“Allora, si presenti alle due davanti alla filiale della banca”, mi fanno alla guardiola.
“Ma.. “
“Sì, vicino alla mensa. Troverà una ragazza. Le fanno la foto, poi possiamo fare il badge”
“Ok, va bene.”
Accidenti proprio oggi che mi sento uno zombie. Vabbè famola, ‘sta foto. Entro in istituto e me ne vado a lavorare. 
Pranzo. 
Ecco, il momento fatidico si avvicina. Qualche minuto alle due. Inutile aspettare, prendere tempo.
Vado.
Arrivo davanti alla banca. Non c’è nessuna ragazza. Chissà com’è la mia faccia. Ci ho un sonno addosso che veramente…. Poi a quest’ora…

No, ora una ragazza arriva. Molto professionale, vestita di una divisa blu. Con una cartellina in mano. Si guarda intorno, mi scruta, si vede che si interroga. Mi interrogo anch’io. Forse è lei.

“Marco Castellani?” mi chiede.
“Sì sono io”. Tanto è inutile mentire, ormai.
“Bene, è stato puntualissimo.”
“Beh, sono appena arrivato…” come per scusarmi, quasi fossi in torto.
“Venga con me che facciamo la foto.”
“Vengo” rispondo rassegnato.
Entriamo in una piccola stanza. C’è una macchina fotografica montata su un cavalletto, una sedia. Dietro sul muro è appeso un telo verde. Difficile equivocare. 
“Mi siedo?” accenno timidamente.
“Sì, si sieda lì che facciamo la foto”

Woman with camera
Woman with cameraGeorge Eastman House Collection
Mi pare molto giovane, ma anche molto nel suo ruolo. Asciutta, efficiente. Cortese esattamente quanto si addice alla situazione. Non deborda, non fa osservazioni di alcun tipo. Non riesco ad essere colloquiale. Poi mi da del lei, per giunta. Se uno mi da del lei mi sento più schiacciato sulla distanza.
“Ecco, però dovrebbe mettersi più dritto”
Accipicchia. Già ripreso. Va bene, mi metto dritto. Tento di sorridere. Come faccio a sorridere a lei, così asetticamente professionale? Mi sento scemo. 
Provo lo stesso. Devo pensare che sorrido alla macchina, non a lei. Non perché non sarei disposto a sorriderle, ma temo lo prenda per un mio svalicamento di ruolo. 
Due flash impietosi congelano i miei pensieri.
“Se può compilare il modulo, intanto…”
Compilo. Chissà questo sorriso se ha funzionato.
“Ecco, io terrei questa….” mi dice. Guardo lo schermo del computer collegato alla postazione. Mamma mia. Vedo un tipo buffo, un sorriso incerto. Mi pare di scorgere delle occhiaie. Neorealismo senza pietà. Mi fa vedere l’altra. Anche peggio. 
Temo per un momento che si metta a ridere, o si lasci scappare qualche commento. 
Niente. Rimane nel suo ruolo. Non riesco nemmeno a sentire quello che pensa. Per fortuna.
“Passi in guardiola più tardi, quando esce le fanno già avere il nuovo badge“.
“Ah abbiamo fatto presto” azzardo un commento di circostanza, per sdrammatizzare (ma il dramma lo sto vivendo soltanto io). Il mio commento non viene commentato. 
Saluto. Ritorno alla postazione di lavoro, un pò mogio. Incontro una collega fuori dalla porta.
Le racconto. “Ci siamo passati tutti”, mi dice saggia. Mi fa vedere la foto del suo badge solo un attimo, con riluttanza. Non mi sembra male. La mia sarà certamente molto peggio.
Vabbè. Ci siamo passati tutti…

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