Blog di Marco Castellani

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L’occhio di Hubble su M 106

Gli esempi di sinergie tra astronomi professionisti e “semplici” appassionati sono probabilmente troppo all’ordine del giorno, perché se ne debba parlare. Potremmo scomodare se necessario i numerosi progetti di crowdsourcing come Galaxy Zoo e affini (ma con insospettabili antecedenti che possono essere fatti risalire perfino all’ottocento). Comunque il messaggio è già limpido: ci dice che la linea di confine tra professionista e amatore – grazie al cielo – non è mai stata davvero invalicabile (pensiamo a tutti gli studi della variabilità stellare, o delle comete), ed oggi è forse ancora più permeabile, appunto perché la moderna tecnologia che permette di contribuire davvero alla ricerca astronomica, anche senza una specifica preparazione, disponendo semplicemente di un computer collegato ad Internet (e tanta voglia di applicarsi). 

Al di là delle affermazioni retoriche, possiamo dire che – come ai tempi più antichi – finalmente la scienza astronomica sta ritornando di tutti. E questo è certamente un bene.

Senza spingerci troppo in là in un discorso complesso, riportiamo solo un ulteriore esempio di virtuosa “collaborazione”. In questo caso è l’immagine della galassia M 106, una galassia a spirale relativamente vicina, perché si trova a poco più di venti milioni di anni luce da noi. Guardate se non è suggestiva questa immagine (promossa ad “immagine della settimana” da spacetelescope.org)

Emmecentosei

Crediti: ASA, ESA, the Hubble Heritage Team (STScI/AURA), and R. Gendler (for the Hubble Heritage Team). Acknowledgment: J. GaBany

Ebbene, lo splendore indiscutibile di questa “istantanea” non è casuale, ma è un ulteriore esempio di quella virtuosa collaborazione di cui parlavamo poco fa. Nel caso specifico, infatti, le osservazioni del Telescopio Spaziale Hubble sono state integrate da informazioni aggiuntive “catturate” da due astrofili, Robert Gendler e Jay GaBany. In particolare Gendler ha elaborato i dati di Hubble, integrandoli con le sue personali osservazioni, per riuscire produrre una immagine in questi meravigliosi colori.

E ne è valsa la pena, come potete vedere.

Insomma il cielo è di tutti. Come dovrebbe essere – e come in fondo, è sempre stato.

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Uno zoo di galassie

Sono passati diversi anni dall’apertura al pubblico del progetto Galaxy Zoo; per la precisione era il giorni 11 di luglio del 2007; ne demmo conto su questo sito appena pochi giorni dopo il lancio, il 24 dello stesso mese. E’ interessante a distanza di tempo comprendere il grado di successo che ha avuto uno dei più prestigiosi esempi di citizen science, di scienza (vera) fatta dalle persone ‘comuni’. 

Il progetto, come molti sanno, è partito in maniera molto semplice: chiedendo alle persone di coinvolgersi nella classificazione di galassie, e rimanendo in un ambito volutamente elementare: ai volontari veniva chiesto di esaminare delle foto di galassie e decidere se fossero ellittiche o spirali – insomma la più basilare forma di classificazione morfologica. 

Le stime originali erano che se qualche migliaio di persone si fossero lasciate coinvolgere, si sarebbe potuto classificare un milione di galassie nell’arco di un paio d’anni. Va detto che la classificazione morfologica è fondamentale per una analisi statistica accurata del campione di galassie di cui abbiamo informazioni: lungi dall’essere un mero esercizio didattico, è un dato che può essere di importanza fondamentale per differenti branche della cosmologia e dello studio del nostro Universo. 

Ebbene, la cosa sorprendente è che – a distanza di venti ore dal lancio – il sito già riceveva qualcosa come 20.000 classificazioni per ogni ora (chiaramente un risultato molto al di là di quello che qualsisia team scientifico si sarebbe potuto proporre). Dopo quaranta ore dall’apertura, il sito riceveva addirittura 60.000 classificazioni per ora! Dopo dieci giorni, il pubblico aveva già sottomesso otto milioni di classificazioni. Ad aprile del 2008, quando il team di Galazy Zoo sottomise il primo articolo alla comunità scientifica, oltre centomila volontari avevano classificato ognuna delle circa 900.000 galassie della Sloan Digital Sky Survey una media di 38 volte (la ridondanza è un valore aggiunto importante, in quanto assicura l’affidabilità delle classificazione).

Di fatto, la popolarità di Galazy Zoo e il numero di classificazioni ricevute sta rendendo possibile raggiungere risultati scientifici che non sarebbero semplicemente stati possibili senza il contributo dei volontari. 

NGC 4414 NASA med

La galassia spirale NGC 4414: l’Universo è pieno di galassie in attesa di essere classificate. E possono farlo tutti… (Crediti: NASA/ESA) 

Nel tempo il sito Galazy Zoo si è raffinato proponendosi obiettivi più ambiziosi (è interessante leggersi la storia, anche in italiano), e ora fa parte di una costellazione di siti (zoouniverse.org) che permettono di prendere parte attivamente – di solito, dopo una breve  fase di addestramento guidato, che può essere compiuta sul sito stesso – alla ricerca scientifica, in un ampio ventaglio di specializzazioni, che arrivano anche all’analisi dei diari di guerra dei soldati della British Army durante la prima guerra mondiale.

Forse, dopo un ampio intervallo di secoli in cui la scienza è rimasta prerogativa di chi aveva conoscenze particolari su un certo argomento, ci stiamo avviando ad una nuova epoca, ove – come ai tempi antichi – la scienza vera  è (di nuovo) accessibile praticamente a chiunque, posto che  abbia curiosità e voglia di ragionare e di capire. L’accesso distribuito alla rete è il requisito fondamentale per questo; la curiosità umana e la voglia di stupirsi sono però corollari indispensabili.

 (Alcuni dati sono presi dall’articolo A Zoo of Galaxies di Karen L. Masters)

 

 

 

 

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