In pratica, è la derivazione del famoso modello, decisamente vincente, dello store per le applicazioni dei vari prodotti Apple, come iPod, iPhone etc. Ci ho girato un pochettino e devo dire che in breve tempo ho scoperto una serie di applicazioni e siti web decisamente interessanti. Il modello di negozio, infatti, suddiviso in categorie, con alcuni elementi “di spicco” posti in maggiore risalto, si presta assai bene a dare un ordine e una rintracciabilità nell’immenso e irregolare arcipelago del web. Un punto centralizzato fa decisamente comodo e aiuta a non perdersi.
Piuttosto, la cosa che all’inizio mi ha un pò disorientato (e ha provocato anche, a quanto pare, il risentimento di alcuni utenti) è il fatto che nello store non si riescono facilmente a distiguere le vere “applicazioni” da quelle che sembrano tali (o si pensa erroneamente che lo siano) e invece altro non sono che semplici link ai rispettivi siti web. Tuttavia è già stato fatto notare – e io concordo appieno – come in realtà si stia vivendo un particolare momento di transizione, durante il quale la differenza tra le applicazioni e i siti web è destinata a diventare sempre più sottile. Aggiungo io, che a breve anche la percezione della rispettiva differenza, per l’utente comune, è destinata pian piano ad affievolirsi fino a scomparire. Complice, ben più che marginale, l’introduzione della versione cinque del linguaggio di programmazione su web, l’HTML5. Il web si sta ricostruendo attorno alle sue potenzialità, grazie alle quali un “semplice” sito web che utilizzi sapientemente HTML5 è già ben più che un sito come lo pensiamo adesso, ma è a mezza strada verso una web app.
A differenza di altre, Quick Note – disponibile nello store di Chrome – è una vera applicazione web…
Google crede moltissimo nel web: bella forza, direte voi. A differenza di ditte come Microsoft, sbarcate nel web ma proveniente da un’altra storia, “ante-Internet”, Google ci è nata, nel web. Non sorprende che il suo sistema operativo, per sua stessa ammissione, sia costruito intorno ad un browser. E mai come da Google al momento si sta imparando come si può spingere avanti il web fino a disporre di una collezione di applicativi online (ma non solo) capaci di girare nel browser e fare tutto quello che un tempo, si affidava ai programmi residenti nel proprio computer.
Questo, come è stato detto più volte, ha delle importanti conseguenze nell’approccio ai computer e all’informatica. Non ultima, il fatto che il sistema operativo del computer sia destinato a diventare sempre meno importante. Al punto che le guerre tra Windows, Linux o Mac sono destinate ad essere pensate come oggi si pensa (per chi la ricorda, poiché parliamo dello scorso millennio) alla disputa tra la qualità del vinile o quella del “nuovo” oggetto, il compact disk. O ancora più indietro, al suono degli amplificatori a transistor rispetto a quelli che utilizzavano le valvole… Tutto va bene, a patto che il sistema abbia un browser moderno in grado di sfruttare le potenzialità del nuovo Internet. Tanto tutto avverrà là dentro, il resto non serve (è il concetto dietro Chrome OS).
In questo senso, fatemi aggiungere, fa piacere che l’utenza Linux non sia dimenticata: già oggi ho avuto la bella sorpresa di trovare la nuova versione di Chrome – quella che presenta le applicazioni nella pagina iniziale (per la precisione, la 8.0.552.215) – disponibile negli aggiornamenti di Ubuntu….
Lavoro su piattaforma Mac OS X da molti mesi, ormai. All’inizio ero alquanto scettico e un pò prevenuto, venendo dal mondo Linux, dove vi ero soffermato per molto molto tempo. Ho provato diverse distribuzioni, nell’arco degli anni… Mandrake, Suse, RedHat, Fedora… Ho assistito all’arrivo di Ubuntu, l’ho provata, ho cercato versioni leggere per il vecchio PC di casa, mi sono sistemato per un pò con Xubuntu. Ho testato PCLinuxOS e ho capito perchè fosse interessante, ho sperimentato con le distribuzioni “leggere” come la straordinaria Puppy Linux. Ho amato KDE e le sue molteplici configurazioni, ho apprezzato la semplicità di Gnome, ho sperimentato altri ambienti desktop.
Anche, ho partecipato – forse un pò faziosamente, ma la passione spesso non guasta – al tiro alla fune “Lascia Windows prendi Linux goditi la libertà vs. molla Linux non ci fai nulla usa Windows” che ha attraversato gli anni scorsi incendiando gli animi degli appassionati di informatica e sistemi operativi.
Per una contigenza lavorativa – poco prima del Natale del 2008 – sono poi entrato in contatto con il mondo Mac OS X. Superata una diffidenza verso il nuovo ambiente, di cui sono stato afflitto in forma strisciante per diversi mesi, devo dire che al momento mi ci trovo proprio bene. Seguo comunque sempre gli sviluppi di Ubuntu perchè accanto al MacBook ho un desktop che uso con la versione aggiornata della popolare distribuzione linux. Mi piace verificare il diverso stato di maturità dei due ambienti.
Intendiamoci. Ubuntu è una sfida bellissima, colossale. L’unico sistema operativo completamente libero che abbia raggiunto una rilevante diffusione. Un linux (anche se non l’unico) con una attenzione particolare all’utente desktop e alle sue esigenze. Un sistema dove puoi mettere il naso dappertutto, vedere su web i bachi da risolvere, sperimentare quanto vuoi (scaricando le alpha e le beta) oppure rimanere più conservativi utilizzando le versioni “approvate” o perfino rimanendo sulle release “a lungo termine” per anni, aggiornando solo i pacchetti.
Ciò detto, il mio personale parere al momento è che debba fare ancora diversa strada. L’usabilità di alcuni programmi per Mac OS – oso dire – non ha ancora un pieno riscontro sotto linux. Un esempio banale è iTunes. Dopo un periodo iniziale di ambientamento, ormai lo uso con piena soddisfazione: alcune caratteristiche (come le smartlist molto sofisticate) non mi pare abbiano attualmente un corrispettivo su linux. Oltrechè, va detto, graficamente è davvero una chicca.
Per l’editor di testi, c’è il magnifico TextWrangler, gratis. Per uno che viene da gedit, è certo un salto in avanti considerevole. Per uno che sta tentando di completare il suo primo romanzo, poi, c’è il motivo fondamentale, la killer application costituita da Scrivener. Grandioso, putroppo in questo momento senza evidenti corrispettivi su linux.
Dimenticavo, gedit può anche girare nativamente sotto Mac OS. Anche se non so se davvero serva… (Crediti: gedit home page)
Potrei continuare, ma il punto è già chiaro. Certo sono anche preferenze personali (e su queste, come dice l’antico adagio, litigare è inutile). Mi permetto solo di registrare quanto il dibattito Win/Linux/Mac sia tuttora viziato da pregiudiziali che definirei “ideologiche”. Ad esempio, cercando un player audio per linux che supportasse un sistema di “playlist intelligenti” tipo quelle di iTunes, ho fatto qualche domanda in rete: il fatto ha provocato varie risposte, tra le quali notevoli quelle del tipo “piuttosto che usare iTunes preferisco fare a meno delle smartlist”.
Pienamente legittimo, per carità. Però è quello che definirei una risposta un pò “ideologica”, se capite l’uso del termine. Una sorta di “tifo di squadra”, a volte bello e anche appassionante, che però a volte non tiene in adeguata considerazione i semplici fatti.
Naturalmente la realtà è complessa, molto più complessa di ogni schematizzazione. Vi sono diversi punti di contatto tra Mac OS e linux, tanto per dirne una. E questo non è poi strano, visto che si basano ambedue sul vecchio e blasonato sistema operativo unix. Sarà mica lui, dunque, il vero “vincitore nascosto”….?
Una certa enfasi ha accompagnato il recente rilascio di iTunes 10, anche per la contestuale introduzione da parte di Apple dei nuovi aspetto “sociali” legati alla musica, con il “quasi social network” chiamato Ping. L’ho provato per un paio di giorni, e benchè abbia degli aspetti interessanti, non posso dirmi esattamente esaltato. E’ certamente molto simpatico poter segnalare con un “mi piace” agli amici un album o un brano da iTunes. Tuttavia vi sono limitazioni anche abbastanza pesanti, perlopiù strutturali.
Proprio per queste ultime, Ping non è assolutamente definibile come un social network, e nemmeno vi si avvicina. Se da una parte infatti è simpatico poter dire “mi piace” quando si sfogliano gli album nello store di iTunes, questo ovviamente non è tutto.
Sì, perchè Ping è zoppo. Me ne sono accorto quando, ascoltando con iTunes 10 un album, legittimamente acquistato su emusic.com (scusa, Steve…), mi è istintivamente venuto il desiderio di dare un “like” da inviare al mio flusso Ping. Ebbene, per quanto sia frustrante, non si può. Sarebbe bastato un bottoncino, magari che linkasse l’analogo album su iTunes Store (non posso pretendere altre sorgenti di riferimento, da iTunes), ma niente. Nisba, nada.
La morale, devi fare i like dentro iTunes Store. Sarei così dovuto entrare nello store, cercare l’album e (se trovato) cliccare sul bottoncino “mi piace”. Seccante, perchè l’aspetto promozionale così accentuato azzoppa in maniera vistosa le potenzialità dell’idea. Mi è passata la voglia.
Un’altra cosa che potrebbe dare fastidio a taluni (tanto per dire, a chi usa linux, o già anche un player diverso da iTunes) è che il tutto “vive” dentro il software stesso. Ping è solo dentro iTunes, non esiste nel web “normale”. Non c’è nemmeno una “mappatura” in una pagina web, di quello che accade su Ping.
Ora consentitemi, ma con tutti che gli si vuole bene, al magico Steve… ma se la Microsoft avesse fatto una cosa simile, non si sarebbero levati ampi e articolati cori di protesta contro il modello “chiuso”, stigmatizzando la sfacciata operazione promozionale che si nasconde dietro questa “spruzzatina” di social network?
Peccato, perchè Ping ha tante potenzialità. A cominciare dal fatto che puoi seguire i vari “big” della musica, essere informato sui concerti e sugli eventi, e così via. Ma non tutti vivono dentro iTunes. E il web ha fatto tanto per rimanere indipendente dalle piattaforme specifiche (la “guerra fredda” tra gli standard del consorzio W3C e le istruzioni “particolari” di Explorer, ad esempio. Ricordate i siti che – tristemente – si vedevano bene solo con IE ?); e ormai siamo troppo scafati per farci imbrigliare dentro una piattaforma o un sistema operativo. Siano pur ottimi (come lo è iTunes, che uso, ed anche Mac OS, che uso)…
“When I tell people that I use Linux, they look at me with pity. In their minds, I have just confessed to being a fanatic who is willing to undergo daily hardship and inconvenience in defense of my beliefs. When I go on to tell them that the KDE desktop is in many ways more innovative than Windows 7, the looks of pity changes to caution. I am not only a fanatic, they conclude, but delusional and potentially dangerous”
Interessante e gustoso articolo sulle cose che si possono fare in KDE e non in Windows 7. Certo ancor più intrigante… sarebbe stato un confronto “a tre” che includesse anche Mac OS X, ma probabilmente sarebbe diventato troppo lungo. E’ anche vero che non esaurisce i termini delle questione (ad esempio ogni “pezzo di hardware” di qualsiasi tipo “parla” con windows, putroppo non è ancora vero per linux!) Già così comunque merita una attenta lettura 🙂
Il tempo passa e il nuovo Ubuntu che verrà, la versione 10.10Maverick Meerkat, prende forma. La soluzione di innovazione nella continuità, che contraddistigue la famosa distribuzione, ha senza dubbio molti meriti (continuità = stabilità per molti versi). Tuttavia alcuni cambiamenti sembrano troppominimalia volte e non ottengono l’entusiasmo degli utenti: ad esempio il nuovowallpaperdi default – a detta di molti (guardatei commenti qui ad esempio) non si differenzia che in minima parte da quello della versione attuale, ed è giudicato dai più di bassa qualità.
“Official 10.10 wallpaper is unappealing” Così recita infattila segnalazione di bugsu Launchpad. Tutto sommato non si può dar torto alle critiche: osare un pò di più dovrebbe essere possibile (anche per risolvere il famosobaco numero unouna volta per tutte…). Tuttavia se va considerato che quello che vediamo non è affatto definitivo, sorprese da qui ad ottobre possono sempre arrivare.
Non posso tuttavia trattenermi dal notare (senza troppa retorica) l’attrattiva della specificità dello sviluppo di una distribuzione Linux.. tutto aperto, tutto conoscibile molto prima del rilascio ufficiale. Forse toglie un pò la sorpresa ma lo fa sentire un pò più “di tutti”. Laddove per altri sistemi bisogna rincorrere le indiscrezioni, qui è tuttosotto il sole.Tutto. Anche i wallpaper bruttini… 😉
E’ stata rilasciata appena ieri la versione 4.5 dell’ambiente deskop KDE per linux. Da quanto si può leggere nelle note di rilascio, in questa versione il team si è concentrato essenzialmente sulla “stabilità e completezza dell’esperienza desktop”. La bellezza di 16.000 bugs sono stati risolti, e molte richieste degli utenti sono state esaudite.
Usare KDE per fare scienza… e divertirsi!
L’amorosa cura degli sviluppatori è andata principalmente verso il nuovosistema di notifiche di Plasma, verso l’applicativo Marble, verso il brower Konqueror (il “navigatore” della suite KDE) che ora può usare l’ormai onnipresente Webkit come motore di rendering delle pagine. Anche il Plasma Netbook, il workspace KDE per piccoli notebook e netbooks, ha potuto beneficiare di sostanziali migliorie in questa versione (e non stupisce, poichè la fetta di mercato dei piccoli computer sta diventando sempre più importante, come riconosceva anche lo sviluppatore Ubuntu Jono Bacon nell’intervista di cui al post precedente). Vi è poi una miriade di altri miglioramenti che potete trovare descritti nelle pagine relative all’annuncio della versione nel sito di KDE.
La prossima versione con nuove features è prevista per il gennaio del prossimo anno, mentre a cadenza circa mensile verranno rilasciati gli update della 4.5 focalizzati principalmente nella correzione di ulteriori bugs. Nonstante sia da tempo uomo Gnome / Mac OS X (passai a Gnome più o meno alla versione 4.0 di KDE che non era – a detta ormai di tutti- piuttosto insoddisfacente, e non mi andava di rimanere nella 3.x) quando vedo il gran lavoro fatto per ogni nuova versione di KDE, mi vien voglia, se non di dargli un’altra possibilità, almeno di provarlo un pò… 🙂
KDE, an international Free Software community, is happy to announce the immediate availability of the KDE Applications 4.5. Be it the high-quality games, educational and productivity software or the useful tools, these applications have become more powerful, yet easier to use.
Mi sono imbattuto in rete in una interessante intervista al Community Manager di Ubuntu Jono Bacon; consiglio la lettura agli appassionati di linux (in particolare, Ubuntu) che mastichino un poco di inglese.
In essa infatti vengono toccati diversi temi, tra i quali le numerose “variazioni” sulla versione standard dell’ambiente desktop Gnome ormai di default su Ubuntu, ed anche la possibile adozione del browser di casa Google, Chrome, come software di default per la navigazione Internet (sul medio periodo, Firefox in effetti è consistentemente a rischio dall’avanzata di Chrome/Chromium, a mio parere).
Una schermata di Ubuntu 10.04
Leggendo le risposte, non si può fare a meno di riflettere sulla specificità dell’open source; “piegare” un software alla propria visione, come sta avvenendo per Gnome da parte del team di Ubuntu, è ovviamente possibile solo se si può accedere al tale software in modo da poterlo plasmare, e non come una scatola chiusa. Un indubbio vantaggio, in molte situazioni. Senza retorica….
Più passa il tempo più il sistema di Google diventa veramente un sistema operativo globale, sul più grosso network distribuito del mondo. Ora anche l’accesso a riga di comando: Internet nella sua versione più potente e flessibile… per gestire i dati nella nuvola come su una “linux box” locale…