Tornato ieri a sera, dalla piccola tournée di due giorni, due incontri con tante persone, per raccontare le novità del cielo. Due incontri per declinare il titolo che mi era stato assegnato, suggestivo ed impegnativo al medesimo tempo: L’universo elegante mostra la sua danza di futuro.
Come per anni precedenti, ho raccolto l’invito cordiale di Gianluigi Nicola, presidente della Associazione Italiana Teihard de Chardin, a venire a raccontare, la sera di sabato 21 a Diano Marina e la mattina del 22 presso il Monastero di San Biagio, a Mondovì.
Sono state due occasioni per fare il punto sulle scoperte astronomiche degli ultimi cinque anni, comprendendo così come l’indagine del cielo – come il cielo stesso, del resto – è in fase di espansione accelerata, così che perfino durante gli anni del COVID si sono susseguite una serie di scoperte straordinarie, come di esplorazioni mai tentate prima.
In una manciatina di mesi, infatti, siamo andati a prender sassi sugli asteroidi, abbiamo lanciato nello spazio un telescopio gigante, abbiamo forse capito perché l’universo non si è azzerato subito dopo la sua nascita in un megascontro tra materia e antimateria, abbiamo indagato il sottosuolo di Marte ma ci abbiamo anche svolazzato sopra, con il primo drone planetario, abbiamo ascoltato il mormorio del tappeto di onde gravitazionali che pervade lo spazio, abbiamo trovato acido ribonucleico aggrappato stretto sopra un asteroide, abbiamo riallacciato i contatti con una sonda lontana ventiquattro miliardi di chilometri alla quale si era guastato il computer … e si potrebbe continuare. Ma avete compreso già.
La sonda Chandra è stata lanciata nello spazio, tramite lo Space Shuttle Columbia, esattamente 25 anni fa, il 23 luglio del 1999. Era veramente un’altra epoca. Ed era davvero uno strumento innovativo. Per quanto riguarda l’astronomia nei raggi X è stato il top per moltissimi anni. Non si contano le scoperte dovute al lavoro di Chandra.
In questo blog, attivo in varie forme da un paio di anni prima che Chandra iniziasse la sua avventura, moltissime volte ho parlato di lei, dei suoi risultati, del nuovo cielo che ci stava facendo scoprire. Basta fare una ricerca veloce, per immergersi in questo flusso. Era abbastanza facile, anche, perché il sito di Chandra era molto orientato, direi da subito, alla divulgazione: all’epoca, non era affatto scontato.
Dal lancio, Chandra ha osservato migliaia di oggetti, alcuni anche molte volte, per realizzare una serie di scoperte senza precedenti. Questa immagine rappresenta sinteticamente la varietà degli oggetti e fenomeni che la sonda ha studiato in questo quarto di secolo, dai buchi neri ai resti di supernova (e molto altro).
Sempre più, quando vado in giro a raccontare le stelle mi capita di pensare che sto facendo il lavoro più bello del mondo. Proprio così. Un lavoro per cui è sicuramente valsa la pena studiare, è valsa la pena affrontare gli inevitabili momenti di aridità, le ineludibili frustrazioni.
Guardandomi indietro, perfino i mille ripensamenti – ma sarà per me questo lavoro? Mi corrisponde veramente? – e le pesanti, laceranti incertezze: tutto si ricompone. Tutto ha avuto la sua funzione, la sua importanza. Adesso lo capisco, tutto è stato necessario.
Le prime esperienze di pubblicazione di articoli scientifici e le borse di studio a Teramo, a Napoli. Il giro d’Italia per partecipare ai dottorati, presso le varie università. Cose ormai di molti, molti anni fa. Arrivavo il pomeriggio del giorno prima con il treno, cercavo gli alberghi più economici. La mattina di corsa alla prova scritta, dove trovavo tanti volti che avevo visto magari il giorno prima, in un altro luogo d’Italia. Bologna, Padova… città sfiorate per capire se avevano quello che cercavo. Se c’era strada per me. Quello a Roma afferrato infine in extremis, come ultimo tentativo prima di cercare un diverso lavoro. Il primo figlio (anzi, figlia) era già in arrivo: una ragazza che era anche lei alla prova scritta, saputo che mia moglie stava per partorire, mi chiese stupefatta e allora tu che ci fai qui?
Arrivati su Amazon verso la fine di agosto, sono gli altri racconti che non avevano trovato posto nel primo volume, Anita e le stelle, pubblicato nel 2019. E direi subito che il tempo è servito, perché questi altri sei, sono stati esaminati anche da alcune persone del Gruppo Storie dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, diventando proprio oggetto di lavoro. Sono così arrivati diversi suggerimenti per migliorare i racconti, alcuni dei quali implementati nel volume che ora potete leggere.
Così spero che lo sguardo di Anita sulle stelle si sia fatto più penetrante, più fresco e più vivo. Almeno di un poco. Forse Anita, la conoscete già. Magari alcuni di voi la conoscono, almeno un po’. Anita è una ragazzetta molto vispa e curiosa, che si fa un sacco di domande (come tutte le persone della sua età). Fatto sta che lei ha una mamma che è astrofisica di mestiere, e dunque le può rispondere anche a domande sull’inizio del cosmo, sul Big Bang, sugli alieni, sulla forma della nostra Galassia, e su tante altre cose del cielo che, in effetti, destano la curiosità di tutti.
I temi forse li potete intuire, scorrendo i titoli. Ci vuole un grande telescopio?, L’universo conosciuto, La storia del presente universo, Lo scoppio più grande di tutti, Le stelle più vicine a noi, Quando ci visitano gli alieni. Insomma ci sono tanti argomenti di cui parlare, tante occasioni per Anita per fare domande, anche perché ogni domanda in realtà è una richiesta di attenzione ed affetto verso la mamma: attenzione prontamente e limpidamente ripagata, esaudita. C’è uno scambio sottile tra le due donne che va oltre l’astronomia, perché l’astronomia da sola non basta, non serve. Serve se indica altro, appunto.
Si chiama ScienzaPerTutti ed è il sito di comunicazione scientifica dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. La bella novità che volentieri diffondo, è che il progetto Fisicast cui collaboro (un pochino), del quale cui ho già riportato tracce di attività nel passato, è sbarcato con successo sul portale.
Grazie infatti alla proficua collaborazione con i colleghi dell’INFN, da adesso Fisicast è anche una specifica rubrica del portale ScienzaPerTutti, che pubblicherà ogni lunedì una puntata scelta dall’archivio.
Il post conterrà (ovviamente) il link per ascoltare l’audio del podcast, che sarà presentato da un brevissimo trailer video, e per la prima volta si potrà scaricare anche un pdf con la trascrizione della puntata.
Sicuramente una bella occasione per rivitalizzare l’archivio prezioso di Fisicast e anche un riconoscimento di valore, che certamente non guasta: giusto premio per chi lavora assiduamente (ben più del sottoscritto) al progetto. Ad un anno dalla ripartenza, un sontuoso traguardo per Fisicast, dunque.
Questa settimana si inizia con la puntata n.1, Il Tempo, di Riccardo Faccini. Tema importante per la prima uscita! Poi si prosegue con Le Maree (Fisicast #21) e La Meccanica Quantistica nel Mio Cellulare (Fisicast #12). Si andrà poi avanti con cadenza settimanale, offrendo una strada utile anche a chi non ne fosse venuto a contatto prima, per introdursi nel progetto e iniziare ad apprezzare questo modo preciso e leggero di raccontarsi la fisica.
Perché se è vero (come è vero), che l’universo è fatto di storie, la fisica si deve poter raccontare anche a parole, mettendo da parte le formule più astruse, a vantaggio di una comunicazione più diretta ed accessibile, davvero per tutti. Questi ragazzi lo fanno, con molta passione e viva professionalità.
Che altro aggiungere, se non l’invito a… venire ad ascoltarli?
Eh sì, abbiamo avuto già occasione di occuparci di Fisicast, il podcast nel quale si racconta la fisica. In particolare ci piace qui ricordare il nostro post con le tre domande che girammo a suo tempo (correva l’anno 2012) ai curatori dell’iniziativa. Ma vale senz’altro la pena riferirsi anche all’articolo apparso su Media INAF, pubblicato l’anno successivo, per comprendere meglio l’idea che è alla base del progetto.
Se non sapete di cosa stiamo parlando, probabilmente la descrizione più concisa ed efficace è quella che compare sul sito stesso del progetto, FISICAST è un podcast audio pensato per tutti coloro che vogliano capire meglio com’è fatto e come funziona il mondo che li circonda. Esso consiste in puntate mensili costituite da brani audio di 15–25 minuti in formato di intervista, dialogo o monologo, musicati per un piacevole ascolto: un modo innovativo di raccontare, spiegandoli alla gente, i concetti della fisica, i fenomeni della natura e le tecnologie di uso comune.
Il tempo passa, e la sua freccia, come ben sappiamo, punta in avanti. Tra una cosa e l’altra, nel trascorrere dei mesi, Fisicast ha messo su un archivio piuttosto rilevante: si contano ormai ben sessantuno puntate, tutte liberamente ascoltabili, con una ampia rosa di argomenti, che spazia da argomenti assai vicini all’esperienza comune, come caldo e freddo a temi decisamente più ardimentosi (almeno per un podcast), come teoria della relatività, meccanica quantistica e onde gravitazionali.
E ovviamente, se non l’avete ascoltata, vi raccomandiamo caldamente e (fate finta di crederci, perfavore) disinteressatamente, di ascoltare l’ottima puntata su Phos, dove si azzarda perfino… una intervista ad un fotone!
Storie di fotoni (e altre minuzie) a parte, quello che qui ci piace sottolineare è l’estrema fruibilità della proposta. Essendo difatti ogni puntata concepita come “a sé stante – e non come un corso da seguire magari in modo progressivo – si può saltare direttamente sopra qualsiasi puntata di interesse, con la ragionevole certezza di passare una mezz’ora in compagnia di un ascolto intrigante ed intelligente, con la confidenza rassicurante di imparare qualcosa, nonché di trovare territorio fertile per lo sviluppo di nuove idee e nuove domande (che poi, la scienza fa così, ogni risposta si porta appresso un’altra domanda). Insomma si può entrare nella fisica, anche la più attuale, in modo morbido, accompagnati da professionisti della ricerca e da allenati divulgatori. Scegliendo il punto di ingresso che più ci piace.
Se vi parliamo proprio oggi di Fisicast è per un motivo preciso. Il progetto infatti è ad una importante ripartenza, dopo diversi mesi di inattività. Dopo aver visti i pianeti di altre stelle, nell’agosto dello scorso anno, ci si era un po’ fermati, per una molteplicità di motivi, che poi fanno parte del gioco.
Eppure non pareva bello abbandonare una cosa così. Non pareva bello nemmeno ai curatori. E difatti, Fisicast riparte, esattamente da oggi. Possiamo testimoniarvi che si è appena riformata una squadra decisamente motivata, e questo ci fa davvero ben sperare per il futuro.
E se l’entusiasmo è nuovo, la sfida è la stessa di sempre.
Si tratta, come ben comprendete, di una sfida antichissima, destinata a durare quanto l’uomo: quella di rendere vere le cose, raccontando. Qui infatti non ci sono lavagne, non ci sono diagrammi da mostrare. Tutto avviene sul filo delle parole, sull’architrave del racconto. Come è sempre stato, dalla notte dei tempi, dagli incontri davanti al fuoco, potremmo dire, fino ad oggi.
La sfida è proprio questa, far passare contenuti semplificati ma mai banalizzati, lineari ma rigorosi, appoggiandosi alla linea delle parole, quella linea magica e misteriosa che unisce – per dire – Fermi ad Ungaretti, scienza a letteratura: che poi è la più propria della mente, la quale, ultimamente, lavora i propri concetti in questo modo, appoggiandosi sul linguaggio. Anche le formule più astruse, infatti, diventano alla fine linguaggio, nella mente dello studioso.
E’ una sfida particolarmente interessante, a nostro avviso. Superare le barriere, la paura della matematica, andare oltre tutto, al fine di dire le cose ugualmente, senza diluirle o banalizzarle. Ovvero, raggiungere una semplicità di secondo grado che peraltro si configura come una acquisizione sempre più necessaria per una nuova ed efficace comunicazione, nel mondo contemporaneo. Per usare le parole di Marco Guzzi, filosofo e poeta, Quello che però viene richiesta urgentemente è una distillazione, è distillare goccia a goccia una semplicità di secondo grado. Che vuole dire di secondo grado? Vuole dire una semplicità che porti dentro di sé, nel suo dirsi, nella sua parola, ma senza nemmeno doverle ricitare continuamente, tutte queste tradizioni, tutta questa forza. Qui la tradizione e la forza specificamente (ma non soltanto) del pensiero scientifico, per come si è costituto pian piano nel suo affidabile deposito di cultura e conoscenza.
La puntata fresca di forno si occupa del suono, ed è a cura di Giovanni Organtini dell’Università di Roma “La Sapienza”. Seguirà una puntata dedicata ai raggi cosmici, di Livia Soffi (INFN), e poi “Il fotone oscuro” di Danilo Domenici (INFN). Ma diverse altre puntate sono già in preparazione, in modo da assicurare il mantenimento della periodicità mensile del podcast.
L’invito è di collegarsi tramite una delle tante modalità disponibili, e lasciarsi catturare dall’avventura della fisica moderna. Cioè dall’avventura, sempre viva e nuova, di un racconto.
E’ giusto, probabilmente, che Anita torni anche qui a parlarci, a presentare brevemente questo libro che la vede protagonista – assieme con la mamma, astronoma di professione – in una serie di sei racconti, parte dei quali sono stati anticipati su questo sito. Ad iniziare da quel primo, La bambina e il quasar, da cui ha avuto origine tutto il progetto.
Che posso dire? Forse innanzitutto che il libro, reperibile presso IBS (per gli insegnanti, anche con la carta del docente), è un esperimento, un esperimento che è già da tempo in corso in alcune scuole, e che ha portato risultati proprio interessanti, parte dei quali sono raccontati dalla professoressa Carla Ribichini nella sua ottima introduzione al volume, che si può leggere integralmente sul mio blog.
E che scrivere questi racconti è stata un’avventura molto bella, per me.
Eh sì, anche quest’anno si celebra la Notte dei Ricercatori, un evento che ci serve, ci serve davvero, per rientrare in contatto con quell’opera quotidiana di fare scienza che ferve ogni giorno, ogni momento, intorno a noi, ma di cui solo in occasioni particolari, ne facciamo esperienza.
E’ normale, lo dico subito. Alla scienza non ci pensiamo troppo spesso. Siamo immersi in un Universo decisamente formidabile, lo sappiamo (e qui ce ne occupiamo da molti anni, mettendolo a tema tutte le volte che si può). Ma spesso risulta velato, messo a distanza, tenuto quasi lontano, dalla liturgia artificiale delle luci elettriche che ci precludono la vista di quegli evocativi bagliori, segni della presenza amica dell’infinitamente lontano. E velata anche, forse, da quella rete di comunicazione globale, così onnipresente che a forza di collegare tutto e tutti, diventa autoreferenziale, in qualche misura, e dimentica cosa esiste, cosa vive, da miliardi di anni, al di fuori di essa.
Ma poi siamo presi da mille cose, diecimila impegni, preoccupazioni, decisioni da prendere. Momenti di gioia, anche. C’è vita, dopotutto, su questo pianeta. Ed è normale (un miracolo, che ci pare normale).
Allora, ritornare a comprendere come la ricerca scientifica può entrare in qualche misura nella vita di ognuno di noi, portando quel soffio di voglia di capire, conoscere, di giocare (in fondo) ai piccoli esploratori, a caccia di indizi in un mondo grandissimo e miracolosamente conoscibile, ebbene questo assume – soprattutto oggi – una portata non solo culturale ma – io ritengo – anche esistenziale, della quale è bello fare tesoro.
E comunque, sulla Notte Europea dei Ricercatori 2019 potete trovare un mucchio di utili informazioni, a cominciare dal sito di Frascati Scienza. Se poi, in particolare, gravitate nella zona dei Castelli Romani (più famosa per il buon vino che per la scienza, probabilmente ma non del tutto giustamente…), potreste essere anche interessati alle attività con cui l’Osservatorio Astronomico di Roma (in quel di Monteporzio Catone, nello specifico), prende parte alla celebrazione della scienza, nella notte di venerdì 27 settembre. Le attività sono dettagliatamente elencate nel sito dell’Osservatorio (attenzione che comunque è necessario prenotarsi, per partecipare).
Oh, e se visitate gli stand scientifici, venite a trovarci che parliamo un po’ anche del Satellite Gaia, sul quale qui lavoriamo da un bel pezzo. Io vi aspetto in particolare, con un poster fresco fresco con i “fatti fondamentali” di questo emozionante marchingegno scientifico a spasso per la Via Lattea, di cui tante volte abbiamo scritto qui.
Buona notte… dei ricercatori, dunque! E occhi al cielo notturno, che è (sempre, sempre) pieno di stelle.