Ma dove sono tutti i libri?

In ritardo di un quarto d’ora. Aspettiamo altri cinque minuti poi sicuro che arriva. Precissimo nel ritardo, ormai Giada lo sapeva bene. E meno male che sono tornata presto dall’università. Potevo prendermela comoda, rimanere un pò a parlare con Francesca. Farmi dire tutto sul suo fidanzato nuovo nuovo. Mica avevo capito che aveva una tresca con Marco; sono sempre l’ultima a capire queste cose, evidentemente.
Infatti eccoti che arriva Stefano. Bello fresco senza niente, nemmeno un’ombra di affanno, di fretta per il ritardo. Soprattutto, nemmeno uno zaino gonfio. Niente. Ma niente proprio.
“Bravo, bravo. Ti sei scordato tutto, come al solito” sbuffò Giada, veramente spazientita.
Insomma ci mancava pure questa. Affidabili, sono affidabili davvero, questi maschi eh.
“Ora come facciamo, hai detto che avevi almeno cinque libri sull’argomento. Come lo facciamo questo pezzo per il giornalino dell’università? Pensavo volessi aiutarmi, te l’ho spiegato, io di cose tecniche ne capisco poco. Avevi detto che mi avresti aiutato. Come faccio a parlare dei computer nelle discipline umanistiche se di computer non ne capisco niente?“
“Sì sì, è proprio così.”
“Ah l’avevi detto”
“Intendo, è così, di cose tecniche non ne capisci nulla…”
“Molto divertente. E allora?”, esclamò Giada con l’impazienza che le friggeva addosso. 
Il pezzo l’aveva promesso per la sera, e ora stava di fronte alla prospettiva non esaltante di affannarsi a mettere insieme qualcosa preso da Internet, così come capita. Il fatto che lei fosse brava a scrivere era stato percepito subito dai redattori del giornalino, dopo che aveva inviato il primo contributo, quasi per scherzo. Ora andava così, alla minima occasione le chiedevano di scrivere un pezzo. E va bene, per lei era un divertimento, dopotutto.

Stavolta però le serviva aiuto, le serviva la competenza di uno di quei maschi fissati con i computer. Insomma, le serviva Stefano.

“Beh ho portato tutto quello che sono riuscito a trovare”, disse Stefano, sempre sorridendo.
“Ahh lo vedi? Lo vedi? Sei il solito, il solito, lo dicevo io.”
Stefano continuava a sorridere. Il che lo rendeva piuttosto indisponente, secondo Giada. La quale si era già ampiamente pentita di averlo coinvolto.
“Infatti i libri erano sei” aggiunse, evidentemente divertito. “Di cui uno di più di mille pagine, sullo sviluppo dei primi computer e sul loro uso in ambito accademico. Mooolto interessante, se devo dire. “
Che faccia da schiaffi, pensè Giada. Continua a prendermi in giro alla grande. Dovrei menarlo, se non fossi una signora. Cioè una ragazza, però siamo lì.
“Va bene, mio caro. Vediamo adesso come te la cavi. Vediamo dove sono questi libri.”
“Ah beh…”
“Ok te li sei scordati, giusto?” disse Giada sbuffando.
“No, proprio scordati direi di no…” fece Stefano, affondando la mano nel suo piccolo zainetto. Più faceva il misterioso e più solleticava i recettori dell’insopportabilità, in Giada.
“Ah almeno uno l’hai portato.” Disse lei. “Magari il più piccolo, a giudicare dallo spessore del tuo zaino.
“No, li ho portati proprio TUTTI” fece Stefano. Sembrava si divertisse sempre di più.
A Giada dava i nervi quando si divertiva alle sue spalle. Temeva qualcosa, non sapeva cosa, ma temeva quello che sarebbe successo nei minuti successivi.
Infatti qualcosa successe, che a lei non garbava.
Stefano tirò fuori la mano, quello che aveva afferrato non era un libro, bensì una sorta di strano apparecchio piatto. Sembrava un computer, ma no, un attimo. Era più piccolo, decisamente più piccolo di un computer.
“E’ il mio nuovo lettore di ebook” disse Stefano gongolando. Chissà come mai gongolava.
“Ebook? Quella cosa dei libri che si leggono… insomma, quelli elettronici? E ora, mi dirai anche che…” disse Giada, sbiancando visibilmente in volto…
“Sì. Te lo dico, hai indovinato. Tutti i libri stanno qui dentro. Dentro questo cosino qui. Cioè, a dire il vero c’è anche dell’altro, ma non è tutta roba che vorresti leggere, credo”
“Lo sapevo. Lo temevo” disse a bassa voce Giada, sconsolatissima. Mentalmente, si preparò ad una lezione tecnologica di Stefano. L’ennesima. Sapeva che sarebbe arrivata, questione di secondi. Non c’era ormai niente da fare per evitarlo.
Infatti, arrivò.
“Giada, devi sapere intanto che qui dentro batte un kernel linux della serie 2.6, opportunamente modificato…”

(1. continua)

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Arriva GNOME versione tre…

Nel momento in cui scrivo, mancano ancora 5 ore e tre quarti. Sulla pagina appositamente creata del nuovo GNOME 3, spicca un bel conto alla rovescia (“Uno storico rilascio tra…“, mi sa che l’enfasi l’hanno appresa da quelli di Mac OS X, “il sistema operativo (sic) più evoluto del mondo“…).

Comunque, facezie a parte, il look di GNOME 3, “semplicemente bellissimo” stando al sito, motivi di interesse ne ha parecchi. Cosa piacevole, e non trascurabile, è che il sito di presentazione è completamente tradotto in italiano

Si capisce anche dalla presentazione stessa, è un desktop che nasce nell’epoca post web 2.0, dove, oltre alla garanzia di connettività secondo tutti i protocolli (messaggistica integrata, posta, etc), traspare la consapevolezza ormai diffusa del problema dell’ information overload, tanto che viene enfatizzata tra le caratteristiche principali quella di garantire “un computer senza distrazioni”.  Questo è solo un piccolo segnale, penso che si potrebbe fare una storia del web analizzando dove viene di volta in volta posta l’enfasi, l’accento, nella presentazione dei sistemi operativi e dei vari prodotti in qualche modo ad esso collegati.

Beh a me non dispiace, questo look… 😉

In ogni caso, l’aspetto è attraente. Il caratteristico minimalismo, la tipica essenzialità, sembrano essere rispettate (“la semplicità prima di tutto”, titola la pagina di presentazione). Si segua Mark su Unity o si abbracci GNOME 3 “as is”, o ancora ci si faccia intrigare dalle caratteristiche luccicanti di KDE (che oggi rilascia una release Congrats in simpatico omaggio a GNOME), l’ambiente desktop linux – oltre a tutte le indubbie qualità – è proprio una festa anche per gli occhi…

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Ubuntu 11.04 Beta

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Sarò romantico, ma il bello di Linux, per me, è anche questo.

Poter seguire un’idea che prende forma pian piano, una serie di ipotesi che lentamente si raggrumano, si condensano, in un insieme definito di scelte, di opzioni possibili.

La nuova release della distribuzione che comincia ad esistere. La posso seguire fin dall’inizio, provare tutte le alpha che voglio. Seguo la costruzione, volendo. Non devo rincorrere “rumors” di questa o quella ditta. Come un’officina che lavora con le porte aperte. Peggio o meglio? No, più interessante, direi.

Sono un pò timoroso e non installerò la beta in un ambiente “di produzione”, come si dice. Però nulla mi impedisce di giocarci un pò con Virtualbox, dopotutto. Che quasi quasi, inizio a scaricare…

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Sui diversi livelli di non esistenza…

“Questa pagina non esiste! Cioè, ovviamente esiste, ma non esiste quella che cercavi….”

La simpatica trovata di quei pazzarelli di Ubuntu mi ha fatto sorridere. Cercando la alpha release della 11.04 ho modificato un indirizzo e sono piombato su una “pagina non esistente”. Il server del sito di Ubuntu non fa una piega e anzi ti intrattiene con un simpatico giochino logico…

Ecco cosa succede se cercate, ad esempio, http://www.ubuntu.com/puffiblu

L’appetito vien mangiando… allora mi è venuta l’idea di vedere come si comporta il sito della Apple, digitando un indirizzo bizzarro, http://www.apple.com/puffiblu (tanto per non cambiare). Ecco cosa succede:

Il che è già più serioso, anche se quell’ Hmm sembra concedere qualcosa (qualcosina appena) alla giocosità. Molto meno che Ubuntu, comunque (ciò può piacere o non piacere, a seconda dei gusti e del senso dell’humor)

Va detto che la cosa è diligentemente mappata anche in italiano: così capita se si cerca http://www.apple.com/it/puffiblu:

Molto opportunamente, direi, Hmm viene reso in italiano con Mmm. Il tono serioso-formale-ufficioso (in senso, da ufficio) appena appena increspato dalla prima parola, rimane invariato.

Il tenue accenno di giocosità concesso dalla Apple, si perde totalmente quando si approda sul sito di Microsoft. Qui l’ufficiosità (ancora, nel senso di tono “da ufficio”) regna sovrana, nessuna concessione all’humor viene permessa, nemmeno un bit. In più, tanto per non perdere tempo, si viene spediti ad una ricerca su Bing, il motore della casa.

Ecco cosa succede cercando http://www.microsoft.com/muppets

Che dire? A me, tra le pagine non esistenti, continua a piacere di più quella di Ubuntu 😉

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Non si copia. Quasi mai.

Atmosfera densa, tesissima. Compito di matematica, quello decisivo del quadrimestre.
Silenzio da tagliare col coltello. Il professore che passeggia avanti e indietro per la classe. Quel passo odiosamente lento, misurato. Ti passa vicino e indugia un attimo. Come un segnale. Come per dire attento che se fai qualcosa di sbagliato ti becco subito. 

Il problema è questo. I due solidi iscritti uno dentro l’altro, Roberta non li capisce proprio. Ha fatto i disegni venti volte, e non viene proprio nulla. Appallottolato dieci fogli. Le equazioni non si mettono giù bene; vengono numeri astrusissimi. E se il disegno fosse sbagliato? Allora i segmenti AB e BC non sono quelli, forse la figura si semplifica. 
Sudore freddo lungo la schiena, un fastidio diffuso. Non si può toppare, stavolta. Se prendo un’insufficienza mamma e papà mi fanno saltare le vacanze con gli amici di quest’estate, me lo hanno detto mille volte. Se appena appena finisco ‘sto liceo, la matematica la mollo. Aveva ragione Venditti, “la matematica non sarà mai il mio mestiere”. A parte il fatto del pianoforte sulla spalla. Mai capita questa metafora. 

Roberta inizia a divagare con la testa. Il problema è intanto divenuto uno scoglio insormontabile. Buio completo. 

Onde spigolose di invidia per sorella si propagano nella mente. Lei non ha più questi problemi. Giada appena esco mi iscrivo anch’io a lettere, o filosofia o letterologia orientale o lingue astruse e antichissime, qualcosa che sia garantito esente da matematica. Hai presente quei cibi che dicono “Niente OGM”? Voglio un corso con un bollino garantito “niente matematica”. Oppure quei film dove dicono non è stato maltrattato alcun animale. Ecco voglio una facoltà dove ci sia scritto “Si assicura l’utenza che durante la definizione dei programmi dei corsi di laurea non è stata risolta alcuna equazione.” E’ quella che fa per me.
“Psss.. Roberta.. hai fatto…?”
E’ Gianni, davanti a destra. Tipo studioso, posizione relativa interessante. Interazione possibile.
“Gianni… Gianni ti prego, il problema. Passami la figura, dàaaai”, squittisce Roberta in due decibel appena.
“Non posso mi becca”, dice Gianni a mezza voce. Impietoso.
“Dàaaai ti prego. Non ti vede” implora Roberta.
Il professore è entrato in stand by e guarda fisso fuori dalla finestra.
O adesso o niente. Il fatto che è pure carina, cavolo.
“Ecco sbrigati”
Il foglio sta passando di mano. Un nanosecondo. Sufficiente per far accedere l’irreparabile.
“De Simoni lo dai a me quel foglio, perfavore?” tuona la voce del professore.

La temperatura dell’aula piomba a -40. Tutti guardano, con il fiato sospeso. Ogni cosa è gelata. Sembra di stare su Marte.

Incredibile, non era a guardare fisso fuori, un attimo fa? Ma come ha fatto?
“Ecco professore, ma non è mica niente..”
“No, no, figuriamoci. De Simoni poi ne riparliamo, non finisce qui.”
“Ma professore…” Gianni intona in andamento mellifluo cantilenante, senza peraltro saper come continuare. Roberta si aqquatta  sul banco, tutta rossa. Disastro totale. Dalla faccia del professore si direbbe che stia per partire. Infatti parte.
“Quante volte vi ho detto, non si copia! Mai!
Però linux si può copiare, me l’ha detto Giada che glielo ha detto Stefano pensa Roberta. La cosa però non le sembra una obiezione valida da presentare al professore.
“Che facciamo, magari i compiti a casa li copiate da Google, se continua così”
“Beh c’è chi forse già l’ha fatto, professore”. La classe si gira di scatto. La voce di Lorenzo, in fondo vicino alla finestra. Brandisce un foglio stampato.

Il professore resta sorpreso più della classe. Proprio Lorenzo, quello timido che non parla mai. “Ha presente Bing? L’hanno beccato anche lui a copiare da Google!“, si lancia Lorenzo con insolita enfasi.

Il professore guarda con l’aria perplessa. Sembra in stallo. Roberta non capisce cosa sta avvenendo. Nell’attimo di silenzio sospeso, fa in tempo a pensare una sequenza lapidaria di sei parole, Speriamo solo che me la cavo.

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Punto critico

“Allora”, mi fa il collega, “forse riusciamo ad ottenere dei fondi per il progetto”
“Bene” (il che è vero)
“Potremmo prenderci due mini Mac, con i quali sostituire anche i desktop. Che ne pensi?”
Eccoci, sono vicino al punto di non ritorno. Ecco il momento critico. Da qui non si torna indietro. Sostituire il desktop con Ubuntu e passare 100% a Mac OS (dopo aver “ceduto” sul MacBook) ? Devo decidere, e devo decidere adesso.

Se passo lo so, lo so che non tornerò indietro. Allora, mi abituo  ad un ambiente omogeneo, però disimparo pian piano a muovermi dentro Ubuntu. Mi scordo di aspettare le nuove versioni, di verificare i progressi, le alpha, le beta, i forum, i siti di linux.  Insomma, nel complesso, dovrei mollare un gran divertimento. Che faccio? Mac OS funziona bene, molto bene, per carità. Non tutto mi piace del desktop di Mac, però funziona bene. Indubbiamente.

Perché usare Ubuntu (Credits: www.ubuntu.com)
Però – insisto – che faccio? Invece di divertirmi a seguire i progressi di Ubuntu passo passo, mi metto a scavare tra i siti che propagano i “rumors” (che più non si può, essendo un sistema chiuso) di cosa stanno facendo gli sviluppatori a Cupertino
Mmmmm…  
No.
Per ora, no.
“Beh guarda, a me serve ancora Ubuntu per quel progetto sugli ammassi globulari (è abbastanza vero, mi è stato consigliato, NdA), tutto sommato il desktop va ancora bene. Se ci sono dei fondi, potrei avanzare la richiesta per un tablet (non per forza un iPad) ottimo per leggere documenti ovunque. Tanto dovrei spendere anche meno”
“Ah, come vuoi. Va bene, allora.”
Per ora è andata. Questa volta, ho resistito. 

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Giada e il virus di Windows (II)

Racconto a sfondo informatico. Seconda puntata (qui la prima).


Prima di tutto avvenne questa cosa magica. Stefano inserì il dischetto e fece ripartire il computer. Ma invece di non fare nulla, stavolta si accese. 

“Funziona!” esclamò Giada.
“Non come pensi tu”, la calmò subito Stefano.
Certe volte i maschi sono più misteriosi delle donne.
“Ma non è la schermata solita. Anche la musichetta è diversa”, notò Giada.
“Infatti. Siamo partiti con Ubuntu, vedi” disse Stefano. Vicino a Giada si trovava bene, notò che aveva un buon profumo. Delicato, appena percettibile. Concentrarsi su Ubuntu era meglio. Decisamente meglio.
“Ecco vedi, ora hai un sistema funzionante. Prova”, disse Stefano, contento dell’effetto che aveva sortito.
“MmmmMm. Ma non so come ci si muove qui. Cos’è questa barra sopra, per esempio?”

La faccenda sarebbe stata complessa, ma l’aveva messo in conto.
“Vedi, è solo che le cose sono organizzate in modo diverso. Ma quando hai capito la logica, vai tranquilla. Guarda.”
Aprì Firefox. Si collegò a facebook e le avvicinò il portatile.
“Sì funziona! Ma è lento lento però”
Obiezione prevista.
“Certo perché sta girando dal CD. Ogni programma ora lo carica da lì.”
“Ah, ecco. Lo dicevo io. E allora?”
“Allora te lo istallo, così diventa rapido. Va bene?”
“Sul mio computer?”
“E dove, sulla teiera?”
“Quella funziona, grazie.”
“Certo, perché mica ha Vista, quella.”
“Stupido”

Gli diede una piccola spinta sulla spalla, a rimarcare un moderato rimprovero. Le piaceva questa familiarità che non implicava necessariamente un coinvolgimento sentimentale. O lo implicava in maniera sfumata, di questo non era proprio sicura.
“Ma lo istalli e io perdo tutto?”
“No se hai abbastanza spazio. Aspetta…. sì dovrebbe andare”.
“Rischio qualcosa?”
“Direi poco. Certo ogni ripartizionamento ha un rischio.”
“Non ho capito cosa dici. Ma se perdi i miei dati ti meno”
“Tranquilla, tranquilla. Vatti a fare un tè, visto che la teiera funziona. Qui ci vorrà qualche minuto”, disse Stefano. 
“Non mi va il tè.”
“Però io lo prenderei volentieri, peraltro”, disse lui. 
Perché le donne a volte non capiscono? Eppure sono così svelte, di solito.
“Ok, ok. Ma non fare danni intanto.”
“Più di così. Va bene una partizione da 20 giga?”
“Cosa?”
“No, niente, lascia stare. Piuttosto, io il tè lo prendo con un velo di latte, grazie.”
Manco fossi la sua fidanzata, pensò. Nondimeno, avvertì un leggero piacere nell’assecondare la sua richiesta, come un senso di gratificazione per essersi presa cura di qualcuno.

Forse è che é un pò che non ho un ragazzo. Però forse non è nulla di questo, e sono solo contenta che mi sta sistemando il computer. Anche se poi bisogna vedere se riesco ad usare questo Buntu. Io sono abituata a Windows e voglio quello, chissene se a qualcuno non gli piace.

“Pronto il tè.”
“Pronto anche il computer”, si sentì una voce dal salotto.
Giada tornò con un vassoio con due tazze di tè, una brocchetta del latte e dei biscottini. Sempre meglio che pagare un tecnico, pensò.
“Allora ecco, questo è il desktop. Qui ho messo il link alla partizione di windows”
“Cioè?”
“Cioè, qui trovi le cartelle con le foto, video e musica”
“Ah ecco”
“Ottimo questo tè”
“E’ quello Early Grey, a me piace molto.”
“Come faccio a sentire un brano però?”
“Guarda qui, nelle Applicazioni trovi, sotto ‘Audio e video’ tutto quello che ti serve. Però giocaci un pò e cerca di familiarizzarti”
“Uhm”
“Che vuol dire uhm?”
“Ma mi tocca imparare cose diverse.. Sapevo fare tutto prima. Lanciavo iTunes e via”
“Beh qui lanci Rhytmbox e via. Se poi non ti piace ne scegli un altro, di programma per la musica.”
“Ce ne sono tanti di programmi da istallare?”
“Una marea. Li trovi qui al ‘Software Center’. Ora sono.. Aspetta.. 34595 programmi disponibili.”
“Cavoletti”
“Io avrei detto diversamente, ma cavoletti è più pulito, senza dubbio”. Stefano intanto aveva finito di sorseggiare il suo tè.
Quasi trentacinquemila programmi? Ma per fare cosa?
“C’è un programma che ti studia letteratura latina al posto mio? E’ una tale pizza…”
“Non credo. Non nella versione 10.10 almeno”
“Dieci che?”
“Intendo, non nella versione attuale di Ubuntu Forse nella 15.04, magari, se la tecnologia va avanti”
“Stai di nuovo facendo lo stupido per  caso?” chiese lei, con uno sguardo che voleva essere severo senza riuscirci.
“Soltanto un pò” ammise Stefano sorridendo.
Il sole al tramonto aveva già inondato il salotto di ampie striscie rossastre. L’ora più bella, per Giada.
“Ma se volessi.. Ehm..” 
“Ripristinare Windows?” 
“Sì esatto.”
“Ce l’hai un disco USB?”
“Quelli che si attaccano? No,  veramente no.”
“Allora aspetti che torno un’altra volta, te lo porto io. Salviamo tutta la tua roba e rimettiamo Windows. Ce l’hai ancora il disco immagine che ti ho fatto fare quando hai comprato il computer?”
“Credo di sì, sta nella scatola.”
“Allora siamo a posto, si può fare. Intanto goditi un pò Ubuntu…” Stefano fece come per andare via.
“Devi andare?”
“Beh avevo detto a Luisa che sarei passato da lei prima di cena”
Giada sentì qualcosa pungere dentro, giusto un attimo. Subito sorrise di nuovo.
“Giusto. Sei stato gentilissimo a venire qui. Grazie”
“Per me è sempre un piacere, non preoccuparti”
“Allora ci vediamo presto?”
“Divertiti con Ubuntu.”
“Tu divertiti con Luisa. Cioè, non volevo dire in quel senso. Se non siete maliziosi, voi maschi…”
“Sei troppo spassosa, Giada. Allora a presto. E guarda che hai messo appena il naso in un mondo incredibile, farai delle belle scoperte”
“Dici eh? Speriamo”
“Sicuro. Basta aver voglia di imparare.”
Dalla finestra vide il motorino di Stefano sfilare disciplinato lungo il viale. Bravo ragazzo. Era contenta per Luisa. Tornò a sedersi davanti al portatile, il quale, non sapendo cosa fare, si era intanto lanciato in un fantasioso screen saver pieno di colore.
Ora a noi due, Buntu….. Vediamo se fai quello che ti dico io, devi capire chi comanda. 
Tu sarai pure linux, o quello che ti pare, ma io sono una donna. Dunque si fa a modo mio, non ci sono altre possibilità.

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Giada e il virus di Windows

Racconto a puntate, a sfondo informatico


Due giorni fermi. Due giorni interi. Senza più facebook, twitter, il blog. Nulla di nulla. Tutto per colpa di questo maledettissimo virus che le aveva infestato il computer. Vai a pensare che per scaricare da Internet quel programma di ritocco foto, avrebbe tirato dentro il computer qualche schifezza. E glielo avevano pure consigliato… Avrà seguito un link sbagliato? Uffa però. Ora aveva il computer sdraiato e non sapeva cosa fare.


Cioè una cosa sì. L’unica. Perlomeno, l’unica gratis. Chiamare Stefano.


“Ciao Giada, come va?”
“Beh insomma, così così. Sai, mi si è piantato il computer..:”
“Da solo?”
“Sì. Cioè.. insomma… non proprio da solo. Ecco, è arrivato un virus, mi sa…”
“E’ arrivato tutto da solo?” Che noia Stefano, ora glielo doveva dire.
“OK mi arrendo, Stefano. Ho fatto il pasticcio io, probabilmente. Ho scaricato un programma e quando l’ho istallato… ho provato ad istallarlo.. lui ha fatto il resto.”
“Il resto?”
“Ma sì, ora è tutto bloccato, e non va da nessuna parte, tranne in siti.. poco raccomandabili. Mi compaiono delle finestrine di questi siti dappertutto.”
“Interessante. Quali siti?”
“Dai non fare il cretino. Insomma poi da quando l’ho fatto riavviare, non parte più.”
“Va sui siti porno… o non parte? Non capisco”
“Stefano insomma, il tecnico sei tu! Comunque ora non parte più, uffa.”, sbottò Giada. Si poteva pretendere che una ragazza al primo anno di Lettere alla Sapienza sapesse di computer? Insomma ad ognuno il suo mestiere, no? Sapesse fare Stefano, che studiava ingegneria.
“Ho capito.”
“Che hai capito?”
“Passo dopo… fammi finire di studiare un pò di analisi due. Verso le cinque potrei essere lì, va bene?”
“Ecco va benissimo.” Finalmente l’aveva capito. Insomma, quanto ci vuole ad una ragazza per far fare ad un ragazzo quello che lei vuole, nell’epoca moderna? Pensava fosse più facile.



Arrivò alle cinque e due minuti. Puntualissimi questi ingegneri.
Aprì lei, la mamma era a fare la spesa ed il papà non era ancora tornato.


“Ciao Giada, ti vedo bene”

“Ciao Stefano, grazie.” Stefano era simpatico. Non se se sarebbe innamorato, no. Anche perché stava con Luisa che era amica sua. Non si fa. Chissà, in un’altra situazione, però…
“Bello questo maglione, non te l’avevo mai visto”
Però allora mi guarda, eh. Vabbè pensiamo al computer.
“Guarda un pò qui. Fermo, bloccato. Un ferrovecchio”
“Che aveva sopra?” chiese Stefano guardando il laptop con occhio clinico.
“Ci sta Windows, no? Come tutti”
“No, non come tutti….” puntualizzò Stefano guardandola severamente. Ecco, ora ricominciava, attenzione…
“Ok ci sono quelli con la mela, i… Mac”, si era ricordata, ce l’aveva anche Benedetta, la ragazza del piano di sotto, quella con i capelli lunghi lunghi.
“E niente altro?” incalzò Stefano.
“Sì no, volevo dire, a parte te e qualche altro esaltato che usa quel ufunto, ebunto…”
“Ubuntu. Si dice, Ubuntu. Ed è linux”
“Sì ok, quello che ti pare. Però adesso me lo puoi rimettere a posto?”
“Quale Windows c’è qui?”
Uffa quanto scocci, sarai pure abbastanza carino, ma scocci….
“Windows.. Vista, quello lì”.
“Ahi ahi ahi.”
“Come ahi ahi”
“Eh, quello che ho detto. Ahi ahi ahi.”
“Non va bene?” chiese Giada presentendo la risposta.
“Non direi proprio. Allora meglio XP”
“Insomma non lo so, è quello che stava sul computer. Che ne so io”
“Sei carina quando ti arrabbi, te lo hanno detto?”
Giada arrossì appena, girò la faccia. Uffa ora perché sono così sensibile, cavoli.
“Smetti di fare lo stupido. Me lo sistemi o no?”
Intanto Stefano aveva già iniziato a fare prove, accendeva, spegneva, metteva dischetti, attaccava chiavette usb. Aveva portato uno zainetto pieno di roba.
“No.” disse alla fine.


“No?”, si stupì Giada. Non era la risposta che avrebbe dovuto dare.

“No, è troppo tosto questo virus. Dovrei riformattare e perderesti tutti i dati”
“Come perdere i dati?  Cavoli, tutte le foto, tutta la musica scaricata?”
“Scaricata… legalmente…?” si informò Stefano.
“Ma che sei la finanza? Me lo rimetti a posto o no?”


Però i riccioletti neri sono carini, pensò.

Ma non devo farmi accorgere di questi pensieri, pensò poi.
Luisa è la mia migliore amica, pensò infine. Almeno per quel momento, il caso era chiuso.


“Dovresti prima salvare tutti i dati.”

“Bravo. Ma come faccio se non posso accendere Windows?”
“Windows non si accende. Non è mica un computer” Ecco, ora ricominciava…
“Ok ok, d’accordo. Ma come faccio insomma?”
“Un sistema ci sarebbe. Basta non partire con Windows. Hai presente Ubuntu?”


Giada lo guardò fisso negli occhi. Cosa stava per capitare al suo computer?


(1. continua)

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