Blog di Marco Castellani

Tag: fusione

L’occhio nero di M64

La cosiddetta “galassia occhio nero” (per le cronache, rubricata con il nome di Messier 64) è assai conosciuta tra gli astronomi perché per vederla – nella costellazione della Chioma di Berenice – basta un piccolo telescopio. Il soprannome deriva da una banda scura di polvere che passa davanti al centro galattico.

La galassia M64 vista dal Telescopio Spaziale Hubble Crediti: NASAESAHubbleHLAProcessing: Jonathan Lodge

Qui la vediamo in una immagine riprocessata del Telescopio Spaziale Hubble. Per quanto ben visibile, M64 si trova alla bellezza di 17 milioni di anni luce da noi. L’enorme nuvola che oscura parzialmente la regione centrale è un addensamento imponente di stelle giovani blu, con il bagliore rossiccio dell’idrogeno associato a queste regioni di formazione.

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Migranti… cosmici

Ci siamo un po’ tutti abituati, e dobbiamo sempre lottare per sgretolarla, questa abitudine. Ci siamo abituati a pensare noi stessi e il cosmo come stazionari, e a ben vedere una cosa rafforza l’altra. Nella nostra mente si deposita il pensiero pigro, quello dell’assenza di novità, della mancanza persistente di cambiamento. Combattere questo pensiero è ritornare ad una economia della mente e del cielo (guarda un po’, abbastanza collegate) più sana, ariosa, bella e spaziosa.

Meno male che ci aiutano gli esempi, meno male che ci sono loro, i fatti. Quei fatti così testardi che almeno un po’, almeno per un po’, possiamo riconsiderare l’abbandono del modello stazionario, assolutamente smentito dall’evoluzione del pensiero scientifico stesso.

Prendiamo in esame, per esempio, questa bellissima coppia di galassie.

Crediti: NASAESAHubbleProcessing & LicenseJudy Schmidt

Il sistema di galassie si chiama Arp 194 e l’immagine, questa bellissima immagine, è stata acquisita dal Telescopio Spaziale Hubble. E’ evidentissimo il ponte di stelle in formazione che unisce le due galassie: questo ponte, la cui esistenza – se non bastasse vederlo – è stata anche confermata da accurate simulazioni al computer, su cosa accade quando due galassie collidono.

Proprio le simulazioni ci dicono che le due galassie si sono attraversate, circa cento milioni di anni fa. Il risultato di tutto questo è appunto un “ponte di stelle” bellissimo e luminoso, che mantiene la connessione tra i due ambienti, ora di nuovo lontani (ma che sono destinati a fondersi in una singola galassia, nell’arco temporale di un miliardo di anni). Che poi, se guardate proprio bene, scoprirete che le galassie non son due, ma sono tre… a rendere il gioco ancora più vivo!

Le galassie dunque migrano, si intersecano, si attraversano e spesso proseguono per la propria strada. Oppure si accorpano, si fondono e diventano una sola galassia. Comunque vada, di solito l’incontro è tranquillo, non conflittuale: gli ampi spazi vuoti tra le stelle rendono il processo certamente meno terribile di quanto si potrebbe pensare.

E’ così, è proprio così. Le galassie si modificano, si muovono, si cercano (gravitazionalmente parlando), interagiscono tra loro. Niente è statico, nel cielo. Niente rimane uguale a sé stesso. Tutto cambia, giorno per giorno. Tutti cambiamo, ogni giorno.

Anche noi, se le previsioni sono esatte, incontreremo la galassia di Andromeda, tra circa quattro miliardi di anni. Ma potrebbe essere solo una testimonianza ulteriore del fatto che tutto evolve, nel cosmo.

E in noi, se lo lasciamo accadere. Se ci lasciamo evolvere, appena.

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La galassia IC 4710. Un incontro, per splendere

La scoprì nel 1900 un astronomo chiamato DeLisle Stewart, ma certo non poteva immaginare come l’avremmo potuta osservare oggi, a distanza di più di un secolo. Splendida, per come ce la restituisce il Telescopio Spaziale Hubble.

Crediti: ESA/Hubble & NASA, Ringraziamenti: Judy Schmidt

La galassia IC 4710 è indiscutibilmente un affascinante ed affastellato coacervo di stelle. E’ una galassia nana irregolare, e come tale privilegia un allegro ed effervescente disordine interno alle strutture molto regolari  – e magari un po’ noiose – che sono le grandi galassie ellittiche, ad esempio.

Galassie come questa infatti sono – e certo non per caso – caotiche e assai diverse l’una dall’altra. Manca ogni apparenza di nucleo centrale e di braccia a spirale, tanto per dire. Dunque, molto differenti anche dalle galassie a spirale, come la nostra cara Via Lattea. Nel mare immenso di galassie, dunque, queste si ricavano decisamente un posto a sé.

Interessante il fatto che anche qui vi sia decisa evidenza di trasformazione. Ci dicono infatti gli scienziati che le irregolari possono essere state, un tempo, spirali o ellittiche. Ma che poi sono diventate così allegramente anarchiche per l’intervento delle forze gravitazionali sorte, forse, nell’incontro o nella fusione con altre galassie.

Insomma, niente di nuovo. Lo sappiamo bene: tanto spesso è un incontro a scompaginare le carte, a farci balzare fuori da un (finto) senso di ordine, a rimetterci in pista e a farci sentire tutto con un sapore nuovo. A volte ci vuole un incontro (anche con noi stessi, e dunque con tutto il resto) per rimetterci nel flusso cosmico, da dove ci eravamo staccati per cullare qualche malintesa idea di ordine e stabilità.

E anche a splendere. Come fa IC 4710, del resto.

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Fusione di galasse in NGC 2623

Dove si vanno a formare le stelle quando le grandi galassie si uniscono? Per comprendere questo argomento, ancora molto dibattuto, gli astronomi sono andati ad indagare nuovamente il sistema NGC 2623, costituito da due galassie nell’atto di fondersi una con l’altra (ce ne occupammo anche noi, nel lontano 2009).

L’indagine – si può dire davvero – è stata condotta “ad ampio spettro”, mettendo insieme i dati raccolti con una serie di strumenti diversi, ognuno operante in bande diverse. E’ stato usato il Telescopio Spaziale Hubble per quanto riguarda la radiazione in banda ottica, lo Spitzer Space Telescope per l’infrarosso, XMM Newton per la banda X, ed infine GALEX per la radiazione ultravioletta.

Il sistema NGC 2623, due galassie profondamente “coinvolte”. Crediti: ESA/Hubble & NASA

L’insieme di tutti questi dati mostra senza possibilità di equivoco, come le due galassie appaiano ormai decisamente “compromesse” una con l’altra, tanto che i due nuclei si sono già praticamente uniti in un gigantesco nucleo galattico attivo.

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NGC 2623, o della fusione delle galassie…

Una recente immagine del Telescopio Spaziale Hubble ci regala una vista di quella che potrebbe sembrare una galassia singola brillante, magari dalle fattezze piuttosto bizzarre: in realtà  quel che si vede è il risultato dell’interazione di due distinte galassie a spirale, non troppo diverse dalla nostra Via Lattea, che hanno sperimentato un gigantesco fenomeno di “collisione”. Il prodotto di questa spettacolare interazione viene denominato NGC 2623 (o anche Arp 243) e si trova a circa 250 milioni di anni luce nella costellazione del  Cancro.

La bizzarra configurazione di NGC 2623 è in realtà un segnale di un evento di fusione di galassie in atto…
Crediti: NASA, ESA and A. Evans (Stony Brook University, New York & National Radio Astronomy Observatory, Charlottesville, USA)

Come ci si potrebbe ben attendere, il processo di fusione tra due galassie è tutt’altro che  tranquillo (anhe se avviene su tempi molto lunghi) ed ha un effetto dirompente su entrambe le parti in gioco. Gli studi condotti finora hanno potuto mostrare come – quando le galassie iniziano ad avvicinarsi l’una all’altra, per effetto della forza gravitazionale – enormi quantità di gas vengono strappate via da ogni galassia verso il centro dell’altra, fino a che il processo ha termine con la fusione vera e propria, a formare un’unica nuova entità.

L’oggetto nell’immagine, NGC 2623, è già in una fase avanzata del processo di fusione, poichè le parti centrali delle galassie originarie risultano già unite a formare il nuovo nucleo dell’enorme nuova galassia risultante. Quello che in maniera più evidente segnala agli astronomi il processo di fusione in atto, sono le due code luminose, sorta di brillanti filamenti formati da stelle giovani: difatti, durante simili collisioni, lo scambio e la compressione di tali grandi quantità di gas si traduce in una decisa incentivazione della formazione stellare in alcune zone, che appunto facilmente si evidenziano per la loro intensa luminosità.

SpaceTelescope Press Release

 

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