Scendo, è deciso. Prendo il Kindle, il telefono e scendo.
C’è qualcosa che invita. Qualcosa di verde, molto verde.
Che poi, il sole c’è e non c’è, oggi in giardino. Ampie nuvole vanno e vengono, sprazzi di sole si alternano a momenti scuri.
Però proprio nei momenti scuri il verde si fa fitto, si fa fondo. Nei momenti scuri colpisce di più. Acquista una sua particolare densità quasi cremosa.

Leggo Fritjof Capra e i paragoni (azzardati? consistenti?) tra fisica quantistica e spiritualità orientale, ma mi distraggo. C’è troppo verde in giro, non fa rumore ma c’è. Ti invita a guardare, in quel suo modo sommesso e silenzioso, ma molto invasivo. Quasi imbarazzante.
Niente, mollo il Kindle, prendo lo smartphone e faccio una foto.
Sto per riprendere il Kindle e Capra e il mondo subnucleare e la saggezza orientale (all’unisono, potremmo dire), ma la mia attenzione è improvvisamente colpita da una still life sulla sinistra. Il gioco di colori e la quiete sottesa mi stanno interpellando. Dicono, ci fotografi anche a noi?
Non è che la spunti, quando senti le voci. Non la spunti facilmente, almeno.
Ecco qui, l’altro quadretto dunque.
Qui mi piace il gioco dei diversi toni di marrone, verde e bianco, tra sedie e tavolo. Tutte variazioni gentili del tema dominante, il verde.
Va beh riprendo il Kindle, finisco il capitolo prima che le nubi diventino più consistenti (il mondo è una danza continua, sia per i fisici che per i mistici, questo è l’asserto conclusivo), e la temperatura decida di abbassarsi, senza più i raggi solari che scaldano la pelle.
E, niente. Solo due appunti da una mattina molto verde.

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