Certe volte guardo il cielo i suoi misteri le sue stelle Ma sono troppe le notti passate senza te Per cercare di contarle
Esperienza recente, per molti di noi. D’estate infatti è più facile avere occasione di guardare il cielo, lontano dai centri urbani, dove il buio è ancora degno di tale nome. E di scoprirlo, quasi inaspettatamente, pieno di stelle. Il che porta, sovente, a risultati imprevedibili. Perché magari si attivano misteriosi collegamenti interni, perché le stelle dicono qualcosa per ognuno.
Biagio Antonacci, nella canzone il cui incipit apre anche questo articolo, amalgama abilmente misteri e stelle del cielo con il sapore delle notti trascorse senza la sua stella, senza la persona amata. Con minima spesa di parole, con attraente sbrigatività poetica: edificando un tunnel, una efficace scorciatoia tra spazio esterno e spazio interiore. Un’abbondanza di misteri e di stelle, mescolata insieme ad una mancanza? Un composto decisamente agrodolce. Mi torna alla mente una strofa lapidaria di Saffo… [Continua a leggere sul portale EduINAF]
Come avrete probabilmente notato riguardo le illustrazioni di questa rubrica, alla consolidata collaborazione con l’artista ed amico Davide Calandrini, si è quietamente avviata negli articoli più recenti una sperimentazione di immagini generate con i motori di intelligenza artificiale, i cosiddetti text-to-image.
Il reale muta molto velocemente, siamo in accelerazione anche noi – proprio come il cosmo – ed è più che opportuno sperimentare con le nuove soluzioni tecnologiche, comprenderne potenzialità e limiti: tutto questo, con l’intento di non farsi condurre da esse in modo passivo, ma educarsi anche qui ad un proficuo rapporto, che tuteli quella creatività che è la forma specifica ed irriducibile che distingue l’umano dalla macchina.
L’intelligenza artificiale – lo sappiamo – non è realmente creativa (provate a chiederle di generare una poesia e vi metterete le mani nei capelli), è un insieme di algoritmi, pur estremamente sofisticati. La creatività è però il centro gravitazionale specifico di questa rubrica, così possiamo avvertire questa indagine come una parte organica di questo nostro attivo dimorare nel punto di intersezione, sempre vivo, tra letteratura e scienza.
Tecnicamente, i motori text to image (da testo ad immagine) generano una illustrazione a partire da un input testuale, anche molto strutturato: si può domandare, per esempio, non soltanto di avere una immagine di un gatto in una vecchia casa ma aggiungere dettagli stilistici o pittorici, tipo un gatto su un tavolo stile Vermeer (non so se lui abbia mai dipinto qualcosa del genere, ma è inessenziale in questa sede). Vi sono diversi motori di questo tipo, disponibili online: cito solo alcuni tra i più noti, come Image Creator di Microsoft, NightCafé o Firefly di Adobe, ma la lista esaustiva sarebbe assai lunga. Tuttavia non è tanto il lato tecnico che ci interessa qui, quanto le ricadute in ambito creativo. E vogliamo capire come se la cavano, specialmente, con la parola poetica. Sopratutto, che immagini ne riescono a trarre.
In una Roma torbidamente soffocata nel caldo estivo, con la ridotta lucidità consentita dalle temperature in fuga ascendente, ho provato dunque a compiere un minimo esperimento, dando in pasto ai tre motori citati, un verso di Annalisa Manstretta, un verso che abbiamo già commentato qualche mese fa (quella volta era accompagnato da una immagine elaborata da Davide):
Il sole dal lato sinistro, la luna da quello destro, due cerchi perfetti. In questa campagna astrale ci son finita io, quella fuori scala, dalla taglia modesta di una donna.
Non ho impartito raccomandazioni stilistiche e mi sono limitato alle impostazioni di default, per la generazione di immagine: ogni sito peraltro permette di giocare con una serie di regole in modo da ottenere, dallo stesso prompt testuale, una grande varietà di immagini. Ancora, spesso le immagini generate sono molteplici: qui ne riporto appena una per ogni caso, scelta a mio gusto personale.
Ecco dunque cosa mi propone Image Creator.
Una composizione astratta decisamente cosmica dove correttamente un astro simile al Sole appare sulla sinistra, un corpo simile alla Luna sulla destra. La figura femminile si pone evocativamente come tratto d’unione tra i due. Forse il modesta è stato appena tralasciato… [Continua a leggere sul portale EduINAF]
È una comunicazione stancante, frustrante, dove non fai in tempo a illuderti, e già la delusione ti arriva addosso come una doccia fredda. Forse è anche per questo che da bambina guardavo la Luna per delle ore dalla finestra della mia stanza, con la sensazione di appartenere più a lei che alla Terra. Lo faccio ancora: guardo la Luna con la stessa intensità di allora, a volte fino a che gli occhi mi lacrimano. Allora ero convinta che se l’avessi guardata abbastanza intensamente forse sarei stata finalmente risucchiata lì, a casa. Ero una strana bambina, mi sembrava di avere già vissuto un migliaio di vite almeno, e non capivo i continui slittamenti di umore dei miei, le ragioni dietro i loro conflitti silenziosi. Quando la Luna era piena giocavo a chi toglieva lo sguardo per prima, e vinceva sempre lei, con quel suo rimmel sbavato che non si sistema mai. Una notte che mio padre era tornato a casa dal ristorante ed era entrato nella mia stanza forse per controllare se dormivo, ero saltata su nel letto e gli avevo detto “Il sole fa rumore, ma la Luna è silenziosa”. Chissà se lui se lo ricorda; io mi ricordo che invece di dirmi che era una stupidaggine da bambina aveva annuito e mi aveva guardata con una strana soddisfazione negli occhi. Alla luce della lampada del comodino mi era sembrato fiero di me, sì.
Andrea de Carlo lo incontrai anni fa a Roma, in una libreria del centro, ed in tale occasione gli potei parlare brevemente. Fu molto cordiale con me, tra l’altro mi parve sinceramente interessato al lavoro di un astronomo. Se ben ricordo, era il giro di presentazione de L’imperfetta meraviglia, dunque non era ancora stato pubblicato Una di Luna (2018, edito per La nave di Teseo) – titolo veramente alla De Carlo, come Due di Due oppure Di noi tre (due capolavori, se volete la mia opinione), ma evidentemente l’astronomia già orbitava nei suoi interessi.
Una di Luna non è forse il De Carlo che preferisco in assoluto – quello di Durante, per dire, o del Teatro dei Sogni – ma è quello che meglio degli altri, si presta ad essere attraversato in chiave squisitamente astronomica. Del resto, narra una vicenda che vive davvero in luce lunare, una storia tenue e con una trama semplice, scritta in modo lineare, dove vincono i colori sfumati sulla complessità degli intrecci, dove i particolari sono definiti quel tanto che basta. A volte sono appena sbozzati, in verità. E probabilmente, ha senso [Continua a leggere sul portale EduINAF]
Stiamo tutti cercando un rapporto nuovo con il mondo, dunque anche con il cosmo. Per molti versi sentiamo che la consapevolezza si accresce, generazione dopo generazione (come pure, nella nostra evoluzione personale), e ciò che andava bene prima ora, semplicemente, non ci corrisponde più.
Ma forse è anche che questo universo in cui viviamo – grazie principalmente al flusso ininterrotto di nuovi dati astronomici e alla tecnologia che ci permette di venirne a contatto in modo immediato – si svela adesso ai nostri occhi in maniera totalmente inusitata. Per la prima volta nella storia dell’umanità, possediamo descrizioni ed immagini di oggetti fuori dal Sistema Solare, dalla Galassia. Riusciamo a leggere segnali addirittura dai primordi del cosmo. Con un clickpossiamo accedere, in un instante, alle immagini dettagliate di corpi celesti lontanissimi da noi come Plutone, come pure a panoramiche spettacolari della sua luna Caronte, ottenuti dopo quasi dieci anni di volo dalla sonda New Horizons.
Pare conseguente che dalla conoscenza accresciuta nasca – o possa comunque nascere – un nuovo rapporto con tutto. Un rapporto che, senza nulla togliere alla precisa sobrietà dell’indagine scientifica, dentro di noi possa anche colorarsi di una sorta di unicissimo mosaico emozionale. Una parte di emozione in effetti può aiutare la conoscenza: per come siamo fatti, ciò che non ci muove niente dentro, ciò che rimane solo nella testa, si dimentica facilmente. Invece, sentire l’universo, poterlo quasi mordere (un po’ come dicevamo per Ungaretti), e non appena comprenderlo razionalmente, ci immette in un rapporto nuovo, vivo, fresco.
In questo (ed anche molto altro) proprio i poeti sono spesso avanti, ci piaccia oppure no (a me piace, perché non sopporto quegli scienziati che si credono possessori di un qualche accesso privilegiato alla conoscenza tout court: la quale è scientifica, certo, ma non solo). Mi sembra questo il caso per Fernando Pessoa… [Continua a leggere sul portale EduINAF]
Torno a parlare di testi musicati, due mesi dopo l’articolo su Peter Gabriel. E di Luna, sopratutto. Perché è impossibile negare che ci sia un ritorno alla Luna dopo tanto tempo: per la precisione, dopo cinquant’anni di silenzio, mezzo secolo nel quale una sorta di dialogo scientifico tra noi e il nostro unico satellite naturale si è praticamente interrotto.
Quello che invece non si è mai interrotto – fin dall’inizio dei tempi – è l’altro rapporto che noi intratteniamo con la Luna: quel rapporto che è perpetuamente nutrito dall’immaginazione, dall’arte, dalla fantasia. La Luna si associa spesso alla femminilità, e nella sua innegabile dolcezza c’è anche qualcosa, a mio avviso, di irresistibilmente musicale. Almeno, così è per un artista del calibro di Peter Gabriel, come abbiamo visto.
Ma doveva essere così, già molti anni fa, anche per Angelo Branduardi. Autore di bellissime canzoni, anche molto sofisticate… [Continua a leggere sul portale EduINAF]
L’Italia è terra di poeti, lo sappiamo bene. Ne abbiamo di grandissimi, davanti all’arte sublime dei quali il mondo intero (e chissà, forse anche qualche altro mondo…) non può che inchinarsi. Accanto a questi esiste anche una moltitudine di autori cosiddetti minori, indubbiamente interessanti.
Non sono affatto a mio agio con la dizione poeta minore. Che vuol dire, in fondo? Se la poesia è veramente personale – un rifulgere misterioso di una individualità unica, che trova il modo di comunicare sé stessa, il suo specifico spettro di colori – come può mai un poeta essere minore? Soprattutto, minore rispetto a chi? Potrebbe un altro – magari un grandissimo, un Nobel – riprodurre lo spettro di colori e sensazioni di un cosiddetto minore? Avrebbe potuto un Ungaretti scrivere al modo (poniamo) di Nicolò Bacigalupo, se avesse voluto? Penso proprio di no… [Continua a leggere sul portale EduINAF]
Diceva la poetessa Muriel Rukeyser che l’universo è fatto di storie, non di atomi. In dialogo con Marco Casolino, sulla provocazione salutare che genera questa affermazione, ho provato a dare qualche cenno di un racconto di astronomia che parte dalla sonda Gaia e il suo meraviglioso lavoro di censimento della Galassia, per sfiorare la meravigliosa e luminosa possibilità che l’astronomia stessa si faccia in qualche modo racconto essa stessa, per vivere fuori dai laboratori e dai telescopi, raggiungendo le giovani generazioni e chiunque si fidi della straordinaria potenzialità che ha il raccontare.
Qui puoi rivedere la diretta che si è svolta l’altro venerdì sera. Si è appunto partiti dal lavoro per Gaia del gruppo di Roma (il problema di come Gaia affronta i campi affollati e come in fondo se la può cavare), si è passati per i racconti del primo e secondolibro di Anita (e del lavoro presso una scuola che si è fatto su alcuni di questi racconti), ci si è fermati un momento sulle attività del Gruppo Storie dell’INAF, si è passati al volo sulla rubrica di Edu INAF Lo spazio tra le pagine, dedicata proprio all’intersezione della letteratura con l’astronomia.
Troppo allettante per non partecipare. Il workshop si tiene a Roma presso l’Università di Tor Vergata, organizzato da Laura Marcelli e Marco Casolino per conto della sezione INFN di Tor Vergata e del Dipartimento di Fisica del medesimo ateneo. Il titolo già la dice lunga, Le Prospettive dello Spazio 2: Alla ricerca di nuove forme di vita. Così recita il programma di questa edizione (che rimane disponibile online): Questa seconda giornata di studio – rivolta alla diffusione della cultura scientifica ed aperta al pubblico – è incentrata sulle domande relative a possibili altre forme di vita ed intelligenze e sulle risposte esaminate sotto il profilo della ricerca scientifica, di quello filosofico, religioso, non escludendo la speculazione nell’ambito del fantastico.
Tiro un sospiro di sollievo. Finalmente! Di studi “di settore” ne abbiamo a iosa – siamo una società che produce studi specialistici in grande quantità – mentre non pochi avvertono la mancanza di momenti di vero confronto, di impollinazione reciproca, di scambio di idee e di esperienze. Occasioni nelle quali esporsi a risultati e questioni aperte, alla ricerca di punti di consonanza… [Continua a leggere sul portale EduINAF]