Blog di Marco Castellani

Categoria: stupore

Diario di bordo

Scoprire, e riscoprire. Scoprire territori nuovi, muoversi in acque inesplorate. In ogni senso. Capire istantaneamente che c’è di più di quanto sei abituato a vedere, che l’universo osservabile è davvero molto, molto più ampio di quanto ormai pensavi. Di quanto ti eri abituato a pensare, per colpevole pigrizia. Ma è semplice, del resto. Basta solo che ti metti in gioco, che torni a fare il tuo mestiere, in pratica: che torni davvero ad “osservare”.
E l’universo se ne accorge, ti vede. Così ti trovi nei mari della Turchia, con cinque ragazzi ai quali racconti la storia delle stelle e dello spazio, per come le sai. E pian piano ti accorgi di una cosa così strana, così profonda, che supera l’ampiezza possibile di ogni mare, di ogni oceano che puoi fisicamente percorrere. Ti accorgi che in realtà, attraverso diagrammi ed equazioni, stai raccontando la tua storia. Perché, inevitabilmente, non puoi che fare questo, non puoi che raccontare, sempre e comunque, la tua storia.

E le domande che i ragazzi ti rivolgono – tu lo capisci – inevitabilmente, quasi impudicamente, rimbalzano la loro, di storia. Te la svelano davanti agli occhi, sorpassando ogni eventuale reticenza. E le domande in pochi attimi superano il contesto scientifico e affiora il cuore: ma tu lavori, cosa fai, in cosa credi. In pratica, dove riponi la tua consistenza: domanda che fa tremare i polsi e che esige una risposta sincera, davvero da cuore a cuore. Dove rimetti in gioco te stesso.

Allora non è che appena svolgi un ciclo di lezioni in barca, cosa di per sé già molto intrigante. No, è assolutamente di più. È un confronto di storie in cui ti immergi, una collisione virtuosa di diverse umanità. Una riposta deflagrazione cosmica, la cui energia prodotta è un arricchimento comune, quel di più di umanità che ti porti a casa, la più preziosa fra le ricchezze. Del resto, l’unica che vale. Per questo ti dico grazie, Mediterranea. Perché venuto qui per insegnare, ho in realtà imparato tanto. Per certo, molto di più di quanto avrei potuto prevedere.
(Scritto su Mediterranea nel pomeriggio del 4 settembre, Canakkale, Turchia)

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Premio Castellani, appunti sulla terza edizione

Mercoledì ho preso parte, in qualità di membro della giuria giudicatrice, alla cerimonia del Terzo Premio Vittorio Castellani, riservato agli studenti delle scuole della Provincia di Teramo, ed incentrato quest’anno (su mio suggerimento) sul rapporto tra stupore e conoscenza, con riferimento alla frase di Gregorio di Nissa (IV secolo) secondo il quale “Solo lo stupore conosce”.
Quella che segue, per brevità, non è un resoconto dettagliato della manifestazione, ma solo due o tre spunti centrati – con massima e discutibilissima parzialità – sulla mia partecipazione (secondo la saggia prescrizione… parla di ciò che sai meglio!). Questo non per mettere in secondo piano gli altri interventi e accadimenti, belli e degni di menzione, che probabilmente troveranno spazio in resoconti ufficiali dell’Osservatorio di Teramo. Tantomeno per dimenticare che, grazie al cielo, i veri protagonisti sono i ragazzi delle scuole, con i loro elaborati.
Tra gli altri, in commissione giudicatrice, c’era Oscar Straniero, direttore dell’Osservatorio di Teramo, che conosco bene, poi l’astronomo Mauro Dolci, che è diventato mio caro amico con il quale ho scambiato varie opinioni su scienza, fede, razionalismo, stupore,  al quale devo davvero molto, per l’organizzazione di questa e delle passate edizioni, per la passione e la professionalità che ha messo in gioco. Ezio Sciarra, matematico, che sedeva vicino a me, ha fatto un intervento molto interessante sulla filosofia della scienza.
Per quanto riguarda me, ebbene, non ho parlato moltissimo, ma sono stato molto contento di aver potuto dire quello che mi stava a cuore. Tra le cose che mi hanno colpito, anche  la scoperta di come l’interesse per il tema, mi aiutasse molto a superare l’emozione e l’impaccio di parlare in pubblico.  
Ho esordito con un pochino di introduzione sul fatto che davvero ero stupito degli elaborati, che la mia partecipazione in giuria giudicatrice l’avevo inizialmente presa come una “seccatura” ma poi, come ho scritto su questo medesimo blog, rapidamente mi ero emozionato, nel leggerli. Insomma, il tema dello stupore mi aveva davvero preso, e l’altro ieri ne ho fatto di nuovo esperienza. Così  mi sono permesso di parlare più “di cuore”, cosa che di solito mi riesce molto difficile…. e da alcuni feedback che ho avuto sembra sia stato apprezzato.
Sembrerà banale, ma sono contento di essere stato “presentato” come scienziato e scrittore. E’ bello quando quello che fai viene definito in modo lineare, semplice. Già questo, ho notato, ti aiuta ad uscire dal magma dei tuoi dubbi. Mia moglie qualche giorno fa, in merito ai miei continui rimuginamenti sulla mia abilità “letteraria”, mi aveva detto una frase analogamente semplice, del tipo “Certo che sei uno scrittore: se scrivi, lo sei”. A volte le mogli sanno essere deliziosamente lineari e semplici (perlomeno la mia…).

Tutti in fila (io son quello più a destra, in caso ve lo chiedeste….)
Ho continuato leggendo un mail pervenutomi da Marco Bersanelli (coautore di uno dei libri dati in premio, che guarda caso ha lo stesso titolo dell’edizione del premio…), di cui mi sono impudicamente dichiarato “fan”. 
Caro Marco Castellani,

grazie per avermi mandato contributi dei giovani per il Premio Castellani,
che ho letto con piacere. Mi hanno colpito tutti, per vivacita’ espressiva
e per intensita’ esistenziale. Auguro a ciascuno dei ragazzi che la loro
capacita’ di stupirsi e di commuoversi di fronte al cielo stellato non
diminuisca nel tempo, ma che con il passare degli anni diventi una fonte
sempre piu’ grande di gratitudine e di vera conoscenza.

Un caro saluto,


Marco Bersanelli

Ho approfittato del fatto che la rappresentante dell’UNESCO avesse fatto menzione alla poesia (attivando i miei recettori!), così ho accennato a mia volta allo stupore e alla poesia come “antidoti” alla violenza (non credo sia una mia idea originale, però io ne sono proprio convinto),  importantissimo per le giovani generazioni. Beh, veramente, importantissimo per tutti…

Qui sto dicendo qualcosa… non ricordo cosa…. 

Come mi era stato anticipato, Mauro mi ha poi rivolto un paio di domande (tradimento! Secondo quanto mi era stato “promesso”, doveva farmele la simpatica presentatrice ufficiale, di aspetto – Mauro non me ne voglia – percettibilmente più … “gradevole” … vabbè…).

La prima, sul rapporto con lo stupore di mio papà, eclettico uomo di cultura (dall’astronomia alla speleologia); avendo riflettuto sulla cosa mi sembrava di aver individuato un tratto comune in tutto il suo approccio, ed era la curiosità di “come” funzionano le cose, da un termosifone, un frigorifero, fino ad una stella, oppure ad un cunicolo costruito tanti anni fa. Curiosità, stupore di fronte al dato, all’evidenza del reale. 

La seconda domanda verteva su come mi rapportassi allo stupore in particolare come persona credente, e come il fatto influisce sul lavoro dello scienziato. Domanda intrigantissima!  Come nonleggere una altra bellissima frase di Bersanelli? Eccola:

“…effettivamente nella comunità scientifica c’è un buon numero di scienziati che, contrariamente all’immagine che normalmente se ne ha, vive un’esperienza di fede. E la vive “positivamente”: non come un problema da conciliare, in qualche modo, con la conoscenza scientifica ma proprio come allargamento della ragione, la quale trova nel metodo scientifico uno dei modi con cui rapportarsi al mistero della realtà. Questa è anche la mia personale esperienza. È come se la fede, anche in questo caso, fosse capace di rendere più bello ciò che è bello e più vero ciò che è vero, offrendo il contesto della totalità a quello che altrimenti rimarrebbe un particolare, sia pure affascinante, come quello della conoscenza scientifica” (presa da questo articolo; i neretti ce li ho messi io adesso)

Che altro aggiungere? Ho detto appena qualcosa su come possa essere più bello studiare il cosmo se si è convinti che non si sia davanti ad un universo freddo e impassibile, ma che Qualcuno si interessi del tuo destino; di te.

Chiaramente ci sono grandi scienziati credenti e altri atei, dunque essere scienziato di per se non equivale a prendere una posizione sulla fede.. e poi (“rubando” dall’insegnamento di Luigi Giussani, che ho poi citato) ho parlato del fatto che la fede non sia un punto di arrivo, ma di partenza, perché la sfida a decodificare il reale secondo la fede è di ogni giorno.

La tentazione di sentirsi “a posto” con la propria visione del mondo, di starsene tranquilli, può infatti prendere tutti, indipendentemente dal credo che professano, dalle proprie convinzioni. Eppure ogni verità è a mio avviso essenzialmente dinamica (e soprattutto la Verità con la maiuscola), esige un confronto continuo, una verifica, quasi una “lotta”. Soprattutto, esige una resa, un arrendersi, un cedere (come dice bene Juliàn Carron), un cedere a quello che esiste, abbandonando le proprie immagini e le proprie pretese.

E’ un lavoro continuo, esige mille ripartenze (per chi scrive, diecimila o più, e parliamo anche di partenze da meno infinito…). Ma direi che vale la pena. Anzi, che nulla vale la pena così.

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Stupirsi delle cose…

“Stupirsi delle cose è tenere sgranati gli occhi sul reale e  vederle come per la prima volta, nel miracolo del loro esserci e della forma”. Mi imbatto in questa citazione di Heidegger e subito mi blocco, stupito a mia volta. E’ proprio bellissima, è assolutamente fantastica, vera. 
E’ posta all’inizio del mio file PDF che contiene gli elaborati da valutare (nella sezione “saggistica”) per il “Premio Vittorio Castellani 2011“. Il tema della terza edizione accoglie il mio suggerimento relativo alla frase di Gregorio di Nissa, ed infatti è “Solo lo stupore conosce” (che è anche un bel libro sull’indagine scientifica, di Marco Bersanelli e Mario Gargantini).
Sono contento di aver accettato di essere nella commissione di valutazione degli elaborati. Sono contento perché, sia quelli di narrativa che quelli di saggistica, come pure alcune foto, mi hanno fatto capire – al di là di tanti discorsi – di quanto sia importante proteggere e custodire il senso di “stupore” dei più giovani, di quanto sia vivo in loro e al contempo sia “fragile”, minacciato dal cinismo di chi non crede in niente, dai meccanismi del profitto e dall’utilitarismo che (senza demonizzare il tempo presente) sovente tanta parte rivestono nelle interazioni sociali.

Paris Exposition: night view, Paris, France, 1900
Paris Exposition, vista notturna, anno 1900

Tu pensi allora, beh viviamo in un mondo disilluso, cinico. Vedi i ragazzi più piccoli, a volte ti sembrano già orientati in questo senso, già “scafati”, senza magie, senza grandi sogni. Concreti. Pratici.

Poi apri questi temi, di ragazzi comuni, delle scuole medie, del liceo. E che sorpresa… li trovi, spesso, intrisi di candore, di autentico stupore (al di là di certe espressioni di maniera). Si raccontano, molti, con il naso in sù, davanti al cielo stellato. Ti parlano dei racconti dei genitori, dei nonni, parole narrate sotto le stelle, in uno stupore condiviso, trasmesso. Ti si allarga il cuore. In alcuni punti, ti commuovi, davvero. E scopri che c’è qualcosa, sì. C’è un “motore formidabile” per la conoscenza, e per la vita, che è il cuore. 

Il cuore è un’energia infinita: è sete d’infinito! È un’energia infinita che si pone come esigenza che ha in sé la capacità di riconoscere ciò che le corrisponde” (Luigi Giussani)
Allora capisci che c’è qualcosa che va custodito. Che gli educatori hanno una responsabilità grande, grandissima, esaltante. Portare ai più piccoli il senso dell’aprirsi al mondo come una “grande avventura”, come una strada bella, a volte faticosa, a volte aspra. Ma bella.
“Auguro a ciascuno dei ragazzi che la loro
capacita’ di stupirsi e di commuoversi di fronte al cielo stellato non
diminuisca nel tempo, ma che con il passare degli anni diventi una fonte
sempre piu’ grande di gratitudine e di vera conoscenza.”



Così mi dice Bersanelli, che ha accettato di leggere parte del materiale del concorso, in una email recente.

C’è una bellezza, un senso, che non muore. E quando lo avverti, ti permetti – a 15 anni come a 100 – di stupirti delle cose. Di esserne grato. Così che la gratitudine e la vera conoscenza procedono affiancate, come nella frase di Bersanelli. E ognuna aiuta l’altra.

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