Io, non so niente

Qualche giorno fa ero sulla spiaggia, sul lungomare di Sabaudia e in un momento di pigra riflessione, guardavo la sabbia. La zone è interna al Parco Nazionale del Circeo e presenta (oltre ad un bel mare) una flora ed una fauna indubbiamente interessanti.

D’un tratto nel mio orizzonte visivo entra uno scarabeo stercorario (credo) che si muove a gran velocità (per lui) tra le piccole dune di sabbia. Per un poco, lo seguo con lo sguardo. Mi impiccio, diciamo. Noto la serie di impronte caratteristiche lasciate dalle sue zampine lungo il tragitto percorso. E vorrei capirci di più, su tutta la faccenda. Dove sta andando così di corsa? Perché ogni tanto cambia improvvisamente direzione? A che stimoli sta rispondendo? Quale è il suo progetto (se esiste)? Perché si sposta? Dove vuole arrivare? È in cerca di cibo, di amore, di un riparo? È un essere vivente che in qualche modo prende delle decisioni, ma io non so in base a cosa decide. Io non ne so nulla.

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Abell 3322, bello e lontano

Si chiama Abell 3322 ed è un ammasso di galassie piuttosto grande. Per la cronaca, al centro si trova la galassia 2MASX J05101744-4519179 (lo so, non è esattamente un nome facile da ricordare, fortunatamente è improbabile che vi troviate a doverla citare in una conversazione con gli amici).

L’ammasso di galassie Abell 3322
Crediti: ESA/Hubble & NASA, H. Ebeling

Importantissimo è studiare gli ammassi come questo, perché da questi studi dipende molto della nostra comprensione dell’evoluzione della materia (oscura e luminosa) in queste gigantesche strutture cosmiche. Le quali si rivelano anche prodigiosi “telescopi naturali” che amplificano la luce di oggetti da noi lontanissimi, attraverso il fenomeno delle lenti gravitazionali.

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Prendere il latte

Stavo riflettendo un poco sugli ultimi post, quello di ieri in cui mi sono permesso qualche ricordo in merito alle dispute sull’età dell’universo, ma anche quello sull’imminente lancio di Euclid, la sonda che dovrebbe dirci qualcosa di definitivo (si ritiene) sulla natura della materia e dell’energia oscura.

Se c’è qualcosa che mi ossessiona in questi tempi (tralasciando le cose inconfessabili, ovviamente) è l’idea che l’astronomia, la cosmologia devono tornare dentro la quotidianità, dentro la vita ordinaria, altrimenti non servono.

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Euclid, si lancia

E’ arrivata da poco la notizia, il lancio di Euclid è previsto per sabato primo luglio. La preparazione scientifica è durata ben dodici anni, e se tutto andrà secondo i piani avremo presto una nuova finestra sul cosmo, con particolare attenzione alla materia oscura e l’energia oscura.

Immagine artistica della sonda Euclid nello spazio.
Crediti: ESA

Euclid infatti è un progetto dedicato espressamente a studiare questa ampia parte di universo (intorno al 96% di tutto quel che esiste, secondo le teorie più solide) che ancora sfugge ad una definizione propria, rannicchiandosi – per così dire – dietro il termine oscuro, nel senso proprio di non conosciuto.

Finora, ad ogni nuova finestra che si è aperta (in tempi recenti, il Telescopio Spaziale Hubble, la sonda Gaia, il Telescopio Spaziale James Webb, tra i tanti che si potrebbero citare) si è aperta una strada di meraviglie, di complessità inaspettata e di nuove frontiere, insieme.

Non sappiamo cosa scoprirà Euclid – questo bel progetto europeo – ma quello su cui mi sento di scommettere, è che aggiungerà tasselli di meraviglia ad un cosmo che più che ad un ambiente inospitale e freddo – come si raccontava un tempo – assomiglia sempre più ad un intarsio complicatissimo. Tutto da capire, da sentire, da sperimentare, da vivere.

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Prima del salto

Ammettiamolo. I buchi neri sono difficili da trovare. Per un astronomo dell’ottocento sarebbero qualcosa di incomprensibile. Ciò che non fa luce è invisibile, inaccessibile. In pratica è come se non esistesse. Non esiste.

Il quadro è cambiato e un nuovo universo si è affacciato alla nostra percezione. Riceviamo segnali dal cosmo che vanno ormai ben oltre il flusso di fotoni nella banda del visibile. Siamo entrati da tempo nella astronomia multimessaggio, che ci parla di un cielo molto più complesso ed anche emozionante di quanto si pensava un tempo.

Un’immagine artistica di un buco nero.
Crediti: XMM-Newton, ESA, NASA

I buchi neri sono comunque difficili da trovare, perché possiedono una gravità così forte che nemmeno la luce può sfuggire, è come intrappolata. Che la luce e la gravità abbiano qualcosa a che vedere – in pratica, che la materia piega lo spazio – è un’altra cosa inconcepibile per il nostro astronomo ottocentesco.

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L’universo che osserviamo

In un certo senso c’è tutto. Tutto il nostro mondo fisico. Il modello di mondo che conosciamo, che riteniamo il più valido. A volte capita che mi chiedano, in occasioni pubbliche, come mai ci riteniamo contenti dei nostri modelli, quando sappiamo a malapena di cosa è fatto il 5% del contenuto di massa ed energia del cosmo.

L’universo osservabile. Crediti & LicenzaWikipediaPablo Carlos Budassi

Risposta facile. Siamo contentissimi, non contenti. Per la prima volta nella storia dell’umanità, ed esattamente in questi anni, abbiamo tra le mani una mappa scientifica del (nostro) Universo. Mai accaduto prima. Mappe come queste si sono sempre fatte, certo: ma erano basate sul mito e non sulla scienza. Il mito è fondamentale, riempiva un vuoto e inseriva la vita dell’uomo in un contesto di senso. E in fondo era un modello anch’esso, sia pur difficilmente falsificabile.

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Una situazione imbarazzante…

Le scoperte astronomiche si succedono di giorno in giorno, quasi di minuti in minuto ormai. Così che – anche da queste colonne, può ingenerarsi la convinzione che ormai sappiamo tutto, o insomma quasi tutto. Per dire, c’è da mettere a punto i dettagli, e così via.

E invece no, niente. Noi non sappiamo niente. Se questa affermazione vi pare provocatoria, ricordiamo proprio alla scienza. Ricordiamoci quello che il modello cosmologico standard (o Lambda-CDM), che detta in breve è il miglior modello scientifico che abbiamo su come funziona il mondo, l’universo e tutto quanto. Ebbene questo modello ha una predizione diciamo… imbarazzante.

Ci dice esattamente che la parte di universo noto non arriva al 5%. Il resto è materia oscura ed energia oscura, modo elegante per dire che ancora ne sappiamo quasi nulla.

Un modello di distribuzione tridimensionale della materia oscura (Crediti:NASAESA and R. Massey (California Institute of Technology)

Tutto quel che conosciamo, le stelle, le galassie, il gatto del vicino, la vicina simpatica e prosperosa (quella del terzo piano, hai presente?) e tutto intero il terzo piano ma la Terra ed anche il resto, è dentro quel risicato 5%. Materia ed energia, come li conosciamo. Ma c’è altro, molto altro.

È in quest’epoca che per la prima volta abbiamo un modello scientifico di universo, e questo modello tiene, per molta parte. E al tempo stesso, abbiamo una dimostrazione della nostra suprema ignoranza.

Tutto sembra fatto apposta. Perché ci si metta umilmente al lavoro. Con l’entusiasmo intatto, dei veri esploratori.

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UGC 2885, ritratto di un gigante

Spesso abbiamo scritto che la nostra galassia, la Via Lattea, è di dimensioni ragguardevoli, rispetto a tante altre aggregazioni di stelle. E anche rispetto a tutte le galassie del Gruppo Locale (il vero gruppo, non questo sito…), appare ancora più vero.

Tuttavia anche la Via Lattea, se allarghiamo appena lo sguardo, viene surclassata di gran lunga, da veri giganti, come è il caso per UGC 2885, qui riprodotta in una bellissima foto presa dal Telescopio Spaziale Hubble.

La gigantesca galassia UGC 2885 (Crediti: NASAESAB. Holwerda)

Questa bellissima (e smisurata) galassia si trova a circa 232 milioni di anni luce dalla Terra, e si distende nello spazio per una ampiezza di circa ottocentomila anni luce (al confronto la Via Lattea risulta appena larga centomila anni luce). Contiene al suo interno la bellezza di un trilione di stelle (mille miliardi, per capirci), ovvero surclassa di circa dieci volte il numero di stelle totali della nostra Galassia.

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