Blog di Marco Castellani

Categoria: rapporto

E’ che servono le chiavi a mia moglie

Scendo negli spogliatoi della palestra dopo forse una mezz’oretta scarsa da che sono entrato. Mi vede un signore che incontro spesso in palestra e col il quale spesso ci scambiamo dei saluti, e mi chiede se ho già finito per la giornata. “No no devo prendere una cosa…”


Intanto penso la versione lunga della medesima risposta, che è tipo “A mia moglie servono per qualche motivo le chiavi di casa ora, così che ho interrotto gli esercizi e sono sceso a riprendere dal mobiletto dello spogliatoio, dove ho chiuso la mia roba mentre faccio allenamento…”

Subito dopo mi figuro anche una sua probabile risposta di circostanza, magari del tipo che chiamerei da piccola seccatura, tipo Ehh che ci vuoi fare, nemmeno in palestra si può stare tranquilli, le mogli… forse con un sorriso a stemperare e sdrammatizzare ulteriormente questa lievissimo contrattempo…

Poi sono andato a pensare perchè mai la parola “moglie” potesse essere anche per scherzo associata a “seccatura”. Mi ha fatto pensare alla quotidianità di una lunga consuetudine di vita, alla differenza tra la parola “sposa” che è una parola che brilluccica tutta di gioia ed eccitazione e gusto pieno di prossimità e vicinanza, e la parola – appunto – “moglie” che lascia invece trasparire un senso di abitudine, di compromesso, quasi di stanchezza: “ahh che vuoi, sai mia moglie…”, cose di questo tipo qui.

Però non mi sono rassegnato a scivolare nell’uso di questa parola in questo modo. Secondo me quando sta per capitare è il segnale che c’è da lavorarci, da lavorare per soffiare via la polvere: lavoro lento, paziente, senza attesa di risultati repentini, ma fiducioso…

D’altra parte, la luccicanza della parola sposa, in ultima analisi, è pur contenuta nel nucleo della parola moglie, ma come protetta, custodita, da uno strato intermedio semiopaco, senza il quale forse non potrebbe preservarsi nel tempo… strato che contempla anche l’abitudine di un rapporto lungo, che contempla anche le tensioni, le differenze, e la perseveranza paziente nel lavorare per superarle… come se non potesse essere esposta al mondo così direttamente, ma dovesse come scivolare entro uno strato protettivo.

…Non è che semplicemente stà a me lavorare perchè questo strato non diventi una gabbia, magari?

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L’ innamoramento, e l’amore nel tempo…

L’amore che dura nel tempo, che attraversa il tempo è… una continua ricerca. Uno studio, una applicazione. Non per uno sforzo in se stesso, magari di “bontà”. Gli sforzi in questo senso forse non sempre durano tanto a lungo, o comunque stancano, alla fine. Ma un ricercar per lasciar venire a galla la bellezza, la profondità, di un rapporto d’amore che dura nel tempo. Ho capito che il fatto che ci voglia applicazione, impegno, a volte molta pazienza (verso se e verso l’altro) non contraddice il fatto che sia autenticamente bello. Che si debba educarsi per comprenderlo, nello scorrere del tempo, neppure.

Prendiamo il caso di un’opera d’arte. Di un quadro, o meglio, di una musica. A volte uno sente una musica e gli piace subito moltissimo. Altre volte però la musica è complessa, articolata. Intarsia della parti trascinanti e leggere con delle altre apparentemente più complesse, dove non sembra trovarsi il motivo trainante, la sequenza di accordi semplice ad effetto, la ritmica accattivante. Invece, trovi una serie di motivi che si susseguono e si intrecciano, che devi comprendere per goderne a pieno… trovi delle pause, dei pianissimo, che se non sei educato al silenzio e all’attesa, rischi di scambiare per delle parti noiose, poco interessanti. Se accetti di imparare, di apprendere giorno per giorno, momento per momento, la tua percezione delle cose può venire arricchita, puoi comprendere più e meglio, puoi apprezzare delle profondità che nemmeno intuivi.

Il tutto nel senso di un cammino. Sento che mi fa bene, riflettere e tornare a riflettere su questi punti, perchè mi pare che il sentire comune e la pubblicità in cui siamo immersi, enfatizzino senza posa la fase luminosa e indubbiamente attraente dell’innamoramento, del trasporto dei sensi. Questo va bene, senz’altro, se non ci si dimentica che l’innamoramento non deve necessariamente finire, ma trasformarsi ed approfondirsi. E qui si apre il territorio del tutto “ininteressante” per i media, ma interessante moltissimo per la donna e l’uomo, che vivono un rapporto d’amore che si dispiega nel tempo, negli anni, che ogni giorno rinnovano implicitamente la promessa con la quale si sono accostati l’un l’altro, e proseguono il cammino.

Credo che vi siano profondità che rischiano di rimanere insondate, se uno non apprezza e cerca di sintonizzarsi sui tratti specifici di questo cammino, se lo confonde con la fase di innamoramento, magari, e cerca di decifrare una realtà assai interessante, con gli strumenti sbagliati….

Oppure sogna e spera di rimanere legato alla fase dell’innamoramento, forse per la paura inconscia di incamminarsi in una fase nuova, particolare, che mette in gioco le sue capacità di costruzione, di attenzione, di premura… non è semplice, mi accorgo spesso di ricadere nel pensiero semplice e piatto e non articolato del pretendere di rientrare nella prima fase, nell’innamoramento puro e semplice. Lo ammetto: per gran parte del tempo,è proprio il caso mio! Ma quando mi capita, quando mi è dato, di apprezzare il cammino, di vederlo, valutarne la portata, l’innesto nei giorni, nella vita… sento un senso attraente di pace, di serenità. Le cose tornarno a posto, mi riconcilio con il mondo. Capisco e intuisco di nuovo, la bellezza leggera (a volte nascosta) del camminare, insieme.

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