Venticinque immagini per Chandra

La sonda Chandra è stata lanciata nello spazio, tramite lo Space Shuttle Columbia, esattamente 25 anni fa, il 23 luglio del 1999. Era veramente un’altra epoca. Ed era davvero uno strumento innovativo. Per quanto riguarda l’astronomia nei raggi X è stato il top per moltissimi anni. Non si contano le scoperte dovute al lavoro di Chandra.

In questo blog, attivo in varie forme da un paio di anni prima che Chandra iniziasse la sua avventura, moltissime volte ho parlato di lei, dei suoi risultati, del nuovo cielo che ci stava facendo scoprire. Basta fare una ricerca veloce, per immergersi in questo flusso. Era abbastanza facile, anche, perché il sito di Chandra era molto orientato, direi da subito, alla divulgazione: all’epoca, non era affatto scontato.

Venticinque immagini inedite, per il venticinque anni di lavoro di Chandra (Crediti: NASA/Chandra)

Dal lancio, Chandra ha osservato migliaia di oggetti, alcuni anche molte volte, per realizzare una serie di scoperte senza precedenti. Questa immagine rappresenta sinteticamente la varietà degli oggetti e fenomeni che la sonda ha studiato in questo quarto di secolo, dai buchi neri ai resti di supernova (e molto altro).

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Vivere per raccontarla (in terrazza)

Appena esco sulla terrazza dell’Istuto Comprensivo Fratelli Bandiera, mi rendo conto di essere sbucato in un nuovo universo. Ho capito. L’ascensore che mi ha portato al terzo piano deve essere in realtà una navicella che si tuffa una specie di wormhole, che sbuca appunto in questo spazio nuovo.

Più fresco, ampio, aerato. Decisamente più vivibile, rispetto al suolo.

Da qui ammiro Roma da una posizione speciale. La vedo dall’alto, indulgo con la vista sulle luci calde delle case, che si stagliano piacevolmente sull’azzurrino della sera: nel complesso, mi sento catapultato nel bel mezzo di qualcosa di silenziosamente grande. E sono immediatamente più sereno.

Già, la posizione geografica (latitudine, longitudine) dice poco o nulla, su come vivi un certo posto. Spesso l’altezza da terra cambia tutto. E ad ogni livello c’è un modo diverso di vivere lo spazio, l’ambiente. Ad esempio una piazza. Come qui, in Piazza Ruggero di Sicilia. Che è una piazza di Roma anche se Ruggero non lo era (chiaro). Ma sono sicuro, andrebbe ugualmente bene anche un vicolo di Roma, come cantava un grande Lucio, in una splendida canzone che si cuce bene al momento, La sera dei miracoli. Le sere d’estate a Roma hanno la loro magia speciale e Lucio, pur non essendo romano, se ne era ben accorto.

È la sera dei miracoli, fai attenzione
Qualcuno nei vicoli di Roma
Con la bocca fa a pezzi una canzone
È la sera dei cani che parlano tra di loro
Della luna che sta per cadere
E la gente corre nelle piazze per andare a vedere
Questa sera così dolce che si potrebbe bere
Da passare in centomila in uno stadio
Una sera così strana e profonda
Che lo dice anche la radio
Anzi, la manda in onda…

La Luna stavolta non sta per cadere ma, grande e bella, sembra sia serena in cielo lì dove stà, soddisfatta d’esser guardata. Questa terrazza, che poi fu del noto maestro di scuola Alberto Manzi, ci spiega la simpaticissima maestra Titti, è decisamente sbilanciata sul cielo. Alberto, celebre per la sua rubrica televisiva “Non è mai troppo tardi”, insegnò proprio in questa scuola dal 1954 al 1987.

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Ma dove sono tutti?

Famosa la domanda che fece Enrico Fermi mentre lavorava ai laboratori di Los Alamos nel 1950. Si parlava di un avvistamento UFO riportato dalla stampa, la conversazione si spostò poi su argomenti correlati, fino a che Fermi sbottò, Dove sono tutti?

È il celebre paradosso di Fermi: se l’universo è pieno di pianeti adatti alla vita, appunto, dove sono tutti?

In questa conversazione tra me e Gabriele Broglia – la quinta della prima serie di Darsi Spazio, sempre sotto la attenta guida di Emanuele Giampà – parliamo proprio di questo. E di dove cercare la vita, semmai si possa trovare.

E pariamo anche – citando un denso articolo di Giuseppe Tanzella-Nitti – del perché la fede non sia affatto “minacciata” dall’eventuale contatto con extraterrestri.

Buona visione!

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L’inizio della storia

Come è forte l’evidenza, ormai, che tutto è in evoluzione. Come si allontana sul nostro orizzonte concettuale, l’idea di un universo statico, sempre uguale a sé stesso. Di un universo indifferente, placidamente autoevidente, senza una storia.

Sappiamo bene che non è (più) così, l’universo ha una sua storia, l’universo è in continua mutazione: niente di quello che era ieri è nella stessa posizione, oggi. Il cielo stellato, anche se non ce ne accorgiamo ad occhio nudo, è ogni notte differente. Sappiamo anche che siamo figli delle stelle, siamo davvero materia stellare.

Ciò ha una portata culturale immensa, che ancora fatichiamo a comprendere appieno. Quello a cui ci spinge la moderna cosmologia, l’astrofisica contemporanea, è ad un salto di pensiero che non ha precedenti nella storia umana. In qualche modo, è come se l’universo ci stia spingendo verso una nuova consapevolezza.

Tale nuova consapevolezza poi è proprio segno dei tempi, procede facendosi strada comunque, nonostante tutte le nostre resistenze. Più resistiamo, più ci tiriamo fuori dal mondo, per come lo possiamo e dobbiamo percepire oggi: in breve, più resistiamo, più soffriamo. Per questo è importante accogliere, per quanto possibile, la trasformazione cosmica che oggi ci investe.

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XIV Torino Workshop

E’ iniziato oggi presso l’Osservatorio Astronomico di Roma, nella sede di Monte Porzio Catone, il XIV Torino Workshop on AGB stars, ovvero un convegno internazionale sulle stelle di ramo asintotico di gigante (in inglese, asymptotic giant branch, appunto).

La serie dei Torino Workshop è un importante appuntamento, ormai da molti anni, per chi lavora su questa peculiare fase stellare, importantissima per la complessità dei vari processi nucleari che avvengono all’interno della stella, ormai in fase avanzata della propria evoluzione e dunque stratificata in una tipica struttura “a cipolla” con strati di diversa composizione chimica.

Il campo è più che mai aperto e sono pervenuti in osservatorio ricercatori di tutto il mondo, per fare il punto sulle conoscenze che abbiamo ma sopratutto (noi scienziati siamo fatti così) per confrontarci sui dubbi che ancora ci rimangono addosso, quando parliamo di stelle di AGB. Fino a venerdì si getterà uno sguardo comune sui processi s, processi r, abbondanze, nucleosintesi e tanti altri argomenti intimamente legati a questo momento di vita delle stelle.

Argomenti di fondamentale importanza in quanto le stelle in questa fase inquinano lo spazio circostante tramite rilevanti fenomeni di perdita di massa, dunque comunicano con l’esterno e in un certo senso, informano lo spazio di quanto sta accadendo al loro interno.

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Il viaggio della vita

Il giorno 15 del mese di maggio ho tenuto, presso il Fondo Ferroni di Frascati, un intervento dal titolo Il Cosmo e la Poesia. Di fronte ad un nuovo universo?

In questa occasione ho voluto riprendere il discorso a tappe che sto conducendo nella rubrica Il cosmo e la poesia sul magazine dell’associazione Frascati Poesia, volto proprio ad esplorare quella fittissima trama di relazioni che sussiste tra la ricerca astronomica e cosmologica e l’espressione poetica, di ogni tempo. Un discorso che finalmente, dalla parola scritta si è riversato nella conversazione orale, con tanti stimoli, domande cui poter rispondere, persone con le quali poter interagire.

Un’occasione anche, per fare il punto sullo stato attuale della nostra comprensione del cosmo, come pure su tutte le occasioni di meraviglia che ci regala la ricerca attuale, dalle immagini spettacolari della superficie di Marte, all’epopea delle Voyager, fino a chiederci di cosa è fatto l’universo e ad arrenderci, docilmente, alla nostra immensa e feconda ignoranza.

Grazie di cuore a Rita Seccareccia di Frascati Poesia per avermi invitato, ma grazie di cuore anche ad Angelo Chiolle per aver realizzato con attenzione e passione il montaggio delle immagini in sincrono, con l’audio registrato durante il mio intervento.

Ecco, il viaggio tra cosmo e poesia continua, perché in fondo (almeno per me, ormai l’ho capito) è il viaggio della vita.

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Il supermassiccio più celebre

Messier 87 è una galassia ellittica molto brillante, ben famosa per ospitare il primo buco nero ad essere mai stato fotografato: la celebre foto fu pubblicata il 10 aprile 2019, realizzata ad opera della collaborazione Event Horizon Telescope (EHT, in breve). Anche se la sua esistenza, ben nota già da prima era stata ipotizzata già nel finire dello scorso millennio.

Un ben noto supermassiccio…
(Credit: NASAJPL-CaltechEvent Horizon Telescope Collaboration)

Ne ragionai a suo tempo sul blog Darsi Pace

Vediamo qualcosa che non si era mai visto, che non si pensava forse di poter mai vedere. Riusciamo ad avere una immagine di un oggetto enorme, smisurato e terribilmente lontano. Un oggetto che appartiene ad una classe, appunto, d’improvviso sbalzata fuori dalle ipotesi più ardite del pensiero, per coagularsi nella densità solida del reale (…) E questo universo si sta mettendo in relazione con noi, in modalità assolutamente sorprendenti. Tanto più quanto più ci mostriamo aperti. Lavorare alla nostra apertura, allora, al superamento – lentissimo e faticoso, ma possibile – degli strati di separazione e chiusura, non è affatto una occupazione egoistica o un passatempo come un altro: è al contrario disporsi di fronte al cosmo nell’attitudine più adatta, più adeguata, ad una ricezione nuova, per imparare a danzare in fase con quel moto di rivoluzione che può veramente (e allegramente) sovvertire l’ordine dominante nel cosmo.

L’occasione per tornare in argomento è data da questa interessante composizione di immagini che è apparsa pochi giorni fa su APOD.

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Attraversare portali

Bella ed appassionante la conversazione di ieri pomeriggio con Gloria Ferrari, intriganti le domande e allo stesso tempo aperte. Domande in cui potevo mettere me stesso, nella misura esatta in cui lo desideravo. E piano piano, parlando, mi veniva naturale – anche per il tono accogliente dell’intervistatrice – mettere di più me stesso in quel che dicevo.

Davvero, raccontando qualcosa racconti comunque la tua storia. Se racconti con passione, racconti non tanto e non solo del cosmo, delle galassie, del Big Bang, dell’energia e della materia oscura, dei pianeti e delle stelle, ma racconti comunque di te. Nella misura in cui questo universo ti è entrato nel sangue (e più ne parli più ti entra nel sangue), raccontandolo racconti la tua storia. E non puoi fare altro, in fondo.


Poiché l’universo è fatto di storie, ognuno ha semplicemente la sua storia da raccontare, diversissima da quella degli altri. Forse uno guarisce accogliendo il fatto che la sua storia è realmente unica, lasciando perdere di copiare gli altri, rilassando quel desiderio distorto di uniformarci che, comunque, non ci salverà la vita.

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