Blog di Marco Castellani

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Il turbolento polo nord di Giove

Questa nuova vista acquisita dalla sonda Juno della NASA, che sta gironzolando da tempo attorno a Giove, appare davvero straordinaria per bellezza e qualità del dettaglio. Ormai queste sonde moderne, possiamo dirlo, ci stanno abituando assai bene.

Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/Björn Jónsson

L’immagine, a colori esaltati, è stata acquisita il 16 dicembre dello scorso anno, quando Juno era impegnata nel decimo passaggio ravvicinato al pianeta gigante. Nel momento dello scatto, la sonda si trovava a poco più di ottomila chilometri sopra le nubi che ricoprono Giove.

La bellezza che potete ammirare (cliccate sulla foto e vi ci potete facilmente perdere…) è dovuta in buona parte all’eccellente lavoro del citizen scientist Björn Jónsson: uno dei tanti appassionati, “non addetti ai lavori”, che ha scaricato i dati grezzi dal sito NASA, ha sottratto gli effetti dell’illuminazione globale, ha aumentato il contrasto e rinforzato i colori, e ha esaltato i particolari su piccola scala.

Nel complesso, un lavoro davvero egregio, che a sua volta premia ed esalta lo sforzo fatto dagli scienziati di mestiere (per quanto questa definizione vada forse sfumando, come vediamo): tutto quel lavoro che c’è dietro una moderna impresa scientifica e tecnologica come la sonda Juno, appunto.

La regione è quella del polo nord di Giove: non ci si confonda dall’orientazione della foto, che in effetti potrebbe trarre in inganno. Le foto di Juno non “abbellite” sono disponibili al sito https://www.missionjuno.swri.edu/junocam  per chiunque voglia cimentarsi in una riproposizione creative, che può essere – come in questo caso – estremamente efficace.

Il cielo è di tutti – scienziati e non. Tutti lo rendiamo migliore, con questo lavoro comune. Come probabilmente deve essere.

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Sopra le nubi di Giove…

Non è un quadro, ma potrebbe legittimamente sembrarlo. In effetti il nostro Sistema Solare è prodigo di meraviglie, quando visto da vicino. In questo caso la sonda Juno distava da Giove meno di un diametro terrestre, quando ha acquisito (il mese scorso) questa stupenda immagine dello strato tumultuoso di nubi del pianeta gigante.

Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/Gerald Eichstädt/Seán Doran

La distanza della sonda dal fitto strato di nubi era intorno ai 13.000 chilometri. Parte non trascurabile della suggestione dell’immagine è data dal lavoro dei citizen scientist  Gerald Eichstädt e Seán Doran che hanno elaborato le immagini grezze della sonda, che la NASA mette a disposizione di chiunque nel suo sito web.  La scelta della scala cromatica appare qui particolarmente riuscita, e si possono ammirare degli straordinari dettagli della configurazione così complessa ed indubbiamente affasciante dello strato di nuvole che coprono il pianeta.

Molto infatti c’è da capire su quella che risulta la più estesa atmosfera planetaria in tutto il Sistema Solare. Una atmosfera, peraltro, che a differenza di quanto accade per la Terra e gli altri pianeti “rocciosi”, non mostra un chiaro limite inferiore, ma presenta una transizione lenta e graduale verso gli strati interni del pianeta.

Un pianeta – anche per questo – decisamente diverso da quanto siamo abituati a pensare. E anche per questo, più affascinante che mai.

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La macchia rossa, come la vedrebbe Monet

Nella scienza può accadere qualsiasi cosa (o quasi). Anche se quasi sempre non ci pensiamo, abbiamo sovente idee più stazionarie rispetto all’universo reale, che è in allegra espansione e in perpetua evoluzione.

Più volte abbiamo accennato al fatto che gran parte della scienza moderna è veramente di tutti, sia per le infinite possibilità offerte da Internet, sia per la illuminata politica di gestione dei dati – in molti casi ormai pienamente  consapevole del fatto che siano davvero un bene globale. Un bene non più da custodire gelosamente negli archivi dei centri di ricerca, ma da offrirediffondere alla più vasta comunità umana.

Può dunque accadere, in forza di tutto questo, che si aprano dei contatti, dei tunnel tra quelli che solitamente vediamo come universi distinti, quali possono essere – per esempio – la scienza e l’arte.

Può infatti essere che la celebre macchia rossa su Giove venga portata ai nostri occhi quasi come un quadro di Monet.

Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/David Englund

Quella che vedete è una elaborazione originale del citizen scientist David Englund, che ha “reinterpretato” assai creativamente i dati grezzi, messi a disposizione dalla sonda Juno nel sito appositamente predisposto dalla NASA. Le immagini della sonda sono riversate nel sito proprio perché chiunque sia interessato, possa processarle secondo il suo gusto personale: in questo modo, la scienza si fa decisamente più aperta, ed anche più creativa. 

Al di là dell’effetto pittorico, sicuramente emozionante, c’è  comunque un fatto di sostanza, sul quale vorremmo porre l’accento: la scienza moderna, con la grandissima mole di dati che produce, ci fa capire sempre più e sempre meglio che non c’è un solo modo di interpretare i dati, perché davvero, come  la bellezza delle cose esiste nella mente di chi le contempla” (David Hume), così ogni segnale, ogni dato, ogni architettura di universo, aspetta una mente ordinatrice che ne riveli la bellezza estetica e la rilevanza scientifica.

Potremmo ben dirlo: l’universo aspetta noi, per farsi guardare.

E per rifulgere.

 

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Un uragano… complicato (su Giove) !

Il brutto tempo può essere (oltre che brutto) anche piuttosto complicato. No, non pensiamo adesso alle complicazioni di cui si costella la nostra giornata quando il maltempo innesca il traffico e la congestione di auto e mezzi pubblici (laddove passano). Il nostro pensiero invece vola  più in alto, vola sul più grande pianeta del Sistema Solare, laddove la sonda Juno ha appena acquisito per noi una stupenda immagine: appunto, di un formidabile temporale.

Crediti: NASA, JPL-Caltech, SwRI, MSSS; Processing: Gerald Eichstädt & Seán Doran

L’immagine si allarga per circa trentamila chilometri, il che rende questo suggestivo sistema di nubi esteso quasi quanto la Terra intera. E’ animato da una rotazione antioraria e mostra delle correnti ascensionali (colorate nell’immagine), che si ritiene siano composte principalmente di ghiaccio di ammoniaca (che si trova anche in altri ambienti nel Sistema Solare).

Dunque mentre siamo presi nel traffico di cui sopra, o mentre pensosi aspettiamo il tram – che sistematicamente tarda ad arrivare – possiamo andare con la mente lassù, proprio intorno a Giove, dove c’è Juno che per i prossimi anni continuerà ad orbitare attorno a questo enorme pianeta, inviando dati a terra veramente preziosi. Per capire meglio anche l’abbondanza di acqua nell’atmosfera di Giove, e per comprendere se, sotto queste affascinanti nuvole, si nasconde una crosta solida.

Sarà dunque vero, che anche i temporali servono?

Su Giove, almeno, la riposta è sì.

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Juno osserva Giove, Io ed Europa

Durante l’ottavo flyby intorno al pianeta gigante, la sonda Juno ha inviato a Terra questa bella immagine, che racchiude in un solo evocativo scatto, una porzione del pianeta Giove e due delle sue lune, Io ed Europa.

Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/Roman Tkachenko

L’immagine è stata presa il primo settembre di quest’anno, quando la sonda si trovava a circa 27.000 chilometri sopra lo strato di dense nuvole che copre il pianeta gigante. La sua latitudine, in quel momento, era di circa -49 gradi.

Più vicino al pianeta è la luna Io, mentre Europa appare sulla sinistra dell’immagine, decisamente più lontano dal pianeta.

Anche questa bella immagine si deve al lavoro appassionato di un citizen scientist di nome  Roman Tkachenko: una persona che ha scaricato i dati grezzi – messi a disposizione dalla NASA – e ha processato la fotografia per restituirci questo delizioso quadretto di famiglia. 

Sempre più l’esplorazione del Sistema Solare sta diventando una impresa comune. Se da una parte è vero che solo grandi istituzioni hanno la possibilità materiale di inviare queste sonde in giro per lo spazio (ma i privati stanno facendosi strada sempre di più… ne dovremo parlare), è altrettanto vero che per la politica di “apertura” nel rilascio dei dati, è possibile a molti intervenire in modo creativo restituendoci questi autentici “regali”, dove la bellezza del cosmo risulta in modo efficace e certamente evocativo.

Un modo per ritornare a pensare il cielo come patrimonio di tutti, in fondo.

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In quota, su Giove

Per una sonda che – dopo anni ed anni di onorato servizio – ci ha salutato affondando nell’atmosfera di Saturno (sì, parliamo di Cassini), molte altre continuano nella loro indefessa esplorazione del Sistema Solare. Una tra le tante sonde che sta sicuramente facendo un ottimo lavoro è la sonda Juno, di cui ci siamo occupati in varie occasioni.

Juno è occupata in una perlustrazione molto molto accurata del pianeta Giove. Sta inviando a Terra una considerevole mole di immagini davvero dettagliate, che vengono messe online dalla NASA già in forma grezza, al fine di consentire a chi lo voglia di giocare con le immagini e ottenere – spesso – dei risultati molto interessanti.

Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/Gerald Eichstädt

Per esempio, questa bella immagine si deve al lavoro di post-produzione di Gerald Eichstädt, un “citizen scientist” che ha utilizzato i dati grezzi per rielaborarli in modo da porre in rilievo diverse caratteristiche peculiari della superficie del pianeta gigante.

Un ottimo lavoro, e una ulteriore dimostrazione di una scienza di tutti e per tutti. Decisamente, la scienza che ci piace di più.

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La macchia rossa, da vicinissimo

Il giorno undici di questo mese, la sonda Juno ha avuto l’opportunità di passare direttamente al di sopra della Grande Macchia Rossa di Giove, restituendoci una immagine estremamente ravvicinata di questo enorme, perpetuo ciclone, grande più dell’intero nostro pianeta.

L’immagine grezza messa prontamente a disposizione sui siti NASA, è stata riprocessata da appassionati citizen scientist, ottenendo il suggestivo risultato che mostriamo qui sotto.

La Grande Macchia Rossa, vista da vicinissimo. Crediti: NASA, Juno, SwRI, MSSS, Gerald Eichstadt, Sean Doran

L’immagine è stata acquisita ad una distanza inferiore ai 10.000 chilometri dalla superficie gassosa del pianeta gigante. Veramente esigua, se pensiamo che la distanza media tra la Terra e Giove è di quasi 800 milioni di chilometri. 

Al di là dunque della spettacolarità della foto, è piuttosto impressionante pensare a cosa riusciamo ad ottenere, al dettaglio che possiamo catturare, di oggetti celesti che ordinariamente pensiamo vicini, ma che sulle scale umane sono comunque estremamente lontani.

Abbiamo dunque occhi vigili e attenti, su regioni molto distanti di universo. Abbiamo modo di vedere cose che fino a pochissimi anni fa erano al di là di ogni immaginazione. Teniamolo presente, e (quando abbiamo un po’ di coscienza) facciamone tesoro.

Ne vale la pena: è un universo fibrillante e fantastico, quello che stiamo scoprendo in questi anni. Capace ancora di stupirci, di farci continuamente decentrare, deragliare dai nostri schemi mentali – la cosa, probabilmente, che rimane tra le più preziose: di quelle che giustificano da sole, potremmo arrivare a dire, l’impresa meravigliosa dell’avventura scientifica, ed in particolare della scoperta del nuovo cosmo.

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La macchia… pastello

Potrebbe essere un delizioso quadro di colori pastello, una fantasia suggestiva di un ispirato pittore. Invece è un’immagine reale della macchia rossa di Giove, acquisita nell’ormai lontano 1979 dalla sonda Voyager 1, quando era praticamente all’inizio della sua insospettatamente lunghissima missione. Le sfumature, soprattutto quelle sul lato sinistro in alto, sembrano costituire davvero un tocco artistico d’eccezione, per una elaborazione astratta di innegabile fascino.

Macchia rossa Giove

Crediti: NASA, JPL; Digital processing: Björn Jónsson (IAAA)

Invece è Giove, appunto. Notate lo splendido dettaglio che la sonda – con tecnologia anni ’70 – era già in grado di restituire ai nostri occhi.

La sonda Voyager 1 è attualmente il manufatto umano più lontano che ci sia, con i suoi più che rispettabili diciannove miliardi di chilometri da casa. Trovo sorprendente, assolutamente sorprendente, il fatto stesso che – a questa distanza e dopo tutto questo tempo – il collegamento con la sonda sia ancora attivo. Potete vedere l’immagine (di cui ho fatto un ritaglio, secondo il mio gusto artistico) come riportata dal sito APOD pochi giorni fa.

Era appunto il mese di gennaio 1979, quando la sonda Voyager 1 iniziava ad acquisire fotografie del pianeta Giove, e ben presto la qualità delle immagine fornite dalla sonda superava quelle migliori disponibili da Terra. La Voyager 1 completava il suo incontro con Giove all’inizio di Aprile, dopo aver acquisito circa 19.000 immagini, insieme a molte misure scientifiche. Pochi giorni dopo era la Voyager 2 a riprendere l’incarico di mappare Giove, fino al mese di Agosto.

Insieme le sonde inviarono a Terra più di 33.000 immagini di Giove e dei suoi cinque satelliti maggiori. Un gran lavoro, che evidentemente non esauriva l’entusiasmo e la spinta propulsiva delle due sonde, che – dopo decenni, giunte al margine del Sistema Solare – continuano ad inviare dati.

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