Un esuberante annuncio di nascita

Questa sorta di spada laser celeste non si trova affatto in una galassia molto lontana da noi, ma rifulge proprio dentro la nostra Via Lattea. Per la precisione, si trova nella parte più interna di una turbolenta zona di formazione di nuove stelle, nota come la Nube Molecolare di Orione B (appartenente al Complesso nebuloso molecolare di Orione), a circa 1500 anni luce di distanza da noi.

Un… fascio di luce laser, per annunciare al mondo una nascita! (Crediti: NASA/ESA)

Perché si forma questo bizzarro fascio di luce intorno ad una stella in formazione? Per capirlo, bisogna andare appena un attimo indietro, a quando la stella sperimenta le sue primissime fasi di vita. Quando si forma una stella, essenzialmente dal collasso di gas e polvere cosmica sotto la propria gravità, si costituisce anche un disco piatto che ruota intorno alla struttura appena formata.

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Tra distruzione e costruzione

Questa volta Hubble ci porta ad ammirare una massa di gas dall’aspetto violento e caotico, residuo di una esplosione a supernova. Chiamato N 63A, l’oggetto costituisce i resti di una stella di grande massa, che ha appena terminato la sua traiettoria di vita riversando i suoi strati gassosi in una regione, peraltro, già turbolenta di suo.

Il resto di supernova N 63A. Crediti: NASA/ESA/HEIC and The Hubble Heritage Team (STScI/AURA)

Il resto di supernova è parte di una regione di formazione stellare nella Grande Nube di Magellano, una galassia irregolare lontana circa 160.000 anni luce dalla Via Lattea.

Non è chiarissimo per gli astronomi, il ruolo delle esplosioni di supernova rispetto alla formazione stellare. A lungo si è pensato che i resti di supernova scatenino episodi di nuova formazione, quando i loro strati in espansione incontrano e compattano il gas intorno a loro. L’ipotesi è suggestiva: come un ciclo, un passaggio di testimone, dalla morte (di una stella) alla vita (di molte altre). Per ora, però, N 63A appare ancora molto giovane ed esuberante, tanto che le sue scosse violente sembra che stiano distruggendo le nubi di gas che incontrano, piuttosto che costringerle a collassare e formare nuove stelle.

In questa indecisione tra distruzione e costruzione si muove N 63A e forse non è il solo. Può darsi che la sua esuberanza ora eccessiva si muterà con il tempo in una attività più disciplinata, dalla quale nasceranno quegli spunti di costruzione che gli astronomi si aspettano.

E anche noi, mi dico, siamo spesso posti davanti a scelte simili: cerchiamo un modo per affermare noi stessi e la nostra presenza in una modalità di costruzione, in qualcosa cioè che possa essere utile, nello spazio intorno. Spendersi per far nascere qualcosa, forse è l’atto più bello ed artistico, ma rimane sempre una nostra decisione. Da prendere, momento per momento.

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Parata di stelle in Laguna

Son sempre le stelle che riempiono questa meravigliosa vista all’infrarosso, che copre l’ampiezza di quattro anni luce attraverso il centro della Nebulosa Laguna. Se nella banda visibile si ammira una scena già assai piacevole, con il gas caldo che illumina l’ambiente facendolo delicatamente rifulgere, è solo nell’infrarosso che si arriva fin dentro il nucleo della regione di attiva formazione stellare. L’infrarosso infatti non viene schermato dagli strati di gas e polvere, e consente (nel caso presente) di vedere più lontano.

La Nebulosa Laguna, in infrarosso. Crediti & Licenza: NASAESAHubbleData Archive: MASTProcessing: Alexandra Nachman

Questa zona di intensa nascita di stelle, è modellata ed energizzata da un gigante come Hershel 36, la stella più luminosa che si scorge verso il centro dell’immagine. E questo è interessante. Herschel 36 in realtà non è una, ma un sistema di stelle di grande massa. La più grande è circa trenta volte il Sole e vecchia meno di un milione di anni (il Sole ne ha quattro miliardi e passa, di anni). Questa enorme stella dovrebbe vivere per circa cinque milioni di anni. Un’inezia, se confrontato con la vita residua del Sole, che si dovrebbe aggirare sui cinque miliardi di anni!

La Nebulosa Laguna (nota anche come M8) si trova a circa quattromila anni luce da noi, entro la costellazione del Sagittario. Rappresenta un altro segno importante di un Universo attivo ed esuberante, un cantiere aperto dove i sogni diventano realtà e stelle esuberanti consumano la propria vita in pochi milioni di anni, accanto ad altre più tranquille che si adagiano su una vita forse meno appariscente, ma certamente più lunga.

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Un’aquila in infrarosso

Ci sono stelle che nascono, nella Nebulosa Aquila. Per la precisione, si creano delle gigantesche colonne di denso gas e polvere, dove si formano più facilmente nuove stelle, la cui intensa radiazioni spinge il materiale circostante, modellando queste meravigliose sculture cosmiche.

Sculture cosmiche, trame di autentica meraviglia.
Crediti: NASAESAHubbleHLAProcessing: Luis Romero

Questa immagine è presa con il Telescopio Spaziale Hubble in luce infrarossa, il che ci permette di vedere attraverso il fitto strato di polvere che rende queste zone di fresca formazione stellare, decisamente opache in luce visibile. E l’infrarosso schiude tutta la meraviglia, indubbiamente.

Queste strutture si estendono per diversi anni luce (ricordo di passaggio che un anno luce è quasi 9500 miliardi di chilometri, già da sé), e vengono chiamate Pilastri della Creazione proprio per l’effetto che fece una foto di Hubble del 1995. La foto è giustamente famosa (ed è stata eseguita ancora nel 2015), ma in infrarosso è probabilmente anche meglio.

Guardandola, si capisce molto bene che questo universo nel quale ci troviamo a vivere, è tutt’altro che spento e freddo. Invece, è un luogo dove accadono cose. Potremmo dire, un campo di eventi, in contatto costante con la Terra. E la bellezza che ci tocca, ci scalda il cuore, ammirando immagini come questa, non può essere casuale. Deve esserci, mi dico, una eco di una corrispondenza profonda tra noi e questo meraviglioso cielo.

Siamo fatti di materia stellare, si racconta: ed è (tecnicamente parlando) verissimo. E chissà, per questo o altro, le stelle in qualche modo ci parlano. Ci sussurrano ancora oggi – perfino in questo tempo duro, difficile – qualcosa di bello sulla nostra vita, e su quella degli altri. Ascoltiamole.

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Contaminazioni cosmiche

Certo il periodo non è felice per parlare di contaminazioni, ma queste non fanno male. Anzi, sono proprio le basi sulle quali si costruisce la possibilità di vita nel cosmo.

il resto di supernova N103B. Crediti: ESA/Hubble, NASA

L’immagine si deve (tanto per cambiare) ad Hubble, e mostra il resto di supernova chiamato SNR 0509-68.7, noto anche come N103B. In origine era una stella che esplose a supernova (di tipo Ia, per essere precisi), all’interno della Grande Nube di Magellano, una galassia vicina della nostra.

I filamenti nel colori arancioni e rosso mostrano esattamente il fronte d’onda dell’esplosione. Sono fondamentali perché permettono agli astronomi di estrapolare la posizione del centro dell’evento esplosivo. Interessante notare come il materiale prosegue nella sua espansione allontanandosi dal centro, ma non lo fa più in maniera sferica, bensì ellittica. Questo conferma che non si espande in uno spazio vuoto, ma è frenato in modo differente dalle densità di materiale interstellare che incontra. Nell’estrema sinistra poi si intravede la parte esterna dell’ammasso stellare NGC 1850, “tradito” dalla alta concentrazione di stelle.

Questi eventi di “impollinazione cosmica” sono indispensabili per diffondere nello spazio i materiali prodotti dalla combustione delle stelle. Materiali che nel tempo, potranno condensare in altre stelle, in pianeti. E forse anche in esseri viventi: almeno in un caso, sappiamo che è proprio questo, che è accaduto.

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Andromeda, che ci sfiora

Per certo, il cosmo è abitato. Abitato (perlomeno) di galassie, di ogni forma e dimensione. La ricchezza è immensa, in questo senso. Andromeda poi, ha un posto speciale in questo catalogo, perché tra le grandi galassie a spirale è quella più vicina a casa nostra.

Digital Illustration Credit: NASAESA, J. DePasquale and E. Wheatley (STScI) and Z. Levay

Si trova infatti ad appena 2,5 milioni di anni luce, e impreziosisce il cielo notturno apparendo come una nube luminosa di fora allungata, ben visibile anche ad occhio nudo. Non possiamo dimenticarci che proprio Andromeda ha rivestito anche storicamente un ruolo particolare, visto che proprio cent’anni fa ha costituito la pietra di paragone per capire la reale esistenza di altre galassie (oltre la nostra).

Quello che resta invisibile agli occhi, è la gran quantità di gas ionizzato caldo che qui viene rappresentato da un alone color porpora. Costituisce una riserva enorme di materiale perfetto per formare nuove stelle, e questo gigantesco magazzino si estende fino a circa 1,3 milioni di anni luce dalla galassia stessa. Così lontano, vuol dire arrivare a metà strada dalla Via Lattea, per cui è lecito pensare che gli involucri gassosi delle due grandi galassie in realtà si sfiorino.

Manteniamo un contatto con Andromeda, cioè il nostro cielo è adiacente a cieli nuovi e sconosciuti: la porta è quell’indagine appassionata che ci permette di cambiare la galassia dei nostri ragionamenti, per accogliere la novità.

Per capire che di galassie esistenziali, ce ne sono infinite. E che non sono isolate e impermeabili, ma si sfiorano. Per accorgersene, probabilmente, basta uscire un attimo, allentare i muri galattici della nostra incredulità ordinaria. Nelle onde giuste, si scorge una brillanza invitante, accogliente.

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La gloria stellare di R136

Al centro di una regione di formazione stellare si trova un enorme ammasso, contenente alcune delle più grandi e più calde stelle che si conoscano. L’ammasso prende il nome di R136 e fa parte della Nebulosa Tarantola. E’ stato catturato in questa bellissima immagine, una decina di anni fa, dal Telescopio Spaziale Hubble.

Crediti: NASAESA, & F. Paresce (INAF-IASF), R. O’Connell (U. Virginia) et al.

A sua volta la Nebulosa Tarantola è contenuta in una galassia vicina, la Grande Nube di Magellano, a circa 170.000 anni luce da noi.

Bello vedere come gas e polvere formino delle enormi sculture nello spazio cosmico, contribuendo a restituirci l’immagine di un universo caldo, colorato e spugnoso. Dove poter procedere di scoperta in scoperta, probabilmente. Insomma, tutto l’opposto dell’idea, ormai in felice tramonto, di un cosmo freddo e scuro.

Perché c’è questo, vediamo quello che la nostra consapevolezza ci permette di guardare. E tracce di una nuova visione del cosmo, di una nuova scienza, ormai sempre più spesso ci vengono a visitare.

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Caos nel centro di Orione

Sembrerebbe più un titolo da prima pagina che una notizia astronomica: tuttavia non si riferisce a tafferugli in qualche centro città, ma all’ambiente spumeggiante e attivo, piacevolmente caotico, che si trova al centro della Nebulosa di Orione.

La stupenda Nebulosa di Orione. Crediti: NASA/JPL-Caltech STScI

Sono zampilli gassosi di idrogeno, zolfo e vari idrocarburi che cullano una delicata e stupenda collezione di stelle bambine in questa immagine composita della Nebulosa, ottenuta combinando dati di Hubble con quelli del Telescopio Spaziale Spitzer. La vista nel visibile e in banda ultravioletta di Hubble rivela che idrogeno e zolfo sono stati riscaldati dalla intensa radiazione che proviene dalle stelle giovani e di grande massa. Con Spitzer che indaga in infrarosso, possiamo vedere l’interno della nuvola, la parte più ricca di gas e polvere.

C’è un gioco di squadra ormai indispensabile per proseguire nell’esplorazione dello spazio. Le informazioni che ci giungono dal cielo richiedono un ascolto complesso e variegato, che possiamo ottenere solo mettendo insieme diversi strumenti. Ovvero, collaborando.

Tanta strada è stata fatta dalle prime fotografie (già stupende) della Nebulosa, tanta ancora ne possiamo fare. Mettendo mano a questa opera comune, che riguarda tutti, che possiamo senz’altro chiamare (ri)scoperta del cielo.

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