Blog di Marco Castellani

Categoria: Bersanelli

Il mistero della materia…

E’ un pochino lunga, ma vale la pena perché è stata una bella dimostrazione di come si può parlare di cose complesse in maniera semplice ed accattivante (senza che venga meno la correttezza dell’informazione). Se la son cavata benissimo tutti e tre, Marco Bersanelli, Lucio Rossi e Sergio Bertolucci. Tre noti scienziati, intervenuti sabato scorso al Meeting di Rimini, alle prese con una cosa tanto impegnativa come elusiva, la tanto citata particella di Higgs, e il “mistero della materia“.

Quello che a mio parere conquista, è l’entusiasmo e la passione di tutti e tre i relatori. E anche, va detto, la loro umiltà (e sì che di qualifiche ne hanno). Ero presente e vi assicuro, tutto questo era palpabile, ti faceva venir voglia di seguire con attenzione. 
Ne esce un bel quadro non solo della storia della scoperta del bosone di Higgs, ma di quello che è davvero l’avventura scientifica, soprattutto nel caso di una collaborazione così estesa come quella che ha permesso di arrivare alla scoperta. Da vedere.

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Premio Castellani, appunti sulla terza edizione

Mercoledì ho preso parte, in qualità di membro della giuria giudicatrice, alla cerimonia del Terzo Premio Vittorio Castellani, riservato agli studenti delle scuole della Provincia di Teramo, ed incentrato quest’anno (su mio suggerimento) sul rapporto tra stupore e conoscenza, con riferimento alla frase di Gregorio di Nissa (IV secolo) secondo il quale “Solo lo stupore conosce”.
Quella che segue, per brevità, non è un resoconto dettagliato della manifestazione, ma solo due o tre spunti centrati – con massima e discutibilissima parzialità – sulla mia partecipazione (secondo la saggia prescrizione… parla di ciò che sai meglio!). Questo non per mettere in secondo piano gli altri interventi e accadimenti, belli e degni di menzione, che probabilmente troveranno spazio in resoconti ufficiali dell’Osservatorio di Teramo. Tantomeno per dimenticare che, grazie al cielo, i veri protagonisti sono i ragazzi delle scuole, con i loro elaborati.
Tra gli altri, in commissione giudicatrice, c’era Oscar Straniero, direttore dell’Osservatorio di Teramo, che conosco bene, poi l’astronomo Mauro Dolci, che è diventato mio caro amico con il quale ho scambiato varie opinioni su scienza, fede, razionalismo, stupore,  al quale devo davvero molto, per l’organizzazione di questa e delle passate edizioni, per la passione e la professionalità che ha messo in gioco. Ezio Sciarra, matematico, che sedeva vicino a me, ha fatto un intervento molto interessante sulla filosofia della scienza.
Per quanto riguarda me, ebbene, non ho parlato moltissimo, ma sono stato molto contento di aver potuto dire quello che mi stava a cuore. Tra le cose che mi hanno colpito, anche  la scoperta di come l’interesse per il tema, mi aiutasse molto a superare l’emozione e l’impaccio di parlare in pubblico.  
Ho esordito con un pochino di introduzione sul fatto che davvero ero stupito degli elaborati, che la mia partecipazione in giuria giudicatrice l’avevo inizialmente presa come una “seccatura” ma poi, come ho scritto su questo medesimo blog, rapidamente mi ero emozionato, nel leggerli. Insomma, il tema dello stupore mi aveva davvero preso, e l’altro ieri ne ho fatto di nuovo esperienza. Così  mi sono permesso di parlare più “di cuore”, cosa che di solito mi riesce molto difficile…. e da alcuni feedback che ho avuto sembra sia stato apprezzato.
Sembrerà banale, ma sono contento di essere stato “presentato” come scienziato e scrittore. E’ bello quando quello che fai viene definito in modo lineare, semplice. Già questo, ho notato, ti aiuta ad uscire dal magma dei tuoi dubbi. Mia moglie qualche giorno fa, in merito ai miei continui rimuginamenti sulla mia abilità “letteraria”, mi aveva detto una frase analogamente semplice, del tipo “Certo che sei uno scrittore: se scrivi, lo sei”. A volte le mogli sanno essere deliziosamente lineari e semplici (perlomeno la mia…).

Tutti in fila (io son quello più a destra, in caso ve lo chiedeste….)
Ho continuato leggendo un mail pervenutomi da Marco Bersanelli (coautore di uno dei libri dati in premio, che guarda caso ha lo stesso titolo dell’edizione del premio…), di cui mi sono impudicamente dichiarato “fan”. 
Caro Marco Castellani,

grazie per avermi mandato contributi dei giovani per il Premio Castellani,
che ho letto con piacere. Mi hanno colpito tutti, per vivacita’ espressiva
e per intensita’ esistenziale. Auguro a ciascuno dei ragazzi che la loro
capacita’ di stupirsi e di commuoversi di fronte al cielo stellato non
diminuisca nel tempo, ma che con il passare degli anni diventi una fonte
sempre piu’ grande di gratitudine e di vera conoscenza.

Un caro saluto,


Marco Bersanelli

Ho approfittato del fatto che la rappresentante dell’UNESCO avesse fatto menzione alla poesia (attivando i miei recettori!), così ho accennato a mia volta allo stupore e alla poesia come “antidoti” alla violenza (non credo sia una mia idea originale, però io ne sono proprio convinto),  importantissimo per le giovani generazioni. Beh, veramente, importantissimo per tutti…

Qui sto dicendo qualcosa… non ricordo cosa…. 

Come mi era stato anticipato, Mauro mi ha poi rivolto un paio di domande (tradimento! Secondo quanto mi era stato “promesso”, doveva farmele la simpatica presentatrice ufficiale, di aspetto – Mauro non me ne voglia – percettibilmente più … “gradevole” … vabbè…).

La prima, sul rapporto con lo stupore di mio papà, eclettico uomo di cultura (dall’astronomia alla speleologia); avendo riflettuto sulla cosa mi sembrava di aver individuato un tratto comune in tutto il suo approccio, ed era la curiosità di “come” funzionano le cose, da un termosifone, un frigorifero, fino ad una stella, oppure ad un cunicolo costruito tanti anni fa. Curiosità, stupore di fronte al dato, all’evidenza del reale. 

La seconda domanda verteva su come mi rapportassi allo stupore in particolare come persona credente, e come il fatto influisce sul lavoro dello scienziato. Domanda intrigantissima!  Come nonleggere una altra bellissima frase di Bersanelli? Eccola:

“…effettivamente nella comunità scientifica c’è un buon numero di scienziati che, contrariamente all’immagine che normalmente se ne ha, vive un’esperienza di fede. E la vive “positivamente”: non come un problema da conciliare, in qualche modo, con la conoscenza scientifica ma proprio come allargamento della ragione, la quale trova nel metodo scientifico uno dei modi con cui rapportarsi al mistero della realtà. Questa è anche la mia personale esperienza. È come se la fede, anche in questo caso, fosse capace di rendere più bello ciò che è bello e più vero ciò che è vero, offrendo il contesto della totalità a quello che altrimenti rimarrebbe un particolare, sia pure affascinante, come quello della conoscenza scientifica” (presa da questo articolo; i neretti ce li ho messi io adesso)

Che altro aggiungere? Ho detto appena qualcosa su come possa essere più bello studiare il cosmo se si è convinti che non si sia davanti ad un universo freddo e impassibile, ma che Qualcuno si interessi del tuo destino; di te.

Chiaramente ci sono grandi scienziati credenti e altri atei, dunque essere scienziato di per se non equivale a prendere una posizione sulla fede.. e poi (“rubando” dall’insegnamento di Luigi Giussani, che ho poi citato) ho parlato del fatto che la fede non sia un punto di arrivo, ma di partenza, perché la sfida a decodificare il reale secondo la fede è di ogni giorno.

La tentazione di sentirsi “a posto” con la propria visione del mondo, di starsene tranquilli, può infatti prendere tutti, indipendentemente dal credo che professano, dalle proprie convinzioni. Eppure ogni verità è a mio avviso essenzialmente dinamica (e soprattutto la Verità con la maiuscola), esige un confronto continuo, una verifica, quasi una “lotta”. Soprattutto, esige una resa, un arrendersi, un cedere (come dice bene Juliàn Carron), un cedere a quello che esiste, abbandonando le proprie immagini e le proprie pretese.

E’ un lavoro continuo, esige mille ripartenze (per chi scrive, diecimila o più, e parliamo anche di partenze da meno infinito…). Ma direi che vale la pena. Anzi, che nulla vale la pena così.

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