Questa immagine è di pochissimi giorni fa (acquisita il 20 novembre), e ci mostra una regione di fresca formazione stellare, chiamata Sagittarius C, in un dettaglio veramente eccezionale.
Crediti: NASA, ESA, CSA, STScI, and S. Crowe (University of Virginia)
La resa quasi pittorica si deve tutta alla superba precisione della Near-Infrared Camera a bordo del James Webb Telescope. Si stima che circa mezzo milione di stelle brillino in questa splendida immagine, insieme ad alcuni dettagli che ancora non sono completamente chiari per gli astronomi. Tra l’altro, questa spettacolare regione si trova ad appena trecento anni luce dal buco nero supermassivo al centro della nostra galassia, il temibile Sagitarius A*.
Era un antico refrain pubblicitario, in realtà: il metano, ci dà una mano. E già la mente indugia sui bei tempi passati, comprende anche ogni epoca aveva le sue suggerite priorità, i (tenacemente) sussurrati ordini del giorno. Come accade oggi, in pratica. Né più né meno. Solo che liberarsi è sempre più difficile. Ma questo è già un altro argomento e ci porterebbe fuori strada.
A parte notare quanto questi semplici slogan si incastrino nella memoria e vengano fuori a distanza di decenni, se c’è (come qui) appena un appiglio. Il che può anche apparire inquietante, per certi versi.
Però qui il metano non ci dà una mano per l’uso più o meno virtuoso dell’energia (fateci caso, qualsiasi cosa viene sempre soprannominata pulita oppure verde a seconda delle priorità del momento), piuttosto ci aiuta a capire quanto siano vivibili dei luoghi molto lontani. Argomento, dunque, ben più serio di uno slogan pubblicitario o di una tecnica per acquisire consenso sociale.
L’immagine di fantasia ritrae il pianeta (a destra) attorno al quale orbita una luna (al centro), con la stella madre sullo sfondo (a sinistra). Crediti: Ahmad Jabakenji (ASU Lebanon, North Star Space Art); Data: NASA, ESA, CSA, JWST
Dove altro potrebbe esistere la vita? Una domanda di sempre che sempre più trova nuove risposte, in quest’epoca. Nel 2019 si scovò un esopianeta con una significativa parte di vapor d’acqua in atmosfera, il pianeta K2-18b. Con la sua stella madre (K2-18, lo so non è un gran nome…), vive a circa 124 anni luce da noi. Ben più grande e pesante della Terra, orbita comunque nella zona abitabile della sua stella.
Sembra impossibile, ma qui sotto ci sono circa quarantacinquemila galassie. L’immagine è stata acquisita con il Telescopio Spaziale James Webb e mostra una regione nota come GOODS-South, già ampiamente investigata da Hubble.
Il campo profondo GOODS-South. Crediti: NASA, ESA, CSA, Brant Robertson (UC Santa Cruz), Ben Johnson (CfA), Sandro Tacchella (Cambridge), Marcia Rieke (University of Arizona), Daniel Eisenstein (CfA). Image processing: Alyssa Pagan (STScI)
Ed è assai importante per gli astronomi. Perché tra le questioni più spinose c’è ne è sempre una in particolare: come si sono formate le prime stelle e le prime galassie? Uno dei programmi più ambiziosi del James Webb, chiamato JADES dedica ben 32 giorni di tempo telescopio ad individuare e caratterizzare le galassie deboli e lontane. Proprio per riuscire a capirci qualcosa (di più).
Buttando l’occhio fuori di casa, ad appena 56 milioni di anni luce potreste imbattervi in una enorme galassia a spirale, chiamata NGC 1365. Indubbiamente gigantesca, perché si estende per circa duecentomila anni luce (il doppio della nostra, che già non è affatto piccola).
L’enorme galassia NGC 1365 Crediti:NASA, ESA, CSA, Janice Lee (NOIRLab) – Processing: Alyssa Pagan (STScI)
Questa immagine straordinariamente definita proviene (indovinate) dal Telescopio Spaziale James Webb. Il suo campo di vista copre un’area di circa sessantamila anni luce intorno ad NGC 1365, più che sufficienti per esplorare il nucleo della magnifica galassia, come pure gli ammassi stellari di formazione più recente.
Come sarebbe abitare sull’esopianeta LHS 475 b? Cosa si potrebbe vedere? Non lo sappiamo per certo, non lo sa nessuno. E siate onesti, non vi eravate mai posti la domanda! Però l’intelligenza artificiale ci viene in aiuto, immaginando al posto nostro questo panorama.
Quel che si potrebbe vedere stando su LHS 475 b Crediti: DeepAI’s Fantasy World Generator
Per la cronaca, l’esistenza di questo esopianeta è stata prima indicata dal satellite TESS e poi confermata da osservazione del telescopio spaziale James Webb. Quel che sappiamo per certo è che LHS 475 b possiede una massa simile a quella della Terra e orbita intorno ad una stella di colore rosso a circa 40 anni luce da noi.
Davvero un’immagine bellissima, non ci si stancherebbe mai di guardarla. Di perdersi dietro ai particolari più minuti. Questa parte dell’ammasso aperto NGC 6530 potrebbe apparire come un muro di fumo spesso, tempestato di stelle. Di fatto è una raccolta di diverse migliaia di stelle che si trovano ad una poco superiore ai quattromila anni luce. L’ammasso fa parte a sua volta della Nebulosa Laguna, che appartiene al braccio di spirale galattico immediatamente più interno del nostro, il Braccio del Sagittario.
Una parte dell’ammasso stellare NGC 6530 Crediti: ESA/Hubble & NASA, O. De Marco; Acknowledgment: M.H. Özsaraç
Colpa del gas interstellare, se l’immagine ha questo particolare carattere fumoso. Come sappiamo, osservare in banda infrarossa è essenziale per investigare gli ambienti ricchi di gas e polvere, come questo. L’immagine che vedete è stata acquisita grazie alla capacità di Hubble di spingersi anche nel vicino infrarosso. Ma le capacità osservative in infrarosso del James Webb Telescope, davvero senza precedenti, ci permetteranno di compiere passi avanti giganteschi e complimenteranno assai efficacemente queste pur straordinarie immagini di Hubble.
Assai conosciuta, la foto del telescopio Hubble che mostra le imponenti colonne di gas e polvere, sede di intensa formazione stellare, dentro la Nebulosa Aquila. Vabbè, vista e rivista.
Però ora, è come se quello che siamo abituati a vedere da anni, rivelasse di colpo una profondità nuova. Come vederci meglio, di più. Anche i panorami consueti acquistano un senso nuovo. Come se fosse un nuovo universo, quello che stiamo osservando attraverso gli strumenti del James Webb Telescope. Nuovo ed antichissimo, allo stesso tempo.
I “pilastri della creazione” visti dal JWST Crediti: Science – NASA, ESA, CSA, STScI, NIRCam Processing – Joseph DePasquale (STScI), Anton M. Koekemoer (STScI), Alyssa Pagan (STScI)
Almeno, questa è la sensazione che avverto, guardando questa immagine. Voglio dire, hai presente qualcosa di bello, davvero bello, ma che a forza di vederlo e rivederlo ormai ti annoia, non ti dice più nulla, non ti parla?
Il Telescopio James Webb continua a mostrarci quel nuovo universo al quale ci dobbiamo progressivamente abituare, quel nuovo modo di vedere le cose che avrà inevitabili ricadute (anche fuori dall’ambito astronomico, ne sono certo) che noi, con la nostra scarsa immaginazione, ancora difficilmente possiamo valutare. Meno male che la scienza ci aiuta.
La bellezza degli anelli, non riguarda solo Saturno… Crediti: NASA, ESA, CSA, STScI
Questa è la visione più chiara degli anelli di Nettuno che abbiamo in più di 30 anni, dalle immagini della venerabile sonda Voyager 2. Lo strumento NIRCam a bordo del James Webb ha catturato questa bellissima visione dei sottili anelli che circondano il pianeta, domandoci la prima immagina infrarossa in assoluto di questa meraviglia celeste. In questo intervallo di frequenza il pianeta appare piuttosto scuro, eccetto dove sono presenti nuovi a grande altitudine. Difatti, queste nubi di metano ghiacciato sono particolarmente visibili a queste frequenze infrarosse, riflettendo la luce solare prima che sia assorbita dal gas metano.