Blog di Marco Castellani

Categoria: cedere

Usa bene la tua energia

Uscendo dalla palestra ieri sera l’ho percepito (il momento che segue l’esercizio fisico e la relativa doccia è spesso foriero di interessanti illuminazioni, per me). Riguarda un uso corretto dell’energia. Semplice. Da fisico, avrei dovuto capirlo da tempo. 
In ogni istante, posso resistere o lasciarmi andare, lasciarmi condurre dalla vita. Se resisto uso male l’energia, la blocco, violento me stesso e il mondo. Credo spaccature e attiro conflitti. Se cedo, se mi lancio andare, incanalo l’energia dell’universo sui binari giusti, mi apro ad incessanti possibilità positive, non ostacolo ma assecondo il fiorire delle cose. Fiorisco anch’io con loro.
Orangefield

Gli effetti positivi del cedere sono immediati. La respirazione si fa più profonda e più bassa, più di pancia. La tensione diminuisce, si sente il corpo, si avverte un diffuso benessere, si è più ottimisti e rilassati. Che differenza da quando pensavo che uno fosse padrone della propria vita, che potesse riempirla come un contenitore vuoto da colmare a piacimento. Con tutto il problema di scegliere bene come colmarlo. Con l’ansia di lasciarlo troppo vuoto.
Come è meglio così invece. Sapere che esiste sempre un flusso, una direzione delle cose, una Presenza buona che dirige tutto (e perdona i nostri sbagli) e che dunque non abbiamo il problema si scegliere, ma la dolce libertà di lasciarci andare, e goderne.
Fa tutta la differenza del mondo. Se dico cosa devo fare sono fondamentalmente da solo, da solo con i miei dubbi. E il pensiero non serve, rende tutto più pesante, rende soltanto più solida e tenace la resistenza. Il pensiero si vuole sovrapporre alla realtà definendo un percorso suo.  La vuole forzare. 

Poca osservazione e molto ragionamento portano all’errore, molta osservazione e poco ragionamento portano alla verità (Alexis Carrel)

Se dico cosa vuoi che io faccia mi rivolgo ad un Tu, alla guida dell’universo. Direttamente. Non sono da solo. Il mio unico problema allora è mettermi il più possibile nella modalità di ascolto (perché ho visto che mi conviene, e dunque è ragionevole). Però mi piace proprio pensare che c’è un cammino e devo soltanto riconoscerlo. E se inciampo e cado non devo scoraggiarmi, ma semplicemente rialzarmi e riprendere il sentiero. A pensarci, è di una semplicità spaventosa.
Osservare e non pensare mi sembra un modo molto migliore di onorare la realtà, di stare a quello che accade. 
Mi piace proprio essere guidato, mi piace proprio (mi porta al sorriso) che non mi debba inventare nulla, debba solo lasciarmi andare, riconoscere che sono creato in ogni istante e che sono amato.  Solo così riesco a rilassarmi.
E’ una cosa talmente bella, che non può che essere vera.

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Moglie, felicità e cedevolezza

Andiamo subito al punto. Per me, per il punto in cui sono, per la mia età, per tante cose, è diventato importante, prioritario, capire l’importanza della famiglia. 

Hai presente, il tipo di cose che tu dai per scontato e quindi corri rischi. Come sempre quando dai per scontato qualcosa, lo riduci, lo interpreti parzialmente. Soprattutto, blocchi quello scambio fecondo tra ciò che hai ridotto e la tua interiorità, la tua anima. E non sto parlando del rischio di essere moralmente ineccepibili anche come sposo o genitore (con le propre forze soltanto, del resto, è impossibile). Non si tratta di non sbagliare. Parlo del rischio ben più grande di trascorrere gli anni senza gioire abbastanza di quanto si ha, senza rallegrarsi della bellezza di una lenta costruzione, di un cammino da fare insieme. Più lenti o più veloci,  candendo e rialzandosi. Non è il problema.

kissing shadows
Kissing Shadows, by -clo

Il rischio per me è un altro. Rischio di guardare mia moglie come una persona che può compiere il mio desiderio. Necessaria e sufficiente, diciamo, a farmi sentire bene.

Spesso cado in quest’atteggiamento mentale. E sbatto presto contro un muro, perché (come poi devo capire) sto forzando la realtà e le persone in una interpretazione errata. Allora la mia delusione è dietro l’angolo. Tutto perché guardo la mia sposa nel modo sbagliato, con una pretesa. Senza arrendermi al fatto che lei sia segno.


“Se ciascuno non incontra ciò a cui il segno rimanda, il luogo dove può trovare il compimento della promessa che l’altro ha suscitato, gli sposi sono condannati a essere consumati da una pretesa dalla quale non riescono a liberarsi, e il loro desiderio di infinito, che nulla come la persona amata desta, è condannato a rimanere insoddisfatto.” diceva Juliàn Carròn qualche anno fa.
Rilke lo dice proprio bene: Questo è il paradosso dell’amore fra l’uomo e la donna: due infiniti si incontrano con due limiti; due bisogni infiniti di essere amati si incontrano con due fragili e limitate capacità di amare. E solo nell’orizzonte di un amore più grande non si consumano nella pretesa e non si rassegnano, ma camminano insieme verso una pienezza della quale l’altro è segno.


Una pienezza delle quale l’altro è segno. Solo questo può essere degna continuazione dell’estasi dell’innamoramento, limitata per sua natura. Solo questo posso ragionevolmente accettare in un rapporto che dura nel tempo: una pienezza maggiore. Non ho proprio voglia di accontentarmi di qualcosa di meno.

La buona notizia è che questo mi fa capire come affidarsi (cedere, attratti da questa prospettiva di pienezza… invece che logorarsi i muscoli e la volontà nel tentare di essere buoni o all’altezza o non fare sbagli), non è qualcosa di astratto, ma è qualcosa che ha molto, molto a che vedere con la felicità. Anche quella coniugale.


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