Blog di Marco Castellani

Tag: imparareaguarire

Di nuovo primavera

E’ un respiro fiorito, più fondo e
delicato che adesso sfiora
tutta questa mia inutile
umanissima paura,

la sminuzza in pezzetti piccoli e
inizia a dissolverne
pazientemente
le trame perverse,

cauto, dolcemente disinnesca
i circuiti malati.

E la ricarica, la ricama di
quieta bellezza, di
questa sconosciuta
composta armonia.

Non calpesta, non
calpesta nulla questa più
morbida primavera ma

dolcemente protegge e senza
niente altro che un atto di amore

(cioè di attesa) nella ripresa
al fondo del respiro,

suggerisce

quel cammino diverso alla
mia libertà.

Da "Imparare a guarire" (Di Felice Edizioni, 2018)
Foto: Parco Regionale Urbano di Aguzzano, Roma
In foto è visibile il cane Poncho 

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Giornata della poesia (onde)

Disegno di Davide Calandrini (diritti riservati)
Finché parlano piano tra loro

– mi dico dal bagno –
va tutto bene.

La figlia grande e la più piccola nel salone,
le loro voci che mi arrivano
portando densità di energia
buona un

campo d’onde salutare
nella giornata della
poesia, tranquilla ritorna

la possibilità infinita,
l’articolazione inaudita
di fare
versi.

Da “Imparare a guarire” (Di Felice Edizioni, 2018). 

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Vento nuovo

Disegno di Davide Calandrini (diritti riservati)

Bene ed ora,
lasciati andare nel

mistero del
tuo essere.

Dimmi, quanto ancora ti manca
per essere completa cioè per

rifulgere, ringraziare
esattamente ringraziare, intendo,
della tua imperfezione:

direi quindi, direi

lasciati precisamente andare
al tuo lavoro così
come è ora alla
tua vita proprio
com’è adesso non

mi fare più
resistenza
ti prego non
farne più,
affatto ma

lasciati andare a come sei perché
sei inaccettabilmente splendida
come sei, se appena

di moto quasi involontario
lo ammetti, di quasi piana distrazione
finalmente, lo permetti.

E basta cercare, basta.

Non cercare mai più
non cercare mai più di essere
altro non provarci
proprio più

ad essere diversa differente
altro da questo ed invece

ràdicati in tutto quello
che sei, che finalmente
sei diventata.

Ti supplico ancora, per piacere,
non cercare altro ma
ràdicati, cerca radici fonde
spesse e robuste, risplendi luminosa

di ciò che adesso sei, mostralo
mostralo al mondo ciò che sei
rivolta ciò che nascondi verso fuori –
e fallo pure con orgoglio che l’unico

l’unico tuo possibile vanto
è accogliere, l’unico
vento nuovo è
quello di radicarsi e
accogliere nel Sì tutto
quanto ti è stato donato in questi

lunghi preziosi anni,
tutto quanto hai assorbito e
lo splendore di quello che sei ora e non
quello che decideresti d’essere ma appena

quello che ora sei. Purissima
contraddittoria
sporca impresentabile così
dolce e luminosa. Oro e fango,
insieme: come veramente tu sei.

Stasera,
celebra danzando, la
tua imperfezione di
diamante.

Ama perdonandoti il tuo
tenero peccato, il luogo dove
sei più te stessa sei
senza difesa, più.

Dillo dunque, urla finalmente quel Sì
a ciò che ora sei. E pacificati, facci casa,
facci tiepido nido, dentro quel Sì:

tenero nido riparo glorioso, conforto nelle
tempeste dei giorni e nella cara quiete
dell’anima stanca.

Tutto riposati, in quel solo Sì.

Da “Imparare a guarire” (Di Felice Edizioni, 2018). 

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Darsi Pace

Ogni giorno è sempre il
primo giorno,
di questo lavoro ed è tutto

ancora nuovo e non importa
non ci importa affatto
quante volte cadi se una
o dieci cento mille (che di questo
nulla rimane, sai) ma

soltanto resta l’adesione a questo
lavoro cordiale
(da sempre, in tua attesa)
piacevole ed impegnativo
che può far la vita bella.

Di nuovo, bella.

Da “Imparare a guarire” (Di Felice Edizioni, 2018). Disegno di Davide Calandrini (diritti riservati)

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Imparare a fiorire

Non sapevi, timida,
verificare la sequenza limpida
d’ogni segmento esploso, eroso
in questa spietata e petrosa
intersconnessione.

Sapevi appena questo – come
adatta, adattata dalla pratica
resa morbida dalla
pratica, resa quasi morbida quasi
meno aspra, dalla costante
pratica.

Sapevi di questo lavoro
che ripesca gioia dove
non avevi sentore, fin tra il tuo
stesso identico
odore oppure

ti fermi feconda in quell’oppure
gravida ormai di formula e azione nel tuo
stare e pensi oppure,
il lavoro.

O il lamento o il lavoro non
c’è infatti terreno in mezzo e l’attesa
ricama l’intimo compimento come

parto d’un mondo terminale, che
nelle tue mani giunte già
ricomincia a
fiorire.

Da “Imparare a guarire” (Di Felice Edizioni, 2018)

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