Blog di Marco Castellani

Tag: astrofisica

Questo nostro misterioso Universo

Fin da piccola mi è sempre piaciuto rivolgere lo sguardo al cielo stellato e pormi tutte le domande possibili su ciò che non conosciamo, ciò che non possiamo conoscere. Sarà un gene di famiglia? Nonno e papà astrofisici.


Mah, non saprei rispondere. A dire il vero credo che questo abbia sì aiutato lo sviluppo della mia passione, ma da una parte sono convinta che anche se fossi stata figlia di un meccanico e nipote di un dottore, la mia mente non avrebbe fatto a meno di volare via con la fantasia lì dove non possiamo andare. Non vi è mai capitato di alzare lo sguardo al cielo e notare come sia immenso e sentirvi in un momento così piccoli? Ci sentiamo così potenti qui, così intelligenti, così rilevanti. Ma cosa siamo davvero? Cosa rappresentiamo noi per l’intero universo? Vorrei dire nulla, ma so che qui qualcuno avrebbe da che ridire. Com’era quella teoria secondo cui il battito delle ali di una farfalla può scatenare un uragano dall’altra parte del mondo?

Ed è vero, ognuno di noi ha il proprio ruolo e la propria ragione di esistere, ma se solo provassimo per un secondo a immaginarci sulla Terra, la Terra nel Sistema Solare, a sua volta nella Via Lattea e così via. Ditemi, quanto vi sentite importanti ora? Sentite che un vostro intervento possa in qualche modo influenzare tutta quella roba lì su? Eppure noi ne facciamo parte, dovrà pur avere un significato, no? Deve per forza significare qualcosa.

Ho imparato che il 90% dell’universo è a noi sconosciuto. Sconosciuto. Affermare che non ne sappiamo quasi nulla non sarebbe poi così sbagliato. Abbiamo scoperto così tanto ma basti pensare che “così tanto” in confronto a tutto ciò che ci manca è davvero nulla. E non vi interessa questo? Non vi affascina sapere che oltre quello di cui siamo a conoscenza c’è ancora un universo da scoprire? O sono l’unica che nel bel mezzo di una spiegazione di storia guarda fuori dalla finestra e comincia a fantasticare sul cosmo?

So che molti altri hanno dedicato la vita alla scoperta e al progresso di ciò che noi chiamiamo “universo”. E so che altrettanti si interessano di questo nostro misterioso mondo. Ma la maggior parte di noi vive la quotidianità con indifferenza verso ciò che c’è lassù. Si alza la mattina e pensa al caffè, al lavoro, alla scuola, alla famiglia. Ci hanno insegnato a impegnarci e a dare il massimo per far sì che la nostra vita su questo pianeta sia la migliore, in breve, per essere felici. Ci azzuffiamo tanto per ottenere ciò che vogliamo quando neanche ci rendiamo conto di cosa ci circonda. Come si fa ad essere soddisfatti della propria vita se ci si limita a condurre un’esistenza grigia, ripetitiva, priva di significato?

A me viene un brivido solo a guardare una stella nel cielo. Quella stella, la stella che per qualcuno è semplicemente la stella più luminosa, per me è un solo piccolo pezzo di un puzzle e non fa altro che ricordarmi quanto siamo minuscoli. Quella stella siamo noi, sei tu, sono io. Quella stella è un puntino apparentemente irriconoscibile nell’oscuro universo, come noi. Non siete un minimo curiosi di scoprire cosa c’è sopra la nostra testa? Lo so che quello che sto dicendo ha infinite incoerenze e probabilmente non ha molto senso se visto al di fuori della mia testa, ma è quello che risponderei se qualcuno mi chiedesse perché mi incuriosisce così tanto il cosmo.

Dopotutto, se cerchiamo la definizione di Universo su Internet, ci dice che esso è la totalità di tutto ciò che esiste; è l’interezza dello spazio. E come potremmo mai ignorare una cosa talmente grande e talmente influente per la vita umana?

Semplice, non possiamo.

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A che serve l’astrofisica?

Essere astrofisico vuol dire per forza confrontarsi con domande come questa. Inutile far finta di nulla, la domanda esiste e non si può eludere con sufficienza. Nemmeno atteggiarsi sdegnosamente a chi “conosce” e lascia gli altri nella loro ignoranza, è saggio e salutare.

Sarebbe un errore, perché la domanda è sensata. Con tutto quello che accade nel mondo, con tutte le emergenze che ben sappiamo, ha senso spendere soldi e tempo per andare a vedere cosa succede lassù? Non sarebbe meglio stare con i piedi per terra, dedicarci alle cose più urgenti?

Sonde costosissime, telescopi giganteschi… hanno davvero senso, in questa epoca che da tempo chiamiamo di crisi? Dalla quale, ancora, non ci siamo tirati completamente fuori?

Il successore di Hubble, il James Webb Telescope, è quasi pronto. I costi si aggirano su diversi miliardi di dollari. Vale la pena?

La domanda è dunque legittima. Anzi, di più: è doverosa.

Quello che non è forse legittimo è saltare direttamente alle conclusioni, derubricare l’astrofisica tra le cose che non danno da mangiare e perciò vanno messe da parte, almeno in attesa di tempi migliori.

Non è legittimo, no.

Non perché io voglia fare, adesso, una difesa d’ufficio (o almeno, non solo). Piuttosto, perché non contempla la totalità dei fattori in gioco: c’è qualcosa che ci potrebbe sorprendere, ci sono connessioni tra lassù e quaggiù che forse non consideriamo, e che potrebbero portarci a vedere le cose in una prospettiva nuova. Più larga, e forse più equilibrata.

Qualcosa, di che tipo? Preferisco non dirlo, adesso. Lasciarvi pensare, se vi va. E semmai vi invito, piuttosto, a prendervi una ventina di minuti per ascoltare la puntata di Fisicast dedicata all’argomento.

E’ tempo ben speso, vi assicuro.

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Sì, ma a che serve l’Astrofisica?

Non è infrequente sentirsi rivolgere questa domanda. Da astrofisico, vi sono incappato diverse volte: direi che è praticamente inevitabile. Ma sia chiaro, qui non lo dico con fastidio, ma con interesse. E’ davvero qualcosa che richiede un ripensamento di base del lavoro stesso che facciamo, del modo esatto con cui riempiamo le giornate.

Per tutto questo, è una domanda salutare. Anzi, è una domanda che dobbiamo sempre rinnovare e riprendere, per arricchirla, costellarla di nuove ragioni e nuove risposte. A che serve l’astrofisica? 

Perché oggi, spendere soldi per indagare i misteri del cielo? Ha senso?

Perché oggi, spendere soldi per indagare i misteri del cielo? Ha senso? E’ ancora ragionevole?

Inizio da qui: è una domanda normale, pienamente lecita. Vorrei prima di tutto fermarmi su questo, sul fatto che è bello porre domande così fondamentali, è segno innanzitutto che siamo vivi. E dunque – come prima cosa – sostengo che è legittimo, pienamente legittimo.

Diciamo, uno magari porta i figli a scuola (nel traffico), poi si incanala sul raccordo anulare (in fila) per arrivare in ufficio. E intanto la radio dell’automobile gli ricorda – limpidamente ma anche implacabilmente –  che siamo in tempo di crisi. Una crisi globale, che investe l’economia, il lavoro, le relazioni, il mondo di guardare sé stessi e il mondo. Una occasione – a guardarla dal lato positivo – per rinnovarsi e ripensarsi, per non dare più niente per scontato. Per rispolverare, anche,  quelle domande che avevamo un tempo, quelle di capire tutto, di darci ragione di tutto. Che  magari abbiamo messo da parte, con l’etichetta ci penso dopo. 

Forse (azzardo) tutto avviene con un motivo. Forse la crisi è anche per questo. Per pensarci subito.

Ecco, allora a che serve? Perché, se uno fa il barista, è chiarissimo a cosa serva. Se uno fa il netturbino (o dovrei meglio dire operatore ecologico) è altrettanto chiaro. Serve, serve. Prova un po’ a farne a meno: te ne accorgi subito, non c’è necessità di discorsi. E non parliamo di chiunque lavori nella sanità, a qualunque titolo, dal chirurgo al portantino. E’ fin troppo ovvia e conclamata – giustamente – l’utilità del suo mestiere.

E se uno fa l’astrofisico, invece? Ecco, io credo che sia una domanda in qualche modo da tenere aperta. Perché sarebbe anche facile, per l’astrofisico di turno, buttare giù qualche riga in cui far sfoggio di retorica, riempire la pagina di ragioni per cui la scienza in generale, e quella più elusiva in particolare, quella che ha a che vedere con oggetti lontanissimi e che non toccheremo mai (esatto, proprio l’astrofisica insomma), ha piena ragione di essere oggetto dei nostri sforzi e del nostro umano operare. E del nostro portafoglio, parimenti: non dimentichiamoci che a finanziare la ricerca astrofisica, per gran parte, sono i cittadini che pagano le tasse. Siamo noi. Sei tu, che leggi questo articolo adesso: tu stai sostenendo la ricerca astrofisica, con il tuo lavoro.

Troppo facile, dunque, arroccarsi in una risposta d’ufficio. Domande come questa invece vanno tenute aperte. E va data una risposta sempre in progress, sempre rinnovata e fresca, adeguata al momento storico che si sta vivendo. Il sito stesso dal quale state leggendo, in fondo, nasce come tentativo di elaborare questa risposta sempre in divenire. 

Molto interessante e stimolante, a questo proposito, il dialogo affrontato questo mese su FisiCast (il podcast di Fisica di cui ci siamo occupati più volte), che stavolta ha proprio a titolo questo impegnativo e stimolante tema, A che serve l’astrofisica? Un ascolto quanto mai ricco di spunti ed idee, accessibile ma non frivolo, leggero ma consistente, al tempo stesso. Autore di questa interessante puntata è  Gianluca Li Causi,  altre voci dono quelle di : Chiara Piselli (che i nostri amici forse conoscono come la ragazza che… parla ai fotoni!) e Luigi Pulone. La regia è di  Edoardo Massaro. 

Come di consueto, vi è una varietà di possibili modi di fruizione. Qui riportiamo l’accesso YouTube, ma non è certamente l’unico. Sul sito www.fisicast.it potete infatti trovare come scaricare il podcast, magari per sentirlo in un momento di relax o in macchina (ottimo per le file sul raccordo anulare appunto, o equivalenti situazioni di potenziale stress). Avrete certamente qualcosa di pienamente ragionevole da dire, dopo, quando sentirete qualcuno lamentarsi per il costo delle missioni spaziali.

Perché le missioni spaziali costano tanto, è proprio vero. Ma è pienamente ragionevole farle. Per tanti motivi, molti dei quali sono ben descritti nella puntata di Fisicast… che ora, non resta che ascoltare!

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Come si descrive, una stella?

E’ vero. Siamo ammirati per tutte le scoperte che ci arrivano dallo studio dei cieli, magari siamo astrofili dilettanti o anche osservatori esperti, abituati a muoverci tra CCD, inseguimenti elettronici e tempi di esposizione… può capitare però, che in un angolino della mente, si pensi alle stelle come “oggetti” complicatissimi, la cui descrizione richiede uno studio attento e paziente, una lunga e provata esperienza scientifica… ebbene, non è affatto vero!

O meglio.. la verità è in mezzo. E’ vero che la descrizione accurata degli interni di una stella, in termini di pressione, temperatura, densità, etc… coinvolge una serie piuttosto complicata di calcoli e di approssimazioni numeriche. Tanto complessa che nella pratica ci si affida ai calcolatori: sono loro che – opportunamente istruiti – ci permettono di seguire la “vita” di una certa stella, dalla formazione fino a magari lo scoppio a supernova; sono sempre loro che ci aiutano a modellare le popolazioni stellari come gli ammassi aperti e globulari… fino alle galassie e agli ammassi di galassie.

Tuttavia se i calcoli sono molto complessi, è anche vero che la formulazione teorica “di base” di un oggetto stellare deriva da ben poche considerazioni, la cui semplicità è addiruttura affascinante; così come affascinante può essere la catena logica di considerazioni che portano gradualmente alla più piena descrizione del “fenomeno stella”.

Un campo pieno pieno di stelle, nella costellazione del Sagittario. Benchè diverse in colori e dimensioni, le stelle sono governate da poche semplici leggi (Crediti: NASA)

Nello specifico, per descriveve una stella basta pensare ad una massa di gas autogravitante (cioè che si “crea” la gravità dalla sua stessa esistenza), non relativistica (dove vale fisica classica), e in equilibrio idrostatico (che vuol semplicemente dire che in ogni punto, la pressione del gas verso l’esterno, bilancia la sua gravità che lo spingerebbe verso il centro). Tutto qui: descrivendo matematicamente questa semplice situazione (e si tratta di matematica elementare o poco più), si ottengono cinque equazioni (quattro “differenziali”, che trattano di piccole variazioni, e una “normale”, che poi si chiama equazione di stato). Le equazioni legano tra loro i parametri seguenti (da conoscere lungo tutta la profondità della stella):

  • pressione
  • luminosità
  • raggio
  • temperatura
  • massa
  • densità (cioè quanta materia c’è in una unità di volume)

La formulazione teorica è molto semplice. Il bello è che descrivere questa massa di gas è in tutto e per tutto descrivere una stella (perlomeno, nella gran parte della sua vita). Non vi sono trucchi, o segreti particolari!

Va solo detto che se vogliamo arrivare a stime numeriche vere e proprie delle quantità in gioco, avremo bisogno di sapere qualcos’altro. Se ci pensiamo, è normale: dobbiamo sapere con che tipo di “materia” abbiamo a che fare… cioè come crea energia, quanto è trasparente od opaca alla radiazione, come si comporta la pressione ad una variazione di temperatura o densità. Sono le equazioni di stato, di opacità e di produzione di energia (quest’ultima per tener conto del fatto che la stella ha “i motori accesi”, che si basano sulla fusione nucleare). Per saperle descrivere, dobbiamo sapere come si comporta il gas stellare. Spesso si conoscono in forma di tabelle numeriche (ricavate da esperimenti in laboratorio), che si mettono nel programma di calcolatore che risolve le equazioni che dicevamo, per ogni istante di vita della stella.

Fatto questo… il resto sono dettagli. Anche complicati, insidiosi, lunghi da implementare nel programma di evoluzione stellare. Ma sono dettagli, la base – spero di avervi convinto – è decisamente semplice.

Per me, il bello dell’evoluzione stellare è anche in questo…

Post ispirato dal paragrafo “L’equilibrio delle strutture stellari” dal testo “Fondamenti di Astrofisica Stellare” di Vittorio Castellani

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