Blog di Marco Castellani

Categoria: divulgazione

Viaggio nel Sole…

E’ un piccolo viaggio nel Sole, quello che viene proposto in questo volume. Un viaggio che per chi scrive è iniziato diverso tempo fa, e si è concluso giovedì scorso, con l’uscita del volume in edicola, in connessione con il Corriere della Sera
 
Ora è qui, è solido, è concreto. 
 
E’ bello vederlo, sfogliarlo, pensare che tutto sommato ne è uscito un bel lavoro. Certo, un libro così è un lavoro di squadra, essenzialmente. C’è chi scrive (lo stesso che scrive le righe che ora state leggendo), e sceglie le (tante, tantissime) fotografie. Ma poi c’è chi fa il paziente lavoro di interfaccia con l’editore, e chi cura la grafica, la disposizione delle foto, la revisione del manoscritto, l’impaginazione, e tante altre cose, che sono piccole solo in apparenza.
 
Di questa avventura ne parlo un po’ più diffusamente su GruppoLocale (visto l’argomento astronomico, mi sembrava il posto adatto), ma non mi andava di lasciar passare la cosa senza che sporcasse un po’ di sé anche questo ambiente, che è quello mio più personale, in un certo senso più intimo, anche se aperto al mondo (interessante questa polarità, poi, questo lavoro continuo e non sempre facile, di verità nel raccontarsi davvero e di fiducia nell’aprirsi).
 
Grazie ad Umberto Genovese, per la bella immagine! 
Insomma è bello sfogliare questo libro, ora che è compiuto. Ricordando gli affanni, i momenti di crisi, quelli di esaltazione, e capire che soltanto l’applicazione paziente, l’adesione (tentativamente) umile a quel che c’è da fare, ha reso possibile che un’idea, un sogno, si trasformasse in un pezzo tangibile di realtà.
 
Il volume è l’undicesimo della seria Viaggio nell’Universo e fino ad oggi che scrivo, dovrebbe essere reperibile nelle edicole. Altrimenti almeno per un po’, lo potete trovare dentro il negozio online del Corriere, insieme ovviamente con gli altri volumi. 
 
Più di tutto, questo credo di avere imparato. Che le cose si possono fare, si possono realizzare. Grandi e piccole (che poi, ogni scala è relativa), anche cose piccolissime che nessuno vede, che sono spesso più grandi di tante visibili, per chi le fa, per la sfida che ha dovuto affrontare, le paure e le esitazioni che ha dovuto superare. 
 
Le cose si possono fare, io le riesco a fare (perfino io ci riesco), tanto più ci riesco, quanto imparo a dimorare nella domanda più che nella pretesa. Non è facile, è un lavoro sporco contro l’inclinazione spontanea, contro la continua deriva momentanea – un lavoro a volte aspro, quasi sempre faticoso. Ma a questo regime di frequenza, la risposta arriva, mi sento di dire, arriva sempre. 
A volte nei modi che non mi aspetto, ma arriva.
 
Un’evidenza, a volerla davvero vedere, quasi solare. 

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La fine delle stelle…

Venerdì 13 aprile, sera. Arriviamo un po’ in anticipo, per preparare il computer e tutto il resto. La sala si è poi riempita piano piano, arrivava gente alla spicciolata. Verso le nove e un quarto eravamo una trentina di persone. Questo nonostante la serata fosse piovosa e la posizione probabilmente non sia comodissima da raggiungere. 
No dico, non vi piace il sottotitolo che ho trovato…?
Mi era stato chiesto da una amica di fare una presentazione di un’oretta, su un tema stellare. L’intento di trovare un tema accattivante, aveva prodotto l’idea di parlare de La fine delle stelle. In effetti raccontare la vita delle stelle con una enfasi particolare su cosa accade quando “muoiono”, mi pareva una cosa eccitante: la scoperta delle nane bianche (così straordinarie che per dieci anni non ci hanno creduto nemmeno gli astronomi, come si può leggere nella relativa voce di Wikipedia) e poi, proseguendo in un cammino di stranezze, le supernovae, le pulsar, i buchi neri… 

Quello che mi ha dato la carica, già giorni prima, è stato il sottotitolo che mi è venuto in mente (vedi a fianco). Mi sono divertito già da quel momento, ormai non potevo più tirarmi indietro… 
Torniamo a venerdì sera, comunque. Abbiamo iniziato e la saletta conferenze dell’Osservatorio Franco Fuligni (gestito dall’Associazione Tuscolana di Astronomia) era piena. Il clima disteso e l’interesse delle persone mi ha aiutato a vincere l’impaccio e l’emozione iniziale. Poi, è andata sempre meglio. Ogni tanto arrivava una domanda, a rassicurarmi sull’interesse delle persone e a farmi capire se il livello della spiegazione era adeguato all’uditorio. Siamo andati avanti fin dopo le dieci e trenta, senza che si addormentasse nessuno (…eroici) !
Ho anche avuto l’occasione di conoscere persone che avevo conosciuto sul web tramite l’esperienza di GruppoLocale, ed è stata anche questa una bella opportunità.
Confermo: mi sono divertito. Ho riscoperto il piacere di raccontare, che è sempre – se vogliamo – un modo per avere a che fare con le parole. In un modo diverso rispetto a quando si usano per raccontare una storia, una novella, un romanzo. Ma non troppo, in verità. Perché la scienza può essere vista lei stessa come una storia, l’universo come un romanzo che si svela piano piano. Un libro nel quale siamo sprofondati dentro a leggere. Abbiamo passato molti capitoli, ma davvero tanti ce ne rimangono davanti.
In realtà, da come la vedo io, è come se più andiamo avanti, più il libro si infoltisse da sè di nuovi capitoli (messi sempre in fondo, nella parte ancora da leggere). Più andiamo avanti più ci accorgiamo che c’e molto da imparare. Dico, mica li trovi dappertutto, libri che si allungano man mano che prosegui a leggere! Ogni risposta crea nuove domande, apre sporte su stanze che poco prima non ci accorgevamo nemmeno ci fossero. Sappiamo quando è nato l’universo, sappiamo quanto è grande, sappiamo molto anche sul suo destino ultimo: cose che quando io andavo al liceo non si sapevano affatto, o si sapevano con margini di imprecisione veramente enormi.

Eppure non sappiamo un mucchio di cose. Cose che prima non sapevamo nemmeno di non sapere. Come il fatto che l’universo è composto per il 99.6 % di … qualcosa che ancora non si sa! Quello che sappiamo, quello che conosciamo (stelle, pianeti, galassie…) è solo il quattro per mille di quello che c’è. Mica male come ignoranza eh? Ditelo a quelli che pensano che l’astronomia abbia in pratica scoperto tutto, che la scienza non abbia più cose da dirci. 
In realtà, negli ultimi anni, abbiamo risposto a qualche domanda fondamentale (come quelle citate) e nel contempo abbiamo aperto la porta su un orizzonte enorme di altre questioni, di interrogativi nuovi. Come sempre, la domanda arriva quando si comincia ad essere in grado di elaborare una risposta (potevi parlare di meccanica quantistica ad un fisico del settecento? Credo proprio di no…)
Così la scienza diventa interessante, per me. A me piace raccontare, e la scienza bisogna che pure lei si faccia raccontare, altrimenti mi annoio io prima di tutti. Bisogna proprio viverla e spiegarla come una storia. Anzi, come un romanzo di formazione, dove quelli che sono formati siamo noi stessi: noi tutti, scienziati o non scienziati che possiamo essere. Qualcosa che lasci spazio alla meraviglia.  Allora viene voglia di conoscere, di capire. E ci si diverte, a ricercare e a raccontare…

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