Blog di Marco Castellani

Categoria: ESA Page 2 of 11

Una danza di milioni di stelle…

E’ qualcosa che fino ad ora non si poteva vedere, non si riusciva a vedere. E’ la dimostrazione quasi palpabile che la Grande Nube di Magellano sta ruotando. Per la precisione, la rotazione della Nube (che è una delle galassie satelliti della nostra Via Lattea) è messa in chiarissima evidenza dai nuovi dati del secondo catalogo della sonda Gaia, appena rilasciato al pubblico.

Crediti: ESA, Gaia, DPAC

Come sappiamo, Gaia sta orbitando attorno al Sole (ad una distanza  da Terra pari a circa un milione e mezzo di chilometri) e sta pazientemente misurando le posizioni e velocità di un largo campione di stelle intorno a lei. La maggior parte di esse, appartenenti alla Via Lattea, certamente. Ma non solo, come vediamo in questa immagine, che – mettendo insieme acquisizioni a tempi diversi – cattura parte della traiettoria di milioni di stelle appartenenti non alla nostra galassia ma alla Grande Nube di Magellano.

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Le strane meraviglie di NGC 3201

Questa bella immagine di Hubble dell’ammasso globulare NGC 3201 ci consente di tornare su questi straordinari agglomerati di stelle, importantissimi per la comprensione dell’Universo e dell’evoluzione delle galassie.

L’ammasso globulare NGC 3201 (Crediti: ESA/Hubble & NASA, Ringraziamenti: Sarajedini e collaboratori)

Questi ammassi sono agglomerati molto densi di stelle (centinaia di migliaia, in alcuni casi anche milioni), tanto che (più o meno) solo il Telescopio Spaziale Hubble riesce a cavarsela egregiamente nel mappare le zone centrale, grazie al suo grande potere risolutivo. Loro, gli ammassi, si trovano praticamente in tutte le grandi galassie, anche se il loro ruolo nella formazione delle stesse rimane ancora non completamente chiarito.

Ma NGC 3201 peraltro ha delle peculiarità importanti, che lo rendono unico tra i circa 150 ammassi globulari che impreziosiscono la nostra Galassia. Intanto, possiede una velocità molto alta rispetto al nostro Sole, e la sua orbita è retrograda (si muove ad alta velocità allontanandosi dal centro galattico). Inoltre il moto delle stelle più interne fa pensare alla presenza di un buco nero centrale.

Le peculiarità del suo moto suggeriscono, per questo strano ammasso, una sua probabile origine extragalattica. Insomma, potrebbe essere nato altrove, e ad un certo punto catturato nella nostra Via Lattea. Niente di strano, in questo: noi abitiamo una galassia molto grande, con un “potere di attrazione” non indifferente.

Se non fosse che la storia, in realtà, è più complessa di così! Le abbondanze chimiche delle stelle in NGC3201 ci racconterebbero una storia differente: infatti, sono simili a quelle di vari altri ammassi della Galassia, cosa che fa comunque pensare ad un ambiente di formazione comune.

Qual è la soluzione del rebus? Non è chiaro, e la maggior conoscenza della Galassia (a cui si sta lavorando alacremente, anche con missioni come Gaia) sicuramente potrà aiutare a ricostruire un quadro coerente.

C’è insomma molto ancora da capire di questi intriganti oggetti. Ma già ora possiamo gustare la innegabile bellezza di questi impareggiabili scrigni di stelle. Gelosi custodi – ancora oggi – di molte informazioni sull’Universo che dovremo imparare a leggere, e comprendere.

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Ciao Rosetta!

Non c’è niente da fare. Quando termina una missione importante e lunga come quella della sonda spaziale Rosetta, può anche starci un po’ di dispiacere. Può rimanerti addosso quel senso di una cosa grande appena passata, appena finita. Come le luci che si spengono tutte quante e ti pare che il tempo sia volato e fai fatica a riprendere le fila, a capire che è stata proprio una cosa bella.

Certo perché bella lo è stato. Ed è stata bella perché è stata vissuta e “sentita” da molti, certamente in un ambito molto più esteso di quello astronomico, al di là della comunità scientifica “classicamente intesa”. Eh sì, perché per missioni come questa, ormai la norma è quella di generare un interesse che travalica l’ambito pur legittimo di appartenenza, per espandersi su ampiezze e registri umani molto più estesi.

L'ultima immagine presa da Rosetta prima di depositarsi sulla cometa. Ad appena venti metri di distanza.

Questa rimarrà nella storia, anche se fuori fuoco. E’ l’ultima immagine presa da Rosetta prima di depositarsi sulla cometa. Ad appena venti metri di distanza. Crediti: ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

Percorrere i mari parlando di astronomia, come mi è appena capitato, serve a molte cose. Una delle quali è comprendere il legame inscindibile che lega l’esplorazione della Terra a quella del cosmo. Direi anzi ben più che un legame, piuttosto un’avventura che non presenta soluzioni di continuità: una sfida costantemente rilanciata, innestata profondamente nella natura umana, di cui la parte spaziale è appena la naturale prosecuzione di quella fatta  – nei secoli – per terre e mari.


Così l’avventura di Rosetta, complice anche la peculiarità della stessa, che includeva il trasporto ed il rilascio del lander Philae sulla cometa, è stata seguita con passione da tantissima gente. Di tutti i popoli e tutti i paesi, di orientamenti culturali e spirituali tra i più diversi.

Diversi, ho scritto? Beh, se la sonda avesse potuto parlare, ci avrebbe certo avvertito che dal suo punto di osservazione, le differenze contano poco. O meglio, contano tanto, tantissimo: perché sono quelle che danno i colori al mondo, al nostro mondo. La varietà è essenziale per la vita, per una vita piena. Ma non vale la pena arrabbiarsi e mostrare i denti o peggio ancora le armi, per imporre il proprio colore, la propria visione del mondo.

Visione che ci può stare, anzi ci deve stare. Non è che tutto è uguale, non si tratta di questo. Se tu credi ad una cosa e io ad un’altra, c’è una bella differenza. Ma qui si parla delle nostre radici. E solo con radici profonde si può andare all’incontro con l’altro, con il diverso, in forma relazionale e non bellica. Se sono pieno di qualcosa – fosse pure una domanda di senso, ancora dai contorni vaporosi – non sono violento, altrimenti non c’è verso, non c’è alcuna vera interazione. Ci vuole un campo di forza per ordinare i processi che accadono, fuori e dentro di noi.

Siamo tutti sulla stessa barca, avrei potuto dire (in senso pieno) fino a sabato mattina. Ma non ci vuole molto per sostenerlo anche adesso. Per trovarne le ragioni, innervarle di senso.

Certo Rosetta, alla fase della sua ultima e definitiva discesa sulla cometa, non era lontana come quando la sonda Voyager 1 si girò e con il suo ultimo sguardo, fissò la nostra Terra per un momento appena, così lontana che era veramente un piccolo puntino blu. Ma le conclusioni che poteva trarre sono certamente le stesse.

E sono le conclusioni che faticosamente stiamo riscoprendo come le uniche possibili, le uniche autentiche. Essere dentro un’opera comune ci aiuta a focalizzare il pensiero sulle stesse frequenze, per cui iniziamo a vivere la fratellanza come una possibilità di fatto e non come un altro impegnativo codice di comportamento da assumere.

Che poi nessun codice di comportamento si tiene in piedi appena con le buone intenzioni, ma solo con l’entusiasmo (altrimenti decade in pochissimi nanosecondi). E l’entusiasmo Rosetta lo ha dispensato senza alcuna remora, senza nessuna regola di parsimonia. L’entusiasmo di vivere il risveglio della sonda in prossimità della cometa, poi di assistere alla discesa del lander Philae sulla superficie e – insieme ai problemi del sito di atterraggio non proprio ideale – la soddisfazioni di riuscire comunque ad agganciare il segnale: Rosetta e Philae si parlavano.

Sì il dialogo tra Rosetta e Philae c’è stato ed è stato importante. Si sono parlati di cose di scienza, certamente. Cose come la composizione della superficie della cometa, per capirci. Cose importantissime per comprendere se e come la vita sia venuta attraverso le comete, o comunque che ruolo possano svolgere ed aver svolto nell’economia del nostro Sistema Solare. Cose non da poco, ovviamente. Come non è cosa da tutti i giorni mettere i piedi sopra una cometa, e segnatamente la cometa 67P Churyumov-Gerasimenko (a volte dubito qualcuno riesca a pronunciarla, io comunque no per certo): un sasso di appena quattro chilometri di lunghezza, perso nel cosmo a decine di milioni di chilometri da noi.

Ebbene, arrivare su questo grosso sasso, sperduto nel cosmo, è qualcosa che segna la nostra palpitante ed insopprimibile voglia di conoscere, di capire, di spingerci fino alle origini di tutto quello che ci circonda. Oserei dire, che è proprio questa “sete inestinguibile di conoscere l’origine”  che ci rende pienamente ed autenticamente umani.

Sembrava impossibile. E invece è successo, lo sappiamo. E sappiamo anche, in questa impresa straordinaria, che c’è tanto genio italiano. C’è genio italiano negli strumenti di Rosetta, con GIADA ad esempio, per l’analisi di una sbaraccata di particelle cometarie, quei grani di polvere che tanto possono dirci per la comprensione dei processi che portano a formare i planetesimi: roba dei primordi del Sistema Solare, ma roba importante adesso, per capire chi siamo e da dove vaniamo.

E non meno importante è la nostra impronta su Philae, perchè siamo sempre noi italiani ad aver costruito il trapano che ha fatto il lavoro più prezioso sulla superficie, ovvero quello di scavare davvero per vedere di cosa si tratta, nonché i pannelli solari che gli hanno permesso di resistere sulla fredda superficie mantenendo strumenti e computer accesi.

Insomma siamo andati lontano, come uomini, come europei, e come italiani. E possiamo certo continuare a farlo.

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L’avventura d’essere scienziati…

Una cosa ho capito, ormai. Che entrare nella giuria di un concorso che coinvolga i ragazzi della scuola dell’obbligo, è sempre un’avventura. L’ho percepito bene con la mia partecipazione alle diverse edizioni del Premio Castellani, l’ho ritrovato piacevolmente in questa occasione, nella mia partecipazione al concorso Cassini Scientist for a Day.

cassini_logo_blue_275L’avventura è – propriamente – quella di attraversare un universo. Anzi, una miriade di universi, o se vogliamo, di multiversi. Ma non quelli che scrutiamo con  telescopi e  satelliti, bensì quelli racchiusi nei corpi in formazione e in evoluzione dei ragazzi delle scuole. Perché dopotutto è evidente, un elaborato scritto è ben più che una serie di parole: da come queste parole vengono scelte, usate, messe in fila, coniugate l’una all’altra, tu che leggi hai come un biglietto pagato per un viaggio nella mente di quel ragazzo. Anzi nella mente e nel suo nucleo emozionale (tutto in un solo biglietto, peraltro).

Sì. Da come scrive ti accorgi di comprendere tanto del suo atteggiamento verso la vita, le relazioni, la famiglia, gli amici… l’universo. Da quello che dice, da come lo dice, capisci perfino molto di quello di cui invece non parla. Ed è un viaggio spesso affascinante, perché si risveglia tra l’altro anche il ragazzo che è “ancora” in te (che oltretutto non ne vuol sapere di fare le valigie soltanto perché ora sei grande).

No, non si può mettere da parte la fantasia, e i ragazzi ce lo ricordano sempre.

Arrivammo su Teti il giorno 5 maggio 2032, sentimmo un brivido di freddo spaziale salirci lungo la spina dorsale, era veramente emozionante poter vedere da vicino quello che per anni ci era sembrato solamente un sogno lontano (…) Dopo essere scese dall’astronave, ci sentimmo fluttuare nell’aria, era come se, finalmente, potessimo sentirci libere, ma, allo stesso tempo, un’intrigante voglia di esplorare ci avvolse e ritornammo subito alla realtà. Per prima cosa posizionammo la bandiera italiana su quel suolo ghiacciato…

(Nicoletta Bonanno e Giulia Alessia Montis)

E già la scelta dei termini brividi di freddo spaziale ci fa riposare su un tentativo di ricerca linguistica che sfronda la prosa più banale e tenta di entrare nell’emotività, nel nucleo pulsante della vita. Mi pare anche delicato e interessante l’accenno alla bandiera italiana, che viene posizionata per prima cosa. Come simbolo di una appartenenza di popolo, in una storia condivisa, che rimane evidentemente intatta anche in un contesto interplanetario.

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Esplorare lo spazio, comprenderlo, viverlo, colonizzarlo… impariamo dai piccoli, da come lanciano in avanti la loro fantasia, a non farci spaventare da cose grandi…!

Da un altro punto di vista, implicitamente validando il carattere collaborativo e transnazionale della scienza, c’è chi è riuscito perfino a sviluppare nell’idioma inglese (lingua consentita dal concorso) una prosa che non fosse comunque estranea all’emotività, anzi la abbracciasse pienamente…

I let myself be lulled by the absence of gravity and strange feelings dwell my heart, in a mixture of science and philosophy, doses of a chemical reaction catalyzed by the innermost thoughts of the human soul.

(Milly Beltrammi)

C’è addirittura chi ha scelto – con un approccio indubbiamente originale – di fare dialogare direttamente tra loro le diverse lune con la stessa sonda Cassini, in uno scambio di battute tanto fantascientifico quanto semplice e – direi – spontaneo. Basterebbe questo scambio di battute…

Teti: Girando ho visto Rea da dietro, ha molti vulcani, devo dire che è un satellite molto interessante e affascinante. Però, visto la mia invidia, c’è una domanda che mi faccio da tanto tempo: perché Saturno ha permesso che Rea fosse una dei nostri visto che già ne siamo tanti, per non parlare poi dei suoi anelli? Cassini: Brava Teti! Buona domanda. Cercherò di scoprilo facendo altre ricerche più approfondite su di voi. ReaHo molto freddo puoi dirmi il perché? CassiniPerché sei fatta principalmente di acqua e ha causa delle basse temperature, ti sei congelata. (…)  Teti e Rea a Cassini: Siamo molto gelose di un pianeta che si chiama Terra e visto che sei qui puoi spiegarci, oltre che a guardarci, con tutte quelle strumentazioni che hai, perché non possiamo essere uguale a Lei?

(Rossella D’Amato, Francesca di Giuseppe, Francesca  Palmieri)

Sarà banale sottolinearlo, ma c’è ben di più di un espediente narrativo, dietro quest’ultima scelta. C’è sotto come una fiducia (vogliamo chiamarla infantile? o piuttosto, autenticamente umana?) sul fatto che l’universo sia raccontabileche sia anzi raccontato dagli stessi protagonisti. E non è forse un dialogo quello dell’indagine scientifica propriamente intesa, dove corpi celesti e campi di forza ci parlano davvero, certo nel loro specifico linguaggio e con la loro ben definita modalità?

D’accordo, ci sono comunque elaborati un po’ più asettici. Quelli dove la cosa che emerge più chiara è la preoccupazione, da parte di chi scrive, di esporre le giuste informazioni, nel modo più corretto. Tutto giusto, per carità. Anzi, lodevole. Così in tali casi, tu che sei giurato, cerchi di capire se e cosa ha capito, se le cose sono esatte, magari. Diciamolo: è una cosa da valorizzare, poter scrivere un tema scientifico in maniera appropriata, per una persona molto giovane. Non è poco, e lo sai. Questo è accuratamente valutato a livello di punteggio, e naturalmente questo post che state leggendo – che enfatizza alcuni aspetti – non va in alcun modo preso come una valutazione globale di merito, che peraltro è stata rigorosamente riportata in altra sede.

Questo per la chiarezza necessaria. Ciò detto, so anche che nulla può evitarmi – per come sono fatto – quella intensa commozione che avverto quando incontro finalmente una penna che osa, che rischia, avventurandosi nel terreno dell’immaginario. Che mi prende per mano (chi scrive prende sempre per mano chi legge e lo guida, anche se ha molti anni più di lui) e mi porta in un suo mondo fantastico, dove le informazioni scientifiche ci sono – certo che ci sono! – ma si trovano incastonate in un contesto immaginifico e mirabolante, dove davvero la fantasia dell’adolescenza trova il suo terreno più fertile. Così non ritrovo appena le necessarie informazioni su Giove, diciamo, o Saturno. Ma sono portato altrove, magari su una astronave o catapultato di botto dentro un diario di viaggio di un ipotetico giovane astronauta, d’improvviso partecipe delle sue aspirazioni, del suo senso di meraviglia, delle sue umanissima paura.

Tutte cose che, ovviamente, si prestano ad essere ben riportate in un diario… 

Caro Diario, all’agenzia spaziale è davvero tosta! Non ci fermiamo mai! Ho scoperto che la ISA coopera con la NASA e la ESA. C’è un gran via vai di gente tra scienziati, ingegneri, astrofisici, astronauti e astronomi. Mi sembra il coronamento di un sogno. Mi sembra di tornare bambino quando mi circondavo della mia attrezzatura spaziale di cartone. E’ davvero una grande emozione vedere centinaia di persone attorno a me, che condividono la mia stessa passione per l’universo… Mio diario, sento come il bisogno di scoprire qualcosa di più su questi due satelliti naturali [Rea e Teti], così poco conosciuti, con tanto da offrire al nostro patrimonio scientifico. Nella sua rarità è unico nel suo genere … Grazie per la sicurezza che mi dai nel custodire i miei pensieri.

(Alessia Cosentino, Elena Di Candido, Claudia Mastromauro, Valentina Schinzani)

E per rimanere nell’attualità (anche vagando per lo spazio) possiamo ben dare un’occhiata ai giornali, e segnatamente all’Universal Journal, che per l’occasione (magari l’avrete letto…) ospita un interessante pezzo su La vita su Saturno…

Carissimi lettori vi pubblichiamo delle notizie su Saturno, come sapete questo pianeta è, per grandezza, il secondo del Sistema Solare e ha una struttura interna, formata da idrogeno ed elio ed ha un nucleo roccioso in silicati e ghiaccio. Il suo nome deriva da un dio della mitologia romana (…) Possiamo affermare che gli anelli e le lune di Saturno possano essere, in futuro ottimali per la vita umana (…) Si potrebbero utilizzare gli OGM per trasformare geneticamente le piante in modo da farle adattare all’atmosfera di Saturno e delle sue lune, formate da idrogeno, così da poter creare ossigeno respirabile e quindi far sviluppare vita umana (…) Dato che nel mondo è anche presente il problema della sete, noi possiamo ottenerlo dalle lune formate quasi interamente da ghiacciai. Molte sonde testimoniano l’esistenza di attività idrotermale nei mari di Encelado…

(Giulia Biccari,Elisabetta Iaffaldano, Martina La Sala, Antonio  Neri).

Articolo decisamente interessante, perché come avete visto, non si limita a descrivere l’ambiente planetario (per chi non lo conoscesse) ma si spinge ad ipotizzare varie soluzioni per risolvere questioni non propriamente trascurabili, ed anche molto terrestri.  Certo, con soluzioni in certa misura futuribili e purtuttavia viste da un punto di osservazione ampio, risanante perché universale. Un approccio non limitato ai nostri piccoli ambienti usuali, in un atteggiamento che unisce creatività a fiducia, propria di persone che vedono l’universo come opportunità e non si spaventano per la sua enorme estensione, ma anzi lo abbracciano in uno slancio magari un po’ ingenuo, ma indubbiamente rasserenante, per noi adulti..

Dopo l’attualità, ci proiettiamo nel futuro. E’ un brano di diario datato 26 maggio 2200,dove Jarold Cass racconta di una sua curiosità…

I have always wondered how our planet was born, yesterday I tried to give an answer to my question. So I went to the library to look for some information. I went in , I went to the science departement , I looked for the astronomy category and finally I found what I was looking for. At the name “X” I clicked the botton “start” and a big hologram of my planet seen from the space appeared in front of me and showed me all its history in 15 minutes.

Silvia Barilli e Teresa Folli

Jarold scoprirà presto, con grande sorpresa (This is just incredible!), che il pianeta dove vive non è quello dove si è originata la sua specie, ma è stato colonizzato dagli uomini in seguito alle indagini della sonda Cassini!

Ma non dobbiamo aspettare tanto, per avere notizie interessanti e alquanto inaspettate. E’ un altro diario, datato Saturno, 30 marzo 2057, che ci fornisce una autentica notizia “bomba”,

Ciao, sono Mattia, sono riuscito ad arrivare nell’atmosfera di Saturno (sono il primo uomo ad esserci arrivato) e ………. aspettate ho appena notato qualcosa e’ una specie di lettera……ma non è una lettera normale ha qualcosa di strano, la calligrafia è simile alla nostra ora provo a leggerla: “Cari abitanti dell’oltre sole qui è Felix che vi scrive grazie a questa sofisticata attrezzatura che mi è stata donata dai corpi spaziali sono riuscito ad arrivare qui, molto lontano dal mio pianeta (…)”  Eccoci di nuovo tra noi sono sempre io Mattia quella che vi ho appena letto era una lettera scritta da qualche altra forma di vita…

Matteo Prazzoli e Tommaso Avanti

Potrei continuare, ma andremmo veramente troppo oltre il limite di pazienza che posso chiedervi, a voi che leggete. Non se ne abbia a male chi non è stato citato, perché nulla vieta di riparlarne. In caso, lasciate un commento (le proteste, se scritte in forma corretta e “urbana” sono pienamente ammesse!) e ne riparliamo.

Questi erano appena dei brani scelti a titolo di esempio perché noi tutti – io per primo – si torni a comprendere quanto possiamo imparare dai nostri ragazzi, in termini di attitudine positiva, fantasia, fiducia, costruttività. Parole grosse, magari, ma mi sento di spenderle, in casi come questi.

Ecco. E’ qui che mi sento grato per il lavoro che sto facendo, che mi sento lieto di aver letto proprio quel tema. Perché avverto ancora il senso di scoperta e meraviglia che quella ragazza, quel ragazzo (a volte più persone, in squadra) hanno saputo mettere su carta, e che è la cifra più bella del periodo di sviluppo che stanno attraversando. E che io, con pudore e delicatezza, sono chiamato a valutare. E per quanto posso, e mi compete, a proteggere.

Perché certo, intanto che sono occupato a confrontare i temi e trascrivere valutazioni, spero con tutto il cuore che mai niente e nessuno possa toglierlo dalla loro testa, questo senso di meraviglia e stupore. Che rimanga e anzi si radichi nella loro mente, nel loro universo – e nel nostro, per sempre.

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Scienziato di Cassini, per un giorno?

È bello ed incoraggiante, in questa epoca, che vengano aperti dei “ponti” percorribili ed amichevoli al fine di stringere connessioni, per certi versi ancora troppo vaghe, tra la ricerca scientifica ed i tradizionali percorsi didattici. E’ davvero bello che la meraviglia che muove lo scienziato nel suo lavoro (almeno come impulso iniziale) non rimanga più confinata in un ambiente ristretto, ma venga invece “divulgata” e trasmessa, quasi per una sorta di contagio, in un ambito più vasto possibile. 

cassini_logo_blue_275Di fatto, l’esplorazione dello spazio, e soprattutto del Sistema Solare, negli ultimi anni – anche grazie alla grande quantità di immagini e dati provenienti dalle sonde, sta registrando degli enormi balzi in avanti. E’ davvero una entusiasmante epopea, alla quale si può partecipare per larga parte attrezzati soltanto di curiosità e di una normale connessione ad Internet.

In senso più vasto, e riprendendo così il tema di un post di qualche giorno fa, qui a GruppoLocale pensiamo che la diffusione della scienza – nella sua corretta e più nobile accezione – rivesta una una sua intrinseca valenza come atto di pace, e questo ci motiva ancora di più nel registrare e diffondere iniziative come questa che presentiamo, il concorso Cassini Scientist for a Day.

Come si legge dalla pagina di ingresso del sito, “Il concorso Cassini Scientist for a Day è una gara internazionale, indetta dalla NASA e promossa in europa dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), rivolta ai ragazzi di scuole medie e superiori. Ogni anno i ragazzi hanno la possibilità di avvicinarsi al lavoro dello scienziato studiando tre immagini prodotte dalla missione Cassini, che si trova in orbita attorno a Saturno dal luglio del 2004.

La missione Cassini- Huygens è una missione interplanetaria che ha lo scopo di studiare in dettaglio il sistema di Saturno, comprese le sue lune ed i suoi anelli. E’ stata lanciata nel 1997, ed è la prima missione ad entrare nell’orbita del pianeta con gli anelli, come è avvenuto il primo luglio del 2004. Il satellite in questi anni ha inviato una gran mole di preziose immagini e di dati di indubbio valore, e anche qui su GruppoLocale ce ne siamo più volte occupati. Dunque a pieno merito una missione così importante viene scelta come tema di un concorso per le scuole.

Intelligente l’approccio scelto, quello di rendere i ragazzi protagonisti più possibile senza intermediari, mettendoli direttamente a confronto con una immagina astronomica “di lavoro”. Questo, a mio avviso, avvicina davvero il loro compito a quello di un “vero” scienziato, senza appesantire l’approccio con niente che non sia meno che essenziale.

L’edizione di quest’anno, che mi vede direttamente coinvolto in una più che eccellente giuria (dico, si saranno mica sbagliati ad includermi?) si incentra su tre diversi target che i ragazzi sono chiamati a scegliere, giustificando in forma scritta il motivo per cui l’obiettivo selezionato conseguirà  a loro avviso i risultati scientifici più interessanti.

È sufficiente elaborare un breve testo (massimo 500 parole, ovvero molto meno della lunghezza del post che state pazientemente leggendo…) ed inviarlo da un apposto indirizzo e-mail entro il 26 febbraio del prossimo anno. In palio ci sono gadget della missione Cassini, forniti da NASA ed ESA, e la pubblicazione sui loro siti web. Vi invito in ogni caso a consultare il regolamento del concorso per fugare eventuali dubbi!

Vale la pena ripercorrere seppur brevemente i target selezionati per il concorso, anche perché il loro indubbio interesse astronomico travalica perfino la specifica contingenza del concorso.

Il primo target, che vedete anche riprodotto qui di seguito, è una bella immagine di taglio degli anelli di Saturno, con tre delle sue lune ben visibili, ovvero Teti  Encelado e Mimas

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Il primo target del concorso…

L’immagine che vedete è ottenuta tramite un simulatore software, ma verrà realmente osservata da Cassini tra pochissimi giorni, ovvero il 3 dicembre prossimo venturo.

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Ed ecco Il secondo target…

Il secondo target è  invece relativo ad una immagine del pianeta Giove presa a circa un milione e mezzo di chilometri di distanza. A questa distanza Giove – nonostante la sua grandezza sia tale da poter ospitare mille volte il pianeta Terra – appare ancora come un piccolo puntino, nondimeno è importante per la NASA poter acquisire foto anche da così lontano, al fine di meglio preparare le future missioni.

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Ed infine il terzo target…

Il terzo ed ultimo target  che appare sul sito del concorso è una simulazione di Teti che passa dietro alla luna chiamata Rea; la simulazione è necessaria in quanto la sonda Cassini non dispone di alcuna videocamera a bordo. Rea è un corpo celeste di notevole importanza (basti pensare che è costituito per tre quarti di ghiaccio d’acqua!), oltre ad essere la seconda luna di Saturno per dimensioni.

Bene, il materiale di lavoro non manca di certo. Con queste tre immagini – vere e proprie istantanee dalla ricerca più attuale – i ragazzi interessati si possono ritrovare ad operare un lavoro straordinariamente simile a quello dello scienziato. Certo, con mezzi e conoscenze diverse, ma con una metodologia che comunque vi si avvicina parecchio. Ed è questo ciò che conta, a mio avviso, perché è ciò che forma la mentalità, e predispone soprattutto alla curiosità di conoscere e di apprendere.

Perché l’esplorazione dell’universo è certo una impresa tecnologia da affrontare con grandi capitali ed estese collaborazioni, ma è anche e soprattutto un enorme e brillante atto creativo dell’uomo. Un atto al quale può prendere parte ognuno di noi.

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Ben alzato, Philae!

E’ notizia di questi momenti che la serie di tentativi per svegliare la sonda Philae, depositata sulla cometa 67P oltre sei mesi fa, sembra abbiano avuto esito positivo!

Significativo il tweet con cui il simpatico robottino ha annunciato il suo tanto agognato risveglio

Al momento in cui butto giù questa rapida nota, è già stato indicato 6940 volte come “preferito” e già ridiffuso 9928 volte. C’è da essere certi che al momento in cui leggerete questo appunto, questa cifre saranno già molto più alte. L’hashtag #WakeUpPhilae potrebbe diventare ben presto molto popolare, in rete. Insomma, la scienza moderna è social, e lo è nell’accezione migliore e più virtuosa del termine.

Ben alzato, Philae! Che dici di una gustosa colazione, adesso? C’è mica un buon BAR, da quelle parti 😉

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