Un esercito di robot, per esplorare nuovi mondi

Un giorno non troppo lontano, un’intera armata di robot potrebbe trovarsi a sorvolare le alture delle montagne di Titano, la luna di Saturno, attraversare le sue vaste dune, oppure navigare attraverso i suoi laghi. Wolfgag Fink, del California Institute of Technology a Pasadena, afferma infatti che siamo ormai sulla soglia di un decisivo cambio di paradigma nella tecnica delle esplorazioni spaziali automatizzate, così che il prossimo “turno” delle esplorazioni robotiche potrebbe essere completamente diverso da quello che abbiamo potuto vedere fino ad oggi.

In pratica, dalle sue parole si evince come il modo di esplorare lo spazio intorno a noi stia cambiando in maniera rilevante: ci stiamo allontanando cioè dal tradizionale approccio che consiste in una singola sonda robotizzata – dunque senza alcuna ridondanza – che è comandata dalla Terra, verso un approccio radicalmente diverso, che comprenda la possibilità di disporre di tante sonde robotizzate, di basso costo, che possano comandarsi e coordinarsi l’una con l’altra, come pure comandare altri robot dislocati in posti diversi, nello stesso tempo.

Una immagine di fantasia di una serie di sonde e robot che si trovano a lavorare assieme, in maniera coordinata, nell’esplorazione di un “nuovo mondo” nel Sistema Solare…
Crediti: NASA/JPL

La cosa interessante, sia sotto il profilo astronomico che prettamente informatico, è che Fink e collaboratori stanno sviluppando un apposito software che dovrebbe permettere ai robots eventualmente impiegati per una missione spaziale, di lavorare indipendentemente ma come parte di un team più vasto. Il software dovrebbe permettere ai robots di “pensare” (le virgolette qui sono obbligatorie!) in proprio, identificare eventuali problemi e pericoli, determinare aree di interesse e mettere in una lista di priorità gli obiettivi meritevoli di ispezioni più approfondite.

Per contrasto, va ricordato come al momento, gli ingegneri possono comandare un robot o una sonda, affinchè porti aventi una lista di compiti, e poi aspettare fino a che tali compiti siano stati portati a termine. In questo approccio non c’è quasi flessibilità nella definizione dei piani, una volta stabiliti, nemmeno in funzione delle cose che si vengono a scoprire nel corso della missione stessa.

L’obiettivo per il prossimo futuro – indubbiamente eccitante – è decisamente diverso: “I robot multipli saranno sulla sedia di comando”, assicura Fink….!

NASA/JPL Press Release

Articolo pubblicato anche su GruppoLocale.it

Loading

Una nuova visione della luna…?

Come saprete, verso le 13.30 della giornata di ieri, la sonda LCROSS, seguendo il suo piano programmato, ha rilasciato un vettore destinato ad impattare sulla superficie lunare, nel cratere Cabeus, nei pressi del Polo Sud del nostro satellite (qui il video distribuito dalla NASA). L’inusuale procedura serviva sostanzialmente a “smuovere” gli strati più esterni della superficie, in modo da permettere un’analisi dello “sbuffo” provocato dall’impatto stesso (con particolare attenzione alla possibile presenza di acqua), da parte della sezione della sonda rimasta in orbita, come pure da altri strumenti a terra e nello spazio.

Il sito scelto per l’impatto di Centaurus,
la parte di LCROSS progettata per l’impatto sulla superficie lunare.
Crediti: NASA

A testimonianza di questa interessante sinergia, si possono consultare già le press releases del Keck Observatory (che ha usato il telescopio Keck II per acquisire informazioni spettroscopiche in concomitanza dell’impatto della sonda) e del Telescopio Spaziale Hubble (il quale ha dedicato la nuova Wide Field Camera 3 e lo spettrografo STIS per analizzare gli sbuffi di materiale vaporizzato ed espulso nello spazio a seguito della collisione).

E’ forse troppo presto per tirare delle analisi sui risultati ottenuti, come si può evincere scorrendo i vari comunicati stampa, che comunque concordano nell’escludere riscontri particolarmente eclatanti in termini di quantità di acqua presente. Per ora basta sapere che la missione sembra essersi svolta senza imprevisti, secondo le direttive pianificate. E con un piacevole valore aggiunto, come è ormai quasi consuetudine: l’apertura (con le modalità di una “diretta” in tempo reale) alla fruizione al più vasto pubblico, complice Internet, la grande rete che in questi casi – al di là di eccessive enfasi retoriche – svolge effettivamente un suo ruolo nell’ambito della diffusione della conoscenza.

Qual è il vostro giudizio sulla missione, al di là dei risultati? Commentate la notizia qui oppure collegandovi al sito di GruppoLocale.it in Facebook!

Notizia originariamente pubblicata in GruppoLocale.it

Loading

“Le vite di Galileo”, parte seconda

Seconda ed ultima parte di un articolo di Sabrina Masiero 
Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova

 

 … Successivamente, si passa a Londra e Greenwich nel 1664, dove facciamo conoscenza con due grandi astronomi dell’epoca: Edmund Halley ed Isaac Newton. In una accesa discussione con Robert Hooke (famoso per la legge fisica sulle molle), emerge che quest’ultimo affermava di aver ricavato la legge di gravitazione universale molti anni prima di Newton. Newton, con il contributo economico di Halley, pubblicherà i suoi risultati sulla gravitazione nel grande libro “Philosophiae Naturalis Principia Matematica”, affermando che l’attrazione che Sole e Luna esercitano reciprocamente, non è una proprietà di questi due corpi, ma è universale e vale tanto per i corpi vicini quanto per quelli lontani. Da qui, il termine di “universale”.

Leggi il resto…

Halley si appassionò, fin dall’età di otto anni alle comete. Portatrici di cattivi presagi, dimostrò che esse erano in realtà degli oggetti che descrivevano orbite ellittiche o paraboliche sotto l’azione gravitazionale dei pianeti che tendono a curvare il loro moto (altrimenti, rettilineo) e, di conseguenza, sono oggetti che ritornano nei nostri cieli. Le comete osservate nel 1531, nel 1602 e nel 1682 non erano, in realtà, tre comete distinte, ma la stessa che si ripresentava periodicamente. E fece la previsione di un suo nuovo ritorno per il 1758. La cometa ritornò, consacrando alla storia Halley e la sua cometa.
Nell’ultimo episodio, nel 2009, una maestra mostra ai suoi allievi le recenti scoperte e affronta insieme a loro i temi ancora aperti quattrocento anni dopo il primo puntamento del cannocchiale verso il cielo….

…Storia ancora tutta da scrivere!

Per informazioni e contatti su “Le vite di Galileo” visitate il sito web dell’autore, Fiami: http://www.fiami.ch e quello della Casa editrice CLEUP (Padova): http://www.cleup.it.

Loading

“Le vite di Galileo”, parte prima

Prima parte di un articolo di Sabrina Masiero 
Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova
 
“Le vite di Galileo” è il fumetto ufficiale dell’Anno dell’Astronomia 2009 (IYA2009) che lo svizzero Fiami ha realizzato in due anni di lavoro, contattando astronomi, storici della scienza e filosofi. In questi giorni il fumetto esce nella sua versione italiana grazie all’imprimatur della casa editrice CLEUP, Cooperativa Libraria Editrice Università di Padova. Un regalo che la città di Padova (dove Galileo visse “li diciotto anni migliori della mia età” come scriverà due anni prima di morire) e l’Università patavina (dove Galileo fu professore di matematica) fanno al grande scienziato italiano, quattrocento anni dopo le sue più grandi scoperte col cannocchiale, tra il 1609 e il 1610.

Si parla di “vite” di Galileo e non di “vita” di Galileo, in quanto Fiami racconta la storia dell’astronomia in sei grandi tappe: si parte da Babilonia (nel 568 a.C.), dove un bambino di nome Galilosor impara a scrivere nell’argilla umida con un piccolo giunco e a leggere nel cielo. “Il cielo appartiene agli Dei, non toccarlo figliolo!” dice il padre quando si rende conto che suo figlio osserva il cielo e vuole studiare dal tramonto all’alba, non dall’alba al tramonto come fanno tutti gli altri, perché la sua più grande passione sono le stelle che si osservano, appunto, di notte.

Si passa poi ad Alessandria d’Egitto (nel 197 a.C.) dove due discepoli di Archimede, Galilosor e Simpliocios, vanno a trovare il grande Eratostene, allora Direttore della Biblioteca di Alessandria, che mostra loro come riuscì a calcolare la circonferenza terreste. Naturalmente, in poche vignette si intuisce il genio di Eratostene che determinò con un errore di soli 74 chilometri la dimensione della circonferenza terrestre (circa 40.000 anziché 40.074 chilometri, quest’ultimo un valore ricavato con misure più precise e moderne).

La terza tappa è a Kusumapura, in India, nel 499 dove Galilala si intrattiene a parlare di cielo con un grande astronomo dell’epoca Aryabhata, che all’età di 23 anni aveva già pubblicato il primo trattato di astronomia giunto fino a noi. Undici secoli prima di Galileo, Aryabhata parlava già di relatività, quella che sarebbe stata definita più tardi “relatività galileiana”, affermando cioè che se fossimo su una nave e osservassimo una montagna, essa ci apparirebbe muoversi in senso opposto alla direzione di moto della nave.
La quarta tappa è ambientata nella Venezia del 1609. Nell’estate di quell’anno, Galileo viene a conoscenza da alcuni amici che un ottico in Olanda aveva costruito un giocattolo: un tubo con alle estremità due lenti, una concava da una parte, una convessa dall’altra. Abile e veloce, Galileo in pochi giorni se lo costruisce e lo punta verso il cielo. E’ il cannocchiale, col quale avrebbe fatto le sue più grandi scoperte. Il primo oggetto che osserva è, naturalmente, quello più luminoso e grande del nostro cielo notturno: la Luna. Galileo la osserva diversa da come si diceva doveva essere. Non è affatto liscia, ma scabra e ricoperta di montagne: schiere di filosofi e scienziati fino a quel momento avevano affermato il contrario.
All’inizio del gennaio del 1610, Galileo punta il suo cannocchiale verso Giove e, giorno dopo giorno, scopre la presenza di quattro ”stelle” attorno a Giove, che intuisce essere in realtà quattro satelliti del pianeta, come lo è la Luna per la Terra. Questo sistema solare in miniatura fa crollare venti secoli di certezze e apre la strada alla vera indagine scientifica del cosmo….

Loading

E’ pieno di stelle…!

Il cielo stellato è fonte di perpetua meraviglia: lo era certamente millenni addietro, per gli uomini delle passate ere, lo è anche per gli uomini di oggi. O meglio, lo sarebbe, se a tanta parte del mondo civilizzato non fosse precluso questo semplice atto di poter alzare la testa – la notte – e meravigliarsi per la panoplìa di puntini brillanti di cui è costellata la volta del cielo.

Mi viene da pensarci mentre cammino sulla stradina che porta alla casa di montagna. Anche oggi infatti il cielo è uno spettacolo, nonostante la giornata di tempo prevalentemente piovoso ci abbia lasciato diverse nubi ad oscurare in parte la luce degli astri celesti; non importa, ugualmente sono belle a guardarsi: quelle che si vedono offrono parimenti uno spettacolo di indubbia suggestione.

Così, alzare la testa alla volta celeste ora mi sembra un gesto antichissimo, un po’ come potrebbe esserlo scaldarsi seduti davanti ad un fuoco: quando lo faccio mi sembra come di attraversare il tempo, e mettermi in contatto con generazioni e generazioni di individui che mi hanno preceduto su questo piccolo pianeta; di ripetere un gesto antico come un rito.

Perdere il cielo stellato è una grave perdita culturale, poichè equivale a perdere la consapevolezza di essere immersi in un Universo vastissimo, di una grandezza che già da sola è fonte di continua meraviglia.

Speriamo che questo anno 2009 appena cominciato, decretato Anno Internazionale dell’Astronomia, possa portare un briciolo di consapevolezza in più perchè anche chi non può spesso ammirare il meraviglioso spettacolo della volta celeste trapuntata di stelle (che è poi la condizione prvalente per molti di noi), possa aver comunque modo di continuare a stupirsi dell’Universo in cui è immerso, e delle sue meraviglie. Che possa venire comunque a contatto con il fatto che c’è uno sconfinato terreno di ricerca sopra e intorno a noi, che stupiscce tanto il poeta per quel che dice alla sua anima e alla sua sensibilità, quanto lo scienziato che indaga i reconditi meccanismi dei lontani corpi celesti che questo ospita.

Manter vivo lo stupore insomma: in questo ambito, direi che noi astronomi e astrofisici abbiamo una bella responsabilità: c’è il cielo sopra di noi, non dimentichiamocelo. Ed è un cielo affollato, pieno di puntini brillanti… E’ pieno di stelle! come recita la suggestiva chiusa del celeberrimo film 2001 Odissea nello Spazio.

Loading

Coperta novembrina, ed altro…


November cover
Inserito originariamente da LucaPicciau

…Lo so, lo so: non dite nulla! Sono fissato con le foto della natura con i colori autunnali, ormai è cosa assodata…….. 😉

Tra una cosa e l’altra, sono riuscito finalmente proprio stamattina a finir di approntare la nuova versione del database degli ammassi globulari, che tanto mi ha fatto “tribolare” per la riorganizzazione delle tabelle MySQL.. si raggiunge all’indirizzo http://snipurl.com/gclusters

PS pensavo tra me e me.. non lo scrivo sul sito, ma questa per me è la “release Paola”.. beh un piccolo tributo alla mia sposa e al suo amore 🙂

Loading

Un piccolo articolo, di un solo autore…

Insomma… forse i miei affezionati lettori, avranno notato che in questo blog non accade troppo di frequente che io parli di cose legate al mio lavoro. In effetti mi sono chiesto anch’io a volte, come mai questo accada, nel senso, come mai spontaneamente mi metta a scrivere di altre cose rispetto al mio mestiere di fisico delle stelle , che pure ha tanta parte dei miei interessi e delle mie giornate.

La risposta che mi dò, e che al momento mi sembra più convincente (.. lo so, domando e mi rispondo da solo, in pratica faccio tutto da me!), è che – essendo per me questo blog, come il fatto stesso di scrivere – parte di una autoterapia , diciamo come un balsamo oppure una doccia rilassante potrebbero essere, credo che mi venga naturale ricercare una sorta di bilanciamento, dando spazio ad  idee ed impressioni che nel lavoro quotidiano della “scienza” rischiano di rimanere nell’oscurità… Beh, mi sto dilungando un pò! In realtà era per dire del curioso sentimento, quasi una soddisfazione, quando il mio primo piccolo articolo solo a mio nome è arrivato nella lista odierna dei preprint…

…E non so come spiegarlo, ma il fatto che fosse, per la prima volta, un lavoro fatto tutto da me, mi dava un sapore particolare… Una cosa al di là di esser più o meno bravi, intendiamoci: piuttosto, una cosa diversa… Eppure ho avuto la fortuna di lavorare con persone molto valide e collaborare anche a lavori importanti, ma questo, per quanto sia “solo” un piccolo contributo al libro del congresso, per me ha davvero qualcosa, come se segnasse una data, un “milestone” personale:  vedere nella parte “Authors” solo il mio nome … e io pensavo – fino a poco tempo fa – che non avrei mai fatto una cosa tutta da me… Un’altra (meno male) delle mie previsioni errate, grazie al cielo 😉

Galactic Globular Clusters Database: a progress report
Authors: M. Castellani(Submitted on 19 Nov 2007)

Abstract: The present status of Galactic Globular Clusters Database is briefly reviewed. The features implemented at the time writing are described, as well as plans for future improvements.

[0711.2932] Galactic Globular Clusters Database: a progress report

Blogged with Flock

Loading