Si dice che i Magi fossero forse astronomi. Non è chiaro, tra l’altro le specializzazioni nell’antichità non erano così esasperate come oggi. Diciamo persone in ricerca, magari. E facciamo finta, perché no, di esser certi che fossero proprio ricercatori del cielo. Bene, questi astronomi mollano tutti i ragionamenti e le elucubrazioni per compiere un atto di adorazione.

Maestro di Subiaco, Adorazione dei Re Magi sec XIV affresco
Subiaco Monastero di San Benedetto Cappella della Madonna

Al giorno d’oggi questa sembrerebbe una pazzia per molti. Il razionalismo non ci lascia feritoie aperte, punti di fuga, spazi per la luce. Ci troviamo chiusi nel nostro cervello, diventato spazio autoreferenziale e ultimo giudice di tutto, misura di ogni cosa. Smettere per qualche momento di calcolare per adorare sembra quasi un atto irresponsabile verso la scienza, verso la razionalità, la progettualità.

E se fosse in un altro modo? Se fosse invece l’atto supremo che salva e invera tutto questo, che cioè mette in sicurezza ogni progettualità e ogni serio tentativo di fare scienza?

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