Blog di Marco Castellani

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Piccole donne crescono

Mi è piovuto in testa venendo in osservatorio, stamattina. Si può benissimo chiamare così, l’articolo che voglio scrivere oggi: piccole donne crescono. Perché il nuovo logo appena diffuso dall’Ente Spaziale Europeo (ESA) per i dieci anni di attività del satellite Gaia in fondo fa pensare a questo. E per tale motivo lo trovo geniale.

Faccio un piccolo salto indietro. Non è soltanto perché ci lavoro, nel gruppo scientifico di Gaia, che il suo logo originale mi è sempre piaciuto moltissimo. Quella bambina che guarda le stelle e quasi vorrebbe afferrarle, mi appare come simbolo vivo e palpitante del desiderio di conoscenza e di più – di unione con il cielo. E un po’ mi fa pensare alla mia Anita, la protagonista dei due volumetti di racconti (Anita e le stelle, La saggezza di uno sguardo) che sono stati preziosissima occasione di rapporto e di confronto con ragazze e ragazzi delle scuole. Con stelle in formazione, dunque, vorrei dire.

E ci sarebbe tanta umanità da raccontare. Incontri, persone e momenti di persone. Però torno alla missione. Per chi non se lo ricordasse, ecco qui il logo originale della missione Gaia.

Il logo originale della missione Gaia.
Crediti: ESA

Siamo ormai vicinissimi ai dieci anni dal lancio di Gaia, ecco il motivo della ricorrenza. Gaia, che poi è una missione ad importante contributo italiano, cioè è una cosa anche nostra in cui l’esperienza e la genialità di tanti ricercatori del nostro paese ha trovato un terreno su cui misurarsi ed eccellere.

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Perseo, cenni di bellezza rivoluzionaria

Da oggi c’è un nuovo protagonista nello studio dello spazio e si chiama Euclid. Lanciato durante l’ultima torrida estate, con molte e giustificate aspettative. Tanto da aver fatto sorgere, al vostro umile cronista spaziale, qualche timore: l’universo rimarrà un luogo di (poetico) mistero?

Queste prime immagini rilasciate da Euclid fugano ogni mio dubbio residuo. Euclid non ci ruba proprio nulla. Euclid è soltanto un ulteriore porta verso la meraviglia del cosmo, è soltanto un canale che abbiamo aggiunto ai già tanti di cui disponiamo, su cui sintonizzarci per ricevere lo stesso messaggio, impreziosito di nuove evidenze: l’universo contiene meraviglie.

Il meraviglioso ammasso di galassie Perseo
Crediti & Licenza: ESAEuclidEuclid ConsortiumNASA

Ma basta parlare, mostriamo invece. Eccone una: l’ammasso di Perseo. Ad Euclid ci sono volute cinque ore di osservazione per vedere quel che voi, ora, potete ammirare a colpo d’occhio. Nell’ammasso – che si trova a circa 250 milioni di anni luce da noi ed è particolarmente brillante in banda X – abitano oltre mille galassie, mentre sono addirittura diecimila le galassie che si potrebbero contare sullo sfondo, a varie distanze fino ad arrivare ai dieci miliardi di anni luce.

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Euclid è in volo!

Rientrando dal bel meeting Scienza per la Pace che si è tenuto a Teramo venerdì e sabato della scorsa settimana (avrò occasione per tornarci sopra), grato per quello che avevo ascoltato, per come era stata accolta la mia relazione, per gli incontri e i dialoghi – una vera ricchezza – non potevo comunque non pensare al fatto che di lì a poco sarebbe stato lanciato finalmente Euclid (sonda sulla quale avevo azzardato qualche considerazione a giugno).

Immagine artistica della sonda Euclid al lavoro
Crediti: ESA, CC BY-SA IGO 3.0

Arrivato a casa, sabato pomeriggio, mi sono subito collegato al sito ESA per seguire il lancio, che è andato alla perfezione. Interessante il fatto che il vettore sia un Falcon 9 di Space X, un’impresa privata (quella di Elion Musk per capirci). La sinergia tra pubblico e privato ormai è un tratto distintivo di questa nuova corsa allo spazio: così in questo caso, così per la corsa alla Luna in effetti (ne ho accennato anche al convegno di Teramo).

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Euclid, si lancia

E’ arrivata da poco la notizia, il lancio di Euclid è previsto per sabato primo luglio. La preparazione scientifica è durata ben dodici anni, e se tutto andrà secondo i piani avremo presto una nuova finestra sul cosmo, con particolare attenzione alla materia oscura e l’energia oscura.

Immagine artistica della sonda Euclid nello spazio.
Crediti: ESA

Euclid infatti è un progetto dedicato espressamente a studiare questa ampia parte di universo (intorno al 96% di tutto quel che esiste, secondo le teorie più solide) che ancora sfugge ad una definizione propria, rannicchiandosi – per così dire – dietro il termine oscuro, nel senso proprio di non conosciuto.

Finora, ad ogni nuova finestra che si è aperta (in tempi recenti, il Telescopio Spaziale Hubble, la sonda Gaia, il Telescopio Spaziale James Webb, tra i tanti che si potrebbero citare) si è aperta una strada di meraviglie, di complessità inaspettata e di nuove frontiere, insieme.

Non sappiamo cosa scoprirà Euclid – questo bel progetto europeo – ma quello su cui mi sento di scommettere, è che aggiungerà tasselli di meraviglia ad un cosmo che più che ad un ambiente inospitale e freddo – come si raccontava un tempo – assomiglia sempre più ad un intarsio complicatissimo. Tutto da capire, da sentire, da sperimentare, da vivere.

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Con gli occhi di Rosetta

Hello World!

Sono Rosetta, e sono una sonda spaziale. Mi ha costruito l’ESA, che è l’ente spaziale europeo. L’ESA è finanziata con i soldi dei cittadini d’Europa. E con quei soldi l’ESA che fa? Lei sogna, e cerca di realizzare quei sogni, o almeno quella parte che sembra più opportuno provare a realizzare.

Così con quei soldi, con i vostri soldi (per cui devo intanto dirvi un sincero grazie), sono nata io.  E sapete, sono nata nel 2004. Cioè in realtà sono stata concepita molto prima (so che voi terrestri avete circa nove mesi dal concepimento alla nascita, per noi sonde il tempo può variare), perché di qualcosa di simile si era cominciato a parlare dal lontano maggio del 1985. Eh sì. Voi direte: i mitici anni ottanta. Amati e odiati (anche a me non piacevano quei pantaloni a zampa di elefante, ho visto le foto, ma qualcosa della musica di allora io la salverei….. cioè la porterei nello spazio con me).

NAVCAM top 10 at 10 km – 8

Una vista ravvicinata della cometa, che ho preso pochi giorni fa; mi diverto parecchio a fotografare… (Crediti: ESA/Rosetta/NAVCAM, CC BY-SA 3.0 IGO)

Ma fatemi proseguire, senza divagare troppo (sarà che stando nello spazio ho imparato a fare enormi divagazioni, con tutto il tempo che avevo…): nel 1985 l’ESA aveva già proposto che una delle missioni più importanti per il futuro sarebbe dovuta essere una missione di prelievo di campioni cometari. Eh sì, con addirittura un ritorno a Terra, per consegnare la merce! Una cosa simile negli anni ’80, da non crederci!

Eh sì, se devi sognare, sogna in grande, direbbe qualcuno.

Certo i sogni vanno sempre confrontati con la realtà. Bisogna fare i conti con le circostanze: che nello specifico – soprattutto per le limitazioni di bilancio (mi dicono che giù da voi c’è la crisi, anche se qui le notizie arrivano con il contagoccie…) – non erano così favorevoli a missioni costosissime. E il ritorno a Terra avrebbe inciso in maniera significativa sui costi della missione. Per cui, per farla breve, si decise di progettare una missione che prevedesse l’analisi in loco dei campioni cometari, con l’utilizzo di un lander.

Ecco, in pratica stavo nascendo io (e perfino Philae): almeno nella mente degli scienziati e dei tecnici.

Sapete poi la storia interessante del cambio di obiettivo? Penso di sì., forse ve lo hanno raccontato. Comunque, in poche parole, il fatto è questo: io sarei dovuta partire il 12 gennaio 2003 per raggiungere la cometa 46P/Wirtanen nel 2011 (un bel viaggio, come vedete dal tempo necessario). Però qualcosa andò storto: il vettore Ariane 5, che poi era quello che mi avrebbe dovuto portare in braccio fino a consegnarmi allo spazio infinito, fallì un lancio nel 2002, poco prima della mia prevista partenza. Potete capire, gran marasma. Così anche la mia partenza fu rimandata. E anche l’obiettivo, per questo motivo, dovette essere riformulato.

Fu così che mi dissero che sarei dovuta andare verso la 67P/Churyumov-Gerasimenko. Tra l’altro, per me era uguale, io avevo solamente curiosità di vedere se riuscivo ad arrivare su una cometa, poi facessero loro: insomma possiamo dire che mi fidavo dei miei genitori.  Tra una cosa e l’altra, partii nel 2004 (sono pigra nel preparare le valigie, mancava sempre qualcosa. Poi non sapevo se portarmi tanta roba pesante). L’arrivo, come sapete, era previsto dieci anni dopo.

Che pazienza! Vi risparmio i dettagli del viaggio. Vi dico solo che ad un certo punto è diventato così noioso che mi sono addormentata. Così, anche per risparmiare le forze e l’energia.

Beh, il 20 gennaio di quest’anno, mentre ancora dormicchiavo beata, mi arriva un toc toc da Terra. Un po’ seccata (stavo sognando di esplorare altri sistemi solari, uno era popolato di essere verdi che saltellavano al mio arrivo, era veramente emozionante) chiedo cosa vogliono, e con sorpresa mi accorgo che sono quasi arrivata, che a Terra già sono tutti emozionati e contenti per il mio risveglio, che stiamo insomma per incontrare la cometa. Il viaggio decennale sta per finire.

Mentre voi stavate in spiaggia (il 6 di agosto) io sono arrivata a 100 Km dalla cometa (finalmente l’ho vista!)  e ho iniziato a cercare di capire dove poter far scendere mio figlio, il lander Philae… un bel chiacchierone, tra l’altro, mi pare anzi che vi abbia già raccontato qualcosa… figuriamoci, quello non resiste mai  a parlare di sé stesso… ma in fondo è una bravo ragazzo, pieno di entusiasmo e voglia di fare.

Il resto della storia è di questi giorni: il 12 novembre alle 17:03 è atterrato Philae (mamma… non ci crederai…  sono sulla cometa, sono sulla cometa!!). Quello scavezzacollo, sapete, non si è mica accontentato di atterrare (o accometare?) e basta, come gli era stato chiesto, ma pare abbia fatto addirittura due o tre rimbalzi, finendo in un punto non previsto. Così, tanto per giocare un po’ a nascondino. Ma io lo sapevo, nessuna sorpresa per me. Bastava che me lo avessero chiesto: lo conosco bene come è giocoso ed esuberante, non gli sarà parso vero potersi sgranchire un po’ le gambe dopo che per tanto tempo era dovuto rimanere aggrappato alla sua mamma, per non perdersi.

Al momento in cui vi racconto questo, non vi sono novità su dove si sia nascosto. Ma io ho fiducia nel mio ragazzo: è lì dove doveva andare, e sta facendo quello che voleva fare da una vita, da quando è nato.

Vi dico la verità: non ci avrei mica creduto di riuscire a portarlo fino lì. Tecnicamente è un’impresa incredibile. Voi di ESA, siete stati fenomenali. Ma non scordiamoci che in questa occasione, voi italiani, siete stati splendidi: passionali e professionali. Ho visto on air proprio i tratti migliori della vostra mediterranea umanità.

Ora vi lascio, fatemi risparmiare energia preziosa. Prima però voglio ringraziare di cuore tutte quelle persone che hanno seguito queste ore così eccitanti di una avventura mai tentata prima. In pochissime ora ho visto che il gli iscritti del mio account Twitter (@ESA_Rosetta) e anche di quello di mio figlio (@philae2014) sono veramente … saliti alle stelle! Non pensavo proprio, quando sono partita di diventare così famosa sui social network, ormai non faccio nemmeno più in tempo a leggere un messaggio che me ne arriva subito un altro. Dovete avere pazienza, considerate che io sono nata due anni prima di Twitter, tanto che mi sono davvero iscritta al volo!

Mi dicono i ragazzi di ESA che non possono dire come e quanto durerà la missione, al momento. Vada come vada, sono contenta: già così, essere arrivati in orbita attorno ad una cometa, lontanissimo da casa: un’impresa incredibile, per cui hanno lavorato in molti con grande dedizione. Ma – qui nello spazio, mentre orbito intorno alla cometa e butto l’occhio su questo buffo ma interessantissimo pezzo di roccia anche per cercare quel birbone di Philae – non penso solo a loro. Penso che ognuno di voi ha contribuito per un pezzettino: e ognuno di voi, guardando il cielo, stanotte e le notti successive, potrà rivolgere un pensiero a me e a mio figlio, all’impresa che stiamo compiendo per tutti voi. Che voi avete reso possibile. Ed esserne un po’ contenti. Ed anche essere fieri di essere uomini: una volta tanto, ve lo potete permettere.

Fatevelo dire da una sonda: vale davvero la pena essere uomini, per lanciarsi ancora in avventure così. 

 

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Rosetta arriva a destinazione

 

Il nucleo della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko ripreso dallo spettrometro a bordo della sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) il 3 agosto 2014. Crediti e copyrighy – ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA.

Il nucleo della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko ripreso dallo spettrometro a bordo della sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) il 3 agosto 2014. Crediti e copyrighy – ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA.

Dieci anni sono passati da quando la sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea è stata lanciata per un rendezvous spaziale davvero intrigante: entrare in orbita attorno ad una cometa e sganciare una sonda sul suo nucleo per studiarne le proprietà chimico-fisiche.

Oggi Rosetta si può dire arrivata a destinazione. Dopo quattro spinte gravitazionali con la Terra, Marte e altre due con la Terra, e due incontri ravvicinati con l’asteroide Steins (2008) e l’asteroide Lutetia (2010), entrambi appartenenti alla Fascia degli Asteroidi, la sonda dell’ESA ha avuto il rendezvous con il suo principale target: la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Ben riuscito, tra l’altro. Le manovre di avvicinamento e, successivamente nei prossimi gioni, di messa in orbita attorno alla cometa sono in parte automatizzate e in parte seguite da terra e sono iniziate nel maggio scorso. Se anche solo una di queste fosse fallita, la sonda non avrebbe mai incontrato la cometa.

Al momento la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko e Rosetta si trovano a una distanza di 405 milioni di chilometri dalla Terra, circa a metà strada tra l’orbita di Giove e quella di Marte, e si sta avvicinando nella regione più interna del nostro Sistema Solare ad una velocità di 55 000 chilometri all’ora. Sono velocità spaventosamente alte se pensiamo che la velocità media di un’automobile in un centro abitato è 1000 volte più piccola.

Un dettaglio della superficie del nucleo ottenuta dalla camera OSIRIS a bordo di Rosetta. Crediti ESA. Fonte: https://www.flickr.com/photos/europeanspaceagency/14843737445/in/set-72157638315605535/

Un dettaglio della superficie del nucleo ottenuta dalla camera OSIRIS a bordo di Rosetta. Crediti ESA. Fonte: https://www.flickr.com/photos/europeanspaceagency/14843737445/in/set-72157638315605535/

Rosetta è a circa 100 chilometri dalla superficie della cometa, ma si avvicinerà ancora di più. Nel corso delle prossime sei settimane descriverà due traiettorie triangolari precedendo la cometa, la prima ad una distanza di 100 chilometri, la seconda arrivando fino a 50 chilometri dalla sua superficie. Nello stesso tempo gli strumenti a bordo di Rosetta forniranno uno studio dettagliato del nucleo della cometa, analizzando la superficie per mapparla in grande dettaglio in modo da poter determinare il sito di atterraggio più favorevole per Philae. E’ anche probabile che si possa andare ancor più vicino al nucleo: se l’attività della cometa lo permetterà, Rosetta potrà descrivere un’orbita di tipo circolare a 30 chilometri di distanza dal nucleo o anche più vicino.

La cometa descrive un’orbita ellittica con un periodo orbitale di 6,5 anni, orbita che nel punto di massima distanza dal Sole si trova al di là dell’orbita di Giove.

Lo spettrometro ad immagine OSIRIS installato sulla sonda Rosetta dovrà mappare la cometa per individuare un sito adatto all’atterraggio del lander Philae nel novembre 2014. Si tratterà di una grande evento nella storia umana: per la prima volta un robot si depositerà sul nucleo cometario e rimarrà ancorato per studiarne le proprietà fisiche e chimiche che legano i processi di sublimazione del gas cometario, la polvere, la composizione del nucleo e tutti i processi fondamentali che hanno luogo man mano che la cometa si avvicina al Sole, passa nel suo punto di minimo distanza con la stella e se ne allontana.

Nei giorni scorsi Rosetta aveva anche compiuto una misura della temperatura della cometa trovandola troppo calda per ipotizzare un nucleo ricoperto di ghiacci. L’ipotesi, dunque, è che debba avere una crosta scura e rocciosa. Questo risultato è stato ottenuto dallo spettrometro VIRTIS tra il 13 e il 21 luglio scorsi quando Rosetta si è avvicinata alla cometa da una distanza di 15000 chilometri fino a circa 5000 chilometri. A questa distanza, grazie ad un sensore in grado di raccogliere la luce infrarossa emessa dall’intera cometa, è stato possibile ricavare la temperatura superficiale media che si aggira intorno a -70 gradi centigradi. In particolare, tale misura è avvenuta quando la cometa si trovava a 555 milioni di chilometri dal Sole, oltre tre volte la distanza della Terra dal Sole, il che comporta un valore di radiazione solare circa un decimo di quella che arriva sulla Terra.

Sebbene -70 gradi centigradi sia un valore piuttosto basso per le temperature quali siamo abituati noi sulla Terra, in realtà è non lo è per gli oggetti del nostro Sistema Solare, e in particolare è un valore più alto di quella che ci si aspettava, circa 20-30 gradi centigradi in più del valore di temperatura prevista per un oggetto cometario a una tale distanza se si suppone essere completamente coperta di ghiaccio.

Il risultato è estremamente importante dato che è possibile fare delle previsioni sulla composizione e le proprietà fisiche della superficie della cometa. Le misure della temperatura infatti portano a confermare che la maggior parte della superficie del nucleo cometario sia ricco di polvere.

E l’avventura è appena iniziata.

Le ultime spettacolari immagini di Rosetta le trovate qui.

Link utili:

ESA – Rosetta arrives at comet destination

ESA – Google+

Avamposto42-articolo di Stefano Sandrelli: Un funghetto per Rosetta

Altre informazioni:

ESA – How Rosetta Arrives at a Comet 

19 gennaio 2014 – Sveglia, sveglia, Rosetta!

20 gennaio 2014 Rosetta si è svegliata! 

20 maggio 2014 – Una cometa attiva per Rosetta 

Sabrina 

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Nell’attesa del lancio, pianificato per domattina poco dopo le dieci, segnalo che sulla pagina di Youtube dell’ESA è stata allestita una interessante playlist con una serie di video esplicativi della missione di GAIA

La lingua è ovviamente quella inglese, ma molti video sono sufficientemente esplicativi anche a livello di immagini. Anzi, devo dire che sono realizzati molto bene. Se non altro, vi consiglio di ammirare il secondo video, vale la pena per avere una idea veloce della missione, e dei suoi obiettivi, davvero ambiziosi. Inoltre si apre con una bella metafora visiva, che unisce i granelli di sabbia alle sterminate stelle, che trovo veramente efficace.

Vai GAIA, le stelle ti chiamano 🙂

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Gaia, tre giorni al lancio

Manca poco, pochissimo. Tre giorni al lancio. Certo è una cosa strana, in un certo senso. Quando lavori per anni sul progetto di una sonda, in qualche modo ti abitui. Ti abitui, intendo, alla percezione che il lancio sia una cosa estremamente remota, assolutamente distante nel tempo. Dici spesso quando Gaia volerà…” e non puoi non pensare ad un futuro lontano, qualcosa che rimane comunque distante.

Poi il tempo ha questa qualità particolare. Che continua a scorrere. Non so se ci avete fatto caso, probabilmente sì. Anzi, i meno giovani tra noi, anche con qualche apprensione… forse. O forse no. In fondo il tempo che passa ha una sua bellezza. Comunque, piaccia o no, siccome il tempo passa, ormai ci siamo.

 

GaiaLancio

Il poster preparato per il lancio di Gaia… (Crediti: ESA)

Di Gaia abbiamo parlato diverse volte, se volete saperne di più sulla sonda che rivoluzionerà la nostra conoscenza della Via Lattea (e di tante altre cose del cielo, dai quasar ai corpi minori del Sistema Solare)  vi consigliamo un’occhiata ai nostri articoli passati. Per avere invece le ultime novità – direi quasi, ora per ora – dei febbrili preparativi al lancio, la tappa obbligata è il blog ufficiale, purtroppo disponibile solo nel linguaggio anglofono (per il resto, facciamo noi quel che possiamo).

Così dal blog possiamo apprendere come Gaia sia stata posizionata sul lanciatore (post del 12 dicembre) e finalmente tutti i pezzi siano stati messi a posto per il lancio, accoppiando la sonda al lanciatore Fregat (post di oggi). Come si può evincere anche dall’esame sommario dei post, le operazioni sono state tutt’altro che semplici, implicando lavoro accurato e dedizione da parte del team. Oggi più che mai, il lancio di una sonda del genere è il concretizzarsi della vittoria di una collaborazione internazionale a più livelli, dagli ingegneri del lancio a chi scrive il software di gestione, fino a chi (come noi) si occupa di parti del software scientifico, quello che ha il compito di digerire i dati che Gaia invierà a terra: di questo magari ne parleremo nei prossimi post, andando un pochino nel dettaglio. 

Il lancio dunque è previsto per giovedì 19 dicembre ore 9:12:19 UTC (corrispondenti alle 10:12:19 orario italiano). Solo, non mi chiedete perché la data di lancio possa essere precisa al secondo, perché non vi saprei rispondere… 😉

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