Blog di Marco Castellani

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Le code delle comete

Questa è una immagine davvero straordinaria. Ma andiamo con ordine. Partiamo con la domanda, ma da dove vengono le code delle comete? Che è una domanda che ci possiamo legittimamente porre, ci mancherebbe.

Forse però la risposta supera le nostre aspettative, perché nel 2016, come alcuni ricorderanno, la sonda Rosetta non solo ha fotografato un jet emergente dalla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, ma ci è proprio volata attraverso.

Uno “sbuffo” dalla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Crediti: ESA, Rosetta, MPS, OSIRIS; UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA
Uno “sbuffo” dalla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Crediti: ESA, Rosetta, MPS, OSIRIS; UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

In primo piano c’è un particolare rivelatore, che mostra un pennacchio luminoso che emerge da un piccolo anello, delimitato da una sorta di parete alta circa dieci metri. Le analisi dei dati hanno poi mostrato che il jet era composto sia da polvere che da ghiaccio d’acquea. Rosetta ha messo in grado, dunque, di esplorare davvero l’origine dei getti che formano le code delle comete. E di studiare in dettaglio i meccanismi di emissione.

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La grande cometa del 1680

Lieve Pietersz Verschuier, La Grande Cometa del 1680 sopra Rotterdam

Le comete radenti di Kreutz sono comete la cui orbita passa estremamente vicino al Sole durante il perielio. Si pensa che tale famiglia di comete sia in realtà costituita da frammenti di un’unica grande cometa che si disgregò diversi secoli fa. L’astronomo tedesco Heinrich Kreutz per primo dimostrò l’origine comune di queste comete.

La Grande Cometa del 1680, nel dipinto, è stata la prima per cui si è individuata un’orbita che la conduce davvero molto vicino al Sole, ad appena duecentomila chilometri da esso (un’inezia in termini cosmici, appena 0,0013 Unità Astronomiche, meno della metà della distanza Terra Luna).

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Don’t Look Up, aspettando d’essere liberi

L’ho visto pure io, ieri. Ormai non potevo più attendere. Ogni giorno mi diventava sempre più impossibile schivare gente che ne parlava. Inevitabilmente, la trama si definiva sempre di più, vanificando in parte la sorpresa. Soprattutto però, mi incuriosiva la grande enfasi con cui molti, sui social, magnificano questo film di Netflix. Volevo semplicemente capire se l’enfasi, per me, fosse giustificata.

Ora, il film è certamente interessante. Direi che concordo pressoché in toto com quanto scritto dall’ottimo Davide Coero Borga su Media INAF qualche giorno fa.

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Dirupi e comete

L’imponente dirupo che vedete nella foto non è stato fotografato in una qualche sperduta regione della Terra. E nemmeno su un altro pianeta, o su una luna del Sistema Solare. No, è un panorama di una cometa. Per la precisione, è parte del nucleo della cometa Churyumov-Gerasimenko (CG in breve) ed è stato scoperto dalla sonda Rosetta, una sonda lanciata dall’Agenzia Spaziale Europea che ha incontrato la cometa CG (in orbita attorno al sole) nel 2014.

 Crediti & licenzaESARosetta spacecraft, NAVCAM; Processamento: Stuart Atkinson

Abbastanza impressionante pensare che stiamo osservando la superficie di una cometa, e che sia così frastagliata. Personalmente trovo questa immagine preziosissima, anche a livello culturale. Non siamo infatti abituati a pensare alle comete come ad un qualcosa di strutturato, come qualcosa da esplorare e solo osservando queste foto ci rendiamo conto di quanto complesso e variegato è il nostro Sistema Solare, quanti incredibili panorami ci aspettano, se perfino una cometa si rivela così complessa e variegata!

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La coda della cometa

Siamo ben abituati a vedere, nelle foto ma soprattutto nell’iconografia di ogni tempo, le comete come entità dotate di una lunga coda dorata. Tanto che una cometa senza coda non è nemmeno pensabile, per noi.

Ma ci siamo mai chiesti da dove si origina, questa coda? In effetti, non ci sono posti così “ovvi” nei nuclei delle comete, da dove possano originarsi questi getti di gas e polveri, a loro volta responsabili della famosa coda. E lo possiamo dire, da alcuni anni, anche osservando da molto vicino un caso specifico: grazie infatti alla missione Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea, qualche anno fa siamo andati proprio a mettere il naso su uno di questi nuclei, la cometa Churyumov-Gerasimenko. Questa foto è una delle molte che ci mostra il nucleo stesso, con una precisione e nitidezza, che solo qualche decade fa non ci saremmo nemmeno sognati.

Crediti & LicenzaESARosetta, NAVCAM

La sonda Rosetta ha orbitato strettamente intorno alla cometa, dal 2014 al 2016, regalandoci una grande quantità di fotografie di impressionante dettaglio. E aiutandoci a far luce su questo mistero della coda, anche. Difatti dall’immagine – per quanto non si riscontri un punto di emissione evidente – si possono scorgere diversi sbuffi di gas e polvere che fuoriescono da numerose zone del nucleo cometario, cosa che avviene soprattutto (e comprensibilmente) quando questo si avvicina al Sole e si riscalda.

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Quel che cometa non è…

Il famoso catalogo di Messier era fatto così, una lista di cose che non sono comete, al fine di aiutare gli astronomi evitando loro perdite di tempo.

Difatti le comete erano, al tempo (intorno alla metà del settecento) tra le cose certamente più interessanti da osservare, e togliere di mezzo oggetti di “scarsa rilevanza” era una esigenza tale da motivare Charles Messier a compilare un catalogo che – ironia della sorte – l’avrebbe reso famoso proprio per quello che contiene.

Il primo oggetto del suo catalogo è la celebre Nebulosa del Granchio, appunto nominata Messier 1 (M1 per andare per le spicce).

Il secondo oggetto, che abbiamo già accennato l’altra settimana, è invece questa meraviglia qui.

Crediti: ESA/Hubble & NASAG. Piotto et al.

Messier 2 (M2, appunto) è uno dei più grandi ammassi globulari che popolano l’alone della nostra Galassia. Ce ne sono più di centocinquanta, e sono stati accuratamente studiati tanto che esistono cataloghi delle loro caratteristiche.

Questa che ammirate è una foto dei quaranta anni luce centrali di questo incredibile ammasso di stelle. L’ammasso è noto anche con il nome alternativo di NGC 7089 e il suo diametro si allarga per circa 175 anni luce. Si ritiene che contenga circa 150.000 oggetti stellari.

Molto di quello che sappiamo riguardo le stelle, lo dobbiamo a questi ammassi. Difatti, avere la possibilità di studiare ambienti così popolati, dove le stelle di dividono per una grande varietà di caratteristiche (grandi, piccole, in fasi particolari dell’evoluzione…) e allo stesso tempo vantano alcune caratteristiche in comune (età e composizione chimica, almeno in prima approssimazione) ha aiutato moltissimo nello sviluppo della disciplina dell’evoluzione stellare.

Questi oggetti non sono solo suggestivi, a vedersi. Sono stati, storicamente, la nostra porta di accesso alla comprensione accurata del fenomeno stella. Ancora oggi tanti interrogativi sulla dinamica degli ammassi globulari attendono una risposta compiuta.

Ciò che cometa non è, insomma, ha ancora molto da dirci. E l’Universo può essere pensato come un sistema complesso, che ci invia un flusso di informazione virtualmente infinita. A noi, alla nostra capacità di ricezione, cogliere e decifrare quel canale, quella frequenza, che abbiamo imparato a capire, che possiamo mappare nella nostra mente.

Charles Messier, probabilmente, non avrebbe avuto grandi speranze di comprendere davvero, se per ipotesi fosse arrivato un uomo dal futuro a parlargli di materia ed energia oscura. Il moto delle comete era l’astronomia di frontiera, era quello il canale su cui l’uomo poteva sintonizzarsi. Molto doveva avvenire perché la mente umana si preparasse a ragionare di temi che oggi, peraltro, sono nell’immaginario comune.

Tra la panoplia di messaggi dal cosmo, scegliamo quello che possiamo comprendere, momento per momento. Che sempre ci dice qualcosa di nuovo.

Se appena ascoltiamo, cioè. Se ci poniamo in ricezione, facendo spazio, lasciando stemperare pensieri e preoccupazioni quotidiane. Facendo silenzio, perché arrivi quel segnale dal cosmo, debolissimo e prezioso, esilissimo e luminoso, che sempre ci spinge avanti. Nella conoscenza di ciò che è lontanissimo, ma anche di ciò che è profondamente innestato in noi, figli delle stelle quali indubbiamente siamo.

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Dalla turbolenza, alla quiete…

Cos’è mai questo esteso anello di ghiaccio, tutto intorno alla stella Fomalhaut? Questa stella piuttosto interessante, visibile con relativa facilità nel cielo notturno, si trova ad appena venticinque anni luce da noi. Sappiamo che gli orbita attorno almeno un pianeta, chiamato Dagon, e sappiamo anche che è circondata da diversi anelli di polvere. Ma la cosa più intrigante è sicuramente questo anello ancora più esterno, la cui scoperta risale a circa una ventina di anni fa, che mostra un bordo sorprendentemente ben definito.

Crediti: ALMA, M. MacGregor; NASA/ESA Hubble, P. Kalas; B. Saxton (NRAO/AUI/NSF)

Vogliamo subito sottolinearlo: anche questa splendida immagine è frutto di un approccio “collaborativo” all’indagine astronomica, del quale parlavamo proprio ieri. In questo caso non parliamo certo di onde gravitazionali, ma di una riuscitissima composizione dei dati di ALMA (Atacama Large Millimeter Array)  con una immagine di Hubble. Qui i dati di ALMA sono in rosa, quelli di Hubble in blu. Insieme fanno una immagine veramente suggestiva, ma ciò che conta è che ci restituiscono, insieme, un quadro più completo e variegato di quello che succede intorno a questa stella così vicina e così particolare.

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Rosetta arriva a destinazione

 

Il nucleo della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko ripreso dallo spettrometro a bordo della sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) il 3 agosto 2014. Crediti e copyrighy – ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA.

Il nucleo della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko ripreso dallo spettrometro a bordo della sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) il 3 agosto 2014. Crediti e copyrighy – ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA.

Dieci anni sono passati da quando la sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea è stata lanciata per un rendezvous spaziale davvero intrigante: entrare in orbita attorno ad una cometa e sganciare una sonda sul suo nucleo per studiarne le proprietà chimico-fisiche.

Oggi Rosetta si può dire arrivata a destinazione. Dopo quattro spinte gravitazionali con la Terra, Marte e altre due con la Terra, e due incontri ravvicinati con l’asteroide Steins (2008) e l’asteroide Lutetia (2010), entrambi appartenenti alla Fascia degli Asteroidi, la sonda dell’ESA ha avuto il rendezvous con il suo principale target: la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Ben riuscito, tra l’altro. Le manovre di avvicinamento e, successivamente nei prossimi gioni, di messa in orbita attorno alla cometa sono in parte automatizzate e in parte seguite da terra e sono iniziate nel maggio scorso. Se anche solo una di queste fosse fallita, la sonda non avrebbe mai incontrato la cometa.

Al momento la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko e Rosetta si trovano a una distanza di 405 milioni di chilometri dalla Terra, circa a metà strada tra l’orbita di Giove e quella di Marte, e si sta avvicinando nella regione più interna del nostro Sistema Solare ad una velocità di 55 000 chilometri all’ora. Sono velocità spaventosamente alte se pensiamo che la velocità media di un’automobile in un centro abitato è 1000 volte più piccola.

Un dettaglio della superficie del nucleo ottenuta dalla camera OSIRIS a bordo di Rosetta. Crediti ESA. Fonte: https://www.flickr.com/photos/europeanspaceagency/14843737445/in/set-72157638315605535/

Un dettaglio della superficie del nucleo ottenuta dalla camera OSIRIS a bordo di Rosetta. Crediti ESA. Fonte: https://www.flickr.com/photos/europeanspaceagency/14843737445/in/set-72157638315605535/

Rosetta è a circa 100 chilometri dalla superficie della cometa, ma si avvicinerà ancora di più. Nel corso delle prossime sei settimane descriverà due traiettorie triangolari precedendo la cometa, la prima ad una distanza di 100 chilometri, la seconda arrivando fino a 50 chilometri dalla sua superficie. Nello stesso tempo gli strumenti a bordo di Rosetta forniranno uno studio dettagliato del nucleo della cometa, analizzando la superficie per mapparla in grande dettaglio in modo da poter determinare il sito di atterraggio più favorevole per Philae. E’ anche probabile che si possa andare ancor più vicino al nucleo: se l’attività della cometa lo permetterà, Rosetta potrà descrivere un’orbita di tipo circolare a 30 chilometri di distanza dal nucleo o anche più vicino.

La cometa descrive un’orbita ellittica con un periodo orbitale di 6,5 anni, orbita che nel punto di massima distanza dal Sole si trova al di là dell’orbita di Giove.

Lo spettrometro ad immagine OSIRIS installato sulla sonda Rosetta dovrà mappare la cometa per individuare un sito adatto all’atterraggio del lander Philae nel novembre 2014. Si tratterà di una grande evento nella storia umana: per la prima volta un robot si depositerà sul nucleo cometario e rimarrà ancorato per studiarne le proprietà fisiche e chimiche che legano i processi di sublimazione del gas cometario, la polvere, la composizione del nucleo e tutti i processi fondamentali che hanno luogo man mano che la cometa si avvicina al Sole, passa nel suo punto di minimo distanza con la stella e se ne allontana.

Nei giorni scorsi Rosetta aveva anche compiuto una misura della temperatura della cometa trovandola troppo calda per ipotizzare un nucleo ricoperto di ghiacci. L’ipotesi, dunque, è che debba avere una crosta scura e rocciosa. Questo risultato è stato ottenuto dallo spettrometro VIRTIS tra il 13 e il 21 luglio scorsi quando Rosetta si è avvicinata alla cometa da una distanza di 15000 chilometri fino a circa 5000 chilometri. A questa distanza, grazie ad un sensore in grado di raccogliere la luce infrarossa emessa dall’intera cometa, è stato possibile ricavare la temperatura superficiale media che si aggira intorno a -70 gradi centigradi. In particolare, tale misura è avvenuta quando la cometa si trovava a 555 milioni di chilometri dal Sole, oltre tre volte la distanza della Terra dal Sole, il che comporta un valore di radiazione solare circa un decimo di quella che arriva sulla Terra.

Sebbene -70 gradi centigradi sia un valore piuttosto basso per le temperature quali siamo abituati noi sulla Terra, in realtà è non lo è per gli oggetti del nostro Sistema Solare, e in particolare è un valore più alto di quella che ci si aspettava, circa 20-30 gradi centigradi in più del valore di temperatura prevista per un oggetto cometario a una tale distanza se si suppone essere completamente coperta di ghiaccio.

Il risultato è estremamente importante dato che è possibile fare delle previsioni sulla composizione e le proprietà fisiche della superficie della cometa. Le misure della temperatura infatti portano a confermare che la maggior parte della superficie del nucleo cometario sia ricco di polvere.

E l’avventura è appena iniziata.

Le ultime spettacolari immagini di Rosetta le trovate qui.

Link utili:

ESA – Rosetta arrives at comet destination

ESA – Google+

Avamposto42-articolo di Stefano Sandrelli: Un funghetto per Rosetta

Altre informazioni:

ESA – How Rosetta Arrives at a Comet 

19 gennaio 2014 – Sveglia, sveglia, Rosetta!

20 gennaio 2014 Rosetta si è svegliata! 

20 maggio 2014 – Una cometa attiva per Rosetta 

Sabrina 

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