Due corposi “quaderni” per un viaggio nell’astronomia antica e moderna. Un viaggio particolare, da compiersi seguendo una scansione per oggetti e non per i consueti grandi temi. Un viaggio che cerca l’ancoraggio al particolare: un ancoraggio tenace, testardo.

Sarà questo. Sarà che il tempo presente scoraggia dall’affrontare grandi temi. Siamo confusi, spaventati. Ci sentiamo abitanti di un mondo che non comprendiamo più, un mondo dilaniato dalle guerre e dalle stragi. Certo, lo è sempre stato, ma quello che è ormai cambiata, è la nostra consapevolezza. Uscendo sfiancati dalle due guerre mondiali, ci aspettavamo un futuro diverso. Eppure, le grandi costruzioni intellettuali che sognavano un mondo migliore, donne e uomini più buoni, sono ormai crollate. Noi, ci aggiriamo incerti tra le macerie fumanti.

I due “Quaderni” di astronomia, appena pubblicati

Che senso ha dunque, oggi, impiegare ore ed ore nello scrivere, revisionare, scegliere le immagini a colori, ridefinire, aggiornare? Che senso ha l’astronomia, in sé stessa? Che senso ha se ci adagiamo ancora sulle grandi (e pesanti) costruzioni mentali, sui complessi (e già sconfessati) sistemi di pensiero? Che senso ha appoggiarsi a qualcosa di morto ormai?

Sì, siamo disillusi. Assaggiamo con raccapriccio, la nostra amara capacità di farci del male, che ci appare incredibile, invincibile, inossidabile. E ne siamo sconfortati. Cerchiamo un nuovo modo di pensare, un nuovo linguaggio. Una possibilità di osservare il cielo stellato, in pace.

Il cielo stellato è bello, è semplice. Dobbiamo difenderlo e valorizzarlo (è uno degli importanti obiettivi dell’Istituto Nazionale di Astrofisica – al quale appartengo – come dell’Osservatorio Astronomico di Roma, dove lavoro, che si spende in questo senso con molteplici lodevoli iniziative). E dobbiamo riprendere innanzitutto questa semplicità.

Il paradosso, non potrebbe essere più lancinante. Esiste un cielo di meraviglia là fuori, oggi con tutte le tecniche di ripresa lo possiamo facilmente ammirare dal computer, dal telefono. Eppure noi non ci guardiamo, non alziamo lo sguardo, non contempliamo nulla. Siamo pieni di torti e ragioni, buone per continuare a combattere, su ogni scala (da quella planetaria a quella di condominio) e non siamo attenti a quanto l’universo ci chiede, non siamo interessati ad alcun salto di consapevolezza.

Non si tratta di essere migliori, ma di vedere di più. Si tratta di comprendere. Si tratta di capire che siamo immersi in un cosmo sbalorditivo e pieno di meraviglie, si tratta di sentire il cielo sulla pelle e sentire che è una cosa buona, che è una perpetua novità (addio universi statici, addio per sempre), che è sempre sbalorditivo. Che può aiutarci a guarire.

Un po’ tutto questo è stato ciò che mi ha ispirato e motivato nella lunga e laboriosa stesura di questi due ampi tomi di astronomia, pubblicati ora dall’Associazione Italiana Teilhard de Chardin, nella sua collana Quaderni. La chiave interpretativa è già nel sottititolo, La magia di un sogno, il velo della verità. Sogno e verità si intrecciano, non sono distanti, non c’è separazione. C’è un velo ma possiamo attraversarlo, con calma, pazienza, con l’osservazione del cosmo. Permettendo allo stupore, che ci tocchi.

Come scrive Giuseppe Tanzella-Nitti (astronomo, teologo e professore universitario) nella sua bellissima Prefazione,

L’universo, per Castellani, non è un oggetto da studiare bensì un oggetto da meditare. E lo si può studiare solo se prima lo abbiamo contemplato. Questa meditazione non è qualcosa che “accompagna” la scienza, né tantomeno che la “sostituisce”, perché sceglie la via più facile di un’estetica estrinseca che evita lo sforzo di penetrare a fondo la fisica e la matematica che vi soggiacciono. Questa meditazione è, invece, l’unico modo di “fare scienza”, di farla davvero, nel modo migliore possibile, in modo umano, perché l’unico modo a noi proprio, un modo che non possiamo demandare a nessun altro strumento.

Dell’avventura della compilazione di questo testo, e di tanti argomenti collegati, abbiamo recentemente dialogato in un incontro tra Gianluigi Nicola, il presidente dell’Associazione Italiana Teilhard de Chardin (che ha fortemente creduto nella realizzazione dell’opera e ha discretamente e sapientemente contribuito a che prendesse vita, in questa forma), Giuseppe Tanzella-Nitti ed il sottoscritto. A moderare l’incontro, Riccardo Pennisi di Stroncature.

I due quaderni1 rappresentano anche un salto verso una sintesi creativa di molte cose che – in tanti anni – sono state scritte proprio in questo sito. Molti temi infatti sono stati ripresi, rielaborati, ordinati secondo uno schema che fornisse nuovo senso al materiale stesso. Integrati di nuove considerazioni.

Un’ulteriore nota, certo non la meno importante. Ho voluto prendere le distanze dalle classiche opere “riepilogative” del quadro astronomico e cosmologico, opere – spesso di pregevole fattura – di cui è già pieno il mercato editoriale. Ho voluto tentare qualcosa di personale, che parlasse di come io vedo l’universo. Non certo perché io sia speciale né lo sia la mia visione, ma perché credo fortemente in una astronomia incarnata nelle persone, una scienza che ci parli tanto del cielo quanto (sopratutto) di noi stessi. Seguendo questa linea, non ho esitato a proporre anche brani poetici o estratti di miei racconti, sempre rimandando alla fonte per chi volesse ampliare la ricerca in quella direzione.

Ecco, la ricerca. Appunto. Questi due tomi non intendono essere chiusi e compiuti in sé stessi, ma desiderano aprire linee di ricerca che possono essere percorse in modo unico e personale, per ogni lettore. L’astronomia oggi è aperta, grazie anche ai moderni strumenti e alla velocizzazione dei processi di indagine, che riversano miriade di spettacolari immagini cosmiche su Internet, a disposizione di tutti. Così è necessario tornare a parlare del cosmo in modo aperto, dove non si chiede al lettore di digerire complessi scenari (peraltro deprivandolo spesso della effettiva possibilità di metterli a verifica), ma lo si prova a condurre entro una meravigliosa e fruibile semplicità di secondo livello (per citare una espressione del poeta e filosofo Marco Guzzi, più volte menzionato nei quaderni). Una semplicità che non vive nella banalizzazione o nel mero occultare la complessità inevitabile della ricerca. Ma che tale complessità tenta di sciogliere, attraverso il lavoro umano di appassionata indagine e riflessione sul cielo, portando l’essenziale alle nostre sorelle e nostri fratelli, compagni di cammino sotto questo meraviglioso cielo di stelle.

Questo ho provato a fare. A lasciarmi prendere, se volete, da un compito che mi sovrasta, che eccede ampiamente le mie capacità. Ma forse questo oggi bisogna fare, darsi a compiti che vanno al di là di noi stessi. Per restituire almeno qualcosa della profondità della ricerca, attività tutt’altro che asettica o disancorata dalla percezione della bellezza. Proprio Teilhard de Chardin, vero scienziato e vero contemplativo, nel suo celebre testo Il fenomeno umano, ebbe a scrivere che

vi è una differenza ben minore di quanto si crede tra ricerca e adorazione.

Quindi, mettere piccoli mattoni nella costruzione dell’Opera, che è – dopo tanto cattivo riduzionismo – la continua ed appassionata risignificazione dell’uomo nel cosmo, e che vive – istante per istante – nella collaborazione e cooperazione di tutti, nel rischiarci, nel prendere il largo, nel navigare non con le nostre forze. Ma fidando che, come risposta alla nostra umile disponibilità al viaggio, si alzerà un buon vento, a gonfiare, di nuovo, le nostre piccole vele.


  1. I due tomi si possono ordinare presso l’Associazione Italiana Teilhard de Chardin, inviando un mail a redazione@teilhard.it

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