Viene qui pubblicata integralmente l’introduzione di Carla Ribichini al volume “Anita e le stelle: la saggezza di uno sguardo” appena uscito presso Amazon (in cartaceo e in digitale). Il volume ospita sei racconti scritti da Marco Castellani, che fanno idealmente seguito ai sei già apparsi nel volume “Anita e le stelle“. Le frasi scritte dai ragazzi della scuola Corradini, che compaiono nel libro tra un racconto e l’altro, si possono leggere a questo indirizzo.
Lo stato di salute della nostra umanità è grave, i giovani sono smarriti e disorientati, eppure sono fatti per credere, per trovare un significato, per cercare qualcosa più grande di loro. Si portano nel cuore un desiderio infinito di vita, perché la loro vocazione è la vita e Anita, la protagonista dei racconti di Marco Castellani, questa vita ce l’ha raccontata insegnandoci l’arte dello stupore e della contemplazione.
Semi della nuova umanità… Carla Ribichini al lavoro con i suoi alunni (Istituto Comprensivo P.M. Corradini, Roma)
Marco Castellani è un astrofisico per formazione e professione ed un poeta per passione e vocazione; ha lavorato nelle classi della scuola media in cui insegno rivolgendosi a ragazzi appena dodicenni; pur nella diversità dei nostri ruoli la finalità educativa è stata la medesima, abbiamo condiviso contenuti e strategie e cercato insieme una nuova visione per sviluppare intuito, creatività, consapevolezza e libertà di pensiero. La scienza è stata solo il punto di partenza e il grande merito dell’autore è stato quello di averla inserita in una dimensione più profonda, di averla trasformata in letteratura e di averla tradotta come impegno per il mondo.
Assai volentieri ospitiamo la presentazione integrale della professoressa Carla Ribichini (I.C. Comprensivo “Marcello Corradini”, Roma), contenuta nel volume di racconti per ragazzi “Anita e le stelle” (Arsenio Edizioni, Euro 14) in uscita in questi giorni, già disponibile su Ibs.it.
«A volte mi sento brillare come una stella che non vive in cielo, vive sulla terra e brilla anche di giorno. È facile sentirsi una stella, basta amare la vita e sentire dentro la vera stella che vuoi essere. Dentro tutti siamo stelle.»
Così Davide, in modo semplice e commovente, racconta la sua esperienza dopo la lettura del racconto di Marco CastellaniLa bambina e il quasar.
Gli alunni della scuola media “P.M. Corradini” di Roma hanno partecipato al progetto Educare narrando… tra Scienza e Poesia e hanno compreso che raccontare una storia non è pratica oziosa, ma strumento per educare e risvegliare i cuori. Lasciar parlare la voce delle storie è importante perché le storie mettono in movimento la vita interiore, soprattutto quando è denutrita, spaventata e messa alle strette, come spesso lo è la vita dei nostri giovani.
Unire lo studio metodico e rigoroso dello scienziato allo stupore e alla meraviglia del poeta è l’azione coraggiosa di Marco Castellani. I momenti fondamentali del suo prezioso lavoro: ricerca e conoscenza, restituzione e servizio, sono stati per noi strumenti di apprendimenti significativi. La sua passione per l’universo e il suo amore per l’uomo che lo abita lo hanno spinto a donarci una scienza nuova. Lo scienziato illuminato sa che la conoscenza da sola non basta, ed ecco allora che, tra le righe dei suoi racconti, si affaccia una scienza che si rende disponibile e comprensibile e si mette a disposizione di tutti attraverso emozioni e ritmi narrativi.
L’autore, scienziato e poeta, ha voluto divulgare la scienza in modo nuovo, l’ha liberata dalle sue catene. Una scienza non più prigioniera, ma dettata dal cuore ha reso comprensibili i concetti più astratti e complessi; l’intimo colloquio che l’autore è riuscito a stabilire tra scienza e poesia è stato la chiave segreta per conoscere il mistero della vita.
I racconti sono stati una finestra aperta sul cielo. La curiosità e lo stupore della protagonista e la sua forte determinazione alla conoscenza, hanno aperto un varco e spalancato le porte dell’universo; la classe si è trasformata in un vero e proprio osservatorio e i ragazzi, che generalmente hanno lo sguardo rivolto a terra, hanno alzato gli occhi e, con il naso in su, si sono divertiti a contare le centinaia di migliaia di stelle, hanno assaporato l’armonia perfetta che anima il cosmo. E il cosmo, prima lontano ed oscuro, a poco a poco, si è fatto loro più vicino, i corpi celesti sono entrati nello spazio del loro cuore cambiando il loro universo interiore: tutti hanno conosciuto il cielo sopra e dentro di loro e fatto esperienza del legame profondo che c’è tra gli uomini e le stelle.
Così raccontano Marika e Aurora:
«In un punto sparso dell’universo ci siamo io e le mie possibilità: ogni mia molecola è unica, capiente di speranza e saggezza, voglio incamminarmi, fare un passo in avanti e trovare la mia luce. Vari stadi di conoscenza evoluta mi attendono e le stelle aspettano il mio arrivo.» (Marika)
«Sono una piccola stella che brilla, silenziosa e tranquilla, sempre in evoluzione. L’essere umano è rinchiuso nella parte più buia e triste di sé. Credo che tutti noi siamo stelle e dobbiamo evolverci, uscire da quella profonda oscurità e affrontare la vita nella luce.» (Aurora)
La lettura è stata un’avventura affascinante, ha permesso ai ragazzi di diventare un po’ esploratori, un po’ scienziati, un po’ poeti e conoscere le meraviglie della scienza. L’autore, con umiltà, ha guidato tutti a scoprire la bellezza che dorme nascosta nell’universo e, in modo delicato e discreto, ci ha coinvolti per proteggere e salvare la nostra dimora planetaria. I ragazzi si sono sentiti chiamati a fare la loro parte, hanno lavorato con la serietà di veri scienziati, hanno imparato a guardare il cielo e hanno sentito il desiderio di portare la sua luce, il suo raccoglimento e il suo silenzio sulla terra bisognosa. Queste sono le loro sincere e commoventi promesse:
«Le corde dell’Universo mi avvolgono e mi trascinano in un insolito viaggio. Vedo sfumature di energia potente che galleggiano sulle onde del mare infinito. Le stanze dell’Universo sono aperte e il ragazzo che non vuole sprofondare in un buco nero guarda oltre, ascolta il silenzio delle stelle e della loro pazienza. Sa trovare la giusta direzione, mantenere le promesse e migliorare.» (Marika)
«Ogni volta che appoggio la testa sul cuscino, in quell’istante prima di addormentarmi, vedo in uno specchio la mia immagine rifratta che si tramuta prima in acqua e ancora in aria e quell’aria arriva nel lontano universo. Da lì osservo il mondo e mi sento libera: sono un piccolo anello di una grande catena, sono un piccolo strumento di un’infinita orchestra e di un’infinita armonia. Come ragazza dell’universo prometto che sarò forte e tenace e lo salverò.» (Monica)
«Prometto di trasformare il male delle persone in amore, di piantare il seme della conoscenza, di lasciar giocare la mente con le stelle e di correre con le comete. Come un vecchio saggio prometto di ascoltare il silenzio siderale dell’universo» (Tiziano).
L’uomo ha un assoluto e urgente bisogno di essere introdotto alla Scienza e comprendere il mondo in cui vive, da sempre si è sentito misteriosamente attratto dalla potentissima energia che continuamente piove dal cielo, da sempre ha percepito una forza primordiale strettamente connaturata con la sua vita; eppure, di fronte all’immensità del creato, ha provato paura e solitudine; avvicinarsi all’astrofisica e conoscere l’universo è per lui un’esperienza importante e necessaria.
L’astrofisico Marco Castellani ci ha dato l’opportunità di interagire con la Scienza e, con la leggerezza del poeta, ci ha permesso di ascoltare la voce dell’universo; in modo stimolante e coinvolgente, ci ha ricordato che l’universo ha bisogno di ognuno di noi, della nostra consapevolezza e del nostro lavoro; i suoi racconti sono stati un sofisticato e potente telescopio grazie al quale abbiamo compiuto un vero e proprio viaggio planetario.
Alla fine del viaggio le distanze si sono sorprendentemente annullate: scienza e poesia, cielo e terra, abissi e altitudini, esseri umani e stelle, tutto strettamente connesso, legato e unito. Ci siamo sentiti finalmente meno soli, abbiamo subito il fascino delle stelle e capito di essere a casa, innamorati del nostro immenso cielo, quello sopra di noi e quello dentro di noi.
«Ho visto pianeti conosciuti, narrati con amore ho ascoltato le loro storie, assaporato le loro verità mi sono accorta di essere tutt’uno con l’universo e che l’universo è in me.» (Daniela)
Da una riflessione su L’Infinito, di Giacomo Leopardi
L’Infinito è una dimensione dell’anima, dimensione ignorata e spesso invisibile, ma assolutamente presente nelle nostre vite; è quella coscienza globale che dà senso all’esistenza e la risolve.
Esiste un marchio d’infinito dentro ognuno di noi e aderire all’infinito che ci abita dentro è l’esigenza di ogni essere umano. L’uomo vive nelle pseudo sicurezze del mondo finito, si perde nella materia, la vuole dominare, è prigioniero nel mondo delle cose; come diceva Pascal, è posto tra i due abissi dell’infinito e del nulla, fra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo.
Duplice, quindi, è la natura umana, ma il centro pulsante della sua interiorità è proprio il bisogno di infinito che, riconosciuto e ascoltato, spinge l’essere umano ad andare oltre l’io di materia fino ad entrare nella coscienza del Tutto. E’ l’esperienza interiore quella che conta, in quel punto profondo nulla divide l’uomo dall’Infinito e dall’Eterno.
Leopardi, pastore errante, si interroga sull’esistenza umana e ci dà un’umile lezione di coraggio e di forza. La sua poesia è una vera e propria ricerca di consapevolezza e affonda le sue radici nel dolore; rifiutando e allontanando ogni tipo di consolazione, ci insegna la dignitosa accettazione del destino umano. Leopardi cerca la verità, lotta eroicamente per superare l’inquietudine e la sofferenza e porta la lotta dalla biblioteca paterna al mondo. Riconosce solo l’uomo, che rimane il suo punto fermo; è un uomo solo e sofferente, ma non sconfitto, l’accettazione della sua disperata condizione lo rende, anzi, più forte e consapevole.
A noi che abbiamo perduto il senso della vita, della lotta, del coraggio e della ricerca, Leopardi insegna a resistere eroicamente “contro le magnifiche sorti e progressive”, insegna a combattere e a portare in profondità la lotta, insegna a rimanere fermi nella visione stretta della siepe, perché solo da lì si può vedere oltre, ritrovare e accogliere l’Infinito.
Leopardi non rifiuta questo passaggio obbligato attraverso la sofferenza, l’attraversa con tutti i suoi sensi, (mirando odo m’è dolce) poi, però, non rinuncia all’idea dell’Assoluto e, con un esercizio spirituale di contemplazione, (nel pensier mi fingo) superando la bugia che siamo solo materia, ci insegna uno sguardo diverso e una visione superiore. Attraverso il pensiero, con un movimento circolare di spazio e di tempo, si collega e si affida dolcemente al Tutto dimostrandoci che l’uomo è fatto di infinito, sicuramente piccolo di fronte all’universo, ma infinitamente grande e consapevole per poterlo immaginare, contenere e cambiare.
Avrebbe mai potuto scrivere questa poesia perfetta se non avesse avuto l’infinito dentro? Il poeta è per tutti noi una guida spirituale, la sua poesia, a scuola, ci spinge a rivoluzionare la pratica educativa, diventando abili costruttori della nostra vita, disposti ad accogliere l’infinito.
La poesia è una soglia tra il visibile e l’invisibile e ci dimostra che abbiamo due modalità diverse di conoscere: oltre la conoscenza razionale e sensoriale, c’è una conoscenza che nasce nella sfera spirituale; una mente pensa e l’altra, più profonda, sente, percepisce e immagina. La ragione umana non basta mai a se stessa e il compito fondamentale, soprattutto a scuola, è di natura emozionale: liberare lo spirito creativo, creare risonanze, innescare sentimenti e pensieri positivi, potenziare le dimensioni umane quali entusiasmo, passione, accettazione, coraggio, motivazione e ricerca.
Questa capacità di visione è fonte feconda e l’Infinito diventa significato di sé e serbatoio di possibilità e risorse davvero infinite.
Esercizi di consapevolezza: il mio bisogno di infinito.
Fare esperienza dell’infinito è per gli adolescenti una vera e propria presa di coscienza e rimarrà per sempre un’esperienza indelebile, anche quando la sofferenza e il dolore sembreranno vincere e voler dire l’ultima parola su tutto.
Infinito astratto, concreto Infinito colorato penetra senza permessi. Mi pervade.
Lorenzo
Certe volte si ha bisogno di credere in qualcosa che ti dia conforto. In quel momento entra in gioco lui, l’Infinito. Vorrei perdermi dentro di lui, toccarlo e abbracciarlo. Mi sento in pace con lui. La mia pace è infinita.
Nicholas
Come un raggio di sole, l’infinito soffia nell’oscurità dei miei pensieri.
Fatima
Ho bisogno di infinito, ho voglia di toccarlo, sentirlo, vederlo e annusarlo.Ho bisogno di quella sua particella che mi fa cambiare e mi fa sentire un uomo divino.
Cosmin
Cuore e mente insieme formano un grande e accogliente infinito che mi avvolge, mi sento il centro del mio infinito, lontana dal mondo, sola con me stessa e sto bene.
Alessia
Il mio infinito mi parla, ha la mia stessa voce. Facciamo gli stessi movimenti e le stesse smorfie. Non sono ancora quella magnifica creatura. Ma lo diventerò e sarò il mio infinito.
Monica
Mirando sovraumani silenzi e profondissima quiete… Mi calmo e trovo la pace. Il silenzio cauto del vento mi culla. Mi sento protetta, libera e indomabile come l’aria. Non ho più confini.
Monica
Mi sovvien l’Eterno… E mi travolge nell’immensità Ascolto l’infinito silenzio di un colle addormentato, il suo respiro legato al mio in questa fragilità. Mi addormento e mi calmo Nel riposo dell’eternità.
Marika
Il pensier mio… Ormai stanco, Si rannicchia nell’immensità di un tramonto che mette in pace l’anima, i pensieri grigi, come se non fossero mai esistiti, annegano nell’acqua profonda e il cielo si arrossa.
Davide
Mi sovvien l’Eterno… Mi avvolge, mi travolge, mi coinvolge e mi porta in un Infinito pacifico e armonioso io mi sento libero.
Andrea
Mirando sovrumani silenzi e profondissima quiete…. Mi tuffo nel mio oceano infinito, scivolo nell’acqua, sento il vento accarezzare la schiuma delle onde, Ritrovo il mio respiro E mi sento bene.
Alessia
Tra questa immensità s’annega il pensier mio… tra queste infinite colline tutto è pace, Il vento soffia e Il mio cuore è libero.
Aurora
Mirando sovrumani silenzi e profondissima quiete…. Si risveglia il mio cuore, e nel fresco mattino d’inverno, batte soave. Mentre un cielo infinito si apre davanti a me.
Valerio
Il tempo si è addormentato nel sole del pomeriggio sotto fronde di immense querce, è ricoperto da scricchiolanti foglie secche. Abbagliata dagli ultimi, candidi raggi di sole, mi perdo nel silenzio infinito.
Aurora
Il tempo si è addormentato nel sole del pomeriggio Tutto è immobile nella quiete di un respiro dormiente, I fili d’erba sono cullati dal fruscio lento di una quercia secolare. Il sole solitario, anche lui, si scioglie nei freschi profumi e nei morbidi pensieri di questo tardo pomeriggio primaverile. E questa mia costante frenetica agitazione è sopraffatta Dal desiderio di eternità.
Marika
Il tempo si è addormentato nel sole del pomeriggio. Le onde inarcate sono ferme davanti agli imponenti scogli. Nel vento ancora riecheggiano I bianchi profumi e le pacate voci provenienti dal mare. Mi sento piena, leggera e serena non più invasa dall’irruenta fretta. Sono libera.
Monica
La luna con i suoi occhi guarda gli infiniti spazi sui quali regna assieme al silenzio eterno che eterno non è. Tutto si compone, tutto si spezza; che siano vite o oggetti il cielo infinito affligge tutti.
Giacomo
L’infinito mi sovviene Quando sento la pace calare; Infinito è ciò che, a guardarlo, si nasconde dietro ogni cespuglio, Infinito è la voglia dell’umano Di vivere questa ardua vita, lasciando la luna calare, e su questi campi farla poggiare.
Giacomo
Lavorare con i giovani è una delle esperienze più belle che si possa fare; senti che, al di là di ogni credo, basta l’uomo, non quello prigioniero dell’ego, l’uomo creativo, cosciente di sé, della sua profondità e della sua dimensione infinita. Promuovere la letteratura significa produrre energia creativa, educare la coscienza critica e favorire la costruzione del pensiero e il potere delle emozioni.
Quando mente e cuore sono abituati a vivere nel finito, sono sofferenti; c’è bisogno, allora, di immergersi nella realtà espansa della coscienza, avere fiducia nelle leggi interiori dell’essere umano e familiarizzare con il proprio infinito.
Ricordo ai ragazzi che la poesia è un percorso privilegiato di conoscenza, porta alla luce cose che agli uomini distratti sono nascoste, fortifica e insegna a vivere, conferisce senso all’esistenza e dona il coraggio di superarne la precarietà, immaginando una realtà nuova e creando il cambiamento.
La poesia leopardiana ha impresso nel cuore dei ragazzi insegnamenti che costruiranno le loro vite: ha insegnato che il trascendente è radicato nella loro esistenza, necessario e irrinunciabile, e che l’infinito del cuore è perfettamente connesso con l’infinito del cosmo. I ragazzi hanno imparato a cercare l’infinito nella radice stessa del dolore e a sentirsi fragili e imperfetti senza rinunciare ad aprirsi a tutte le possibilità della vita, per diventare uomini liberi.
Carla Ribichini insegna materie letterarie nell’I.C. Corradini di Vermicino ed è ideatrice di un progetto innovativo che prende il nome di EDUCAZIONE VISIONARIA. E’ coautrice del libro La scuola visionaria. Un’altra scuola è possibile.
… solo un caso: la trasferta è iniziata il 17 gennaio, festa si Sant’ Antonio abate, monaco eremita…
Non sarà un caso se gli accadimenti e i percorsi che ho intrapreso in varie modalità in questi ultimi tempi (il bellissimo Darsi Pace, il lavoro sul cuore con Giulia, l’incontro con suor Sveva eremita, il passaggio alla Pieve di Romena, insieme al richiamo didonCarrone diPapa Francesco, mi stanno avvicinando a un desiderio di silenzio e di svuotamento. La percezione oggi è quella di camminare su sentieri tortuosi con deviazioni, scale, discese e salite ma che conducono sulll ‘unica strada:LA STRADA .
cielo mare a Sanremo
Sanremo è stata una bella esperienza. Il mio compito era che il lavoro per il programma che seguivo che non era il festival, venisse seguito e realizzato con meno problemi possibili e nei tempi stabiliti. Non dovevo fare altro che essere accanto al mio collega che più giovane e più bravo di me ha svolto la parte creativa e che si trovava in prima linea a dover relazionarsi e mostrarsi ai committenti. Io ho potuto rimanere un passo indietro, essere “al servizio “, allenandomi nel metter a tacere un certo EGO che spesso fa capolino.
Il tempo di trasferta è un tempo particolare, ma anche privilegiato. Si è lontani dalla normalità della vita, e dagli amici, e dagli affetti quotidiani. Tutto viene sostituito dalla convivenza tra colleghi. Il tempo e l’impegno ruotano intorno al Festival di Sanremoe a tutti gli eventi collegati ad esso.
Ho desiderato da subito che il mio tempo non fosse inutile, disimpegnato o distratto nel turbinio di cene e pranzi a tema fisso con pochissime eccezioni: lavoro, lavoro, lavoro farcito da pettegolezzi e le solite problematiche aziendali, tutto con un ritmo monotono fino ad arrivare alla nausea.
STARE con le persone anche dentro quella nausea è stata una sfida supportata anche dal pensiero che “L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di Te in noi stessi, mio Dio. Forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori (devastati) di altri uomini. (…) tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi. E.Hillesum
Così non ci sono più spazi o circostanze inutili. Con la preoccupazione di salvare quell’angolo di cuore, ma senza per questo sentirmi “migliore “degli altri, ho partecipato pienamente alla baraonda di queste giornate.
Ma come si fa a conciliare il bisogno di ESSENZIALE che sento come desiderio di pienezza, con il chiacchiericcio, la distrazione e il gigantesco superfluo di parole e cose di cui si viene bombardati senza tregua?
Bisogna nutrirsi!Così il silenzio, la meditazione imparata con Darsi Pace, la bellezza del mare e del cielo, le biciclettate e miei pranzi solitari davanti al mare, il passaggio quotidiano nella Chiesa dei frati francescani, sono stati il nutrimento per non annegare nel nulla delle troppe cose …
Pur stando con le persone ho vissuto in una solitudine, e, come spesso ormai mi succede, sentendomi un po’ “strana”. Queste giornate sono state un’attesa continua nel desiderio d’incontrare un’anima …
Regali ne ho avuti tanti: la breve colazione con Paola, in cui scopriamo il comune desiderio di stare “interi e centrati” e non far diventare una parentesi di vita questi giorni, poi la fresca ‘amicizia con i nostri” vicini di casa, i frati, poi la conoscenza e l ‘invito a cena di due bellissime famiglie di Sanremo in cui ho respirato la semplicità, l’ accoglienza e la pace dentro l ‘eccezionalità di una vita “normale “ma non facile.
Tra le cose che ascoltavo e mi nutrivano durante le mie biciclettate c è stata anche un’intervista di Simone Cristicchi che riprendeva la parola” essenziale” raccontando di due ragazze del terremoto dell ‘Aquila che hanno capito che per loro l essenziale era possedere solo 2 magliette, poi della felicità sorprendente incontrata nel volto di una monaca di clausura, e del significato della sua canzone….
E’ con questo cuore gonfio di attesa che quando ascolto la canzone di SimoneCristicchimi commuovo. Ho la fortuna di poterlo incontrare “dal vivo”, devo attendere che si concluda l ‘inseguimento dei cacciatori di selfie. Supero mio timore di essere presa come una molestatrice perché io DEVO parlargli.! Dopo breve inseguimento lo blocco.
Il mio GRAZIE è venuto fuori come strabordante e da un bicchiere troppo pieno. Era il riconoscimento di un cuore. Ci siamo detti delle cose e riconosciuti inquesta esigenza ditempi disilenzio davanti alla bellezzaregalata dal mare.
Era quel ‘anima che attendevo. Così inaspettata! Improvvisamente ho sentito che il senso del mio essere a Sanremo era lì: un risveglio del cuore , una riprova di essere sulla stessa STRADA.
Il giorno dopo lui torna nello studio per la trasmissione-talk pomeridiana. Ascolto l’intervista. Uno spazio di verità in cui Cristicchi racconta come coraggiosamente ha presentato quella canzone, poi accenna alle nostre maschere, agli schiaffi e alle carezze della vita. Dentro tanto parlottìo televisivo noiosissimo che seguirà subito dopo con “gli esperti “, le poche parole ascoltate splendono come luce e vanno dritte come una lancia a colpire il cuore della gente. Il pubblicoinfatti applaude spontaneamente con forza.
Si, Simone Cristicchisolo per questo ha già vinto! Tutto il resto e cosa ne seguirà non ha importanza .
Penso in quel momento al potere del microfono di cui aveva parlato lui stesso . Se la TV produce spazzatura, si mangerà spazzatura, ma se qualcuno risveglia il cuore, la gente se ne accorge, si muove, gioisce e si accende una speranza.
(a me tornain mente quando ho iniziato a lavorare in TV, quanto ero idealistaimmaginando la possibilità di cambiare un pezzo di mondo.Risvegliare le menti assopite, risvegliare le coscienze addormentate, aprire il cuore alla creatività e alla bellezza, educare alla solidarietà, credendo che questo fosse la mission del servizio pubblico…)
Nel breve colloquio avevo raccontato a Cristicchi che ero stata a Romena e avevo conosciuto don Luigi Verdi. Lui mi dice che, guarda caso, proprio la sera verrà a trovarlo e m’ invita a passare a passare a salutarlo.
Un altro regalo è stato l’incontro inaspettato con Don luigi Verdi con cui trascorro del tempo prezioso Parliamo di Dio, del silenzio, della fraternità di Romena, del dolore, della pace, dell ‘armonia, della ricerca, del bisogno di sintesi.
Questo è stato un ulteriore carezza o di Dio, un regalo più grande di ciò che potevo solo immaginare.
Così sazia di tutto ciò che avevo già avuto, non attendo il rientro di Cristicchi dal festival per festeggiare insieme. Il mio senso del dovere mi ha fatto rientrare al mio lavoro.
Ma anche questo faceva un po’ parte del piano di Dio. Si vorrebbe rimanere lì, stare con chi riconosci come vero, come compagnia, ma non sempre è possibile.
Non possiamo metter le tende, dobbiamo tornare e stare nel mondo, mantenendo quella gioia riassaporata re incontrata per quel poco tempo di verità.
Così me ne torno tra la mia gente, con una letizia rinnovata e visibile. E’ come quando ci si innamora, improvvisamente tutto diventa bello!
Quella sottile tristezza e stanchezza che portavo con me in quelle giornate era scomparse ma ne ho visto il senso ricordando certe parole di Giussani :
Le due grazie che il Signore dona sono: la tristezza e la stanchezza. La tristezza perché mi obbliga alla memoria E la stanchezza mi obbliga alle ragioni del perché faccio le cose.
Ho voluto scrivere per non dimenticarmi delle cose belle e inaspettate che accadono.
Nel novembre del 2002 si è verificata una curiosa coincidenza: una signora novantenne ha regalato alla famosa rivista “Poetry” cento milioni di dollari per superare le difficoltà finanziarie di questa nuova epoca, soldi che ha ereditato insieme alla casa farmaceutica produttrice del Prozac. “E’ un segno del destino che il denaro speso per antidepressivi sia andato a finanziare la più antica e ignorata delle medicine”, scrive Gramellini su La Stampa (“I versi della nonna”, 20/11/2002). Ma sa anche che, in fondo, la verità è un’altra, come dimostra l’età della fortunata ereditiera: sono sempre loro, gli anziani, a cercare consolazione per una vita che ormai sfugge dal loro controllo. Emblematica la sua conclusione: “Rimane la gioia di vedere tanti vecchi rifugiarsi nella poesia […]. E la rabbia di saperli quasi costretti a scrivere, dal momento che il mondo non li ascolta più.”
“Ovunque io vada,vedrò una poesia abbracciarmi” (Adonis)
Già, perché nel mondo del terzo millennio non c’è più spazio per loro, come non ce n’è per la loro poesia…Essi, come la poesia, sono ormai vestigia di un epoca passata, e non possono certo trovare un proprio posto nella società dell’attuale, tanto presa dal presente da dimenticare il passato, e gettarsi senza scrupoli in un futuro che non comprende. Già nel 1975 Montale aveva avvertito le conseguenze di una società in cui i mass media hanno tentato di “annientare ogni possibilità di solitudine e riflessione” (“E’ ancora possibile la poesia?”, Discorso tenuto all’Accademia di Svezia in occasione del Premio Nobel per la poesia), una società ormai dominata da un “esibizionismo isterico” (o.cit.) che poi è l’apparire, non importa il come e il perché, l’illudersi di essere protagonisti dell’interminabile corsa verso un “attuale” in costante mutamento, quindi irraggiungibile. Da allora, credo di poterlo dire con sicurezza, tale processo non ha fatto che accelerare: i conflitti, i governi, le idee e le mode vanno e vengono con la stessa velocità di una hit dell’estate.
In una società così votata all’apparenza della felicità nel nuovo, che ruolo potrà mai avere la poesia? Per lei non c’è più spazio tra le pagine delle maggiori pubblicazioni, né sui principali canali radio-televisivi, né tantomeno nei famosi caffé di una volta, e neppure nelle parole dei nostri idoli, della nostra classe dirigente. Se questa popolarità, questo indiscusso e riconosciuto ruolo di guida sociale è ciò a cui aspira la poesia, allora sì, è morta, forse per sempre. E a poco servirebbe condannarne gli assassini, perché ne saremmo tutti complici, di questo pubblico delitto… e non la farebbe comunque tornare in vita.
Ma forse la poesia non è davvero questo, forse è altro: una “possibilità infinitamente sospesa” (G. Raboni, “La poesia? Si vende ma non si dice”, sul Corriere della Sera, 18/01/2003), un sentimento unico, sfuggente, sorprendente, che alberga in tutti noi, nel profondo. Se la poesia fosse davvero morta, nota giustamente G. Conte (“Ma la poesia non sempre deve essere popolare”, su Il Corriere della Sera, 15/01/2003), “non sarebbe un capitolo della storia umana a chiudersi, ma sarebbe l’umanità stessa a cambiare”. O, per meglio dire, a scomparire: la poesia, a mio avviso, è molto più che forma, molto più che un paio di pagine scritte in versi… è nella musica, vecchia e nuova, nell’arte, nei romanzi, nel cinema, anche nei videogiochi, purchè tutto ciò sia ispirato da veri sentimenti, piuttosto che da analisi di mercato; è insomma nel nostro linguaggio, nelle nostre idee, nei nostri pensieri, è nella vita di tutti i giorni. Senza di essa, non saremmo che macchine.
Se è questa la poesia, allora non morirà mai. E fa poca differenza il fatto che, rispetto alle epoche passate, abbia perso un suo preciso riconoscimento sociale all’interno di limiti e convenzioni prestabilite, al punto che oggi l’occasionale evento mediatico “inquina senza scampo quelle privatissime risonanze” (C. Fruttero, “L’indice di Borges”, Tuttolibri, 11 gennaio 2003) che essa produce…anzi, oserei dire, è un bene: di fronte al conformismo sempre più diffuso della società, forse essa è davvero l’unica cosa che ci resta di inimitabile, insostituibile, personalissimo, e proprio per questo, quindi, universale.