Blog di Marco Castellani

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Evviva! Manca ancora qualcosa

Tanti pensieri, come tutti. Alla fine però è il dato empirico che vince, che dice qualcosa di veramente nuovo. Non i pensieri, le teorie, le speculazioni. Di quelle ne abbiamo fin troppe. La scienza è bellissima perché è una opportunità di privilegiare quel che si vede, a quel che si pensa. Un’opportunità per tutti.

Nuove osservazioni fatte con Hubble (in orbita) e con il Very Large Telescope (in Cile), ci mostrano che il mistero è ancora intatto. La materia oscura si comporta diversamente dai nostri modelli più avanzati, ci indica che dobbiamo capire ancora. Qui è la concentrazione a piccola scala che risulta, dai dati, molto più forte rispetto ai nostri modelli.

In questa immagine “artistica” la materia oscura è evocata da aloni blu intorno alle galassie. Crediti: NASA, ESA, G. Caminha (University of Groningen), M. Meneghetti  (Observatory of Astrophysics and Space Science of Bologna), P. Natarajan (Yale University), the CLASH team, and M. Kornmesser (ESA/Hubble)

Qualche ingrediente fisico ancora manca o nelle simulazioni o nella nostra comprensione della materia oscura dice Massimo Meneghetti, il coordinatore del lavoro (sì, italiano, e fa piacere, senza alcuna tentazione di sovranismo, ma semplicemente fa piacere: siamo gente capace, quando vogliamo). Rincara la dose Priyamvada Natarajan, nello stesso team. C’è una caratteristica dell’universo reale che non stiamo catturando nei modelli.

Personalmente, quando mi imbatto in queste ammissioni di insufficienza, mi esalto. Sono il segno di una nuova umiltà che gli scienziati più avvertiti stanno finalmente assimilando, segno di questa scienza nuova che ha dismesso ogni supponenza e pretenziosità, per allinearsi in uno sguardo meravigliato e curioso sulle infinite meraviglie del cosmo.

Cosmo che è nostro, propriamente nostro, quando appena cediamo alla sua meraviglia, rinunciando ad ogni pretesa di dominio, anche intellettuale.

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Quel che tu non vedi, c’è

A che ci serve la scienza? A parte a dare il pane a chi ci lavora (come il sottoscritto), forse uno dei suoi maggiori meriti è quello di stimolarci ad uscire dal senso di ovvio, dal pensiero pigro, dalla stazionarietà mentale. Forzandoci a capire che il modo reale è molto più sorprendente di quanto ci immaginiamo.

Giova ricordare che anche nella nostra zona di Universo le meraviglie non mancano. Sappiamo dell’esistenza della materia oscura, ad esempio. E la pensiamo lontana, elusiva. Roba che non ci riguarda. Forse ci sbagliamo, però. Alcune ricerche indicano come il Sistema Solare – proprio a causa sua – potrebbe essere assai più villoso del previsto. La stessa Terra parrebbe essere circondata di sottili filamenti di questa elusiva forma di materia, quasi adornata da una invisibile (invidiabile?) capigliatura.

La Terra forse è graziosamente “chiomata” (Crediti: NASA/JPL-Caltech)

Le simulazioni suggeriscono come la materia oscura potrebbe infatti disporsi, nel cosmo, in forma di maestosi ma invisibili flussi di particelle. Il bello è che, quando uno di questi enormi flussi incontra un pianeta come il nostro, sembra riassestarsi in una miriade di filamenti ultradensi, proprio una sorta di capelli.

Le ricerche sulla materia oscura continuano, su questa misteriosa entità che riempirebbe più di un quarto di tutto quel che c’è. Ma un risultato l’abbiamo già ottenuto. Abbiamo capito, abbiamo dovuto ammettere, che c’è di più di quanto i nostri occhi vedono.

Molto, molto di più.

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Una situazione imbarazzante…

Le scoperte astronomiche si succedono di giorno in giorno, quasi di minuti in minuto ormai. Così che – anche da queste colonne, può ingenerarsi la convinzione che ormai sappiamo tutto, o insomma quasi tutto. Per dire, c’è da mettere a punto i dettagli, e così via.

E invece no, niente. Noi non sappiamo niente. Se questa affermazione vi pare provocatoria, ricordiamo proprio alla scienza. Ricordiamoci quello che il modello cosmologico standard (o Lambda-CDM), che detta in breve è il miglior modello scientifico che abbiamo su come funziona il mondo, l’universo e tutto quanto. Ebbene questo modello ha una predizione diciamo… imbarazzante.

Ci dice esattamente che la parte di universo noto non arriva al 5%. Il resto è materia oscura ed energia oscura, modo elegante per dire che ancora ne sappiamo quasi nulla.

Un modello di distribuzione tridimensionale della materia oscura (Crediti:NASAESA and R. Massey (California Institute of Technology)

Tutto quel che conosciamo, le stelle, le galassie, il gatto del vicino, la vicina simpatica e prosperosa (quella del terzo piano, hai presente?) e tutto intero il terzo piano ma la Terra ed anche il resto, è dentro quel risicato 5%. Materia ed energia, come li conosciamo. Ma c’è altro, molto altro.

È in quest’epoca che per la prima volta abbiamo un modello scientifico di universo, e questo modello tiene, per molta parte. E al tempo stesso, abbiamo una dimostrazione della nostra suprema ignoranza.

Tutto sembra fatto apposta. Perché ci si metta umilmente al lavoro. Con l’entusiasmo intatto, dei veri esploratori.

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UGC 2885, ritratto di un gigante

Spesso abbiamo scritto che la nostra galassia, la Via Lattea, è di dimensioni ragguardevoli, rispetto a tante altre aggregazioni di stelle. E anche rispetto a tutte le galassie del Gruppo Locale (il vero gruppo, non questo sito…), appare ancora più vero.

Tuttavia anche la Via Lattea, se allarghiamo appena lo sguardo, viene surclassata di gran lunga, da veri giganti, come è il caso per UGC 2885, qui riprodotta in una bellissima foto presa dal Telescopio Spaziale Hubble.

La gigantesca galassia UGC 2885 (Crediti: NASAESAB. Holwerda)

Questa bellissima (e smisurata) galassia si trova a circa 232 milioni di anni luce dalla Terra, e si distende nello spazio per una ampiezza di circa ottocentomila anni luce (al confronto la Via Lattea risulta appena larga centomila anni luce). Contiene al suo interno la bellezza di un trilione di stelle (mille miliardi, per capirci), ovvero surclassa di circa dieci volte il numero di stelle totali della nostra Galassia.

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Di cosa è fatto tutto quel che c’è?

L’astronomia ci ha abituato da tempo a splendide immagini: stelle, pianeti, lontani quasar… Eppure, raramente troviamo una immagine così densa come quella che presentiamo oggi e che racchiude, conchiude – quasi come una icona – la nostra attuale concezione di Universo.

Di cosa è fatto insomma il nostro Universo? Di cosa è fatto tutto quel che c’è? Scoprirlo, è il compito della sonda Plank (un grande progetto della nostra Europa) che ha realizzato – dal 2009 al 2013 – una mappa puntigliosissima delle differenze in temperatura della superficie ottica più “antica” che si conosca in assoluto, ovvero il fondo cielo che si creò quando il nostro universo divenne, finalmente, trasparente alla luce (prima era così denso che non c’era verso, nemmeno i fotoni potevano fluire tranquilli).

La radiazione cosmica di fondo è una complessa intelaiatura che è anche un formidabile campo di prova per le varie teorie cosmologiche, per le nostre prove di comprensione della struttura del mondo. Le teorie dunque sono chiamate ad accordarsi con quanto oggi “vediamo” tramite satelliti come Plank, e questo pone fortissime “costrizioni”, che sono a loro volta cogenti indicazioni. Di quel che c’è, e quel che non c’è.

Soprattutto, di quanto sia sorprendente questo universo, in cui viviamo. La più recente analisi di questi dati, infatti – roba fresca fresca, di pochi giorni – conferma ora ed ancora che la maggior parte dell’Universo è fatta di qualcosa che non conosciamo, la elusiva “energia oscura”. E non è tutto: anche la maggior parte della materia, è materia che non conosciamo, anch’essa detta “oscura”, appunto.

Insomma l’universo, questo universo – nato (e lo sappiamo proprio da questi dati) 13,8 miliardi di anni fa, continua a stupirci con la sua formidabile carica di mistero. E’ così davvero affascinante, guardarlo, esplorarlo, cercare di capirlo. Perché quel poco che sappiamo (ed è già moltissimo) si immerge in un mare magnum di cose che ancora non sappiamo. Ma che siamo invitati ad esplorare, ogni giorno di più.

E le sorprese – questo sì, lo sappiamo – non mancheranno.

 

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Se la materia oscura è … fluorescente

Come mai l‘ammasso di galassie di Perseo brilla così evidente in un particolare “colore” nella banda X? Nessuno lo sa con certezza (tante sono le cose del cielo che ancora dobbiamo capire). Però potrebbe essere qualcosa che ha a che fare con la materia oscura.

L’ammasso di galassie in Perseo (Crediti: X-ray: NASA/CXO/Oxford University/J. Conlon et al.; Radio: NRAO/AUI/NSF/Univ. of Montreal/Gendron-Marsolais et al.; Optical: NASA/ESA/IoA/A. Fabian et al.; DSS)

Di fatto, l’ammasso presenta una notevole peculiarità, quando osservato nella banda dei raggi X (tecnicamente, intorno ai 3.5 Kev). Ebbene, in questo “colore”, la parte esterna appare particolarmente brillante, mentre la zona centrale, che probabilmente circonda un buco nero di grande massa, risulta invece peculiarmente oscura.

Questo fatto non è per niente facile da interpretare, con le caratteristiche note dell’ammasso di galassie.

Una ipotesi che potrebbe forse spiegare questa stranezza, è quella della “materia oscura fluorescente” (per i più arditi, qui l’articolo originale). Questa strana materia potrebbe essere particolarmente abile nell’assorbire la radiazione a 3.5 KeV, responsabile del “colore” di cui stiamo trattando. Dopo l’assorbimento, la materia oscura fluorescente sarebbe in grado di riemettere questa radiazione (proprio con un effetto analogo alla fluorescenza) creando dunque questo eccesso di colore. Dappertutto, tranne nella zona intorno al buco nero centrale, dove – per le condizioni peculiari dell’ambiente – vincerebbe invece l’effetto di assorbimento.

Insomma, fluorescente o no, le ipotesi sulla materia oscura (e sull’energia oscura), continuano a fioccare. E’ un campo aperto della ricerca cosmologica, anzi un campo apertissimo. Le teoria ci dicono che materia ed energia oscura formano circa il 95% della massa-energia dell’Universo. Capire questo “quasi tutto” è una sfida emozionante per la cosmologia moderna: forse, è la sfida in assoluto più intrigante, che oggi si ponga lo scienziato che guarda il cielo.

Una sfida così grande, che travalica l’ambito degli addetti ai lavori, per assurgere a dignità di vera impresa culturale, di deciso interesse per l’avventura umana della scoperta del mondo (e del nostro ruolo in esso).

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Confermato ruolo dell’energia oscura nell’espansione cosmica

Una survey della durata di ben cinque anni. E’ quanto è stato necessario per osservare circa 200.000 galassie, arrivando fino a circa sette miliardi di anni indietro, nel tempo cosmico. Questo ha portato ad una delle migliori conferme indipendenti del fatto che l’energia oscura stia guidando il nostro universo ad espandersi ad una velocità sempre maggiore.

I dati sono stati acquisiti con il Galaxy Evolution Explorer (NASA) e l’Anglo-Australian Telescope (posizionato in Australia).  I risultati (si veda per maggiori dettagli la relativa Press Release NASA) offrono un deciso supporto per la teoria più in voga riguardo l’energia oscura – una forza costante, che influenza  uniformemente tutto l’universo e fornisce una “spinta” importante per l’espansione cosmica. Esiste infatti anche un’altra interpretazione teorica, secondo la quale è la gravità stessa, e non l’energia oscura, la forza che guida l’allontanamento dei corpi celesti. Beh, ma come fa la gravità ad allontanare i corpi, quando sappiamo dall’esperienza comune che invece li tende ad avvicinare? Ecco, secondo tele teoria, il concetto di gravità di Einstein è sbagliato (o incompleto), e la gravità diventerebbe una forza repulsiva invece che attrattiva, quando agisce su grandi distanze.

Ebbene, i dati recenti sembrano sfavorire tale interpretazione. Come dicono gli scienziati che hanno condotto questa ricerca, è invece l’energia oscura la responsabile, che agisce come una costante cosmologica (come propose lo stesso Einstein, anche se poi rigettò l’ipotesi).

Secondo le modere ricerche, la distribuzione di L'energia oscura (rappresentata dal grigliato viola) rimane "imperturbabilmente distribuita" nello spazio, laddove la gravità (grigliato verde) viene palesemente influenzata dalla presenza di oggetti massivi, come le galassie. Crediti: NASA/JPL-Caltech.

L’energia oscura è di per sè un capitolo affascinante dell’astronomia moderna, senza ombra di dubbio. Si ritiene infatti che ben il 74 % del nostro universo sia composto da questa “misteriosa” energia. Invece la materia oscura, qualcosa di solo appena un pò meno misterioso, renderebbe conto di circa il 22 % dell’universo stesso. Proseguendo in questo conteggio, può essere divertente scoprire che la materia “ordinaria” – quella composta di atomi, il costituente di cui son fatti i pianeti, le stelle, le rocce,le creature viventi – renda conto di appena il 4 % del nostro universo!

Basterebbe meditare un pò su questo, per capire quanto la scienza astronomica abbia ancora un lungo cammino davanti a sè. Questo, nonostante negli ultimi anni si siano fatte delle scoperte fondamentali, riguardo ad esempio l’età stessa dell’universo (risolvendo una diatriba tra cosmologi e astrofisici che è durata diversi anni): al proposito, ricordiamo che ormai c’è una ampia convergenza sul valore di 13,7 miliardi di anni, corroborato anche da esperimenti recenti come la sonda WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe).

La cosa bella è che siamo finalmente arrivati a comprendere con chiarezza quanto è grande… quello che non sappiamo: un “bagno di umiltà” probabilmente necessario, dal quale partire per una decifrazione della struttura e della costituzione dell’universo, che certo ci riserverà sempre nuove ed eccitanti sorprese!

Come si direbbe in questi casi… il bello deve ancora venire, dopotutto. Stay tuned! 🙂

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Materia oscura… quanto basta!

Avete presente le galassie, brilluccicanti di milioni e milioni di oggetti stellari? Beh non è cosi semplice che si creino e si sviluppino, se non si “dosa” la materia oscura secondo una attenta valutazione. Troppa o troppo poca.. ed ecco che la galassia svanisce!

La materia oscura è quella sostanza invisibile che permea il nostro universo, che contribuisce in maniera determinante  alla crescita ed allo sviluppo delle galassie di grande massa, nei primi momenti di vita del cosmo.

Dalle simulazioni degli ricercatori, risulta che la dose di materia oscura è tutt’altro che secondaria, nel delicato equilibrio dello sviluppo delle galassie. Mettine troppo poca, e la galassia non si forma nemmeno. Mettine troppa, invece, e il gas non si raffredda in maniera abbastanza efficace per formare una vera galassia “come si deve”, ed invece si creano una miriade di galassiette più piccole. Insomma devi averne la giusta quantità, di materia oscura (anche se non la vedi).

Regione nei pressi di Ursa Major

Una regione nei pressi della costellazione dell'Orsa Maggiore, una delle aree scrutate da Herschel. Ogni piccolo puntino in realtà è una intera galassia (Crediti: ESA/Herschel/SPIRE/HerMES)

Dunque la ricetta prescrive, aggiungere materia oscura “quanto basta”. Si ma quanto? potreste giustamente dire voi.

Ebbene per risolvere la questione è arrivato Herschel (a dire la verità, è dal 2009 che è in operazione). La sonda monta un telescopio da 3.5 metri che è sintonizzato nella ricezione della luce in banda infrarossa, proveniente da una enorme serie di oggetti celesti (dagli asteroidi e i pianeti nelle nostre vicinanze, fino alle più lontane galassie).

L’occhio infrarosso di Herschel dunque è andato a scovare la luce infrarossa proveniente da una serie di galassie lontane, in fase di forte formazione stellare. La luce infrarossa di queste strutture forma una vera e propria struttura “a ragnatela”, chiamata radiazione di fondo in infrarosso. Poichè questa dipende strettamente dall’addensamento degli oggetti che la emettono, e questo dipende a sua volta dalla quantità di materia oscura che è presente nell’ambiente, ecco che la catena è chiusa, e si può arrivare alla stima.

Dall’analisi dei dati, risulta che per fare una galassia ci vuole una quantità di materia oscura circa equivalente a 300 miliardi di volte il nostro Sole. Ditemi voi, se vi par poco…….

NASA/JPL Press Release

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