Blog di Marco Castellani

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Attraversare portali

Bella ed appassionante la conversazione di ieri pomeriggio con Gloria Ferrari, intriganti le domande e allo stesso tempo aperte. Domande in cui potevo mettere me stesso, nella misura esatta in cui lo desideravo. E piano piano, parlando, mi veniva naturale – anche per il tono accogliente dell’intervistatrice – mettere di più me stesso in quel che dicevo.

Davvero, raccontando qualcosa racconti comunque la tua storia. Se racconti con passione, racconti non tanto e non solo del cosmo, delle galassie, del Big Bang, dell’energia e della materia oscura, dei pianeti e delle stelle, ma racconti comunque di te. Nella misura in cui questo universo ti è entrato nel sangue (e più ne parli più ti entra nel sangue), raccontandolo racconti la tua storia. E non puoi fare altro, in fondo.


Poiché l’universo è fatto di storie, ognuno ha semplicemente la sua storia da raccontare, diversissima da quella degli altri. Forse uno guarisce accogliendo il fatto che la sua storia è realmente unica, lasciando perdere di copiare gli altri, rilassando quel desiderio distorto di uniformarci che, comunque, non ci salverà la vita.

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Il cosmo e la poesia (II)

Come abbiamo iniziato a comprendere la volta scorsa, la poesia ha costantemente guardato al cielo con quel senso di meraviglia che a volte l’impresa scientifica (possiamo pur dirlo) ha perso di vista, incalzata dall’inesorabile progredire della tecnica e dalle nuove possibilità che si aprono continuamente – in particolare – per l’esplorazione dello spazio. La poesia è allora ciò che aiuta l’astronomo a rientrare in sé, a recuperare la sua umanità e quindi lo aiuta e a tornare amico delle parole e perciò stesso, a raccontare e raccontarsi. Se l’intero è più della somma delle sue parti, il cosmo è ben più della mera collezione delle informazioni riguardanti gli oggetti che lo compongono. Il poeta non si cura di studiare la struttura degli interni stellari, compito senz’altro dell’astrofisico: egli intende piuttosto di riportarci a quella comprensione globale del cosmo che pur ci appare necessaria. Può esserci ancora spazio, in questo mutuo soccorrersi, per interrogativi oziosi su quale delle due attività sia da considerare privilegiata?

Busto di Saffo conservato nei Musei Capitolini a Roma

In fondo, la poesia è la divulgazione del mistero del cosmo e dell’uomo, in modalità fascinosamente sintetica e secondo la difformità di visioni che garantisce, per cui la scienza che torna amica della poesia è una scienza che si fa divulgare con maggior facilità e con più deciso riscontro. La poesia insomma fa bene alla scienza (ma vale anche il viceversa).

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Il cosmo e la poesia (I)

Da più parti ormai si percepisce la necessità indilazionabile di un punto di sintesi ed unione delle diverse discipline. Assai concreto, in questo tempo, il rischio di una sorta di cosmica confusione: migliaia di emittenti su centinaia di frequenze diverse e da decine di media propongono messaggi ed offrono ricette per la vita (per citare il grande Franco Battiato).

Da astrofisico e scrittore, ho percepito sempre molto forte l’esigenza di comporre prima di tutto in me stesso istanze in apparenza divergenti, come quella scientifica e quella letteraria. Va da sé, operazione necessaria: questo universo non può essere compiutamente pensato la poesia, perché rimane arido e asettico, poco interessante, ultimamente inaccessibile. Sepolti da tonnellate di big data, perdiamo il senso di ciò che stiamo indagando. Così accade, se ci affidiamo esclusivamente alla scienza ed alla tecnica, per sviluppare una narrazione complessiva del cosmo.

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Evolvere

In questo periodo ci si imbatte in una molteplicità stellare, direi, di auguri ed auspici per il nuovo anno. Astronomicamente parlando, come fanno notare alcuni, questo è appena l’inizio di un altro giro intorno al Sole: tuttavia penso che debba trattenere una sua carica di evocazione, di suggestione. Perché qui è stato detto molte volte, l’astronomia che ha ancora valore è ormai soltanto (e non è poco) quella che ha un collegamento di senso con l’avventura umana, un collegamento forte e stabile. Siamo noi a dar significato al cielo in qualche maniera, è il nostro modo di guardarlo che lo fa esistere in un certo modo e non in altri.

Allora un altro giro è anche l’occasione per fare il punto, vedere dove si vuole andare noi come persone, perché se la Terra compie un altro giro, astronomicamente assai simile a quello che lo ha preceduto, noi non possiamo rimanere sempre sugli stessi percorsi. Dobbiamo crescere, dobbiamo evolverci: rifiutarlo è fonte di sicuro disagio, perché è come opporsi ad una legge di natura, ad una regola dell’universo. Dobbiamo evolverci, altrimenti perdiamo il senso del nostro tragitto, aggrappati a questo pianetino che è a sua volta lanciato dentro un sistema di lanci e rilanci che ci fa viaggiare nella Galassia e con lei, nell’Universo intero.

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L’ammasso dell’albero di Natale

Questa bella immagine mostra il cosiddetto ammasso dell’albero di Natale. Le luci blu e bianche sono prodotte da giovani stelle che emettono raggi X, rilevati dal satellite Chandra della NASA. I dati ottici del telescopio WIYN da 0,9 metri della National Science Foundation al Kitt Peak mostrano il gas nella nebulosa in verde, corrispondente agli aghi di pino dell’albero, e i dati a infrarossi della Two Micron All Sky Survey mostrano le stelle in primo piano e di sfondo in bianco. Questa immagine è stata opportunamente ruotata, in modo che la parte superiore dell’albero appaia verso la parte superiore dell’immagine stessa.

Nessun albero di Natale più grande di questo, decisamente…
Crediti: X-ray: NASA/CXC/SAO; Optical: T.A. Rector (NRAO/AUI/NSF and NOIRLab/NSF/AURA) and B.A. Wolpa (NOIRLab/NSF/AURA); Infrared: NASA/NSF/IPAC/CalTech/Univ. of Massachusetts; Image Processing: NASA/CXC/SAO/L. Frattare & J.Major

L’ammasso in questione è NGC 2264, un brillante ammasso aperto circondato da un esteso sistema di nebolosità diffuse.

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Educarci allo spazio

Devo dirlo, anche a rischio di apparire utopista: io credo che quella nuova umanità che tutti indistintamente attendiamo, dovrà avere – quasi a pelle – una percezione del cosmo molto più viva di quella che abbiamo noi ora.

Siamo ancora immersi in una poderosa stortura, se ci pensiamo: siamo dentro uno spazio immenso e pieno di cose da guardare – che sfidano la nostra immaginazione – ma facciamo perlopiù finta di niente. Cose da guardare, come questa qui sotto: l’ammasso di galassie Abell 2744 ripreso dal James Webb, una poderosa fusione di tre distinti ammassi di galassie a circa tre miliardi e mezzo di anni luce da noi.

L’ammasso di galassie Pandora
Crediti: NASAESACSA, Ivo Labbe (Swinburne), Rachel Bezanson (University of Pittsburgh), Processing: Alyssa Pagan (STScI)

Può essere un caso che soltanto in quest’epoca abbiamo accesso ad immagini come questa, soltanto ora il cosmo si svela ai nostri occhi in una ricchezza soverchiante di varietà e di configurazioni, davvero da travalicare ogni pensiero? Basta fare un giro nell’ammasso di Pandora (la voce che accompagna è in inglese ma già le immagini giustificano il viaggio) per accertarsene oltre ogni dubbio.

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Vita nel cosmo

Argomento di sicura attualità, viste le ricerche sempre più insistenti e precise che i nuovi strumenti ci permettono. La ricerca della vita nel cosmo, le prospettive, le sensazioni, le possibili sorprese. E anche le grandi burle, come quella dell’Ottocento, riguardante la Luna (nella quale ci cascarono in tantissimi) …

Riascolta la chiacchierata che ho fatto con Alberto Negri di SpazioTesla, la sera del 6 marzo scorso. E se vuoi, fammi sapere nei commenti qui sotto, la tua opinione!

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La musica del cosmo

Il testo di una canzone può essere letteratura? Ai tempi delle mie scuole medie (secolo scorso), le parole de La Guerra di Piero del grande Fabrizio De André (a proposito del quale Stefano Sandrelli ha recentemente dialogato con ChatGPT) con stupore le vidi comparire nel mio sussidiario, gomito a gomito con quelle di ben più blasonati poeti.

Immagine di Davide Calandrini – @davidecalandrini 

All’epoca avevo un po’ troppo forte addosso il senso di cultura come roba polverosa ed antica, ma mi parve buffo che una persona che ineriva al mondo vivo della canzone (un mondo che dialogava costantemente con le mie emozioni e i miei sentimenti, come fa anche adesso), potesse guadagnarsi un posto lì. La domanda mi segue fin da allora: ci stava bene quel testo nel sussidiario? Era il suo posto? Non ci provo nemmeno a rispondere: so che la domanda continuerebbe comunque a pungolarmi, di tanto in tanto… [Continua a leggere sul portale EduINAF]

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