Mi fermo volentieri sopra un articolo apparso su Kobo News (d’accordo, non un punto di vista esattamente imparziale sull’argomento) a firma di Enrico Pitzianti, perché si pone in modo un po’ diverso rispetto alla vulgata corrente, sul fatto che la lettura su carta sia per molti aspetti, migliore o più “appagante” rispetto a quella che si può fare sui dispositivi digitali, come un lettore ebook.
E’ pur vero che in un certo senso, anche su questo blog, si è aperta qualche concessione alla specifica modalità della lettura su carta, cosa che non si intende ritrattare adesso.
Leggere in digitale apre un mondo nuovo, ma non così sconfinato come sembra…
L’articolo è interessante perché si muove nell’ambito del pensiero complesso, che tiene conto della potenziale diversità dei fattori in gioco, della loro irriducibile variabilità. Ovvero, dire che un libro cartaceo “è meglio” semplicemente, è una semplificazione ormai inaccettabile. Dovremmo piuttosto dire che va visto, caso per caso.
Un buon libro di solito viene con una copertina interessante, un titolo non banale, un packaging non troppo sciatto, ci fa presagire che ci sia qualcosa che vogliamo leggere, che ci interessa o ci serve sapere. Eppure i controesempi non si contano..
Il problema è tutto nel rapporto tra il contenitore ed il contenuto, e nel capire in che misura esiste e si sviluppa questo rapporto, in che percentuale questa fitta trama di scambio influenzi la fruizione del libro stesso. Abbiamo svincolato queste due entità, d’accordo: ma dobbiamo ancora abituarci alla faccenda. Ed è comprensibile, perché per secoli e secoli, il libro è stato definito, pensato, sognato, amato, nella sua (apparentemente) inscindibile unità di contenitore e contenuto, per l’appunto.
La faccenda è sempre quella, volendo. E’ che noi rimaniamo abbastanza indietro alle nostre stesse innovazioni. Ideiamo delle cose nuove, è vero. Ma poi fatichiamo per assimilarle, per renderle davvero nostre, davvero parte integrante del nostro vivere. Ci vuole tempo per assimilare davvero un cambio di paradigma, e non appena, subirlo.
Una cosa che a mio avviso rischia di essere fraintesa, invece è la considerazione riguardo la varietà dell’offerta digitale,
sul digitale ci sono milioni di libri, spesso rarissimi o del tutto introvabili..
Purtroppo questo è vero appena in parte. Di fatto, moltissimi bei libri, ormai introvabili su carta, non sono mai stati trasportati in digitale, semplicemente perché nessuno ne ha mai rintracciato la convenienza. Sarebbe veramente bello disporre della maggior parte dei titoli mai prodotti e diffusi, nel formato elettronico, ma semplicemente questo non è.
E probabilmente, non sarà mai.
Questo è davvero un mio cruccio. Mi piacerebbe poter archiviare in digitale (e riprendere dunque in ogni momento) libri che ho incontrato nella mia vita e mi hanno dato qualcosa, o più di qualcosa. Magari in quel momento, per quel me stesso che ero, mi parlavano in modo particolare. Sicuramente libri con i quali ho intessuto un rapporto denso, saporito, pieno. Chessò, un romanzo tipo La cosa buffa di Giuseppe Berto (uscito nel 1967), oppure un saggio tipo Perché la vita è meravigliosa di Giovanni Martinetti (dato alle stampe nel 1978), tanto per dirne un paio tra i primi che mi vengono alla mente.
Ora, a parte che – come una veloce indagine può testimoniare – questi due testi sono difficilmente reperibili anche come libri nuovi, non risultano assolutamente disponibili in alcuna versione digitale. Semplicemente, non sono, per quanto riguarda l’editoria elettronica. E siccome sono passati molti, molti anni dalla loro pubblicazione, è lecito temere che se non sono stati trasferiti in digitale finora, probabilmente non lo saranno mai.
Questo introduce, in effetti, una seria preoccupazione di perdita di patrimonio conoscitivo. Sono testi (questi sono appena un esempio, ovviamente, potete fare varie prove con i libri per voi più fidati) fuori dall’ambito della archiviazione di conoscenza per riversamento in digitale. Temo questo, che man mano che l’abitudine a preservare i libri cartacei verrà vista sempre più come desueta, la probabilità di perdita di informazione secca, sarà destinata ad aumentare.
Quindi, tornando a noi: è vero che ci sono moltissimi libri in digitale, milioni addirittura. Ma è altrettanto vero che tantissimi libri di valore aspettano, a volte con assai poca speranza, di rientrare in vita con l’immissione nel circuito digitale.
Questo, non può essere lasciato solo alla libera iniziativa degli editori, che (giustamente) puntano al profitto. Questa operazione di conservazione e valorizzazione, dovrebbe fare parte di una opera di passaggio al ditigale effettuata senza scopo di lucro e supervisionata da persone di cultura, con lo scopo unico (e lodevolissimo) di preservare il sapere. Esistono, certo, strumenti come Google Libri, ma c’è da chiedersi se possono (per vari vincoli di diritti o per altro) veramente essere la via per colmare queste lacune.
La possibile risposta, ma c’è tanta varietà sui digitale, scegli qualcos’altro ultimamente non regge: e questo, proprio per quello che dice l’articolo, in chiusura,
ciò che conta non è leggere, ma cosa si legge.
Preservare la possibilità, per tutti, di dire voglio leggere esattamente quel libro (perché nel mio percorso ora mi serve questo, per studio, per mille altre ragioni), vuol dire preservare una grande libertà, per tutti.
Al di là delle valutazioni sulla differenza di stili di lettura, il digitale forse – come sua intima, anche se negletta vocazione – è chiamato proprio a questo.
Sono un po’ esitante, perché in un certo senso già capisco che questo post si muove un po’ in senso contrario a quanto abbiamo più volte scritto su queste colonne (improprio, ma mi piace scrivere su queste colonne..), in diverse occasioni, in merito al raffronto tra lettura su carta e lettura digitale.
Perché nonostante tutto, io rimango un grande fautore della lettura digitale. E’ qualcosa di bellissimo mettere nello zainetto un Kindle e con questo semplice gesto, portarsi appresso una buona frazione della propria biblioteca di casa. Centinaia di libri, tutti a disposizione. Dove puoi peraltro cercare come non hai mai osato fare (tipo, una specifica parola in tutti i tuoi libri… sfido a farlo con il cartaceo, sarebbe un lavoro enorme anche per una squadra di persone). E poi…
No, ma ritorno al tema. Qui voglio dirlo, ammettere una certa peculiarità del libro di carta. Quello che compri in libreria e sfogli, per capirci.
Non è che mi sono riconvertito al cartaceo così, per approfondita riflessione. Non è così.
Soltanto, che oggi mi trovato al centro di Roma, per alcune incombenze, svolte le quali mi sono concesso una passeggiatina (avevo con me l’ombrello, dunque non sarebbe piovuto), fino alla Galleria Colonna (ora, Galleria Alberto Sordi). Lì sono stato attratto da Feltrinelli, come una mosca dal miele (non c’è verso). Vabbè che da quando ho il Kindle, uso la libreria solo come un elenco di suggerimenti… Comunque entro, gironzolo un po’, respirando l’aria dei libri, che è sempre buona. Arrivo al terzo piano, in realtà cercando più la caffetteria che altro, ma mi imbatto in una piccola sezione di libri riguardanti la musica.
Questa non si può trascurare.
Dopo un po’ – trovo tanti bei libri che regolarmente scarto perché costano troppo per le mie tasche – proprio quando stavo cercando un libricino (non troppo costoso) da portarmi via, magari trascinarlo in caffetteria e farci colazione insieme, trovo questo: un libricino (non troppo costoso) da portare via, da farci colazione e magari portarlo anche a casa. Ovvero, abbastanza quello che stavo cercando.
A questo punto, faccio una verifica sul cellulare, sperando che non ci sia su Amazon. Invece c’è. Allora, in seconda battuta, spero che non ci sia per Kindle, eccheccavolo, quando ne voglio uno (anche famoso) non c’è mai, questo invece chi lo conosce (senza offesa) e invece …
Invece c’è. Maledizione. E risparmierei, non molto devo dire, comunque lo farei.
Delusione. A questo punto la procedura di lavoro è delineata: dovrei lasciarlo lì, uscire dalla libreria (con o senza stop nella caffetteria) e poi comprarmelo per il Kindle mentre torno a casa, tramite lo smartphone. Tornando insomma a mani vuote, almeno nel senso più fisico della questione.
Però, però vediamo… (occhio, qui inizia la parlamentazione interna)… magari lo posso almeno portare con me a far colazione, poi si vedrà… Lo posso sempre rimettere a posto, dopo. Chi mi dice nulla?
Esatto, questo si può fare, non è una violazione di nessuna mia regola interiore, non è scorretto, Marco daje, prendi ‘sto libro dallo scaffale, deciditi. Prima di notte, insomma.
Lo prendo, allora? OK,lo prendo.
Arrivo alla caffetteria, che poi è proprio lì dietro, stesso piano, pochi metri distante dalla sezione musica. Ordino cappuccino e brioche e mi siedo, in compagnia del libro. Almeno questo tempo lo passiamo insieme tu ed io (gli dico, lui peraltro rimane abbastanza muto, pur essendo un libro di argomento musicale).
Beatles e cappuccino. Un connubio di grande impatto psichedelico.
Iniziamo a fare conoscenza, allora. E devo dire che qui il mio convincimento digitale inizia ad andare in crisi. Per le informazioni che arrivano con questo libro cartaceo, essenzialmente. Che non mi arrivano con la versione Kindle. Ma non intendo qui il solito profumo della carta (che poi tutto ‘sto profumo non mi pare che ce l’abbia). Intendo cosa più banali, terra terra.
La grandezza del libro, intanto. Il suo peso. Il grado di rigidità della copertina in cartoncino. Lo spessore delle pagine. E poi, sfogliando, la scelta del carattere tipografico (abbastanza grande che riesco a leggere senza occhiali, bene). Il tipo di carta, la sua specifica porosità. Poi qui di sono i disegni. Ecco, come sono intersecati allo scritto, in che pagine, che impressione globale mi danno.
Sul Kindle tutto è ottimizzato, sapientemente ottimizzato: ma è sempre quello. Il tipo di carattere, la dimensione del libro, il peso ovviamente, insomma un libro è sempre uguale all’altro tranne che per quel che c’è scritto. Qui un libro vero è già diverso dall’altro a prescindere da quel che c’è scritto.
Il punto interessante (per cui vi ho portato fin qui), è che quel che c’è scritto si imbeve del contesto, e ne riceve un profumo e una consistenza particolari. Quel che c’è scritto si contamina con il suo contenitore, e si realizza una unione particolare, non riproducibile in modo digitale. Una cosa non del tutto logica, leggermente psichedelica, per restare in tema Beatles.
Prendiamo una frase più o meno a caso. Ecco, prendiamo da pagina 18.
Da tutto il mondo ci si sarebbe recati tra i palazzi e le strane nebbiose della capitale inglese e a respirare la nuova aria che cominciava a circolare e ad avvolgere la vita delle nuove generazioni, influenzandone il modo di vivere, il modo di pensare, i rapporti sociali, le relazioni interpersonali, insomma ridefinendo un intero stile di vita.
Ora, che io lo leggo sul libro, alla pagina che sta a sinistra, dove devo esercitare pressione perché il libro ancora abbastanza nuovo, non si richiuda, che lo leggo con questi caratteri tipografici, che intanto avverto l peso della parte destra che è ancora preponderante, il che a sua volta mi dice che ho appena iniziato (lo dice in modo analogico, ma lo dice), e me lo dice insieme allo sforzo moderato ma percepibile del pollice della mano sinistra, almeno fino a che non mi decido e come facevo un tempo “convinco” il libro (che ancora nutre indecisi rimpianti per il suo stato di previa verginità non essendosi ancora mai relazionato con un vero fruitore) ad essere letto e a non richiudersi subito, passando energicamente la mano sul libro tenuto aperto, lungo la sua costola…
Insomma, tutte queste metainformazioni mi arrivano allo stesso momento dei concetti della frase, e formano un tutt’uno alla mia percezione. Io leggo da tutto il mondo… e mentre penso ai Beatles questo concetto si arricchisce del colore leggermente giallino della carta, dei rapporti di peso che sento sulla mano, del contatto con questo oggetto. E questo influenza il mio modo di sentire, per parafrasare il brano citato, lo fa indubbiamente.
Ma tutto questo è avvenuto dopo, dopo aver superato lo scoglio, aver rischiato su questa domanda: lo compro o non lo compro, questo libro?
C’è voluta una scusa, per zittire il mio Catilina interno molto occupato a dirmi guarda Marco, guarda che la versione Kindle ti costa di meno… resisti alla tentazione di non uscire a mani vuote, non ti fare abbindolare… insomma ragiona, che ti costa rimettere questo libro sullo scaffale? Fai la cosa furba, falla…
Non sapevo cosa rispondere. Alla fine mi è arrivata un’idea, forse non robustissima, ma è stata sufficiente. E le figure, i disegni, gentile signor censore? Lei ha ragione in generale, ma … sappiamo tutti che i libri con figure rendono meglio su carta… Non mi soffermo sulla robustezza di tale considerazione. Dirò solo, che grazie a quella sono riuscito.
E stavolta, credo stavolta la cosa furba l’ho fatta, ma non quella che pensa lui.
Sono uscito, con il mio libro del Beatles, ancora in mano.
Un po’ come ai vecchi tempi, un po’ come allora.
I Beatles, secondo me, sono d’accordo: e questo già chiude ogni questione.
Sono sempre meravigliato quando cose di tempi ed ambienti diversi si incontrano così bene. Come nuove cose e nuove possibilità rendono presente una cosa antica. Una cosa non fatta per questo ma che trova inaspettato segmento espressivo in questa nuova possibilità.
Lo so, non ci avete capito niente. E avete ragione. Mi spiego con degli esempi. Tipo, ecco: l’algebra di Boole. Squisitamente teorica fino a quando non ci si è accorti che andava benissimo per i calcolatori. Anzi, era necessaria per i calcolatori. O tipo la poesia. Certa poesia. Come le poesie di Saffo. Frammenti brevi, istantanei. Antichissimi. Ma anche molto, molto moderni. Non so se vi capita di leggere Saffo e sentirla più moderna – poniamo – di un sonetto del Guinizzelli. Prendete Lo vostro bel saluto e ‘l gentil sguardo.
Intendiamoci, è molto bella. Ma ecco, facciamo un rapido (e certo non esaustivo) esperimento: accostiamo appena un verso del Guinizzelli
Per li occhi passa come fa lo trono, che fer’ per la finestra de la torre e ciò che dentro trova spezza e fende
dove parla della “potenza” dello sguardo dell’amata, con un frammento di Saffo, sempre dedicato allo sguardo
Rapita nello specchio dei tuoi occhi respiro il tuo respiro. E vivo ……
Non sempre assai più moderna la seconda? Asciutta e diretta – e anche meno attenta nello stemperare l’effetto nella intelaiatura formale. Ovvero, libera dalle forme, con un contenuto che ti arriva addosso subito, e capisci a botto quello che vuol dire. Antica e modernissima, in un certo senso.
Più moderna di Guinizzelli, oserei dire.
O di un Foscolo, un Carducci. Per capirci.
Insomma, è moderna perché – come ci è arrivata a noi – è frammentata, diretta, decisa. Breve. Non è formale. Ed è moderna perché si sposa benissimo con il modo moderno di (uso una brutta parola) consumare l’informazione. In altre parole, è moderna (anche) perché si trova perfettamente a suo agio su di un libro come su di uno schermo dell’iPhone.
L’ho scoperto soltanto da poco, da quando ho iniziato a leggere (e scrivere) su Wattpad. Che detto tra noi, mi sembra sempre più un modo efficace e moderno di scrivere per dispositivi mobili (certo anche per computer, ma è sui tablet o sugli smartphone che rende al meglio).
leggere #haiku su @wattpad è probabilmente una delle cose più intelligenti per cui portarsi appresso uno smartphone
Sì, è così: l’ho capito bene soltanto oggi. Leggendo una raccolta di Haiku su Wattpad, tramite l’iPhone, appunto. Portandomela appresso e approfittando dei tempi morti per tornare a leggerla.
Ora, apriamo una piccola parentesi. Non so voi, io pur nelle giornate più convulse, incontro sempre dei tempi morti. Ovvero, dei momenti in cui sei un un posto A aspettando l’evento B (un incontro, l’apertura di un negozio, l’orario di una visita). Certo, puoi consultare Facebook. Spedire foto di appetitose pietanze su Instagram. Ma dopo un po’ rimane un senso di stanchezza, di tedio, perché rimani sempre su uno strato orizzontale. Non vai nel profondo. Come puoi fare con la letteratura, o la poesia.
L’arte affonda in verticale, è un balsamo. Deframmenta il tuo hard disk celebrale. Unisce. Guarisce.
Ormai si può leggere ovunque, in ogni momento…
Certo che nelle piccole pause di solito non apri Guerra e Pace oppure Il dottor Zivago, di solito (sopratutto su uno smartphone con schermo da quattro pollici): capace che prima che ritrovi il punto in cui stavi, l’attesa è finita. Poi comunque devi caricare in memoria una situazione, un antecedente, ricordarti cosa stava succedendo. Ma un haiku, o un frammento di poesia di Saffo, non ne hanno bisogno. Quelli in un istante ti possono dare accesso ad una dimensione verticale. Che ti radica più sul terreno, cioè in quello che fai.
In un certo senso la compattezza, la brevità, sono favorite dai nuovi media: ormai ragioniamo per serie di tweet. Però questo non vuol dire necessariamente rinunciare alla profondità. Sopratutto non vuol dire sempre consegnarsi inermi al processo continuo di frammentazione e centrifugazione informativa a cui siamo sottoposti.
Perché l’arte trova sempre un modo per raggiungerci. Anche forme antichissime d’arte: che inaspettatamente, si possono trovare a loro agio con la tecnologia più moderna.
E così l’ultimo, decisivo passo, è di nuovo a noi, alla nostra libertà. L’opzione di vivere distratti, o di trattarci bene, di avere cura di noi stessi. Anche, di lavorare su noi stessi (con delicata attenzione e una punta di simpatia).
Non è a molto tempo fa che risale il mio primo incontro serio con Wattpad, ma si può ben dire che più lo uso e più me ne innamoro. E’ difficile definire esattamente quello che può essere. Intanto – vorrei partire da qui: una eccellente piattaforma per leggere ovunque, e leggere di tutto. Ci sono i grandi classici, tanto per iniziare: ci puoi trovare tanto Pride and Pregiudice di Jane Austen come Ulyssesdi James Joyce, in inglese. Ma non manca una buona collezione di classici, anche in italiano. Certo, proprio perché questi sono testi di dominio pubblico, non scarseggiano certo in rete le modalità con cui si possono scaricare (legalmente) e leggere. Epub, PDF, mobi, formato testo… tutto quello che volete.
Però tra tutte, la lettura attraverso Wattpad mi sembra particolarmente avvincente. Qualcosa che va studiato e compreso, come un nuovo modo di leggere nell’epoca della rete.
Mi spiego.
Quello che mi sembra faccia la differenza, non è tanto le lettura dal sito di Wattpad, attraverso il computer: sempre possibile, beninteso. Si possono ricercare libri interessanti, formarsi una propria libreria, ordinarli, condividerli, consultarli, commentarli. Ma l’interessa vero – a parer mio – scatta quando si fruisce Wattpad attraverso su un tablet o uno smartphone, per mezzo dell’applicazione gratuita (al presente sono supportati Android, iOS, Kindle Fire). Ecco: allora la lettura si trasforma, muta interiormente.
Leggere cessa di essere una occupazione solitaria, per diventare una operazione eminentemente sociale.
Eh sì, perché non solo il testo viene formattato per la lettura agevole sul dispositivo mobile (perfino sullo smartphone non è troppo male, devo dire: anche se non consiglierei la lettura di tutto un libro tramite l’iPhone, per dire), ma diventa possibile commentare puntualmentequello che si legge. Puntualmente, proprio: non soltanto a margine del capitolo (come si può fare anche da web), ma in ogni punto, semplicemente evidenziando una frase del testo e aggiungendo a margine le proprie riflessioni. Leggendo, poi, vengono segnalate a lato le frasi commentate, con anche il numero di interventi.
E’ evidente, che per un libro che abbia un buon numero di commenti, ciò apra a modalità di lettura assolutamente trasversali. Prendiamo un testo famoso come, appunto, Pride and Pregiudice. Anche per chi lo conosca bene, rileggerlo attraverso Wattpad assume una sua particolare interesse. Proprio in virtù delle sue caratteristiche, sui può leggere stando attenti ai commenti e seguendone (almeno) alcuni. Non tutti, certo, perché per un libro di quel genere sono decisamente parecchi: le statistiche sul sito riportano un numero di lettura superiore ai due milioni, un numero di apprezzamenti superiori a diecimila, e più di 2100 commenti (vedi figura).
La lettura di questi testi, conosciuti e straconosciuti, si arricchisce di una sapore social che ne rinnova l’interesse, insomma. In un certo senso, diventano di nuovo testi vivi, che attraverso i commenti e i like si modificano giorno per giorno sotto i nostri occhi. Vengono riportati nell’attualità, vivono il presente.
Insomma, il libro non è più una entità chiusa, ma si muta in qualcosa in perenne divenire, in continua trasformazione. Certo c’è un nucleo “duro” (il testo), ma attorno al quale l’attività è fervente, morbida, multiforme.
Iniziare il primo capitolo di Pride and Pregiudice seguendo i commenti che sono praticamente presenti quasi su ogni frase, è un’avventura che rischia di prendere molto, molto tempo. E non sarebbe esaustiva, perché nuovi commenti vengono sempre aggiunti: ora che guardo, l’ultimo commento in calce al testo (senza considerare quelli relativi a singole frasi) risale ad appena 18 ore fa.
Il libro così appare come un centro di discussione, una sorta di piazza virtuale dove un dato lavoro viene letto e commentato. Tornandoci, ogni volta si possono trovare nuovi spunti, si può intrecciare la propria opinione con una di quelle dei lettori precedenti. Insomma il testo è tutto tranne che morto.
Dunque già per un affamato lettore, Wattpad offre motivi di sicuro interesse.
C’è poi l’altra parte, quella dedicata a chi vuole intervenire più attivamente: a chi vuole scrivere. Infatti il bello è questo: che tutte queste prerogative sono a disposizione di tutti, di chiunque voglia scrivere. E per dire la verità, è proprio questa parte che ho scoperto per prima, e che mi ha interessato di più. Riversare contenuti su Wattpad (profilo mcastel) è stata poi, appena la logica conseguenza.
Ma di questo parleremo in un prossimo post. Intanto potete trovarvi qualcosa da leggere, tra autori vecchi e nuovi, tra grandi classici illustri sconosciuti (ma magari più bravi dei primi), non rimarrete senz’altro a bocca asciutta!
C’è voluto il passaggio al digitale, in un certo senso. C’è voluto – come spesso accade – il transitare in un altro territorio, per tornare arricchito di una consapevolezza diversa. Che poi, uno nemmeno si rende conto che sia davvero una nuova consapevolezza, o chissà che altro. C’è che una cosa a cui eri abituato, improvvisamente ti sta stretta.
C’è voluto questo, per me. L’abituarsi alla lettura di ebooks ha comportato un diverso modo di avvicinare il testo. Sì perché il mezzo non è irrilevante, quello che fruisci è tutto un misto tra quello che è davvero scritto e i modo con cui ti arriva. E’ così tutto intimamente legato e non riesci a separare, a dividere i vari fattori. Grazie al cielo.
Nello specifico, la lettura in digitale mi ha riabituato – senza che lo mettessi a programma – ad un certo lavoro sul testo (quello che dirà è vero principalmente per i saggi, ma non ne sono completamente esclusi nemmeno i romanzi). Il fatto tecnico assai banale, se vogliamo, per il quale si può agevolmente evidenziare un passaggio – senza di fatto alterare o rovinare il libro – mi ha riportato inevitabilmente all’attitudine di leggere sottolineando i brani più importanti, le frasi che più mi colpiscono: insomma, quelle che vorrei ricordare, o perlomeno alle quali vorrei poter tornare, per digerirle meglio.
Il libro digitale ha un grosso limite, comunque, allo stato attuale. E il grosso limite è che non vi si trova tutto: molti libri sono ancora, e forse lo saranno sempre, disponibili esclusivamente in formato cartaceo. Quello glorioso, quello di sempre (la carta, la sua consistenza, il suo profumo.. etc etc..). Non è come per la musica digitale, lì più o meno se cerchi bene, trovi l’emmepitre praticamente di tutto. Qui no. Diversi saggi ed anche romanzi, o libri di poesia – anche di recente pubblicazione – vivono allegramente (e misteriosamente) soltanto nel formato cartaceo.
Allora, ecco. Se mi trovo a leggere un saggio pubblicato su un libro di carta , ora sento che mi manca qualcosa. Mi manca la possibilità, appunto, di sottolineare. Per chiarire, va detto che io aderivo, fino a poco tempo fa, a quella disgraziata corrente di pensiero per la quale il libro non può essere alterato in alcun modo (facevo eccezione per la firma e la data di acquisizione nella prima pagina, come avevo visto fare da mio nonno materno). Ovvero, a parte un libro di testo, non reputavo ragionevole sottolineare un libro che leggo per interesse.
E infatti comprendo che il motivo è tutto lì. E’ lì il fraintendimento.
Perché in fin dei conti dietro il fatto che il libro debba rimanere intonso il più possibile, c’è l’idea che tu ci debba passar sopra in modalità leggera e non invasiva, come a volo d’uccello, immergendoti in modo elegante e discreto in quello che ha da dire, per poi salutarlo lasciandolo il più possibile senza traccia del tuo passaggio.
Eh no, invece no. La cosa non funziona così.
Il rapporto con un libro è un rapporto carnale, un rapporto in cui i due partecipanti si modificano, si compenetrano, si sporcano l’uno dell’altro. Non si può far finta che non sia mai avvenuto (io? Quel libro? no, no mica l’ho mai toccato… non è come pensi, posso spiegarti tutto…). Perché le idee non le sorvoli elegantemente. No, con le idee ti devi misurare, ci devi lottare, devi permettere che ti saltino addosso, devi respingerle o accoglierle, resistere e poi cedere, oppure cedere subito e poi cambiare idea.
Così diceva Giorgio Gaber, in una della sue intuizioni più folgoranti, Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione. L’idea va ruminata, andrebbe fatta propria, perfino mangiata, se possibile.
Così anche mi conferma una frase di un poeta, Davide Rondoni, quando nell’Avvertenza che prelude al bel libro (cartaceo, soltanto) sulle poesie di Ada Negri, Mia giovinezza, mette in guardia, Si legge per crescere in umanità. Leggere fa parte del lavoro.
Così maturo il distacco dalla scuola il libro non si tocca con un senso di sollievo, finalmente. Perché c’è anche la concezione che leggere sia un passatempo, una cosa per riempire i vuoti. No, non sono d’accordo. Leggere è qualcosa che arricchisce, è proprio un lavoro. E questo vale anche per molta letteratura leggera, secondo me. Puoi imparare molto, da come sono messi in fila aggettivi, avverbi, dalla lunghezza delle frasi, dalle situazioni. Leggere accende sempre la mente. Io sospetto che un si impari di più, per dire, da un brutto libro – ma uno scritto proprio male, vorrei dire – che da uno spettacolo televisivo di qualità media (eccezioni ve ne sono e ve ne saranno sempre, ma in media mi sembra sia così).
Beh, tutto questo per dire che ad un certo punto di questa evoluzione (o involuzione, a seconda di come la pensiate) ho guardato con occhi diversi quell’evidenziatore giallo: quello che era qui appoggiato sul comodino, a non far nulla.
Ecco (i puristi smettano di leggere) … l’ho preso, ho preso il saggio che stavo leggendo (Dennis Gira, La scelta che non esclude. Buddismo o cristianesimo), e ho iniziato a sottolineare. Prima con un senso di disagio, come mi guardassi nell’atto di compiere una marachella. Poi con un vero senso di liberazione. Finalmente.
E poi ancora, emozionato dalla mia trasgressione, invece di smettere e pentirmi, ho continuato. Le altre vittime sono state, per ora, Imparare ad amare, di Marco Guzzi, e lo stesso libro delle poesie di Ada Negri (limitatamente alla parte di Rondoni).
Niente va perduto, niente è sprecato. Leggere fa parte del lavoro (e anche l’evidenziatore giallo ne fa parte, aggiungo di mio). Che bello che sia così. Che bello che il libro sappia di me, dopo che l’ho incontrato. Vuol dire che se qualcuno viene dopo di me a leggerlo, sarà non appena un lettore, ma un testimone di un passato incontro d’amore.
Confesso che ci ho provato. Ci ho provato assolutamente, a farmi piacere iOS7 e il suo design… minimalista.
Allora, c’è una cosa, indubbiamente positiva. C’è il fatto che iOS7 ha introdotto una serie di funzionalità effettivamente molto interessanti. Diciamo pure che – accanto a delle peculiarità intriganti che tutti conosciamo e ci hanno portato a questo sistema operativo mobile – vi erano peraltro delle mancanze abbastanza gigantesche nella versione precedente di iOS. Tanto per dirne una, non ci dimentichiamo che per spegnere il wireless quando uscivi di casa, dovevi compiere una serie di operazioni piuttosto seccanti: entrare nelle impostazioni, trovare il settore del wireless, arrivare all’interruttore on/off. Insomma, facevi prima a dimenticarti di farlo e accettare di consumare un poco più di batteria (e anche di farti chiedere ad ogni incrocio di strada se volevi entrare nelle reti wireless che il telefono rilevava, peccato non avessi la password).
A parte questo. Volevo soltanto dire che ci ho provato. Ecco, prendiamo le nuove icone, dal disegno semplice semplice, essenziale. Sembrano disegni per bambini mi ha detto una collega. Eh sì, certo, pensavo. Bisogna capire il cambio di prospettiva, bisogna prendere tempo per abituarsi. Anche l’essenzialità è bella, dopotutto. D’accordo, bisogna abituarsi. Il punto è tutto lì. Pensavo.
Infatti fino ad oggi ho fatto questo, ho cercato di abituarmi. E pensavo abbastanza di esserci riuscito. Di essermi convinto autonomamente a pensare che dopotutto il design di iOS7 è bello. E’ un passo avanti. E’ moderno.
Balle.
Eh sì, perché questo non dovevano farmelo. Questa no, proprio no. Questo rompe ogni tregua.
Passi che il blocco note da quel meraviglioso oggettivo fatto a somiglianza di un vero blocchetto di appunti, si era trasformato in un semplicissimo spazio bianco (che ci vuole a realizzarlo così? qual è il passo avanti estetico o funzionale? Spiegatemelo…). Va beh, passi. Passi anche la trasformazione del calendario. Anzi, quasi quasi si consulta meglio, così semplice. Passi anche la trasformazione dei promemoria (dopotutto c’è la necessità di uno stile coerente tra le varie app, bla bla…).
Come è Aldiko per Android …. almeno questo ha gli scaffali …
Poi tutte le varie applicazioni, anche di terze parti, che si aggiornano in poco tempo tutte in puro “stile iOS7”. Ok, non so se mi piace, ma comunque definisce uno standard, una linea, un segno dei tempi. C’è una omogeneità che ha i suoi lati positivi, segna un cambiamento, definisce e contraddistingue (nel suo piccolo) la nostra particolare era telematica.
Non me ne ero accorto, non lo sospettavo (ma avrei dovuto). Ma me ne sarei comunque accorto presto, molto presto. Ieri pomeriggio, per ristorarmi dopo un ritorno a casa nel quale non ero proprio di ottimo umore (capita, e il traffico non aiuta di certo), apro iBooks sul mio iPad 2… e rimango basito. Non ci sono più gli scaffali in finto legno, c’è un asettico sfondo chiaro. Poi apro un libro, e non trovo più l’elegante presentazione a cui ero tanto abituato. Tutto sparato piatto sullo schermo. Eh, forse ho sbagliato applicazione. Ho aperto magari Kindle per iOS, vedrai. Bello, certo: ma dal design più essenziale, meno elaborato. Beh, può succedere.
Allarme. Mi viene il sospetto che sia successo qualcosa, in mia assenza. Certo ora le app si aggiornano da sole, dunque… Vado a vedere: sì è stato aggiornato da poco, in effetti.
E sono davanti alla cruda realtà.
Quello che fino a ieri aveva costruito quella bellissima metafora visiva della vera libreria, con tanto di scaffali di legno in cui erano appoggiati i volumi. Una delizia, una autentica delizia per gli occhi. Ti faceva venire già voglia di leggere. Al confronto anche l’ottima applicazione Kindle svaporava, svaporava letteralmente.
Come eravamo (iPad) … Quella ombreggiatura centrale, che ricordava tanto la piega delle pagine….
Tanto che spesso la tentazione di comprare un libro sullo store di Apple invece che su quello di Amazon, oltre per la comodità di non dover uscire dall’app per fare l’acquisto, era anche basata sul godimento dell’interfaccia grafica.
Come siamo diventati…
Ora non più. Cara Apple, ti dico che ora ho molti meno motivi nel fare acquisti sul tuo store (non so se ti importa, ma io te lo dico lo stesso).
Poi, fatemi dire, quale progresso c’è nel togliere opzioni? Praticamente è scomparsa l’opzione libro in favore di quella schermo pieno. Prima potevi scegliere, ora non lo puoi più fare. E a me – si sarà capito – l’impaginazione libro piaceva davvero molto, con la righini in mezzo alle pagine, le ombreggiature appropriate. Avevi proprio l’impressione di essere davanti ad un libro reale, in un certo senso. Cosa che nessun Kindle o analogo poteva darti.
Per me la gloriosa interfaccia di iBooks è stata una delle più belle sorprese seguite all’acquisto dell’iPad, a suo tempo. Non c’era niente di così delizioso nell’offerta in app della controparte Android. Peccato che a volte – viene da pensare – le cose belle non durano. Sembrerà esagerato, ma mi sento quasi quasi di affermare che ho un motivo di meno per rimanere con iOS.
Non sono sempre d’accordo con De André (comunque geniale, comunque un maestro) ma questa stavolta ci sta bene…. E come tutte le più belle cose / vivesti solo un giorno / come le rose. (La canzone di Marinella)
Stamattina ricevo una telefonata (a volte, capita). Una collega di un istituto qui vicino. Ma no, non è per questioni di ASDC che ti chiamo. Mi dice. Volevo qualche informazione riguardo l’acquisto di un ebook, G. mi ha detto che potevo rivolgermi a te…
Accipicchia, sembra che sia ritenuto un esperto! In realtà non ne so tanto, però la conversazione che ne scaturisce mi fa venire voglia di scrivere due righe. E quale posto migliore di SegnaleRumore, per questo?
Tanto più che a mio avviso la situazione ebook per il nostro paese è cambiata radicalmente da pochissimi giorni, con l’arrivo dei libri digitali in lingua italiana sul negozio online di Amazon. Già sedicimila libri, secondo quanto riporta il banner su Amazon.it, sono disponibili per l’acquisto immediato, e verosimilmente altri se ne aggiungeranno presto. Accanto al fatto che è disponibile ad un prezzo molto interessante il nuovo Kindle Touch (sotto i cento euro), direi che la cosa è ancor più interessante. Anche per chi è inguaribilmente affezionato ai libri di carta, la prospettiva di cominciare ad entrare nel mondo del libro digitale può essere considerata allettante, viste le condizioni.
Ma che fare? Che lettore comprare? Questo mi chiedeva in pratica la collega, stamattina.
Prima di rispondere vi voglio un pò raccontare… La mia storia con gli ebook comincia molti mesi fa, proprio con un Kindle. Mi interessava la sterminata disponibilità di libri in lingua inglese, pensavo anche che poteva essere comodo per familiarizzarmi con la lingua. Successivamente il Kindle è passato ad uno dei miei figli, e sono passato al Leggo di IBS. Mi sembrava interessante come caratteristiche e con la possibilità comunque di accedere ad un catalogo di libri italiani sufficientemente ampio (anche se lacunoso in più parti). Successivamente però al Leggo è stato affiancato un altro Kindle. Non è facile stare lontani dalla device di Amazon: per la sua qualità di lettura, e soprattutto per l’ecosistema che gli è stato costruito intorno.
Che ne dite, non leggeremo più così… tra un pò di anni?
Certo, Amazon ha un sistema chiuso. Un libro preso da Amazon non lo leggi su altri lettori. E questo certamente dispiace. Però c’è il rovescio della medaglia, ed è un rovescio “di peso”. Un libro preso da Amazon (ora anche italiano, appunto) lo leggi veramente dovunque. Qualsiasi cosa abbia uno schermo, anche piccolo, può leggere i libri che hai preso su Amazon. iPad, iPhone, tablet e smartphone Android, MacBook, PC Windows. Ognuno ha il suo programma per leggere i tuoi ebook, scaricabile gratuitamente da Amazon.
Manca un client linux, questo purtroppo è vero: una ricerca sullo store di Ubuntu per “Amazon” mi ritorna Flight of the Amazon Queen.. un gioco – anche gratuito – che sembra essere divertente.. “Imbarcati in un’avventura per salvare una principessa rapita e nel frattempo scopri le sinistre intenzioni di una società Lederhorsen situata un un luogo molto sospettoso” (Come fa un luogo poi ad essere sospettoso? Magari è più facile che sia soltanto sospetto…). Ma questo è un altro discorso…
Oltretutto, il whispersync è indubbiamente comodo. Leggi un pezzo di un libro con il Kindle, prosegui con lo smartphone, riprendi da un’altra parte con l’Ipad, e ogni volta ti trovi al punto giusto… tutto questo certamente vuol dire qualcosa. Oltre al fatto che hai a disposizione un sacco di gadget, intendo… 🙂
Ora che ho i libri in italiano per il Kindle il Leggo rischia di rimanere fermo sullo scaffale (penalizzato anche dalla necessità di un aggiornamento software tanto atteso e ancora non rilasciato, per abilitare finalmente funzioni importanti come l’annotazione del testo). Mi secca dirlo, ma per quanto chiuso, l’ecosistema di Amazon è davvero molto comodo.
Poi certo, ci sono tanti altri lettori in circolazione. Ogni lettore serio deve almeno leggere gli epub protetti con DRM di Adobe, che è lo standard fuori dal mondo Amazon, adottato da tutte le principali librerie online anche in Italia. Per il resto, bisogna chiaramente vagliare le caratteristiche del lettore, caso per caso (scheda di memoria, qualità dello schermo, collegamento wifi, etc).
Come orientarsi allora? Alla collega, ho dato un consiglio molto semplice. Partire dai libri. Che libri vuoi leggere? Li trovi sul negozio Amazon? O la maggior parte li trovi altrove? Ecco, io partirei da questo per selezionare il lettore. O almeno fare la prima scelta importante: Kindle o… non Kindle.
Tenendo presente, in caso di dubbio, che il prezzo attuale del Kindle Touchè davvero intrigante (il leggo l’ho pagato esattamente il doppio), e che è più che probabile che la libreria di Amazon italiano venga rimpolpata via via..
Disclaimer: no, seriamente, non prendo un euro da Amazon per questo post… …purtroppo… 🙁