La forza tranquilla di Tumblr…

Nel mare di servizi Internet, a volte capita di iscriversi a qualcosa, giocarci per un pochino, poi dedicarsi ad altro e magari lasciar ristagnare quello che si era trovato. Può capitare poi di riscoprirne l’utilità, di arrivare più avanti a comprenderne realmente l’efficacia.
Così è il mio tragitto con Tumblr. Questa piattaforma è a rigore un tumblelog, qualcosa a mezza strada tra un microblog (come Twitter) e un blog vero e proprio (come WordPress, oppure Blogger). Ne abbiamo parlato anche qui, anni fa. L’ho lasciata un pò inutilizzata per diverso tempo, probabilmente troppo preso dal fenomeno del microblog. 
Ultimamente però sono tornato ad utilizzare Tumblr, ho dato un nuovo nome, meno anonimo, al mio sito (parolefelpate.tumblr.com) e sono ritornato a postare con più assiduità. Il mio intento era di farne una specie di blog relativo alla scrittura e agli scrittori (di qui il nome, con rimando anche al mio amore per i felini). Tumblr in effetti rende facilissimo creare dei post con immagini, video, citazioni. Rende anche facilissimo il “reblog” di post altrui, magari aggiungendo un commento o altre note personali. 
Ispirato dalla lettura di altri blog (come lo stupendo La bellezza è una ferita, che però è su piattaforma WordPress), ho iniziato negli ultimi tempi ad usarlo anche per “fermare” degli stralci di scritti che mi colpiscono in maniera particolare, che voglio trattenere. Magari aggiungendo una foto che possa pensarsi come complemento alla frase: in questo senso la cosa è piuttosto facile, magari attingendo allo smisurato archivio di un sito come Flickr, che tra l’altro permette il reblog immediato sulla piattaforma Tumblr.
Del microblog Tumblr (che ha molta più flessibilità, ad esempio, di Twitter) trattiene il meccanismo della timeline, per cui si possono scegliere le persone dalle quali ricevere gli aggiornamenti, che vengono presentati in bella forma nella propria DashBoard. Può dunque capitare che un post che risulta particolarmente gradito si allarghi su Tumblr a macchia d’olio, data la facilità del reblog. Se alcune persone abbastanza seguite fanno reblog di un mio post, questo facilmente si traduce in una catena di riproposizioni perchè i loro followers potranno ulteriormente diffondere il post, e via di questo passo. 
Questo sta succedendo proprio ora, con un mio post di stamattina. La foto – tra l’altro ho avuto solo il merito di sceglierla, non è certo farina del mio sacco – che accompagna il post viene rebloggata da più e più persone: la cosa simpatica è che sotto al post viene tenuta traccia di tutte le interazioni (like e reblog) degli altri utenti: in questo momento siamo a quota 64 69, ma ancora aumenta…
Questo mi ha fatto riflettere su quanto sia viva e dinamica la comunità di Tumblr. Il motivo è sicuramente ascrivibile alla praticità e flessibilità del mezzo. Davvero è possibile disporre di una sorta di taccuino su web dove incollare quello che ci piace, in una frazione minima di tempo. Volendo, niente impedisce di elaborare post anche complessi. Ma quello che risulta davvero intrigante, per me, è la facilità con cui si possono formulare semplici post, una immagine e qualche descrizione. 
Un servizio ben fatto, davvero. Non se ne parla spesso nei media: molto meno di Facebook, oppure Twitter. Eppure è una forza, una forza tranquilla. E non abbiamo detto delle altre caratteristiche… Vogliamo accennare anche alle possibilità di postare anche da dispositivi mobili? Scegliere il tema? Aggiungere pagine statiche?  Postare via email, etc etc…? Ecco perché tutti amano Tumblr.

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Sulla rincorsa tra G+ e Facebook

Google Plus, il social network del gigante del mondo della ricerca (inteso come motore di ricerca, non come attività scientifica!) è da poco diventato aperto al mondo: da ora ci si può iscrivere senza più bisogno di inviti.
Nei circa novanta giorni in cui G+ è rimasto in fase sperimentale, il team non si affatto preso una vacanza, ma ha lavorato sodo apportando circa un centinaio di miglioramenti all’interfaccia e alle potenzialità del nuovo social network. Segno che stavolta Google ci crede davvero, e ci mette la faccia (e una consistente operosità). Stavolta finalmente Facebook ha uno sfidante serio. Dico finalmente perché credo che la competizione sia più che mai salutare, in questo campo. Anche a costo di creare un pochino di confusione, dovuta al fatto che – ovviamente – i vari network non si parlano. Il profilo su Facebook non ha modo di interagire con quello si G+. Sarebbe bello un protocollo minimo comune – allora essere su un network sarebbe come avere un indirizzo di posta: posso interagire via email anche con chi ha un differente provider (grazie al cielo). Ma tant’è, al momento .
Ora su G+ si può anche disegnare…!
(dal blog di Google Plus)

E’ intrigante, comunque, accorgersi come i due network si stiano studiando. Se G+ ha preso moltissimo da FB, nei meccanismi e nelle dinamiche essenziali (fino a livelli di dettaglio come la recente l’introduzione dei giochi) è anche vero che nelle ultime settimane lo spesso dormicchiante lento sviluppo di FB ha avuto un sussulto di attività: guarda caso, è stato anche introdotto un meccanismo simile alle cerchie di G+, ovvero una gestione più completa e più immediata di liste diverse di amici. E altre grosse novità pare siano in imminente arrivo.

Il risultato netto, alla fine, è che uno si trova con un profilo su entrambi i network. Sì perché anche se appassionati di G+, Facebook non è facile da abbandonare (e non mi riferisco ai problemi più volte sollevati di rimozione degli account). Non è facile perché ha molte cose che funzionano proprio bene, e che ancora G+ non possiede. Prendiamo soltanto l’esempio delle pagine. Strumento efficacie e flessibile per creare “comunità” attorno ad un progetto, ad un sito, ad un interesse. Ad esempio, se ora io lasciassi FB, a chi li abbandonerei i 730 e passa fans della pagina di GruppoLocale??
Con buona pace di progetti pur interessanti come Diaspora (che reclama come sua – con qualche ragione – l’idea delle liste di utenti), mi pare che G+ sia l’unico credibile concorrente di Facebook, al momento. E non penso la situazione possa cambiare a breve. Ora come andrà? Ci abitueremo a due network? Tornerà uno a prevalere sull’altro? Si parleranno, prima o poi, in qualche misura? Come dice l’amabile canzone di Battisti, lo scopriremo solo vivendolo….

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Google+, amicizie fuori dagli schemi…

Giocando un pò con Google+ mi accorgo di come il cervello caschi per pigrizia in errate considerazioni. La pigrizia di non pensare fuori dagli schemi consolidati è una perniciosa tentazione “al ribasso” che è sempre incombente, almeno per me. In questo caso la tentazione di pensare “come in Facebook” gioca brutti scherzi, in un posto che sembra – in buona sostanza – un clone di Facebook, ma tale non è.

Per Facebook (al quale riconosco altri pregi), come ho scritto, la relazione tra due persone è semplice e biunivoca; io sono amico tuo se tu sei amico mio, e stop. Non mi pare sia dato il caso in cui io permetto a te di conoscere la mia attività online “fino” ad un certo livello, e tu mi permetti l’analogo, ma mi metti in un livello diverso.  Questo è reso possibile dalle cerchie di Google+, e secondo me è una trovata semplice ma molto interessante, e rende possibile una condivisione dei contenuti molto più raffinata e granulare di quella di Facebook, che al confronto potrebbe sembrare un tantino grossolana.

Ma perché parlavo di pigrizia mentale? Perché mi sono accorto che la mia mente costruisce d’istinto una relazione biunivoca tra me e le persone che ho in una cerchia, che pesca ad un dato livello della mia vita online. Immaginando una mutua, paritetica, relazione. Devo pensarci coscientemente per realizzare che il dato livello di visibilità di una persona per me può essere diverso da quello che io ho stabilito per lei.

Anni di social network che lavorano sul modello di amicizia biunivoca ad un unico livello, mi hanno impigrito i neuroni….? Benvenuto il plus di Google, che a prescindere dalla fortuna che potrà avere, intanto mi forza a ragionare fuori dai soliti schemi 🙂

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Google+, prime impressioni

Finalmente, un paio di notti fa, sono riuscito ad entrare in Google+. La curiosità era molta, volevo capire se questo nuovo servizio ha realmente le potenzialità per candidarsi come credibile alternativa a Facebook.
Intanto, la prima impressione è che Facebook abbia fatto scuola, eccome. E i programmatori Google hanno studiato bene. Si capisce di essere dentro un “quasi-clone” del popolare social network. Il meccanismo del flusso dalle persone che si seguono, il fatto di poter assegnare un “+” (tipo un “mi piace”) ai post che si apprezzano… i “suggerimenti” di amicizia automatici… molte cose concorrono a dare l’impressione che Google+ punti esattamente alla stessa utenza di Facebook.

Google + project
Vi sono anche importanti differenze, mi pare. Intanto, da quanto capisco, il meccanismo di “amicizia” è sostanzialmente differente. Non c’è bisogno di una autorizzazione reciproca per seguire lo stream di una persona, come in Facebook. Certo questo è legato a quella che secondo me è la cosa più interessante di Google+, ovvero il meccanismo delle “cerchie”; in altre parole, una gestione molto granulare della propria visibilità.
L’idea sembra interessante. A seconda della cerchia in cui si è incasellati, si ha diritto a vedere cose diverse del flusso di una certa persona. Così, per seguire il flusso “pubblico” non è necessaria una reciproca autorizzazione; il che mi sembra più efficiente e anche più logico: non devo disturbarmi ad accettare una certa persona come “amica”, ma sarò piuttosto attento ad incasellarla – se voglio – in una cerchia congruente con le informazioni alle quali voglio che sia esposta.
Dalla parte delle cose che mancano – per ora almeno – metterei i “gruppi” e le “pagine”, che sono comunque un punto di forza di Facebook e che sono un veicolo formidabile per pubblicizzare specifiche tematiche e siti web. Chissà se verrà introdotto qualcosa di simile anche qui.
Per ora dico che mi sembra molto interessante. E vale la pena di giocarci un pò.
Da un post pubblicato su SegnaleRumore Express in data 8 luglio 2011

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Nascita di un social network

Il varo di Google+ è anche un’occasione per riflettere un pochino su come nasce un social network nell’epoca attuale. Oggi solo una organizzazione gigantesca come Google osa sfidare davvero Facebook, per ogni altro soggetto sulla rete, sarebbe una follia (e forse lo è comunque?)

Ben diverso è stato l’inizio dello stesso Facebook, partito come sappiamo nel 2004 per opera di uno studente allora diciannovenne che si divertiva al computer, e due suoi amici. L’idea come sappiamo è risultata vincente, oltre ogni aspettativa. Ma l’inizio è stato assolutamente “minimo”, in termini di risorse, senza nessuno studio particolare di progettazione. Giusto per divertimento, e per inseguire un’idea.

Una parte della pagina Google+

Quell’idea è diventata una fonte di guadagno incredibile, sollecitando gli appetiti di organizzazioni elaborate e gigantesche come Google, che ha sicuramente impiegato consistenti risorse di uomini e mezzi per sviluppare il suo plus, la sua risposta a Facebook – quel sito creato da un piccolo gruppo di curiosi adolescenti.

Ma oggi, una partenza come quella di Facebook, sarebbe ancora possibile? Due ragazzi e un computer, potrebbero ancora bastare per sviluppare un’idea vincente, o il web si è troppo “scafato” e abbiamo perso l’immediatezza di pochi anni fa?

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Se inventavo io Facebook…!

Interessante l’articolo sul Sole 24 Ore riguardo quello che ci insegna la “caduta” di MySpace. Sappiamo bene come è andata; il braccio di ferro tra i due giganti si sta chiaramente risolvendo a favore di Facebook, decretendone la vittoria, ormai indiscussa, come social network “di riferimento”. Praticamente uno standard.
Su qualche aspetto dell’articolo, tuttavia, ho delle riserve. Dalla lettura del pezzo, difatti, si ha l’impressione che Facebook abbia vinto per la sua intrinesca semplicità, mentre la possibilità elevata di personalizzazione di MySpace abbia invece giocato negativamente sulla sua diffusione. 
Ecco, non ne sono proprio proprio convinto. Mò ve spiego…

Intanto mi pare che la semplicità di Facebook sia soltanto apparente; in realtà le opzioni di personalizzazione e le possibilità espressive sono abbastanza ampie, anche se molte “nascoste” abilmente sotto il tappeto. Postare  video ed altro materiale multimediale in maniera molto facile, dare il like anche ai commenti (gradevolissima funzione), condividere facilmente i post e le foto di altri, taggare le persone nelle foto… Tutti esempi di potenzialità piuttosto alte e di notevole flessibilità, a pensarci bene.
A ciò possiamo aggiungere i gruppi e le “pagine”. Questa è una vera trovata di Facebook sviluppata in maniera funzionale, e si dimostra uno strumento efficacissimo per creare e mantenere una community intorno ad un tema o ad una pagina web (quella del nostro sito cugino GruppoLocale ha al momento 625 fans); presenta inoltre per gli amministratori un set di strumenti di analisi traffico di tutto rispetto e completamente gratuiti.
MySpace, per quel poco che ci ho giocato, non mi sembrava altrettanto flessibile (magari non ho colto qualcosa, lo ammetto). Certo, potevi cambiare i colori e il tema della tua pagina, mentre Facebook è rigidissimo in questo. Ma per il resto ho maturato l’impressione che Facebook sia uno strumento pià agile (non necessariamente più semplice) per interagire con altre persone. Evidentemente, non sono stato il solo.
Poi, è vero che gioca anche una sorta di effetto gravitazionale, più gente si condensa intorno ad un servizio, più ne viene attirata altra. La standardizzazione non è necessariamente solo un impoverimento, ma apre possibilità inedite. Tanto per dire, se ora voglio interagire con i simpatici mattacchioni della trasmissione radio 610 (Sei Uno Zero) su Radio Due, oppure con i più seri ma gradevolissimi conduttori di Ben Fatto (Radio Uno)  che faccio? Vado su Facebook. E Il ruggito del coniglio (ancora Radio Due) dove lo mettiamo? Praticamente ogni trasmissione radio o televisiva ha la sua pagina. Se poi voglio scambiare due chiacchere con il gruppo che fa Pilates nella mia palestra, che faccio? Vado su Facebook. Idem per i colleghi di lavoro, per l’amico delle scuole medie. Caspita, trovi tutto lì, ormai. 
A proposito… Ieri ho visto il film, intelligente e molto garbato, “Che bella giornata”. Beh, lo sapete che fa il protagonista Checco Zalone per cercare la ragazza che ha incontrato per caso (o così almeno lui pensa)? La cerca su Facebook, come prima cosa (sulle note di una gustosissima canzone “Se mi aggiungerai”: “«Se inventavo io Faceboòk una regola avrei messa, niente foto sul profilo se sei cessa….”). Efficace fotografia della realtà attuale!

Facebook ha una discreta “parte”
anche nel recente film di Checco Zalone
“Che bella giornata”
Chiaro che questo può avere aspetti discutibili o margini di “allarme” per il  fatto che tutto questo traffico di idee e parole passi per una sola piattaforma, con il potere enorme che si trova tra le mani chi l’ha creata o la gestisce. Ma non si può negare che questa si sia dimostrata finora in grado di fare fronte alle esigenze di connessione sociale proprie di questa epoca.
Un altro aspetto, marginale ma non troppo, che non viene menzionato nell’articolo del Sole 24 ore. La pubblicità. Quella di MySpace l’ho trovata da subito troppo invasiva e assai fastidiosa, con quel grosso banner centrale che campeggiava in ogni pagina. Facebook di pubblicità ne ha, nemmeno troppo poca. Eppure sembra abbiano trovato un modo per far si che non sia troppo fastidiosa. A volte neppure si nota troppo, con quei piccoli box a lato. Sono certo che l’avversione del fondatore Mark Zuckerberg ai banner pubblicitari (chiaramente documentata nel libro “The Facebook Effect”) abbia avuto un peso, in questo senso. E secondo me ha fatto, insieme ad altre cose, la differenza.
Per il resto, tutto si muove molto velocemente, sul web. Appena ieri Yahoo era il gigante indiscusso della rete, oggi è per molti versi quasi allo sbando. Che succederà a Facebook, nel medio/lungo termine?

Del domani non vi è certezza, soprattutto sul web…

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Ti piace la pagina?

Mi sto accorgendo che, pian piano, sta riuscendo a Facebook (forte della
sua amplissima diffusione, che la rende praticamente uno standard “de
facto”) quello che non è riuscito praticamente mai a nessuno (intendo
sul serio). Avete presente quei tastini blu con “mi piace” che compaiono
sempre più spesso nei diversi siti? Quelli che segnalano su Facebook il
gradimento di una qualsivoglia pagina web, per capirci.
La cosa simpatica è che oltre al numero di persone a cui piace una data
pagina, vengono elencati espressamente i tuoi amici che hanno dato il
gradimento. Siccome gli amici vengono scelti anche in base agli
interessi, non è raro trovarne nelle pagine che visitiamo
personalmente.

Per esempio, a me che per lavoro e per passione scorro diverse pagine e
siti di argomento astronomico (e sempre di più trovo implementate i
widget di Facebook), non è raro imbattermi in un sito che trovo già
“apprezzato” da alcuni miei contatti. Questo innegabilmente rende la
navigazione meno impersonale e aggiunge in alcuni casi un gradevole
senso di comunità.

In questo modo si ottiene una sorta di “gradimento” della pagina, per di
più “personalizzato”, che tanti indici e rank secondo me non sono mai
riusciti a rendere interessante.

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Facebook e Google, uno scontro tra giganti…

Tra le mie letture estive è recentemente capitato il libro “The Facebook Effect”. Il volume è una dettagliatissima (anche troppo, forse) storia di come il famoso social network si è sviluppato e ha preso via via “il volo”, ben oltre l’ambito dei campus universitari dove era stato ideato, oltre le aspettative degli stessi ideatori.  Nel libro ho già colto diversi punti di interesse (tra i quali, ma vorrei ritornarci, il ruolo chiave del software open source che ha permesso che l’idea di Facebook si sviluppasse, con il solo costo dei server usati per ospitare il sito. Uno studente “normale” come Mark Zuckerberg non avrebbe potuto permettersi – a suo tempo- costose licenze).
Facebook, piaccia o meno, è ormai una sorta di “standard” per il web. Trasmissioni radiofoniche e televisive, testate giornalistiche, autori letterari e poeti, scienziati e istituzioni come la NASA (e mille altre) hanno la loro pagina facebook, spesso eletta a strumento principe per l’interazione con il pubblico.

Molte persone che usano Facebook non si intendono di web2.0 e delle sue sottigliezze (nemmeno conoscono Twitter, sovente). Dire “non mi piace facebook” è ormai come dire “non mi piace la posta elettronica”. Può essere bellissimo o terribile (a seconda dei punti di vista), ma con buona pace di tutti, allo stato attuale è semplicemente uno standard. 

More about The Facebook Effect

Se Facebook è un “gigante”, l’altro gigante del web attuale, Google, non sta a guardare. Nonostante abbia compiuto diversi errori strategici e scelte opinabili (i tentativi “sociali” con Jaiku, la chiusura di Wave, la gestione bizzarra di Buzz con tutti i problemi di privacy sollevati inizialmente), continua a cercare la strada per un social network che possa insidiare Facebook. La vera battaglia è questa (e in palio vi è il controllo della pubblicità su web, mica bruscolini). Anche Facebook non è ferma sugli allori ma continua a lavorare per migliorare l’esperienza di navigazione sul suo sito.

Insomma, i contendenti affilano le armi. C’è del positivo, in questo: lo sforzo tecnologico e innovativo derivato da questa rincorsa è notevole, e dovrebbe produrre risultati interessanti. Un ovvio appunto, ma significativo, è che sono entrambe aziende che – guarda caso – si sono ampiamente e dichiaratamente basate sul software e sulla filosofia open source. Poi dicono che non paga…

Ma ormai i tempi sono maturi. Gli eserciti schierati: la vera battaglia sta per iniziare.
Noi utenti stiamo a guardare (e a sperimentare). 

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