Ci sono concetti, come quelli della meccanica quantistica (teoria che ha appena festeggiato un secolo di vita), che sembrano quasi costruiti per restare misteriosi. Onde che diventano particelle, stati che esistono e non esistono allo stesso tempo! Insomma, è assai facile perdersi di fronte a questi paradossi. In molti ne restano affascinati, ma poi trovandoli incomprensibili rinunciano a capirli, perdendone così il significato profondo.

E non è un problema solo per chi ascolta, anche per divulgatori e insegnanti il compito di trasmettere queste nozioni è una sfida continua. Insomma, come raccontare una realtà così distante dalla nostra esperienza quotidiana? Gianluca Li Causi, primo ricercatore dell’INAF presso l’Osservatorio Astronomico di Roma, ma soprattutto amico e collega, ha pensato a una rappresentazione dei quanti che aggirasse questi problemi. L’idea, sottoposta a The Physics Teacher, rivista specializzata nella didattica della fisica, è stata pubblicata come articolo di copertina del numero di gennaio (Figura 1) di questo 2025 nominato dalle Nazioni Unite Anno Internazionale della Fisica e delle Tecnologie Quantistiche (l’articolo, leggibile in forma integrale, si chiama “Explaining quanta with optical illusions“, The Physics Teacher, Vol. 63, Number 1, Jan 2025 ed è leggibile in forma integrale su arXiv). Incuriosito, desideroso di capire qualcosa di più, interessato da quanto viene ideato nel mio stesso Istituto, ho raggiunto Gianluca per questa breve intervista.

Caro Gianluca, vuoi spiegare ai lettori di Stardust perché mai la meccanica quantistica appare così splendidamente (e tenacemente) incomprensibile?
Ci provo, caro Marco! È tutto perché gli oggetti del nostro mondo quotidiano hanno proprietà molto diverse dalle proprietà delle particelle elementari. Questo è il punto. Ogni particella quantistica possiede un insieme di qualità, cioè uno stato, che quando vengono osservate possono assumere soltanto alcuni valori discreti e mutuamente esclusivi. Un elettrone, per esempio, possiede una proprietà chiamata spin che può essere osservata solo in uno di due stati quantistici, comunemente chiamati su e giù.
Perché, scusa, il mondo normale non è così?
D’accordo, anche un oggetto classico ha uno stato, ovvero la collezione delle sue qualità, come il colore, la dimensione, il peso: lo sappiamo bene, può essere ad esempio grande, azzurro, liscio al tatto, di forma stondata, eccetera. Tuttavia, mentre un oggetto classico non può esibire due stati esclusivi allo stesso tempo (ad esempio, non può essere contemporaneamente giallo e blu), gli esperimenti mostrano chiaramente (per così dire…) che un oggetto quantistico può esistere in uno stato indefinito e duale, chiamato stato di sovrapposizione, in cui possiede contemporaneamente (alla faccia del principio di non contraddizione) due stati opposti! Ad esempio, lo spin di un elettrone può trovarsi in una sovrapposizione di su e di giù. Tuttavia, quando osserviamo una particella in sovrapposizione, ossia eseguiamo su di essa la misurazione di una proprietà quantistica, lo stato “collassa” in uno solo dei possibili esiti discreti in modo casuale e intrinsecamente imprevedibile.

Il fatto che gli oggetti classici non possano comportarsi in questo modo rende molto difficile per le persone comprendere cosa sia effettivamente un oggetto quantistico, e per gli scienziati spiegarlo. Ecco tutto il problema!
D’accordo (sul problema). Ma adesso, in che cosa consiste l’idea che proponi?
Ti dico subito. Credo che la difficoltà nella comprensione dei quanti e nella loro spiegazione sia in gran parte dovuta alla mancanza di una rappresentazione che sia, essa stessa, duale.
Ecco perché nell’articolo invito a pensare a un oggetto quantistico come a una figura bistabile, anche detta illusione ottica reversibile, un’immagine che crea ambiguità tra due forme distinte quando viene interpretata del sistema visivo umano: guardando tali immagini si verifica un’alternanza spontanea e casuale tra due stati percettivi mutuamente esclusivi.
Le più famose di queste illusioni sono il Vaso di Rubin e Mia moglie e mia suocera (Figura 2): nel Vaso di Rubin si può percepire un calice bianco su fondo nero o, alternativamente, il profilo di due volti neri su un fondo bianco, mentre in Mia moglie e mia suocera il profilo di una giovane ragazza appare quando il volto di una donna anziana scompare (l’orecchio della giovane è l’occhio della vecchia).

La peculiarità di tali disegni è che, ogni volta che li si osserva, si percepisce una forma o la sua complementare in modo puramente casuale. Pertanto, un disegno bistabile si comporta come un oggetto quantistico, che è duale e, quando osservato, “collassa” istantaneamente in uno dei due stati esclusivi in modo completamente casuale.
Si è portati a pensare che debba pur esserci un’unica realtà in questi disegni, ma non è così: non si può chiedere se il Vaso di Rubin sia “in realtà” il disegno di un calice bianco o di due volti neri, perché un disegno non è ciò che rappresenta, ma solo una distribuzione di regioni chiare e scure e solo l’interazione tra il disegno e l’osservatore genera un significato.
Grazie alla loro dualità intrinseca, tali disegni ci aiutano a comprendere la dualità dei quanti per mezzo di un’esperienza diretta, mostrando come proprietà mutuamente esclusive, come onda e particella o spin su e spin giù, possano essere aspetti di qualcosa di intrinsecamente diverso, l’oggetto quantistico, che mostra un comportamento o l’altro a seconda di ciò che viene osservato.
Sì, può funzionare, mi pare! Non ci avevo mai pensato, ma effettivamente, guardandoli, la visione “collassa” sempre su una delle due possibili figure. Senti un po’, ma cos’altro riesce a rappresentare questa analogia?
Riesce a rappresentare (nientemeno che) il principio di complementarità, offrendo una percezione diretta del perché tutte le particelle abbiano almeno una proprietà indefinita in ogni momento… con la imbarazzante percezione del ruolo che ha la casualità a livello fondamentale!
Il principio di complementarità descrive il fatto che ogni particella possiede almeno una coppia di proprietà complementari, cioè che non possono essere osservate simultaneamente, come ad esempio lo spin orizzontale e lo spin verticale. Se si determina che lo spin verticale di un elettrone è su, o giù, il suo spin orizzontale diventa indeterminato. Viceversa, una misura dello spin orizzontale (che può assumere i valori sinistra o destra) fa finire in sovrapposizione quello verticale, rendendolo pertanto indefinito.
Questo comportamento si può rappresentare con due disegni bistabili disposti in modo da essere visti in modo esclusivo. Ad esempio, si può mettere il Vaso di Rubin sul lato anteriore di una carta e Mia moglie e mia suocera sul lato posteriore: se sul lato anteriore l’osservatore ha riconosciuto casualmente un calice ed ora sta interpretando il disegno sul lato posteriore, quando gira la carta, percepirà un calice o due volti di nuovo in modo casuale, indipendentemente dalla forma che ha visto prima.
Quindi, in pratica…
In pratica, nel momento in cui l’osservatore guarda un disegno, perde l’identità vista nell’altro, come accade in un oggetto quantistico, dove la misurazione di una proprietà rende nuovamente indefinito il suo stato complementare, con la profonda conseguenza che la casualità è intrinseca nella natura fondamentale dell’universo.
Piuttosto sconvolgente, per il pensiero comune. Vuoi mica dire che le cose alla fine accadono “per caso”? O comunque, in modo non predicibile a priori?
Qualcosa del genere, sì. Certo, l’esito di un’interazione tra particelle è governato da ciò che potremmo chiamare “caso” (in mancanza di termini migliori), ma c’è anche da dire che non tutti gli esiti sono ugualmente probabili: la distribuzione delle probabilità che si possono verificare è determinata infatti dalle relazioni di una particella con l’altra. A livello macroscopico tutta questa “casualità” non la vediamo affatto e così ci sembra – ci sembra soltanto – che le particelle agiscano tra loro per mezzo di forze attrattive o repulsive, mentre in realtà si muovono “casualmente” con probabilità maggiore dove le vediamo poi andare “classicamente”, cioè nel nostro mondo ordinario.
Quindi tutta questa cosa di azione e reazione, è più che altro un nostro modello mentale! E il mondo è assai meno deterministico di quanto spesso ce lo figuriamo. Ma sai, giunti a questo punto, sarebbe bello se si potesse visualizzare così chiaramente anche l’entanglement, ovvero quel famigerato fenomeno quantistico per cui due particelle sono dipendenti l’una dall’altra, anche se si trovano ai lati opposti (per così dire) del cosmo.
Giusto, caro Marco. E ti devo dire che, in effetti, l’analogia proposta riesce a farlo.
Ora ti spiego. Ripartiamo dall’inizio, però… Quando due quanti interagiscono tra loro, si stabilisce una relazione tra i loro stati quantistici che si mantiene fino a quando uno dei due non incorre in una nuova interazione. Questa relazione è chiamata entanglement, o correlazione quantistica.
Consideriamo un esperimento in cui due elettroni in stato di sovrapposizione, quindi con spin indefinito, entrino in una regione in cui interagiscono per poi uscirne in direzioni diverse.
Prima dell’interazione essi sono indipendenti, il che significa che misurando lo spin di ciascuno si otterrebbe casualmente su o giù in modo indipendente. Tuttavia, gli esperimenti dimostrano che dopo l’interazione gli spin dei due elettroni sono sempre indeterminati, ma non più indipendenti! Al punto che se li misuriamo collassano sempre in modo opposto, perfino se la seconda misurazione avviene dopo un tempo inferiore a quanto impiegherebbe un raggio di luce per andare da una particella all’altra, fatto che esclude qualsiasi possibilità di comunicazione tra i due elettroni.
Accidenti! A questo punto ho due domande piuttosto imbarazzanti: come possono due oggetti avere proprietà opposte se queste proprietà sono ancora indefinite? E come può il secondo spin dipendere dal primo, senza alcuna comunicazione tra le particelle? Non devono “dirsi” come stanno, queste benedette particelle?
Me le aspettavo, queste domande! Guarda, l’analogia proposta offre una risposta visiva a tali spinose questioni: per visualizzare l’entanglement, si pone una copia del Vaso di Rubin a fianco al suo inverso, dove il calice è nero e i volti sono bianchi (Figura 3). Se guardando il primo disegno vi si vede casualmente un calice, dopo aver spostato lo sguardo sull’altro alla prima occhiata si vedranno due volti, mentre se si son visti due volti nel primo si vedrà un calice nel secondo. In altre parole, nel secondo disegno si percepisce sempre la forma opposta a quella percepita, casualmente, nel primo proprio come avviene nell’entanglement!

Questo esperimento aiuta l’osservatore a comprendere come le misure di due quanti entangled possano essere correlate anche se il risultato della prima misurazione è puramente casuale. Inoltre, ci si rende conto chiaramente che il primo disegno non ha bisogno di comunicare nulla all’altro, poiché lo schema reciproco delle aree nere e bianche codifica il tipo di correlazione fin dall’inizio. È appena una analogia, dunque ha delle limitazioni, ma insomma hai capito il concetto, credo.
Direi di sì! E capisco soprattutto che per descrivere il microcosmo quantistico, il nostro comune “buon senso” appare del tutto inadeguato. Un’altra cosa ancora: l’immagine di copertina su The Physics Teacher, è un’intrigante e coloratissima illusione ottica, che a guardarla sembra ruotare. Cosa c’entra con tutto quello che ci stiamo dicendo?
Senz’altro provo a risponderti! Lo spin di una particella viene comunemente descritto come la rotazione di una pallina attorno al proprio asse, in senso orario o antiorario per rappresentare i due stati su e giù. Ma questo è errato. Nel mondo quantistico il concetto di rotazione ha infatti un significato molto diverso dalla rotazione macroscopica: considera che le particelle elementari sono oggetti puntiformi e, a differenza di una biglia, non possiedono una superficie, un volume o una struttura, per cui la nozione classica di rotazione non ha alcun senso: un punto geometrico non può ruotare. Tuttavia, una particella con spin può trasferire momento angolare a un oggetto macroscopico e causarne la rotazione. Lo spin quantistico, perciò, mostra le caratteristiche di una rotazione, pur non comportando alcuna rotazione fisica delle particelle.
Nel mio articolo propongo di illustrare questo concetto controintuitivo tramite le illusioni di rotazione, come il disegno mostrato in copertina (Figura 1): guardando questa figura, l’osservatore percepisce una rotazione anche se il disegno non ruota, in corrispondenza con la nozione di spin quantistico che ho descritto.
Mi hai abbastanza convinto. Direi che da qui in avanti, abbiamo uno strumento in più per aiutare spiegare e a comprendere la meccanica quantistica (e ce n’è assai bisogno, di affinare la nostra comprensione “intuitiva”). Ma scusa, come mai lo hai proposto tu, che non sei un fisico delle particelle?
Capita spesso nella scienza che un contributo a una disciplina venga da un ricercatore di un campo diverso, ma non è un problema, nella scienza ogni idea viene valutata per quello che è, non certo per la sua provenienza. E stavolta, non è un caso: la fisica si comprende con la matematica, che è molto specialistica e rigorosa, mentre le analogie non lo sono poiché descrivono solo parzialmente la realtà violando apertamente il rigore scientifico; ecco, questa violazione è forse risultata più facile per me che non sono del settore, anche se naturalmente l’idea è stata valutata e approvata dai colleghi specialisti prima di pubblicare l’articolo.
Dimmi la verità: quale è l’obiettivo di questo tuo lavoro? Solo conoscitivo, o anche pratico?
Tutti e due, caro Marco. Il mio lavoro vuole invitare colleghi e docenti ad usare nelle loro lezioni, presentazioni e libri queste rappresentazioni intrinsecamente duali per spiegare i concetti quantistici e ad esplorare il mondo delle ambiguità sensoriali per trovarne altre ancora. Rendere semplice e “percepibile” ciò che potrebbe sembrare complesso e lontano, insomma. Qualcosa che, mi pare, provi a fare anche tu in questo blog!
Grazie caro Gianluca, viva dunque la fisica quantistica, e anche le illusioni (ottiche e non), quando non ci portano fuori strada ma ci aiutano a capire meglio il reale. A presto!
“Explaining quanta with optical illusions”, The Physics Teacher, Vol. 63, Number 1, Jan 2025, https://arxiv.org/abs/2501.08583
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