – era la gestione dei profili spettrali delle stelle in campi affollati. In parole povere, si trattava di ricostruire gli spettri stellari registrati da Gaia, nel caso – niente affatto improbabile – che la sonda guardasse in zone della Galassia dove l’affollamento la fa da padrone (tipicamente, la parte centrale di uno dei tanti ammassi globulari, o lo stesso nucleo della Via Lattea). Compito che svolsi condividendo molta parte di vita, sofferenze e gioie, con Luigi Pulone e Giuliano Giuffrida. E anche, in molte occasioni, con Anna Piersimoni e Fiore de Luise, dell’Osservatorio Astronomico d’Abruzzo. Amici, prima che colleghi.

Se ci ripenso è perché Gaia si sta avviando al pensionamento. Dopo un tempo di attività praticamente doppio di quello previsto inizialmente, proprio oggi, seguendo un piano stabilito già da tempo, interromperà per sempre le osservazioni scientifiche e si avvierà verso un’orbita eliocentrica, dove non rischierà di dare fastidio a nessuno. Dove ad un certo punto, tra qualche mese, verrà completamente disattivata.
Finite le osservazioni scientifiche, Gaia non smetterà comunque di lavorare. Almeno, non subito. Troppo ghiotta l’occasione di avere una sonda al lavoro già da un decennio abbondante, per non utilizzarla a fondo, del resto. Gaia dunque inizierà una serie di test tecnici, che dureranno diverse settimane, potenzialmente utili per sviluppare future missioni. Sarà poi spenta del tutto tra marzo ed aprile di quest’anno, quando libera finalmente da ogni impegno verso i terrestri, sarà libera di godersi appieno lo spazio, magari riflettendo sulle tantissime cose che ci ha raccontato – della Via Lattea ed anche di molto altro (pianeti, quasar, asteroidi) – in tutti questi anni.
Se ci ripenso, è perché è stato un compito (ora in via di naturale conclusione) intenso e articolato, con momenti di esaltazione (come finire nella immagine della settimana per il nostro lavoro) e momenti di sconforto (di cui non è troppo utile parlare), come accade direi normalmente.

Ho imparato parecchio, dalla mia storia con Gaia. E credo che sia questa, la cosa veramente importante.
Ho imparato, nel tempo, cosa vuoi dire lavorare in un gruppo molto grande, ho imparato l’esigenza di rendicontazioni periodiche, di incontri cadenzati, di workshop annuali. Ho conosciuto persone, luoghi, modi di ragionare. Ho visitato altri istituti scientifici. Ho preso caffè e salito scale in posti lontani, ho combattuto le mie paure e mi sono esposto. Ho fronteggiato mille volte il timore di non essere adeguato, di non essere abbastanza. Ho affrontato e dovuto gestire le tensioni che si generano quando modi diversi di intendere un compito, si confrontano. Accogliendo una esigenza interna, ho anche cercato di far diventare racconto, parte quel che vivevo. Ma tutto il mio (per ora unico) romanzo Il ritorno deve tantissimo (ma non tutto) all’esperienza con Gaia.
Ho visto come un gruppo di centinaia di persone possa mandare avanti un progetto gigantesco (che si articola in mille sottoprogetti, come piccoli rivoli di un grande fiume) senza perdersi e senza smarrire la strada. Ho condiviso l’eccitazione e la curiosità per il primo, per il secondo ed il terzo rilascio dei dati. Ho anche visto, interessi personali che si intrecciano con l’interesse condiviso, ho visto passione, incertezza, dolcezza, distacco: ho capito che siamo umani, anche noi scienziati di Gaia. E che nessuna sonda vale la pena se non ci fa toccare – di nuovo ed in modo nuovo – la nostra umanità, che brilla sempre più di qualsiasi stella in qualsiasi galassia.
Undici anni nello spazio sono stati undici anni intensi sulla Terra, per molti di noi. Undici anni in cui siamo cambiati molto, non siamo più quelli di prima. Non soltanto perché conosciamo immensamente meglio la Via Lattea, rispetto a quando Gaia si sollevò da terra. Ma perché conosciamo più noi stessi, perché ci siamo messi alla prova e abbiamo dato il nostro contributo ad un’opera comune, dove le differenze non hanno l’ultima parola ma vengono sacrificate – a volte dolorosamente – di fronte ad un obiettivo condiviso. Dove vince alla fine il senso semplice del vale la pena.
Ciao Gaia, grazie per l’avventura umana che mi hai fatto sperimentare. Grazie anche per le arrabbiature, le frustrazioni, i momenti di noia. Grazie per tutti i dolori e i dubbi, che hanno reso più vero e meno patinato il percorso. Per le innumerevoli occasioni di relazione che hai creato, espressamente per me. Per l’occasione che mi hai dato, di chiarirmi chi sono e cosa voglio davvero. Senza tutto questo, sarei certamente qualcosa di meno, adesso.
Cover articolo: immagine artistica della sonda Gaia (Crediti: ESA). Grazie ad Elisa Nichelli (Osservatorio Astronomico di Roma) per la realizzazione ed il montaggio della “mini intervista” sul pensionamento di Gaia.
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