Blog di Marco Castellani

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Vittoria contro la polvere

Il match al momento in pieno svolgimento è stelle contro polvere nella Nebulosa della Carena ed il nostro cronista ci assicura che – di fatto – le stelle stanno vincendo la partita. Più precisamente, la luce energetica ed i venti generati dalle enormi stelle appena formate stanno implacabilmente evaporando e disperdendo gli strati di polvere in cui le medesime stelle si sono formate.

Stelle contro polvere, ma l’esito è già noto…
Crediti: NASAESAHubble Heritage (STScI/AURA); Processing: Franco Meconi (Terraza al Cosmos)

Siamo precisamente all’interno di una regione conosciuta in modo informale come Montagna Mistica, l’aspetto di questi imponenti pilastri è dominato dalla polvere marrone opaca anche se risultano composti principalmente da idrogeno, perfettamente trasparente. A circa 7.500 anni luce di distanza, l’immagine in primo piano è stata scattata con il Telescopio spaziale Hubble ed evidenzia una regione interna della nebulosa conosciuta come HH1066 che si estende per quasi un anno luce.

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Una nuova creazione

Assai conosciuta, la foto del telescopio Hubble che mostra le imponenti colonne di gas e polvere, sede di intensa formazione stellare, dentro la Nebulosa Aquila. Vabbè, vista e rivista.

Però ora, è come se quello che siamo abituati a vedere da anni, rivelasse di colpo una profondità nuova. Come vederci meglio, di più. Anche i panorami consueti acquistano un senso nuovo. Come se fosse un nuovo universo, quello che stiamo osservando attraverso gli strumenti del James Webb Telescope. Nuovo ed antichissimo, allo stesso tempo.

I “pilastri della creazione” visti dal JWST  
Crediti: Science – NASAESACSASTScINIRCam
Processing – Joseph DePasquale (STScI), Anton M. Koekemoer (STScI), Alyssa Pagan (STScI)

Almeno, questa è la sensazione che avverto, guardando questa immagine. Voglio dire, hai presente qualcosa di bello, davvero bello, ma che a forza di vederlo e rivederlo ormai ti annoia, non ti dice più nulla, non ti parla?

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Un’onda di bellezza cosmica

L’onda d’urto, residuo visibile dell’esplosione di una supernova, si addentra nello spazio interstellare alla bellezza di cinquecentomila chilometri all’ora. Nota agli astronomi con il nome di NGC 2736, il suo aspetto allungato le ha fatto guadagnare il nome di Nebulosa Matita.

La bellissima Nebulosa Matita, gioiello del cosmo.
Crediti & Copyright: Greg Turgeon & Utkarsh Mishra (qui riprodotta per concessione degli autori)

Questa nebulosa si estende per cinque anni luce e si trova a circa ottocento anni luce da noi, ma rappresenta appena una piccola parte del resto di supernova poeticamente chiamato Nebulosa delle Vele. Tale nebulosa in sé si estende per un diametro di circa 100 anni luce, e rappresenta il materiale espulso da una stella che esplose circa undicimila anni fa. Inizialmente, le onde d’urto si spostavano a velocità di milioni di chilometri all’ora, ma nel tempo hanno rallentato in maniera considerevole, spazzando via il materiale interstellare circostante.

Nella bellissima immagine, i colori rosso e blu tracciamo, primariamente, le nubi di atomi di idrogeno ionizzato ed ossigeno, rispettivamente.

Ma l’immagine è bella di per sé, anche senza sapere nulla di cosa rappresenti, in termini scientifici. Questa è la bellezza quasi “casuale” che viene fuori da tanta scienza, come se ci fosse qualcosa che si comunica su vari livelli, non trascurando quello estetico. La bellezza muove qualcosa nel cervello, sono colpito e mi si evocano associazioni e analogie, che si allargano su uno spazio ben più ampio della pura scienza. A me viene in mente subito – forse per il tono di rosso, forse per qualche forma – la copertina di Us, di Peter Gabriel (non so quante volte l’avrò ascoltato). Ma ad ognuno può far venire in mente cose differenti, ad ognuno parla nel suo linguaggio. La bellezza fa casa dovunque, rispettando quel che trova.

In fondo, è questa la sua forza (cosmica).

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Montagne interstellari

Potremmo definirle proprio così, montagne interstellari. Quella che si vede nella bella foto è appena la parte terminale di un enorme “pilastro” di gas e polveri nella Nebulosa Trifida (nome in codice, M20). Molti dei puntini che vedete nella figura sono stelle di piccola massa in fase di formazione: vivranno per molti miliardi di anni, molto più delle loro controparti di massa grande, abituate a far fuori il loro carburante in tempi molto, molto più rapidi.

Sculture cosmiche, in “lento movimento”.
Crediti: NASAESAHubble Space TelescopeHLAProcessing: Advait Mehla

Queste, sono strutture cosmiche che si estendono per diverse decine di anni luce, ma non sono stabili. Piano piano, vengono erose dall’ambiente in cui si trovano, tanto che su scala di decine di migliaia di anni (che non è poi molto, in astronomia) anche queste bellissime strutture si modificano, si disperdono.

In effetti noi le vediamo come statiche, ma sulle scale temporali di una di quelle piccole stelle, queste sono pregiatissime sculture in movimento che impreziosiscono gli ambienti galattici con le loro elegantissime evoluzioni. Chissà, a poterle vedere anche noi così…

La striscia chiara obliqua, nella parte sinistra, è un’ulteriore testimonianza di fenomeni dinamici, poiché è un jet che proviene da una stella, al momento, nascosta da queste immense strutture. Per avere un’idea delle dimensioni, questo “piccolo sbuffo” cosmico, si estende per circa un anno luce (quasi diecimila miliardi di chilometri, a conti fatti).

Davvero tutto cambia, in astronomia. Il fatto è, c’è questo cielo roboante, rutilante, che non ne vuol proprio sapere di essere sempre uguale. Alla fine va così: ogni notte, si inventa qualcosa. Ogni momento, si reinventa. Rinasce, sempre.

Forse, ci suggerisce qualcosa?

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Lezioni da una testa calda

In ideale continuazione del post di qualche giorno fa, dove abbiamo ammirato un insolito Giove all’infrarosso, scopriamo adesso cosa altro ci può sorprendere nell’adottare questo strano ma fruttuoso “modo di vedere”, aumentando appena la lunghezza d’onda della radiazione rispetto al visibile. Disponiamoci alla sorpresa, se appena puntiamo verso il cosmo più ampio, a quello che ci attende al di fuori dal Sistema Solare.

Perché si scoprono soavi meraviglie, come questa.

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Crediti: NASAESA, and The Hubble Heritage Team (STScI/AURA)

Tecnicamente, quella che stiamo ammirando è una vastissima, magnifica nube interstellare, scolpita dai venti delle stelle in maniera molto artistica, a formare una configurazione riconoscibile per noi. Chiamata infatti Nebulosa Testa di Cavallo, si trova completamente immersa nella vasta ed articolata Nebulosa di Orione, una delle nebulose più brillanti di tutto il cielo notturno (oltreché costutuire la regione di formazione stellare a noi più vicina).

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Formazione stellare in NGC 6334: come un dipinto…

C’è una stupenda galleria d’arte nello spazio, un’esposizione permanente, aperta 24 ore al giorno. Le istallazioni sono sparse un po’ dovunque e si chiamano Nebulose Planetarie. Sono veramente come dei quadri: chi ci segue avrà avuto modo di vederne diverse veramente interessanti (perché qui ci piacciono molto, non perdiamo occasione per proporle…!)

Questa che ospitiamo oggi nel nostro sito è NGC 6334, ed è una delle zone di formazione stellare a noi più vicine. E’ stata scoperta da John Hershel nel lontano 1837, con osservazioni condotte dal Capo di Buona Speranza, in Africa.

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La nebulosa NGC 6334, zona di furibonda formazione stellare (Crediti: S. Willis (CfA+ISU); ESA/Herschel; NASA/JPL-Caltech/ Spitzer; CTIO/NOAO/AURA/NSF)

La novità per questa nebulosa sono abbastanza interessanti: le osservazioni recenti hanno permesso di identificare e separare un grande numero di sorgenti contaminanti, incluse molte galassie sullo sfondo (le galassie sono onnipresenti nell’universo…) e stelle giganti fredde nel piano galattico, per ottenere una statistica più completa delle stelle giovani appena formate.

L’intervallo di luminosità stellare registrato nelle immagini è sbalorditivo, andando da stelle di luminosità circa pari a quella del Sole, a stelle anche un milione di volte più deboli. Tuttavia quel che si vede, anche qui, non è tutto. Infatti è necessaria una estrapolazione per arrivare a contare anche quelle stelle che non si riescono a vedere: la conoscenza della funzione di massa stellare – ottenuta da diversi studi – insieme con le osservazioni raccolte, permettono di compiere questa procedura con una sufficiente precisione.

Dunque interessante sotto il profilo teorico. Ma non meno, aggiungeremmo guardando la figura, sotto quello squisitamente pittorico…!

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M57 in super dettaglio!

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Crediti: NASA, ESA, and C. Robert O’Dell.

E’ veramente spettacolare questa nuova immagine della nebulosa Messier 57 …

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La nebulosa della Carena, una fabbrica di supernovae

Una recente immagine di Chandra ci mostra nuovi intriganti dettagli della Nebulosa della Carena, una regione di alta formazione stellare posta nel braccio “Sagittario-Carina” della nostra Via Lattea, ad appena 7500 anni luce dalla Terra.

L’immagine è stata acquisita in banda X; i diversi colori rappresentano dunque diverse “durezze” dei raggi X provenienti dalla regione (quelli più “duri”, di più alta energia, sono in colore blu, quelli di energia minore sono in rosso). L’occhio assai attento della sonda Chandra ha potuto scorgere ben 14.o00 stelle nella regione, rivelando anche un alone diffuso di radiazione in banda X. Ha anche fornito una decisa evidenza di come con ogni probabilità diverse stelle siano già esplose in supernova in tale attivissima regione.

L’immagine Chandra della Nebulosa della Carena (Crediti: NASA/CXC/PSU/L.Townsley et al.)

La survey Chandra ha qualcosa di spettacolare, a pensarci. La tecnica di creazione dell’immagine stessa è straordinaria: ci sono voluti oltre 1,2 milioni di secondi di osservazione (circa due settimane) per creare questo mosaico, fatto in realtà di ben 22 diversi puntamenti (con un campo di vista di circa 1,4 gradi quadrati, niente affatto piccolo). Il frutto di tale lavoro ha appunto permesso di rilevare l’ingente numero di stelle citato.

Secondo un approccio sempre più utilizzato (e sempre molto fecondo), i dati sono stati posti a confronto con osservazioni in altre bande: Spitzer e il Very Large Telescope hanno fornito preziosi dati in banda infrarossa della stessa regione.

Le cose che si imparano dall’analisi dei dati così raccolti sono molteplici.

  • Diverse evidenze supportano il fatto che la produzione di supernovae nella regione sia già iniziata. Ad esempio, il deficit di raggi X che “affligge” l’ammasso stellare chiamato Trumpler 15 (localizzato nei pressi del centro della regione) lascia pensare che molte delle stelle più massicce (a vita più breve), forti produttori di raggi X, siano già “scomparse” dalla scena, esplodendo appunto a supernovae.
  • Similmente, l’alone in banda X diffuso potrebbe essere dovuto a supernovae già esplose (oltre che a venti stellari originati da stelle di grande massa)
  • Questo quadro è anche supportato dalla scoperta di sei stelle di neutroni, che dovrebbero essere niente altro che i residui di altrettante supernovae (in precedenza se ne conosceva una soltanto).
  • Si è anche scoperta una “nuova” popolazione si stelle giovani e di grande massa; questo raddoppia il numero conosciuto di stelle probabilmente destinate ad essere distrutte con spettacolari esplosioni a supernovae.

Nel complesso, una raccolta dati molto accurata e – si direbbe – molto ben pianificata, che non ha mancato di dare risultati importanti per lo studio delle supernovae, e delle regioni di forte formazione stellare.

Chandra Press Release

 

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